‘Voci dalle Pietre’: immagini e documenti degli statuti cittadini del 1173

Si trovano scolpiti sul fianco della Cattedrale di Ferrara gli statuti cittadini del 1173 che saranno protagonisti di una mostra fotografica in programma nella sala Ariosto della biblioteca comunale Ariostea (via Scienze 17, Ferrara), fino a sabato 18 gennaio 2020. L’esposizione, dal titolo “Voci dalle Pietre. La Cattedrale di Ferrara e gli statuti epigrafici del 1173”, è promossa dall’associazione Ferrariae Decus in collaborazione con l’Arcidiocesi di Ferrara e Comacchio, il Capitolo della Cattedrale di Ferrara, il Comune di Ferrara, la Biblioteca Ariostea, Archibiblio Ferrara, l’Università degli Studi di Ferrara, il Dipartimento di Architettura Ferrara, l’Università di Bologna e Framelab.

Intento della mostra, che rappresenta il frutto di un lavoro di ricerca durato due anni e condotto da un ampio team di studiosi e esperti, è quello di diffondere quanto più possibile, anche oltre i confini cittadini, la  conoscenza di queste preziose iscrizioni, incoraggiando nuovi e più approfonditi studi su di un patrimonio che rappresenta un unicum in Europa. Gli Statuti del 1173, oggetto della mostra, rappresentano infatti le prime leggi adottate per regolare la vita sociale della città di Ferrara e risalgono al periodo del libero Comune, antecedente il dominio della Signoria estense. E ad accrescerne il valore, pressoché inestimabile, è il fatto che sono stati scolpiti su lastre di marmo (tuttora visibili solo in parte) sul fianco meridionale della Cattedrale, divenuta così il “monumento parlante” della prima civiltà comunale ferrarese.

L’esposizione che, oltre alle immagini fotografiche delle iscrizioni, raccoglie antichi documenti d’archivio inediti, mira perciò a fare da volano per nuove ricerche, da condurre anche con le moderne strumentazioni a disposizione, sia per approfondire la conoscenza sulle vicende costruttive della Cattedrale sia per interpretare le leggi scritte sulle epigrafi e ampliare quindi la conoscenza della situazione sociale, politica e amministrativa della Ferrara dell’epoca comunale. Ulteriore obiettivo dell’iniziativa espositiva è quello di richiamare l’attenzione anche sul processo di degrado in corso per questo importante patrimonio della città, che richiede quindi oltre che una campagna di documentazione anche un’opera di messa in sicurezza.

La diocesi di Ferrara diventa autonoma dall’esarcato di Ravenna grazie al riconoscimento di Papa Innocenzo II con la bolla pontificia del 1133.
La costruzione della nuova Cattedrale di San Giorgio è espressione di una fase caratterizzata dall’autonomia religiosa, civica e politica del libero comune.
Gli statuti ferraresi del XII secolo, scolpiti sul fianco della Cattedrale, sono testimonianza delle prime norme che regolano la società ferrarese nel periodo del libero comune antecedente il dominio della signoria estense.

I primi Decreti Statutari del 13 maggio 1173, proposti dal Consiglio dei Sapienti ed approvati dal popolo in assemblea plenaria, attestano il ruolo religioso e civico della maggiore e più importante costruzione della Ferrara medievale. Questa conclude la fase del libero comune e della storia urbanistica della Ferrara alto medievale.

La Cattedrale, la cui costruzione è datata al 1135, segna lo spostamento del centro generatore urbano. Dal sistema perifluviale lineare, parallelo al vecchio corso del Po, compreso tra il Castello dei Cortesi, punto di guado del Po, ad est ed il Castel Tedaldo ad ovest, si passa ad un sistema monocentrico che fa della Cattedrale il suo fulcro.

Gli Statuti del 1173 sono le prime leggi a regolare la vita sociale della città e sono scolpite su lastre di marmo addossate al fianco meridionale della Cattedrale che diventa così il monumento “parlante” della prima civiltà comunale ferrarese.

Mirna Bonazza in “ManuStatuta. I Codici della Biblioteca Comunale Ariostea” (Ferrara, Centro Stampa 2008), afferma che “…l’iscrizione rappresenta una fonte preziosa per ricostruire storicamente sul piano istituzionale l’articolazione dell’apparato amministrativo, politico e sociale degli organismi comunali medievali della città di Ferrara. ….L’importanza di  questo documento epigrafico è data dal fatto che emerge lo status di evidente affermazione dell’autonomia e del ruolo preponderante  del Comune nella sua piena attività legiferante….”

Si devono a Girolamo Baruffaldi le prime notizie (1696) sull’esistenza di questa epigrafe marmorea.

Soltanto negli anni ’60 del ‘900 il maestro Adriano Franceschini, durante i lavori di restauro di alcune “botteghe” addossate al fianco della cattedrale, ha potuto vedere scoperte parti delle epigrafi  e le ha fotografate, studiate e trascritte. Si deve tener conto della difficoltà di lettura delle epigrafi anche perché il piano originale della piazza era circa 1,20-1,50 ml al di sotto di quello attuale e le epigrafi formavano lo schienale di una panca, sempre marmorea, su cui sedevano i fedeli. Adriano Franceschini ha raccolto i risultati del suo meritorio ed attento lavoro nel 1969 nella pubblicazione curata dall’associazione culturale Ferrariae Decus e dalla Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria dal Titolo “I frammenti epigrafici degli statuti di Ferrara del 1173“.

La mostra fotografica alla biblioteca Ariostea prende spunto da quella pubblicazione e intende riportare l’attenzione su questo patrimonio storico, culturale e sociale documentandone la parte visibile e proponendo inedite immagini.

 

Alessandro Zangara

Natale a Verona, lago di Garda e provincia

Dalla cultura al divertimento per le famiglie, dall’enogastronomia al turismo religioso. E ancora, dallo sport al turismo ‘esperienziale’. L’edizione 2019 di “Natale a Verona, sul lago di Garda e nella provincia” vanta complessivamente oltre mille eventi tra città e provincia.

Palazzo Barbieri ha ricevuto tutti i sindaci interessati; arrivati con un corteo che ha attraversato tutta piazza Bra, Babbo Natale e Santa Lucia, accompagnati dalle principali mascotte della manifestazione.

Ha spiegato il presidente Arena: “Il saper fare squadra che ci ha permesso di lavorare in perfetta sinergia con tutti gli attori pubblici e privati coinvolti. Grazie a loro, questa manifestazione è diventata uno straordinario volano per l’economia e per il turismo natalizio, un appuntamento capace di mettere in luce le nostre eccellenze: paesaggio, arte, cultura, enogastronomia. Quando è stato pensato ed avviato questo progetto, le feste natalizie erano per Verona un periodo di bassa stagione. Ora, come accaduto nell’edizione dello scorso anno, ci aspettiamo l’arrivo di circa 5 milioni di visitatori, di cui 3 milioni solo a Verona, con una nutrita rappresentanza di turisti da tutta Europa. Ma al di là dei numeri, l’impegno degli organizzatori è rivolto al far continuare a crescere la qualità e la quantità degli appuntamenti, in modo da creare nuovi ed importanti momenti di richiamo per un pubblico sempre più ampio”.

“Oltre trent’anni fa – ha ricordato il sindaco Sboarina –, con la prima mostra dei presepi in Arena e l’installazione dell’opera ‘Stella cadente’ in piazza Bra, hanno preso il via a Verona le prime forme di promozione della città durante il periodo di Natale. Un’attività cresciuta costantemente nel tempo, che ci consente oggi, con il coinvolgimento di più amministrazioni locali e partner privati, di offrire in città e provincia un ampio ed interessante programma di eventi. Il Natale a Verona è l’appuntamento da non perdere a livello internazionale. Lo dicono i numeri, viste le presenze di turisti provenienti da tutta Europa, ma soprattutto l’impegno dell’Amministrazione a migliorare costantemente l’offerta legando insieme cultura, eventi e tradizione. Con un’offerta eventi ampia e di qualità si punta a tendere alto l’interesse dei visitatori, con la proposta di iniziative su più giorni ed in diverse parti del territorio veronese. Innalzare la qualità delle proposte è l’obiettivo che ci siamo posti e i risultati sono evidenti. I mercatini, some l’anno scorso, non saranno concentrati nelle piazze del centro, ma abbracceranno la città, da lungadige San Giorgio a piazza San Zeno, e saranno inseriti in percorsi culturali che comprendono le chiese di Verona minor Hierusalem, l’arsenale, il ponte di Castelvecchio e la funicolare. Rimarrà il profondo legame con la tradizione dei presepi, e in più la Gran Guardia ospiterà la straordinaria mostra dedicata a Giacometti che rappresenta un autentico gioiello nel panorama culturale europeo”.

“I mercatini saranno ancora di più vetrina del nostro territorio – ha precisato l’assessore Zavarise – proponendo e valorizzando le tipicità e le eccellenze enogastronomiche veronesi. Per questa edizione è stata portata avanti una operazione attiva e sinergica con tutte le realtà del territorio. Tanti i soggetti pubblici e privati che si sono fatti parte attiva nel coordinamento di questa manifestazione, che punta ad essere un momento proficuo ed importante per tutto il territorio veronese”.

La manifestazione, resa possibile dalla collaborazione di 1.200 imprenditori messi in rete da Confcommercio Verona, viene promossa capillarmente sui mass media tradizionali e sui social network in 6 lingue.

Coinvolti, oltre al Comune di Verona, i Comuni di Villafranca, Valeggio sul Mincio, Bussolengo, Peschiera del Garda, Castelnuovo del Garda, Lazise, Bardolino, Garda, Torri del Benaco, Brenzone sul Garda e Malcesine.

 

Roberto Bolis (anche per le fotografie)

Al Petit Palais di Parigi le tele di Luca Giordano provenienti dal Museo di Castelvecchio

A Parigi due dipinti del Museo di Castelvecchio di Verona. Il prestito, effettuato in occasione della mostra parigina “Luca Giordano (1634-1705). Il trionfo della pittura napoletana”, ha riguardato le opere dell’artista napoletano ‘Diana ed Endimione‘ e ‘Bacco e Arianna’, quest’ultima divenuta immagine guida dell’esposizione. I due capolavori resteranno nella capitale francese, esposti al museo Petit Palais, fino al 27 febbraio 2020.

Il direttore dei Musei civici Francesca Rossi si è recata a Parigi in occasione dell’allestimento, che ha visto insieme al direttore del Petit Palais Christophe Leribault (nella foto).

I due dipinti, eseguiti tra il 1675 e il 1680 per Palazzo Archinto a Milano, sono giunti al Museo di Castelvecchio nel 1937 attraverso Achille Forti.

Prima dell’invio a Parigi, le opere sono state sottoposte a Castelvecchio ad alcuni interventi di restauro, che hanno restituito completa leggibilità ai dipinti, rimediando ad alcune piccolissime abrasioni date dal tempo e a piccole alterazioni pittoriche risalenti a precedenti interventi.

Mostra “Luca Giordano (1634-1705). Il trionfo della pittura napoletana”
Il museo Petit Palais presenta al pubblico, per la prima volta sul suolo francese, una retrospettiva dedicata a Luca Giordano (1634-1705), uno degli artisti più brillanti del diciassettesimo secolo europeo, curata da Stefano Causa e Patrizia Piscitello.

In esposizione circa 90 opere fra tavole monumentali e disegni, riunite grazie a prestiti eccezionali che, oltre al Museo di Castelvecchio, hanno interessato in particolar modo il Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli e il Museo del Prado.

Formatosi nel segno di de Ribera, poi influenzato da Rubens e Piero da Cortina, Luca Giordano è stato un artista di grande successo, a cui furono commissionati molti lavori, che lo portarono alla realizzazione di circa 5 mila dipinti oltre a numerosi affreschi.

 

Roberto Bolis (anche per le fotografie)

Il Quartetto di Cremona alla IUC

Alle 17.30 di oggi, 14 dicembre 2019, presso l’Aula Magna della Sapienza di Roma prosegue il ciclo di concerti della IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti) intitolato “Esplorando Mozart” e affidato al Quartetto di Cremona, che si è affermato come una dei gruppi più interessanti della musica classica in campo italiano ed internazionale e con i suoi concerti e i suoi dischi riscuote unanimi consensi di pubblico e critica. In programma tre dei famosissimi Quartetti dedicati da Mozart a Haydn, tra i massimi capolavori di Mozart e di tutta la storia del quartetto.

Tra il 1782 e il 1785 Mozart compose sei quartetti dedicati a Haydn, che era ed è giustamente considerato il creatore del quartetto per archi. I due compositori non solo si ammiravano reciprocamente ma si conoscevano anche personalmente e talvolta si riunivano con altri musicisti in casa dell’uno o dell’altro per suonare insieme proprio dei quartetti. Mozart premise a questi sei quartetti una bellissima dedica in italiano “al mio caro amico Haydn”, in cui affermava che essi “erano il frutto di una lunga e laboriosa fatica”, mettendo così in rilievo quanto sentisse la responsabilità dell’inevitabile confronto con i quartetti del più anziano maestro. E concludeva dicendo: “Ti supplico però di guardarne con indulgenza i difetti, che l’occhio parziale di padre mi può aver celati, e di continuare, loro malgrado, la generosa tua amicizia a chi tanto l’apprezza, mentre son di cuore il tuo sincerissima amico”. Haydn ricambiava pienamente l’affetto e la stima del giovane Mozart, come testimonia quel che disse al padre di lui: “Vi dico davanti a Dio, come uomo d’onore, che vostro figlio è il maggior musicista ch’io conosca di persona o di reputazione. Ha gusto e, ciò che più conta, un grandissimo mestiere compositivo”. Sarebbe improprio e ingiusto dire che Mozart abbia superato Haydn, ma sicuramente, prendendo le mosse da lui, aggiunse qualcosa all’arte del più anziano maestro e raggiunse nuovi lidi.

In questa occasione saranno eseguiti il Quartetto n. 16 in mi bemolle maggiore K 428, il Quartetto n. 18 in la maggiore K 464 e il Quartetto n. 17 in si bemolle maggiore K 458, noto col titolo “La caccia”, rispettivamente terzo, quinto e quarto dei sei “Quartetti Haydn”. I rimanenti tre sono in programma in altri concerti di Esplorando Mozart”.

Il Quartetto di Cremona (il nome della città lombarda è stato scelto in omaggio ai grandi liutai cremonesi Stradivari e Guarneri, ma la sede del quartetto è Genova) è stato fondato nel 2000 e si avvia dunque a festeggiare il traguardo dei vent’anni di attività. Si è affermato come una delle realtà cameristiche più interessanti a livello internazionale ed è regolarmente invitato ad esibirsi nei principali festival e rassegne musicali in Europa, America del sud, Stati Uniti ed Estremo Oriente. Tra i suoi più recenti debutti internazionali da ricordare sono certamente Amburgo, Vancouver, Zurigo, Stoccolma, Ginevra, Madrid, Washington, Valencia e Cartagena de Indias. In questa stagione compirà un lungo tour negli USA e suonerà inoltre in Olanda, Spagna, Germania, Albania, Taiwan, Finlandia, oltre che nelle principali città italiane. In campo discografico ha inciso l’integrale dei Quartetti di Beethoven (eseguiti anche in una tournée internazionale, che ha incluso la IUC) cui sono stati assegnati importanti riconoscimenti, come il Supersonic Award, l’Echo Klassik e il premio ICMA. È recente un nuovo cd dedicato a Schubert. Questi sono i quattro musicisti del quartetto e gli strumenti da loro suonati: Cristiano Gualco – violino “Dom Nicola Amati”, Cremona 1712; Paolo Andreoli – violino Paolo Antonio Testore, Milano ca. 1758; Simone Gramaglia – viola Gioachino Torazzi, ca. 1680; Giovanni Scaglione – violoncello Dom Nicola Amati, Bologna 1712.

Un’ora prima del concerto, alle 16.30 nella Sala Multimediale adiacente all’Aula Magna, avrà luogo un incontro col M° Liutaio Claudio Rampini, che continuerà a guidarci nel complesso mondo della costruzione dei violini: si parlerà di disegno, di sezione aurea, e di un liutaio romano che ha vissuto e lavorato a New York: Fernando S. Sacconi, uno dei maggiori liutai ed esperti di violini antichi del ‘900. È previsto l’intervento del Quartetto di Cremona, che mostrerà al pubblico presente gli strumenti con cui verrà eseguito il loro concerto.

Mauro Mariani (anche per la fotografia)

 

“Men in Christmas”: il Natale nel canto di 5 voci maschili

Due tenori, due baritoni e un basso. Un quintetto di voci maschili, con tutto ciò che questo significa a livello di timbri e colori, tendenti allo scuro o al semiscuro. È con questa sonorità particolare e antichissima (la tradizione del coro maschile si perde nella notte dei tempi ed è diffusa tra tutte le culture) che il ciclo “Domenica in musica” a Genova festeggia il Natale nel suo settimo appuntamento, domenica 15 dicembre nel Primo Foyer del Teatro Carlo Felice alle ore 11. Titolo del programma, un eloquente (e ironico) Men in Christmas. Ce n’è per tutti i gusti: dal severo Exultate Deo di Palestrina all’allegro evergreen Jingle Bells, dalla raffinata Sérénade d’hiver di Camille Saint-Saëns all’immancabile White Christmas di Irving Berlin. Protagonista, l’Ensemble Simone Molinaro diretto da Francesco Lambertini, un quintetto “a voci pari” molto attivo, dalle scelte di repertorio sempre originali, formato da Salvatore Gaias e Claudio Isoardi (tenori), Matteo Armanino e Tiziano Tassi (baritoni), Marco Piretta (basso).

Ingresso: € 8 (intero), € 6 (ridotto under 26). Orari di biglietteria: martedì-venerdì dalle 11:00 alle 18:00, sabato dalle 11:00 alle 16:00 e un’ora prima dello spettacolo. Apertura domenicale in occasione del ciclo “Domenica in musica”: ore 10:30-11:15.

 

Massimo Pastorelli

 

La bohème di Puccini, colorata e giocosa, al Teatro Carlo Felice dal 13 dicembre

La bohème di Giacomo Puccini, una delle opere liriche più popolari al mondo, va in scena al Teatro Carlo Felice a partire da domani, venerdì 13 dicembre alle ore 20, con repliche fino al 29 dicembre.

Tenuta a battesimo il 1 febbraio 1896 al Teatro Regio di Torino, La bohème è il titolo che rivelò definitivamente la modernità musicale e teatrale di Puccini, allora trentottenne. L’opera è ambientata in una Parigi di metà Ottocento che, secondo Debussy, nessuno aveva mai saputo descrivere meglio in musica; la Parigi della folla di avventori del “Caffè Momus”, esempio straordinario di caos musicale organizzato, delle trombe da fiera, che anticipano di quasi vent’anni quelle di Petruška di Stravinskij, dell’atmosfera desolata della Barrière d’Enfer coperta dalla neve, resa con timbri rarefatti che nessuno aveva mai osato prima. Tra esplosioni vitali tanto travolgenti quanto effimere, parentesi liriche commoventi e strazianti (immancabili in Puccini) e invenzioni compositive senza precedenti, la partitura di Bohème è una di quelle che segnano un prima e un dopo nella storia del teatro d’opera. Con Puccini, i giovani bohémiens, gli aspiranti artisti sempre in bolletta immortalati da Henri Murger nel romanzo Scènes de la vie de bohème, irrompono nell’opera e la scompaginano, contaminando la musica e il racconto teatrale con il loro modo di vivere scapestrato e “alla giornata”.

Proprio questo aspetto giocoso di Bohème, spesso trascurato, è al centro della regia di Augusto Fornari, nell’applaudito allestimento che il Teatro Carlo Felice ha prodotto alcuni anni fa e che ora ripropone al suo pubblico con la collaborazione dell’assistente alla regia Lorenzo Giossi. «È con stupore – spiega Fornari – che m’è parso di ritrovare nei meccanismi drammatici del capolavoro pucciniano il “Gioco” come elemento propulsore della storia. Il “Gioco” quello serio, con la G maiuscola, quello dei bambini, quello che va fino in fondo, che irride la fame, il freddo, la povertà, la ricchezza, la borghesia, gli schemi sociali, quello che vorrebbe sgambettare la morte.» Illuminate da Luciano Novelli, le scene del pittore e artista genovese Francesco Musante (che firma anche i costumi), fiabesche, fumettistiche, a tratti da libro illustrato per bambini, esaltano a tal punto la visione registica di Fornari da diventarne un elemento imprescindibile.

A dirigere l’Orchestra, il Coro e il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice, Andrea Battistoni, che, dopo il recente successo – sempre a Genova – del Trovatore si conferma come uno dei più significativi direttori d’orchestra italiani della nuova generazione. Battistoni, nelle ultime tre recite, lascerà il podio a un altro giovane direttore, Leonardo Sini, vincitore del Primo Premio al prestigioso Concorso Internazionale di direzione d’orchestra Maestro Solti. Di grande prestigio il cast, che vede Rebeka Lokar (recentemente applaudita come Leonora ne Il trovatore) e Serena Gamberoni alternarsi nel ruolo di Mimì, e Stefan Pop come primo Rodolfo, in alternanza con il giovane Gabriele Mangione e un altro tenore di grande fama, Celso Albelo. Marcello è interpretato da uno dei giovani baritoni attualmente più apprezzati, il genovese Michele Patti, e da un esperto del ruolo, Alberto Gazale. Musetta, a cui è affidato l’omonimo valzer, una della pagine più celebri dell’opera, è interpretata dalla giovane ma già affermata Lavinia Bini in alternanza con Francesca Benitez. Completano il cast Romano Dal Zovo (Colline), Giovanni Romeo e Italo Proferisce (Schaunard) e Matteo Peirone (Benoît e Alcindoro).  Maestro del Coro, Francesco Aliberti, Maestro del Coro di Voci Bianche, Gino Tanasini.

Secondo il regista Fornari: È per gioco che mi sono avvicinato all’opera lirica ed è per uno strano gioco di incastri che dal teatro di prosa mi sono trovato a dirigere L a Bohème. Ed è con stupore che m’è parso di ritrovare nei meccanismi drammatici del capolavoro pucciniano il “Gioco” come elemento propulsore della storia. Il “Gioco” quello serio, con la G maiuscola, quello dei bambini, quello che va fino in fondo, che irride la fame, il freddo, la povertà, la ricchezza, la borghesia, gli schemi sociali, quello che vorrebbe sgambettare anche la morte. Rodolfo e compagnia non fanno altro che “prendersi gioco” di tutto con una leggerezza e una distanza, come fossero consapevoli di essere personaggi da romanzo, da opera lirica. E insieme a loro, gioca il gran burattinaio Puccini che, con grazia di sublime regista, gli fa conoscere l’amore subitaneo e fragile, li conduce nelle strade, nei caffè, che diventano parco giochi pieni di balocchi, frittelle e donne frivole. E gioca, Puccini, con le situazioni e  sovrappone struggenti duetti d’amore a contrasti da opera buffa, quasi a voler ricordare a sé stesso e ai suoi protagonisti di non prendersi troppo sul serio. Conduce le sue creature, come ogni giocatore che si rispetti, fino in fondo, fino al culmine, fino ad inebriarli con l’ultimo gioco del rigodone e poi presenta loro il conto, svelando in maniera cruda, improvvisa e inesorabile, il meccanismo di questo enorme giocattolo che si inceppa e s’arresta solo davanti alla Morte che con uno schiocco di dita, come nebbia fumosa, lenta e penetrante, interrompe la verde stagione delle scorribande amorose, delle gelosie e dei pensieri rivolti al futuro. Un ultimo, ideale, carro, gremito di bambini, che, passando, salutano, agitando la piccola mano, i giovani che non saranno più.

– Tutti i lunedì del mese, visite guidate gratuite per gli Istituti scolastici di ogni ordine e grado agli allestimenti dell’opera in calendario.

– Percorsi di prova con gli studenti del Corso di Storia della Musica della Facoltà di Lettere dell’Università di Genova: si tratta di un percorso guidato a prove di regia, letture, assieme, antepiano, sino alla generale, per comprendere tutti i passaggi di una produzione, dal progetto iniziale alla realizzazione definitiva.

– Assaggi, per il pubblico che assiste all’opera, di delizie natalizie a cura di Preti Azienda dolciaria.

– L’artista Monica Frisone presenta i gioielli declinati e ispirati all’opera.

– Anteprima esclusiva per RINA – partner e sponsor della Fondazione Teatro Carlo Felice.

LA BOHÈME

Opera in quattro quadri di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica

Musica di Giacomo Puccini

Direttore d’Orchestra

Andrea Battistoni

Regia

Augusto Fornari

Scene e costumi

Francesco Musante

Luci

Luciano Novelli

Assistente alla regia

Lorenzo Giossi

Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice

Personaggi e interpreti

Mimì

Rebeka Lokar

Serena Gamberoni (14, 27, 29)

Rodolfo

Stefan Pop

Gabriele Mangione (14)

Celso Albelo

Marcello

Michele Patti

Alberto Gazale (27, 28, 29)

Musetta

Lavinia Bini

Francesca Benitez (14, 27, 29)

Colline

Romano Dal Zovo

Schaunard

Giovanni Romeo

Italo Proferisce (14, 27, 29)

Benoît e Alcindoro

Matteo Peirone

Parpignol

Giuliano Petouchoff

Giampiero De Paoli (27, 28, 29)

Sergente dei doganieri

Roberto Conti

Filippo Balestra (27, 28, 29)

Un doganiere

Alessio Bianchini

Un venditore ambulante

Antonio Mannarino

Maurizio Raffa (15, 27)

Claudio Isoardi (28, 29)

Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro Francesco Aliberti

Maestro del Coro di Voci Bianche Gino Tanasini

Date e turni

Dicembre 2019: venerdì 13, ore 20:00 (A); sabato 14, ore 15:00 (F); domenica 15, ore 15:00 (C); venerdì 27, ore 20:00 (L); sabato 28, ore 20:00 (B); domenica 29, ore 15:00 (f.a.)

 

Massimo Pastorelli (anche per le fotografie di scena di Marcello Orselli)

 

Parma Capitale Italiana della Cultura 2020

 

Duomo di Parma, Edoardo Fornaciari

Parma è la Capitale Italiana della Cultura 2020. L’ambito riconoscimento è dovuto a una progettualità che – oltre a valorizzare la cultura come benessere per la comunità, veicolo di sviluppo sociale ed economico, luogo di libertà e democrazia, spazio e tempo di inclusione e di crescita individuale e comunitaria – intende realizzare attività di lunga durata e lasciare strutture e metodologie per rendere sempre più vivo, concreto e solido il sistema culturale.

Il claim che ha accompagnato fin dall’inizio il programma di Parma2020 è la cultura batte il tempo. Il percorso di candidatura è stato costruito attorno a un polo di riflessione unitario sui diversi “tempi” della città, scommettendo sulla carta dell’inclusione e della sostenibilità.

Esistono tante “Parma”: la città romana e quella medievale, la Parma rinascimentale e quella barocca, la borbonica e l’illuminista, la rivoluzionaria e l’asburgica, la Parma contadina e la Parma imprenditrice, quella verdiana – dei sentimenti forti e nazionali del melodramma – e la Parma delle barricate, quella profonda delle tradizioni popolari, la Parma dell’Oltretorrente e la Parma innovativa e tecnologica: tutte queste sono, insieme, la città di oggi.

A marcare e connotare le diverse temporalità di una città contribuiscono, in ugual misura, le esperienze dei gruppi sociali che vi abitano e che ne scandiscono, per altro verso, il fluire, battendo un altro tipo di tempo: un tempo iperconnesso o pre-digitale, del lavoro e del riposo, del bambino, del giovane o dell’anziano, o ancora il tempo degli stranieri o dei viaggiatori. In questi percorsi si ritrova non solo il senso dell’esperienza estetica nella contemporaneità, ma il significato sociale e politico della cultura, oggi sempre meno svincolato dalla sua portata antropologica: non c’è migliore strategia, per la crescita sociale, dell’osmosi culturale, da ricercare e promuovere all’interno delle pieghe della città.

La cultura batte il tempo sottolinea l’importanza di restituire all’azione culturale il suo ruolo di metronomo della vita della città per favorire l’abbattimento delle barriere storiche e sociali che complicano le forme di dialogo.

A sovrintendere e coordinare il raggiungimento degli obiettivi è il Comune di Parma, che definisce gli indirizzi e le strategie. «L’anno della Capitale non è arrivato per caso o per fortuna, ma grazie a un mix di competenza, intuizione e compiendo i passi giusti» dichiara il sindaco Federico Pizzarotti «Non è un premio, ma un merito.Parma ha fatto squadra e ha vinto una sfida importante. Se il 2020 sarà il grande anno che ci aspettiamo ci guadagnerà la città, la regione e anche l’Italia. Il futuro del nostro Paese si compirà se l’Italia stessa punterà sulla cultura: siamo una grande nazione che vive sopra un patrimonio materiale e immateriale immenso, dobbiamo semplicemente farcene carico e presentarlo al mondo intero».

Aggiunge l’Assessore alla Cultura Michele Guerra: «Parma2020 è stata ed è una grande scuola, alla quale abbiamo imparato che cosa vuole dire lavorare veramente insieme, mettendo in relazione ambiti che di solito non sono abituati a dialogare o che potrebbero sembrare distanti dai temi culturali. Oggi abbiamo un programma che ricuce il tessuto culturale della città in tutte le sue forme, che può contare su una visione condivisa che attraversa tutti i settori della vita comunitaria della città e del suo territorio e, cosa non meno importante, un programma che ha saputo includere sguardi che provengono da lontano, che sapranno aiutare Parma a sentirsi all’incrocio di esperienze e di azioni internazionali e a riflettere con profondità sulla sua contemporaneità».

Un percorso dunque, che vede nel rapporto pubblico-privato – premiato nella stessa motivazione che ha portato alla nomina a Capitale – un pilastro fondamentale per promuovere la produzione culturale per un pubblico di tutte le età; la promozione dell’imprenditorialità creative driven per sviluppare un rapporto virtuoso tra creatività, mercato e terzo settore; lo stimolo a una riflessione internazionale sul tema Cultura e Democrazia, che punta a una comunità inclusiva e vede l’eredità culturale dei territori come spazio di radicamento dei principi e dei valori democratici.

A sostegno del programma, nell’ottobre del 2018 è nato il Comitato per Parma2020, fondato da Comune di Parma, UPI – Unione Parmense degli Industriali e Associazione Parma, io ci sto! con lo scopo di promuovere il raggiungimento degli obiettivi coinvolgendo il territorio tutto, e contribuendo a sviluppare un metodo di lavoro che prosegua ben oltre il 2020.

Il programma di Parma2020 è un palinsesto di bellezza, arte e creatività scaturito dagli oltre 700 partner del territorio, che si può suddividere in quattro grandi azioni: le 65 iniziative del Dossier di candidatura e gli eventi speciali, che danno forma all’idea e al progetto culturale di Parma; l’energia del territorio, che vede oltre 150 iniziative sviluppate dai Comuni, dalla Provincia, dalle Diocesi, dalle imprese e delle associazioni; il programma dell’Università di Parma, con oltre 250 incontri sul tema della conoscenza; ed Emilia 2020, il programma coordinato con Piacenza e Reggio Emilia.

All’interno del Dossier di candidatura, il Progetto Pilota e le Officine contemporanee rappresentano il paradigma di Parma2020 e – fondendo patrimonio, culture e creatività internazionali – si sviluppano tra mostre, installazioni, produzioni, laboratori, musica, incontri e open call.

Il Progetto Pilota si sviluppa attraverso una serie di azioni sinergiche tra antichi luoghi e nuovi distretti.

I distretti sono l’infrastruttura della città creativa, posizionati in luoghi significativi erappresentano i punti di eccellenza del territorio: cultura educativa, imprese culturali e creative, agroalimentare, università, memoria, cinema, produzione musicale.

Trovano solidi riferimenti amministrativi nell’Agenda Urbana 2030 – La città delle idee, il documento guida che Parma ha assunto come bussola del proprio cammino, sintesi tra gli indirizzi politico-amministrativi e le sollecitazioni emerse dal lungo percorso di partecipazione e confronto sviluppato con il territorio.

Il Progetto Pilota si compone di due mostre, un evento speciale e quattro open call.

L’inaugurazione di Parma2020 sarà una tre giorni di eventi, tra mostre, concerti, performance e teatro dedicata alla partecipazione e condivisione culturale.

Sabato 11 gennaio, la “nazione Parma” riunita nel centro storico accoglierà l’energia della cultura proveniente da tutte le città d’Italia in una grande parata che porterà in corteo le “parole della cultura”, scelte attraverso un contest sui social network di Parma 2020. La parata si radunerà nel Parco Ducale e percorrerà Via D’Azeglio fino a Piazza Garibaldi, per consegnare idealmente le parole alla casa municipale, dove attraverso un videomapping interattivo si trasformeranno in un iconico dialogo con la piazza.

Domenica 12 gennaio la cerimonia istituzionale di apertura si svolgerà al Teatro Regio alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e proseguirà con il taglio del nastro della mostraTime Machine. Sarà una giornata in cui la cultura viaggerà sugli autobus fino ai luoghi più lontani dal centro della città: verso gli ospedali, il carcere, le più piccole frazioni.

Infine lunedì 13 gennaio, per celebrare Sant’Ilario, Patrono di Parma, la città diventerà palcoscenico di insolite narrazioni tra storia e poesia, alternate a presentazioni di libri e concerti.

 

 

Delos (anche per le fotografie)

Esposto a Palazzo Montecitorio il dipinto di Guttuso “La Vucciria”

Renato Guttuso: “Cristo deriso”

Fino al 12 gennaio 2020, La Vucciria, uno dei capolavori del pittore siciliano Renato Guttuso, oggi esposto nel Complesso Monumentale del Palazzo Chiaromonte – Steri sede del Rettorato dell’Università di Palermo, potrà essere ammirato a Roma, nella prestigiosa sala della Lupa di Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati.

L’esposizione, promossa dall’Università degli Studi di Palermo e dalla Fondazione Sicilia, rappresenta un importante momento di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale siciliano e vuole essere l’inizio di un ciclo di appuntamenti che renderanno protagoniste anche le altre regioni italiane.

Sarà inoltre l’occasione per esporre e rendere visibili per la prima volta al pubblico altri due capolavori di Guttuso, il Cristo deriso, 1938e i Carrettieri siciliani, 1946, appartenenti alle Collezioni della Camera dei Deputati.

La Vucciria è un grandioso dipinto di 3 metri quadri realizzato da Guttuso nel 1974 nel pieno della sua maturità artistica e fu donato dallo stesso autore all’Università di Palermo, dove è normalmente esposto presso la sede istituzionale di Palazzo Chiaramonte-Steri. Questo capolavoro, considerato il dipinto più celebre di Guttuso, immerge lo spettatore in una scena di vita quotidiana, in uno dei più affascinanti mercati di Palermo; con realismo crudo e sanguigno come le carni esposte nel famoso omonimo mercato di Palermo, esprime una delle tante anime della città siciliana, ed è talmente forte il segno dell’artista e il senso del colore che sembra sprigionare il vocio e la cantilena quasi araba dei vanniaturi del celebre mercato palermitano che dà il nome al quartiere, ed emanare i profumi dei prodotti tipici, frutta e verdura, esposti sulle bancarelle, ingredienti saporosi per la cucina siciliana.

Il termine vucciria deriva dal francese boucherie, in italiano macelleria, poi italianizzato in bocceria e infine sicilianizzato per essere usato oggi con il significato di confusione, cioè quel miscuglio incomprensibile di voci, di persone, di oggetti, di espressioni e di azioni tipiche del mercato.

Questo conduce alla struttura del mercato palermitano, che ricorda moltissimo i suk, quei mercati organizzati in corporazioni, nati dalla cultura degli arabi, che furono i padroni della Sicilia tra il IX e il X secolo.

Chi osserva il quadro è affascinato dalla vucciria della gente, dalla confusione quindi, della gente e della merce, come se le voci e gli odori venissero fuori dal dipinto. Si possono notare i passanti che si incrociano in un contatto fisico che sembra abituale, in considerazione del poco spazio e del grande afflusso di gente.

In tutta la scena appare solo un pezzetto di strada visibile ai piedi della donna al centro della scena. Lo spazio viene scandito ritmicamente dalle cassette ricche di pesci e di crostacei a sinistra, dal marmo, dove il pescivendolo mette in bella mostra le teste dei pescispada, fino alle casse di frutta e verdura che circondano i passanti, senza dimenticare la macelleria con il realismo crudo delle carni appese sugli uncini da carnezziere.

L’evento è promosso dall’Università di Palermo, dalla Fondazione Sicilia e organizzato da Civita, con il contributo di Igea Banca.

 

Camera dei Deputati, Sala della Lupa, Ingresso da Piazza del Parlamento, 25

Ingresso libero, dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso ore 17.30). Chiuso sabato e domenica

 

Barbara Izzo (anche per la foto)

 

“Harry Potter e il calice di fuoco” in concerto con l’Orchestra Italiana del Cinema

Dopo il successo di Titanic Live in concerto e un lungo tour di cine-concerti in Cina, l’Orchestra italiana del Cinema torna a grande richiesta a Milano il 27 e 28 dicembre 2019 al Teatro degli Arcimboldi (Viale dell’Innovazione, 20, Milano), nella stessa prestigiosa cornice che ha registrato nelle edizioni precedenti il sold out dei primi tre episodi di Harry Potter.

Sul palco una straordinaria formazione di oltre 80 musicisti che sotto la direzione del M° Timothy Henty, eseguirà la magica partitura di Patrick Doyle dal vivo in perfetto sincrono con la proiezione dell’intero film “Harry Potter e il Calice di Fuoco”, con dialoghi in italiano, in alta definizione su uno schermo di oltre 12 metri. Il tour mondiale della Harry Potter Film Concert Series è stato lanciato nel 2016 da CineConcerts e Warner Bros. Consumer Products per celebrare i film di Harry Potter. Dalla prima mondiale di Harry Potter e la Pietra Filosofale in concerto a giugno 2016, oltre 1,3 milioni di persone hanno apprezzato questa magica esperienza da JK Rowling’s Wizarding World, con oltre novecento spettacoli in più di 48 paesi del Mondo. Le date italiane sono prodotte da Marco Patrignani e Forum Music Village, i concerti in programma a Milano hanno ricevuto il patrocinio del Consolato Britannico.

In Harry Potter e il Calice di Fuoco, Harry entra misteriosamente nel Torneo Tremaghi, una gara estenuante tra diverse scuole di magia in cui affronta un drago, demoni d’acqua e un labirinto incantato che lo porterà nella stretta morsa di Lord Voldemort. Harry, Ron ed Hermione lasciano l’infanzia per sempre e affrontano sfide oltre la loro immaginazione.

L’originale partitura di Patrick Doyle vincitrice dell’ International Film Music Critics AWARD (IFMCA) e dell’ ASCAP Film and Television Music Award, rappresenta un nuovo incredibile affresco musicale delle nuove avventure di Harry e i suoi amici.

Fondata da Marco Patrignani, l’Orchestra Italiana del Cinema (O.I.C.) è il primo ensemble sinfonico italiano ad essersi dedicato esclusivamente all’interpretazione di colonne sonore.

L’Orchestra è nata nell’ambito del Forum Music Village, lo storico studio di registrazione fondato alla fine degli anni Sessanta da quattro pietre miliari della musica da film: Ennio Morricone, Piero Piccioni, Armando Trovajoli, Luis Bacalov. Suo obiettivo è quello di promuovere in tutto il mondo la straordinaria eredità musicale delle colonne sonore di film sia italiani che internazionali.

Impegnata su un vasto programma di colonne sonore, l’Orchestra presta una particolare attenzione al repertorio storico italiano, e grazie alla collaborazione di esperti del settore ha recuperato partiture di capolavori non pubblicati e/o mai registrati, con il sostegno di numerose associazioni, fondazioni e archivi pubblici e privati. Nel corso della sua attività, l’OIC ha avuto riconoscimenti da prestigiose istituzioni italiane e internazionali.

 

Elisabetta Castiglioni (anche per la fotografia)

 

Enrico Rava 80th Anniversary World Tour alla IUC

Per festeggiare i suoi ottant’anni, Enrico Rava ha riunito i musicisti con cui ha collaborato più strettamente negli ultimi anni e con questo gruppo di giovani e meno giovani protagonisti del jazz italiano sta effettuando una lunga tournée intercontinentale, l’Enrico Rava 80th Anniversary World Tour 2019, che avrà la sua unica tappa romana nell’Aula Magna della Sapienza (piazzale Aldo Moro 5, Roma) martedì 10 dicembre alle 20.30 per la stagione della IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti. In quest’occasione Rava suonerà i brani più significativi della sua carriera, rivisti in un’ottica odierna, e nuove composizioni scritte per questa occasione.

Enrico Rava è sicuramente il jazzista italiano più conosciuto e apprezzato a livello internazionale, come dimostrano le nomine a Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura francese e a Doctor in Music Honoris Causa alla Barklee School of Music di Boston. Inoltre è cittadino onorario della città di Atlanta in Georgia. Trombettista dotato di un forte senso melodico, che dalla lezione di Miles Davis e Chet Baker si è mosso verso colori più mediterranei, è un personaggio unico, che ha saputo “giocare” con il proprio ruolo di testimone di momenti diventati storici, ma che soprattutto non ha mai perso di visto la necessità di aggiornarsi, di circondarsi di musicisti giovani, per farli crescere ma anche per captare nuovi stimoli e nuove traiettorie. Solo poche settimane fa è uscito il suo nuovo album “Roma” per ECM in duo con Joe Lovano.

Nato il 20 agosto 1939 a Trieste – per caso, come ha raccontato egli stesso – da una famiglia piemontese e cresciuto a Torino, Enrico Rava si trasferisce nei primi anni Sessanta a Roma, dove ha l’occasione di collaborare con musicisti del calibro di Gato Barbieri e Steve Lacy e con quest’ultimo   passa anche un periodo a Buenos Aires. Nel 1967 fa il gran salto a New York, dove incontra e collabora con artisti come Roswell Rudd, Carla Bley, Charlie Haden, John Abercrombie, Cecil Taylor, tra i tanti. Negli anni Settanta rientra in Italia, dove si susseguono concerti e dischi con i gruppi a suo nome e dove avviene l’incontro anche con l’opera, da lui rivisitata in due splendidi album, e con il pop di Michael Jackson. Scopre tanti talenti italiani, tra cui Massimo Urbani, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Gianluca Petrella, Giovanni Guidi, Francesco Diodati e suona con tanti celebri artisti internazionali come Lee Konitz, Richard Galliano, John Scofield, Pat Metheny, Dave Douglas, Michel Petrucciani. Nella sua lunga carriera, Rava ha collaborato non solo con i più grandi jazzisti mondiali, ma anche con rappresentanti delle altre arti, come Andrea Camilleri, Michelangelo Pistoletto, Francesco Tullio Altan e Bernardo Bertolucci.

Con lui suoneranno in questo concerto Giovanni Guidi al pianoforte, Gianluca Petrella al trombone, Francesco Diodati alla chitarra, Gabriele Evangelista al basso e Enrico Morello alla batteria.

Giovanni Guidi, esponente della generazione dei trentenni del jazz italiano, ha vinto il Top Jazz 2007 (il premio della critica indetto dalla rivista Musica Jazz) quale miglior nuovo talento nazionale e nel 2016 il disco “Ida Lupino” inciso insieme a Gianluca Petrella è stato eletto miglior disco italiano Ha realizzato una decina di album a suo nome, favorevolmente accolti da pubblico e stampa specializzata e ha partecipato a numerosi e importanti festival nazionali ed internazionali. È uno dei musicisti più apprezzati della sua generazione, sempre alla ricerca di soluzioni non banali come improvvisatore, compositore e bandleader.

Gianluca Petrella è considerato uno dei miglior trombonisti jazz del mondo e tra i più importanti musicisti jazz italiani di tutti i tempi.
Nella lista delle collaborazioni con musicisti internazionali figurano: Steve Bernstein, Bobby Previte, Pat Metheny, Tomasz Stanko, Greg Osby, Carla Bley. Tra gli italiani Paolo Fresu, Roberto Gatto, Antonello Salis, Gianluigi Trovesi, Francesco Bearzatti, Danilo Rea e tanti altri.

Francesco Diodati appartiene alla nutrita schiera di giovani musicisti jazz in rapida ascesa nazionale, e non solo. La chiarezza d’idee e la volontà di condividere la propria poetica con musicisti della stessa generazione sono i suoi tratti salienti. Il contributo di Diodati s’iscrive nella linea del jazz contemporaneo, in cui il senso della storia convive con l’apertura a un vasto universo sonoro. L’uso sapiente degli effetti elettronici che s’innesta sulla padronanza tecnico musicale della chitarra elettrica e acustica, riflette una concezione dello spazio sonoro che dilata i confini fisici delle sei corde.

Gabriele Evangelista, ritenuto uno dei contrabbassisti italiani più creativi ed eclettici, è l’ultimo dei talenti valorizzati da Rava. Scoperto ai seminari jazz di Siena, sta bruciando le tappe a velocità supersonica ed è richiestissimo per le sue straordinarie doti (precisione unita ad una sfrenata creatività ed ad un grande interplay ) da molti musicisti italiani.

Enrico Morello è un batterista dal drumming raffinato, che può contare su una preparazione accademica e una serie di esperienze internazionali rare per tanti suoi coetanei e che coltiva lo studio del suo strumento con passione e professionalità. È un musicista curioso e rispettoso della tradizione, con uno swing stupefacente e grande sensibilità nella scelta delle dinamiche, che guarda al futuro, costantemente impegnato in una personale ricerca che parte dal jazz ma esplora tutto l’universo musicale.

 

Mauro Mariani (anche per le fotografie)