Archivio mensile:novembre 2014
La nascita di MAGNUM. Robert Capa Henri Cartier-Bresson George Rodger David Seymour
La mostra allestita a Cremona, presso il Museo del Violino (Piazza Marconi, 5) dal titolo “La nascita di Magnum. Robert Capa Henri Cartier-Bresson George Rodger David Seymour”, esplora la nascita della più celebre agenzia fotografica del mondo, la Magnum Photos. E lo fa, fino all’8 febbraio 2015, attraverso le immagini di coloro che di quella nuova, grande avventura furono i primi protagonisti. Il 22 maggio del 1947, dopo alcune riunioni presso il ristorante del Museum of Modern Art di New York, viene iscritta al registro delle attività americane la Magnum Photos Inc, nome che prendeva spunto dalla celebre bottiglia di champagne. A firmare erano Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David Seymour e William Vandivert. Nasceva così una realtà che era concretizzazione di una lunga riflessione avviata da Robert Capa durante la guerra civile spagnola e che, negli anni, era stata estesa anche ai fotografi che frequentava. Un progetto che si fondava sulla tutela del lavoro del fotografo e sul rispetto degli associati diritti fotografici. Attraverso la formula della cooperativa, i fotografi diventavano proprietari del loro lavoro, prendevano decisioni collettivamente, proponevano autonomamente alle testate i propri lavori per non rimanere assoggettati alle esigenze editoriali delle riviste, e rimanevano proprietari dei negativi, garantendo così un pieno controllo sulla diffusione delle immagini. Un controllo che si estendeva anche ad un minuzioso controllo dei testi delle didascalie associate alle foto e al perentorio divieto di manipolare le immagini. Con questi presupposti, e con la qualità del lavoro dei suoi soci, Magnum diventa ben presto un riferimento nel mondo del fotogiornalismo. Magnum rappresentava così una diretta conseguenza del grande sviluppo nella stampa illustrata e delle agenzie fotogiornalistiche che era avvenuto durante i due conflitti mondiali. Fin dai suoi esordi viene prevista, per ogni fotografo, una suddivisione geografica dove operare: Henri Cartier-Bresson in Oriente, David Seymour in Europa, William Vandivert in America, George Rodger il Medio Oriente e l’Africa e Robert Capa piena libertà d’azione nel mondo. Gli esordi dell’avventura di Magnum vengono raccontati al Museo del Violino da un corpus di ben centodieci fotografie che rappresentano una vera eccezionalità: per la prima volta infatti i primi reportage dei fondatori di Magnum vengono raccolti assieme permettendo di costruire uno straordinario spaccato sull’avvio dell’agenzia. Inoltre è occasione per avviare una riflessione sul ruolo del fotogiornalismo e sulle trasformazione che Magnum innescò in questo settore. Ad introdurre il percorso espositivo è una sezione dedicata a Robert Capa prima di Magnum, con celebri immagini della guerra civile spagnola, di quella del conflitto fra Cina e Giappone e della seconda guerra mondiale. A seguire, quattro selezioni legate ai primi reportage realizzati di Rodger, Cartier-Bresson, Seymour e dallo stesso Capa per Magnum. Si tratta del reportage di Capa dedicato alla nascita dello stato di Israele con una particolare attenzione ai campi di rifugiati, il reportage di George Rodger dedicato alla tribù dei Nubas in Sudan, il lavoro di Henri Cartier-Bresson dedicato all’India con le ultime fotografie scattate a Gandhi prima che fosse assassinato nel gennaio del 1948, ed infine le fotografie di David Seymour incentrato sulle conseguenze del secondo conflitto mondiale in Europa, con una particolare attenzione al dramma degli orfani di guerra. La mostra sarà arricchita da una serie di iniziative dedicate ad approfondire il lavoro di ognuno di questi grandi fotografi, ma contemporaneamente offrire occasioni di riflessione sul ruolo del fotogiornalismo. Il catalogo, firmato Silvana Editoriale, raccoglie una serie di interviste ad importanti figure del mondo della fotografia a livello internazionale incentrate sul ruolo del fotogiornalista. Apertura: dal martedì al giovedì dalle 10.00 alle 18.00; dal venerdì alla domenica dalle 10.00 alle 19.00. Lunedì chiuso. Chiuso il 25 di dicembre e il 1 di gennaio.
Boom di commercio di strumenti di tortura in Cina
Una ricerca realizzata da Amnesty International e da Omega Research Foundation ha rivelato il florido commercio di strumenti di tortura prodotti dalle aziende cinesi e il collegamento tra questo export e le violazioni dei diritti umani in Africa e Asia. Oltre 130 aziende, a fronte di sole 28 di un decennio fa, sono attualmente coinvolte nella produzione e nel commercio di strumenti potenzialmente pericolosi destinati al mantenimento dell’ordine pubblico. Alcuni di essi, come i manganelli elettrici, i bastoni acuminati e i congegni serra gambe, sono intrinsecamente crudeli e disumani e dovrebbero essere immediatamente proibiti. Altri strumenti, che potrebbero avere un utilizzo legittimo come i gas lacrimogeni, le pallottole di plastica e i veicoli antisommossa, vengono esportati dalla Cina in paesi dove vi è il rischio concreto che possano essere usati per compiere gravi violazioni dei diritti umani. “Sempre più aziende cinesi stanno facendo profitti col commercio di strumenti di tortura e di repressione, alimentando le violazioni dei diritti umani a livello mondiale” – ha dichiarato Patrick Wilcken, ricercatore su commercio di materiali di sicurezza e diritti umani. “Questo commercio, che procura immense sofferenze, è in pieno boom poiché le autorità cinesi non fanno nulla per impedire alle aziende di esportare questi disgustosi congegni o per impedire che strumenti destinati ad attività di polizia finiscano nelle mani di noti violatori dei diritti umani”. Le aziende cinesi, la maggior parte delle quali di proprietà statale, stanno conquistando quote sempre più ampie nel mercato globale degli strumenti per il mantenimento dell’ordine pubblico. La Cina è l’unico paese noto nel mondo per la produzione di bastoni acuminati, con punte di metallo disposte lungo la parte terminale o addirittura su tutta la lunghezza dello strumento. Si tratta di oggetti prodotti per torturare e possono causare sofferenza e dolore gravi. Sette aziende cinesi pubblicizzano apertamente verso i mercati esteri questi prodotti disumani. Di recente, bastoni acuminati prodotti in Cina sono stati usati dalla polizia della Cambogia ed esportati alle forze di sicurezza di Nepal e Thailandia. Dalle ricerche di Amnesty International e Omega Research Foundation è emerso che 29 aziende cinesi pubblicizzano i bastoni elettrici. Questi strumenti consentono facilmente di applicare scariche elettriche multiple dolorosissime su parti sensibili del corpo come i genitali, la gola, l’inguine o le orecchie senza che, a distanza di tempo, restino segni visibili. Decine di aziende cinesi producono e commerciano strumenti di costrizione come i congegni serra gambe o le sedie di contenimento. Un’azienda produce congegni che serrano il collo: che possono mettere a rischio la vita delle persone limitando la respirazione, la circolazione del sangue e le comunicazioni nervose tra il cervello e il corpo. Sulla base dei materiali realizzati dalle aziende per promuovere le vendite, è stato possibile concludere che parecchie aziende vengono tali strumenti ad agenzie per il mantenimento dell’ordine pubblico di ogni parte del mondo, comprese quelle note per violare regolarmente i diritti umani. “Non può esservi alcuna scusa per consentire la produzione e il commercio di strumenti il cui scopo principale è quello di torturare o infliggere trattamenti crudeli, disumani e degradanti, atti efferati totalmente vietati dal diritto internazionale. Le autorità cinesi dovrebbero introdurre il divieto di produrre ed esportare questi strumenti” – ha aggiunto Wilcken. Un’azienda, la China Xinxing Import / Export Corporation – che pubblicizza strumenti quali congegni serra pollici, sedie di contenimento, pistole elettriche e manganelli elettrici – ha dichiarato nel 2012 di essere in rapporti con oltre 40 paesi africani e che il suo commercio con l’Africa era superiore a 100 milioni di dollari Usa. Amnesty International e Omega Research Foundation hanno rinvenuto prove dell’uso di manganelli elettrici di fabbricazione cinese da parte della polizia in Egitto, Ghana, Madagascar e Senegal. Le aziende cinesi, inoltre, continuano a esportare strumenti che possono essere considerati legittimi allo scopo di mantenere l’ordine pubblico solo se vengono usati secondo gli standard internazionali e se chi li usa sia adeguatamente addestrato e possa rispondere in pieno del suo comportamento. Purtroppo, il rapporto di Amnesty International e Omega Research Foundation cita casi di esportazioni del genere verso paesi in cui vi è il rischio concreto che l’uso di tali strumenti contribuirà a gravi violazioni dei diritti umani. Il rapporto cita, ad esempio, una grande fornitura di equipaggiamento antisommossa giunto in Uganda nel febbraio 2011, nonostante il massiccio ricorso alla tortura e ai maltrattamenti da parte della polizia locale. Due mesi dopo, quegli strumenti vennero usati per stroncare le proteste contro l’aumento dei prezzi. Durante la repressione – che provocò almeno nove morti, oltre 100 feriti e 600 arresti – le forze ugandesi utilizzarono veicoli blindati antisommossa di fabbricazione cinese. Equipaggiamento antisommossa proveniente dalla Cina è stato impiegato anche dalle forze di sicurezza della Repubblica Democratica del Congo per sopprimere le proteste durante le elezioni del 2011, in cui sono state uccise almeno 33 persone e altre 83 sono rimaste ferite. Le esportazioni sono proseguite anche in seguito. Il rapporto di Amnesty International e Omega Research Foundation denuncia la carenza dei controlli sulle esportazioni, la mancanza di trasparenza e l’assenza della valutazione sulla situazione dei diritti umani nei paesi destinatari delle forniture. “L’imperfetto sistema cinese delle esportazioni ha permesso al commercio di strumenti di tortura e di repressione di espandersi. È urgente che le autorità cinesi rivedano le norme in materia di commercio per porre fine all’irresponsabile trasferimento di equipaggiamento per il mantenimento dell’ordine pubblico che verrà con ogni probabilità usato per violare i diritti umani” – ha sottolineato Wilcken. La Cina non è da sola a non controllare efficacemente i trasferimenti di equipaggiamento per il mantenimento dell’ordine pubblico. Il commercio mondiale di questi prodotti è soggetto a scarsi controlli e persino laddove le norme sono più evolute, come negli Usa e nell’Unione europea, sono necessari miglioramenti per colmare le lacune esistenti, proprio mentre nuovi prodotti e tecnologie escono sul mercato. Alla crescita del commercio internazionale della Cina in strumenti di tortura e di repressione si è accompagnata la costante violazione dei diritti umani all’interno del paese. La tortura e i maltrattamenti, così come l’uso arbitrario della forza rimangono diffusi nelle carceri e nella soppressione delle proteste. Amnesty International ha documentato una lunga serie di forme di tortura fisica in Cina, compreso l’uso dei manganelli elettrici. Un sopravvissuto alla tortura ha dichiarato: “Loro [i poliziotti] mi colpivano col manganello elettrico sul volto, è quella tortura che la polizia chiama “del popcorn”, perché il viso ti si apre e sembra come il popcorn. Fa una puzza terribile, di pelle bruciata”. Il rapporto, infine, mette in luce l’ampio abuso degli strumenti meccanici di costruzione nei confronti dei detenuti in Cina. Molti di essi hanno denunciato di essere stati bloccati per i polsi e alle anche e sospesi al soffitto o costretti a rimanere per lungo tempo in posizioni dolorose. Amnesty International e Omega Research Foundation hanno sollecitato le autorità cinesi e quelle di tutti gli altri paesi a: – imporre un’immediata moratoria sulla produzione e il commercio di strumenti intrinsecamente atti a violare i diritti umani; – sospendere immediatamente o negare le autorizzazioni a esportare altri strumenti per mantenere l’ordine pubblico laddove vi sia il rischio sostanziale che essi verranno utilizzati per commettere o facilitare gravi violazioni dei diritti umani; – istituire norme e prassi per controllare l’esportazione di strumenti di polizia e sicurezza che possono essere usati legittimamente ma che si prestano facilmente all’abuso; – porre fine alla tortura e ai trattamenti o pene crudeli, disumani e degradanti, così come all’uso della forza arbitraria e indagare su tutte le denunce relative ad atti del genere per poi portare i responsabili di fronte alla giustizia.
Amnesty International Italia
Malala Yousafzai e Kailash Satyarthi Nobel per la Pace
Dopo l’annuncio che la studentessa e attivista pakistana per il diritto all’istruzione Malala Yousafzai e l’attivista indiano per i diritti dei minori Kailash Satyarthi sono stati insigniti del premio Nobel per la pace, Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International, ha dichiarato: “Il lavoro di Kailash Satyarthi e Malala Yousafzai rappresenta la lotta di milioni di bambini in tutto il mondo. Questo è un premio per i difensori dei diritti umani che sono disposti a dedicarsi interamente alla promozione dell’educazione e dei diritti dei bambini più vulnerabili del mondo. Il Comitato del premio Nobel ha riconosciuto l’importanza fondamentale dei diritti dell’infanzia per il futuro del nostro mondo. La scelta dei premiati dimostra che questo è un problema che conta per tutti noi, non importa quale sia la nostra età, il nostro genere, il nostro paese o la nostra religione. Malala offre un potente esempio che ha ispirato persone di tutto il mondo e che è stato meritatamente riconosciuto dal Comitato per il Nobel. Il coraggio che ha mostrato di fronte a tale avversità è una vera ispirazione. Le sue azioni sono un simbolo di ciò che significa difendere i diritti, con la semplice richiesta di soddisfare il diritto umano fondamentale all’istruzione. Kailash Satyarthi ha dedicato la sua vita ad aiutare i milioni di bambini che in India sono ridotti in schiavitù e costretti al lavoro in condizioni torride. Il suo premio è un riconoscimento alla instancabile campagna condotta da decenni dagli attivisti della società civile contro la tratta dei bambini e il lavoro minorile in India. A livello personale, sono felice che il premio sia andato a due persone che conosco e ammiro. Kailash è un vecchio amico e collega attivista dei diritti umani ed è stato un privilegio ospitare Malala quando ha ricevuto il premio Ambasciatore della coscienza di Amnesty International lo scorso anno”. Amnesty International è premio Nobel per la pace per “aver contribuito alla salvaguardia degli elementi fondamentali di libertà, di giustizia, e di conseguenza anche alla pace nel mondo”. A Malala Yousafzai è stato conferito il più alto riconoscimento di Amnesty International, il premio Ambasciatore della coscienza, nel 2013. Amnesty International Italia ha dedicato a Malala e al suo impegno per i diritti umani il libro “Il cammino dei diritti” in cui sono raccontate venti date che hanno rappresentato un passo avanti nell’affermazione dei diritti umani.
Amnesty International Italia
Rinasce il Teatro Continuo di Burri a Milano
Nel 1973, in occasione della XV Triennale, Alberto Burri ideò per il Parco Sempione il Teatro Continuo. Una volta realizzata, l’opera si presentava come una struttura palcoscenico composta da una piattaforma in cemento e da sei quinte laterali rotanti in acciaio dipinto. Collocata sull’asse ideale che collega il centro di Milano con Corso Sempione, il Teatro Continuo fungeva da cannocchiale prospettico, inquadrando la Torre Filarete del Castello Sforzesco da un lato e l’Arco della Pace dall’altro. Divenendo così parte integrante del Parco Sempione, si offriva come macchina scenica sempre predisposta per l’uso, libera sede nel cuore di Milano sia per attività e spettacoli artistici, sia per un utilizzo indipendente da parte di ognuno. Con quest’opera Burri manifestava una decisa consonanza rispetto alla temperie culturale del momento, caratterizzata da una tendenza al dialogo con il pubblico e da uno spostamento dell’operatività artistica dallo studio al contesto esterno. L’opera faceva parte di un insieme di particolare valore artistico e urbanistico risalente alla XV Triennale, comprendente i “Bagni Misteriosi” di Giorgio De Chirico e “Accumulazione Musicale e Seduta” di Arman, entrambe tuttora presenti all’interno del Parco Sempione. Nel 1989 l’Amministrazione Comunale di Milano decise di demolire l’opera di Burri. A distanza di venticinque anni, la città torna sui suoi passi e con la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e NCTM Studio Legale Associato, nell’ambito del progetto nctm e l’arte, con la curatela scientifica di Gabi Scardi, promuove il rifacimento dell’opera sulla base dei disegni originali. La realizzazione, la cantierizzazione e la posa del Teatro Continuo sono stati affidati a Leggeri S.r.l., società impegnata da decenni nella esecuzione di opere di artisti internazionali. Il rinato Teatro Continuo verrà donato al Comune di Milano e a Triennale di Milano, che ne curerà la manutenzione. Il progetto è stato esaminato e autorizzato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Provincia di Milano. L’opera verrà consegnata alla Città di Milano nel mese di marzo del prossimo anno, nell’ambito delle attività legate al Centenario della nascita del Maestro. Il Teatro tornerà così a costituire, già durante l’EXPO di Milano, una piattaforma di attività culturali partecipate dai cittadini.
Claudio Cosetti, Paola Cuccia
Felice Casorati alla Fondazione Ferrero
La Fondazione Ferrero di Alba e la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, rendono omaggio a Felice Casorati (1883-1963) con un’ampia antologica alla Fondazione Ferrero, ad Alba, fino al primo febbraio 2015. “Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe”, curata da Giorgina Bertolino, coautrice del Catalogo Generale dei dipinti dell’artista – è una personale dedicata alla ricerca, alla storia pubblica e alla ricezione internazionale della pittura casoratiana, dagli anni Dieci agli anni Cinquanta del Novecento. Quaranta dei sessantacinque dipinti presenti nelle sale della Fondazione provengono da musei e istituzioni nazionali e internazionali. Alcuni, acquisiti e partiti dall’Italia nei primi decenni del Novecento, rappresentano per il pubblico di oggi dei veri e propri inediti espositivi. Tra i musei prestatori italiani, la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Museo del Novecento di Milano, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, depositario della Collezione VAF-Stiftung, la RAI-Radiotelevisione Italiana. Tra i musei prestatori in Europa, la Nationalgalerie di Berlino e il Centre Pompidou di Parigi; negli Stati Uniti, il Detroit Institute of Arts e il Museum of Fine Arts di Boston; in Brasile, il Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo. La collaborazione della GAM di Torino, depositaria della più ampia collezione pubblica di opere di Felice Casorati, conferma l’impostazione scientifica del progetto, avvalorato dal Comitato scientifico. «La mia pittura accolta con tanta severità in patria, trovò all’estero consensi cordiali, talvolta entusiasti. Moltissime le riviste che mi dedicarono articoli. Fui invitato ad allestire mostre personali in Germania, in Belgio, in America, in Francia e persino in Russia. Le Gallerie d’Europa e d’America ospitarono fin troppo volentieri i miei quadri». Con queste parole, nel 1943, Felice Casorati raccontava nell’Aula Magna dell’Università di Pisa, la sua vicenda artistica oltre confine. La mostra “Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe” raccoglie un nucleo di opere filologicamente coerenti rispetto alla provenienza e alla storia delle mostre, con dipinti appartenenti a collezioni museali e private, acquisiti o esposti all’estero e nelle sale della Biennale di Venezia, la grande rassegna investita nel secolo scorso della funzione di Società delle Nazioni dell’arte. Le opere sono state individuate tra quelle che Casorati stesso, durante la sua lunga carriera artistica (iniziata nel 1907 e conclusa con la scomparsa nel 1963), scelse di presentare nei contesti espositivi internazionali. Celebrato come uno dei maestri dell’arte italiana del Novecento, Felice Casorati fu protagonista di quel rinnovamento del linguaggio artistico che ebbe nelle Biennali di Venezia e nelle sedi del circuito espositivo europeo e americano uno spazio di scambio e di confronto. Partecipò a importanti rassegne celebrative tra le quali, nel 1910, le Esposizioni per il Centenario argentino di Buenos Aires e per il Centenario dell’Indipendenza di Santiago del Cile; le Esposizioni universali di Barcellona nel 1929 e di Bruxelles nel 1935; l’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1937. Presente a numerose mostre dedicate all’arte italiana contemporanea, alle mostre itineranti del movimento artistico Novecento (a Ginevra nel 1929, in America latina nel 1930, a Stoccolma e a Helsinki nel 1931), e nel dopoguerra, alla Documenta di Kassel (dove fu invitato per la prima edizione del 1955), l’artista concorse a prestigiosi premi come quello promosso dal Carnegie Institute di Pittsburgh, dove fu presente dal 1924 al 1939 e poi nel 1950, e per il quale fu membro della giuria nel 1927. L’antologica si prefigge di analizzare questa composita mappa espositiva, assumendo le Biennali veneziane come punto privilegiato d’osservazione. Sono dodici le edizioni documentate nelle sale della Fondazione, attraverso singole opere (1907, 1910, 1912) o attraverso nuclei cospicui (ciascuno di cinque, sette dipinti) che consentiranno di ricostruire la partecipazione dell’artista alla mostra del 1924, del 1938, del 1942, del 1952, sino alla postuma del 1964. La mostra è introdotta dal Ritratto della sorella Elvira, con cui Felice Casorati esordì alla Biennale di Venezia del 1907, avviando la sua prima stagione pittorica, caratterizzata da quadri con figura che, secondo canoni ancora naturalistici, declinano il tema delle età femminili: Le vecchie comari del 1908 (Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona), inviato due anni dopo a Santiago del Cile, Le ereditiere (MART, Rovereto, Collezione VAF-Stiftung), esposto alla Biennale veneziana del 1910, Bambina su un tappeto rosso (Museum voor Schone Kunsten, Gent) presentato nell’edizione del 1912 dove fu acquistato dal governo belga. Accanto ad alcuni dei più celebri capolavori, Ritratto di Maria Anna De Lisi (1918), Tiro al bersaglio (1919), Le uova sul cassettone (1920), la mostra rintraccia l’itinerario di scelte compiute dall’artista sul versante interno della pittura e su quello della sua presentazione ufficiale. Ne emerge un Casorati che nelle occasioni importanti privilegia il ritratto. In mostra la ricorsività del genere sarà sottolineata da una vera e propria “galleria di ritratti”: quelli dedicati alla moglie Daphne Maugham, al mecenate Riccardo Gualino e ai suoi familiari, al pianista e compositore Alfredo Casella, alla danzatrice russa Raja Markmann, a Hena Rigotti, all’ingegner Gino Beria, ai coniugi tedeschi Kurt ed Elisabetta Wolff (il cui ritratto giungerà dalla Pinakothek der Moderne di Monaco di Baviera), al pittore e allievo Riccardo Chicco (in prestito dal Museum of Fine Arts di Boston). Familiari, amici, intellettuali, artisti, fanno parte dell’ambiente culturale e cosmopolita che l’artista frequenta lungo tutti gli anni Venti. Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe offre unoccasione unica per ammirare, una accanto all’altra, opere straordinarie normalmente distanti. È il caso della Madre (Neue Nationalgalerie degli Staatliche Museen di Berlino), esposta alla XIV Biennale di Venezia del 1924, che il pubblico vedrà insieme ad alcune delle opere che l’artista decise di presentare allora: Manichini (Museo del Novecento, Milano), il Ritratto di Hena Rigotti (GAM, Torino), il Concerto (RAI, Torino) e i tre Ritratti Gualino, nuovamente riuniti a trent’anni dalla mostra Dagli ori antichi agli anni Venti che li presentò a Torino nel 1982. Il Ritratto del Maestro Alfredo Casella del 1926, il Ritratto dell’ingegner Gino Beria del 1925-1926 (GAM, Torino) documentano la partecipazione di Casorati al circuito espositivo internazionale della seconda metà degli anni Venti, mentre Ospedale (GNAM, Roma), Gli scolari (Galleria d’Arte Moderna E. Restivo, Palermo) e Beethoven (MART, Rovereto, Collezione VAF-Stiftung), ricostruiscono parte dell’insieme presentato alla Biennale di Venezia del 1928. Tra le opere esposte nell’edizione del 1930 il Ritratto di fanciulla (Galleria d’Arte Moderna, Genova) e in quella del 1934, Pomodori dello Szépmuvészeti Múzeum di Budapest. La sezione delle opere degli anni Trenta si apre con la Venere bionda del 1933 (Centre Pompidou, Parigi). Esposta nel 1937 nel Padiglione italiano dell’Exposition internationale di Parigi e acquisita dallo Stato francese nel 1938, la tela fu richiesta in prestito nel 1952 per la sala alla Biennale di Venezia che lo stesso Casorati concepì per antologizzare la propria storia pittorica. I prestiti del Detroit Institute of Arts consentiranno di vedere per la prima volta in Italia il Ritratto di mia moglie, esposto al Premio Carnegie nel 1933 e nel 1936, e Icaro, presentato nell’edizione del 1939. L’importante nucleo di quattro dipinti appartenenti al Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo documenteranno il decennio successivo, registrando al contempo l’esemplare vicenda collezionistica di Francisco Matarazzo Sobrinho, imprenditore e mecenate italo-brasiliano. Alla GAM di Torino appartiene anche la serie di fogli dell’album che raccolgono i minuscoli disegni progettuali con cui Casorati era solito tracciare, con pochi segni essenziali, le idee e le varianti dei suoi futuri dipinti. In questi formati di pochi centimetri, allestiti in un’apposita sezione, il visitatore potrà riconoscere numerose delle opere disposte sulle pareti della mostra. La mostra avrà tra i suoi destinatari sia gli studiosi sia il grande pubblico, accolti negli spazi della Fondazione Ferrero da un articolato programma di visite, incontri e approfondimenti, dalla proiezione di un documentario prodotto ad hoc e dalle attività educative destinate alle scuole, progettate dalla Fondazione in collaborazione con il Dipartimento Educazione della GAM, Torino. Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe è fondata su una approfondita ricerca iniziata nella primavera del 2013. Gli esiti della ricerca sono nel catalogo, curato da Giorgina Bertolino ed edito da Silvana Editoriale. Nel periodo di apertura dell’esposizione allestita ad Alba, la GAM di Torino presenterà una selezione di disegni di Felice Casorati, provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe del museo. Organizzata nella Wunderkammer, la mostra “Felice Casorati. Il pensiero assorto” è curata dal vice-direttore Riccardo Passoni e sarà aperta fino al 1 febbraio 2015.
S.E.
Roberto Floreani e la sua “Città Ideale”
Palazzo della Gran Guardia di Verona, dopo le mostre dedicate a Paolo Veronese, a Monet e alla Collezione Panza di Biumo, ospita nel piano nobile Roberto Floreani (Venezia, 1956) con suo nuovo progetto titolato La Città ideale (dal 23 novembre 2014 al 31 gennaio 2015). L’invito che il Comune di Verona ha voluto rivolgere a Floreani costituisce un importante riconoscimento alla carriera ultratrentennale di un artista, a ragione considerato uno dei più maturi e convincenti della sua generazione.
La mostra veronese viene dopo oltre sessanta personali tenute dall’artista in Italia e all’estero, di cui sedici realizzate, negli ultimi vent’anni, in spazi pubblici e museali, tra le quali, oltre a quella al Padiglione Italia della Biennale di Venezia nel 2009 e la partecipazione alla Quadriennale di Roma nel 2005, quella alle “Stelline” di Milano nel ‘99; ai Musei di Stato di San Marino nel 2001; al Museo Revoltella di Trieste nel 2003; in Germania, ad Aschaffenburg e Gelsenkirchen e alla Mestna Galerija di Lubiana nel 2007; al MaGa di Gallarate nel 2011; al Centro Internazionale di Palazzo Te nel 2013. L’imponente spazio espositivo accoglierà un progetto di pittura appositamente realizzato da Floreani site specific, caratterizzato da una grande installazione composta da oltre sessanta opere su tela e integrato dalla novità della presenza di una decina di sculture, che saranno posizionate a semicerchio nel salone centrale. Completerà la mostra, nelle altre quattro sale, un’ampia antologica con altre trenta opere selezionate, anche di grande formato. Nel suo complesso quindi, con le oltre cento opere esposte, la mostra alla Gran Guardia è la più importante esposizione personale realizzata da Floreani fino ad oggi. Le tematiche della mostra riguarderanno l’evoluzione della presenza tematica del Concentrico, autentica sigla espressiva dell’artista, abbinato ad una nuova ricerca sul pattern geometrico e sulle tonalità cromatiche (con un importante inserimento del blu Klein), che evocano anche suggestioni legate all’Oriente delle arti marziali, praticate dall’artista da quasi cinquant’anni. Il progetto La Città ideale prende lo spunto dalla celeberrima opera rinascimentale conservata nel museo di Urbino e considerata l’immagine dell’utopia e della perfezione. In questa scelta, appare evidente l’intenzione da parte di Floreani di ribadire la centralità della pittura nell’ambito del contemporaneo, la sua continuità storica, il superamento degli stili, l’importanza della tecnica, la rilevanza espressiva riferibile alla Bellezza, alla Misura e alla possibilità che l’opera d’arte possa contenere anche un messaggio di natura spirituale. Quest’ultimo aspetto in particolare, suscita, da anni, grande interesse da parte dell’artista che, attivo nell’ambito della ricerca astratta dal 1981, intende attualizzare le tematiche espresse dallo “Spirituale nell’Arte” di Kandinskj, già nel 1912, riprese poi dai Sublime Optics di Josef Albers, fino alla sacralità cromatica di Ettore Spalletti riconducibile al medesimo ambito tematico. Completerà il progetto la pubblicazione di una monografia, arricchita da un’estesa antologia critica dedicata all’artista in questi ultimi anni.
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Denuncia di crimini di guerra in Iraq
In un nuovo rapporto pubblicato lo scorso 14 ottobre 2014, Amnesty International ha accusato le milizie sciite, sostenute e armate dal governo iracheno, di aver rapito e ucciso numerosi civili sunniti negli ultimi mesi, beneficiando della totale impunità per questi crimini di guerra. Il rapporto, intitolato “Impunità assoluta: il potere delle milizie in Iraq”, contiene agghiaccianti resoconti di attacchi settari compiuti dalle sempre più potenti milizie sciite a Baghdad, Samarra e Kirkuk, apparentemente per vendicare attacchi del gruppo armato che si definisce Stato islamico. Decine di corpi non identificati sono stati rinvenuti in tutto il paese, ammanettati e con fori di proiettili alla nuca, seguendo uno schema di uccisioni deliberate nello stile di un’esecuzione. “Dando il suo assenso alle milizie che continuano a commettere questi orribili abusi, il governo iracheno sta approvando crimini di guerra e alimentando un pericoloso ciclo di violenza settaria che sta spaccando il paese. Il sostegno del governo al potere delle milizie deve finire immediatamente” – ha dichiarato Donatella Rovera, alta consulente per la risposta alle crisi di Amnesty International. La sorte di molte delle persone rapite dalle milizie sciite nelle settimane e nei mesi passati resta sconosciuta. Alcuni prigionieri sono stati uccisi persino dopo che le loro famiglie avevano pagato riscatti anche superiori a 60.000 euro per ottenere il loro rilascio. Salem, un uomo d’affari 40enne di Baghdad, padre di nove figli, era stato rapito a luglio. Due settimane dopo che la famiglia aveva pagato un riscatto di 47.500 euro, il suo corpo è stato ritrovato all’obitorio della capitale, con il cranio fracassato e le mani ancora legate. Il crescente potere delle milizie sciite ha contribuito al generale deterioramento della sicurezza e allo sviluppo di un clima di assenza di legge. Un parente di una delle vittime di Kirkuk ha dichiarato ad Amnesty International: “Ho perso un figlio e non voglio perdere gli altri. Niente può riportarmelo indietro e non posso mettere in pericolo tutti i miei figli. Nessuno sa cosa succederà. Non c’è legge, non c’è protezione”. L’elenco delle milizie sciite ritenute responsabili della scia di rapimenti e uccisioni comprende ‘Asa’ib Alh al-Haq, le Brigade Badr, l’Esercito del Mahdi e Kata’ib Hizbullah. Il potere e l’importanza di queste milizie sono ulteriormente aumentati da giugno, dopo che il ritiro dell’esercito iracheno ha lasciato quasi un terzo del paese allo Stato islamico. Ne fanno parte decine di migliaia di persone che, pur indossando uniformi militari, operano al di fuori di qualsiasi contesto legale e senza alcuna supervisione da parte delle autorità. “Non chiamando le milizie a rispondere dei loro crimini di guerra e di altre gravi violazioni dei diritti umani, le autorità irachene hanno praticamente dato via libera alla loro violenza sfrenata contro i sunniti. Il nuovo governo del primo ministro Haider al-Abadi deve agire subito per riprendere il controllo delle milizie e ristabilire la legge” – ha affermato Rovera. “Le milizie sciite stanno prendendo selvaggiamente di mira i civili sunniti, ufficialmente con la scusa di combattere il terrorismo, ma con l’apparente obiettivo di punirli per l’ascesa dello Stato islamico e per i suoi orribili crimini” – ha sottolineato Rovera. A un posto di blocco a nord di Baghdad, Amnesty International ha ascoltato un membro della milizia ‘Asa’ib Ahl al-Haq dire: “Se prendiamo quei cani mentre scendono dalla zona di Tikrit, li ammazziamo. Loro vengono a Baghdad per compiere atti di terrorismo, dunque dobbiamo fermarli”. Nel frattempo, a loro volta le forze regolari irachene continuano a compiere gravi violazioni dei diritti umani. Amnesty International ha scoperto prove di torture e maltrattamenti ai danni dei detenuti così come di decessi in custodia di sunniti imprigionati ai sensi della legge antiterrorismo del 2005. Il corpo privo di vita di un avvocato 33enne e padre di due bambini mostrava ferite ancora aperte e segni compatibili con l’applicazione di corrente elettrica. Un altro uomo, rimasto in carcere per cinque mesi, è stato torturato con le scariche elettriche e minacciato di stupro con un bastone prima di essere rilasciato senza alcuna accusa. “Uno dopo l’altro, i governi iracheni hanno mostrato un cinico disprezzo per i principi fondamentali dei diritti umani. Il nuovo governo, ora, deve cambiare direzione e porre in essere meccanismi efficaci per indagare sugli abusi commessi dalle milizie sciite e dalle forze irachene e chiamare i responsabili a rispondere delle loro azioni” – ha concluso Rovera.
Amnesty International Italia
Franco Fontana. Full Color
È aperta a Roma la prima grande retrospettiva di Franco Fontana, 130 fotografie che raccontano la sua lunghissima storia di fotografo conosciuto in tutto il mondo.
Dopo il successo ottenuto a Venezia, dove la mostra è stata realizzata dalla Casa dei Tre Oci, l’esposizione è a Roma, a Palazzo Incontro (Via dei Prefetti, 22), fino all’11 gennaio 2015.
Colori accesi, brillanti, talmente vibranti da apparire irreali.
Composizioni ritmate da linee e piani sovrapposti, geometrie costruite sulla luce. Paesaggi iperreali, più veri del vero, surreali, sospesi, spesso impossibili. Proporzioni ingannevoli in cui non c’è spazio per l’uomo.
Figure umane svelate in negativo, sublimate in ombre lunghe. Presenza e assenza contemporaneamente. Corpi come paesaggi, e pianure e colline dai contorni antropomorfi.
Questi sono i tratti distintivi che rimandano immediatamente ed in modo inequivocabile al linguaggio visivo di Franco Fontana.
Suddivisa in diverse sezioni tematiche, la mostra propone i paesaggi degli esordi (anni ‘60) passando per le diverse ricerche dedicate ai paesaggi urbani, le piscine e il mare.
Nato nel 1933 a Modena, città dove si riscontra già dall’inizio del Novecento una tradizione fotografica piuttosto radicata, Franco Fontana si avvicina alla fotografia nei primi anni Sessanta, secondo un percorso comune a molti della sua generazione, ossia dall’esperienza della fotografia amatoriale, ma in una città che è culturalmente molto attiva, animata da un gruppo di artisti di matrice concettuale, seppure ancora agli esordi, tra cui vi sono Franco Vaccari, Claudio Parmeggiani, Luigi Ghirri e Franco Guerzoni.
Il lavoro di Franco Fontana condivide con questa corrente il bisogno di rinnovamento e di messa in discussione dei codici di rappresentazione ereditati, in campo fotografico, dal Neorealismo, ma pone particolare attenzione e cura anche agli esiti visivi e alla componente estetica. Nel 1963 avviene il suo esordio internazionale, alla 3a Biennale Internazionale del Colore di Vienna.
Nelle fotografie di questo primo periodo si vedono in nuce alcuni di quelli che diverranno i suoi tratti distintivi. Soprattutto, c’è una scelta di campo decisamente controcorrente rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi: è stato tra i primi in Italia a schierarsi con tanta convinzione e fermezza in favore del colore rendendolo protagonista, non come mezzo ma come messaggio, non come fatto accidentale, ma come attore. È attratto dalla superficie materica del tessuto urbano, da porzioni di muri, stratificazioni della storia, dettagli di vita scolpiti dalla luce. Come fosse un ritrattista, Fontana mette in posa il paesaggio.
Il suo occhio fotografico ne sceglie il lato migliore con la consapevolezza che la fotografia, con il suo tempo di posa, gli obiettivi e i diaframmi, vede il mondo diversamente dall’occhio umano.
Nel 1970 Franco Fontana scatta un’immagine-simbolo del suo repertorio, a Baia delle Zagare, in Puglia: una composizione pulita, ritmata da fasce di colore, giocata su pochi toni cromatici, essenziale, sintetica, che sarà impiegata per una campagna del Ministero della Cultura Francese. “Questa foto rappresenta il mio modo di intendere la fotografia”, afferma Fontana. “Io credo infatti che questa non debba documentare la realtà, ma interpretarla. La realtà ce l’abbiamo tutti intorno, ma è chi fa la foto che decide cosa vuole esprimere. La realtà è un po’ come un blocco di marmo. Ci puoi tirar fuori un posacenere o la Pietà di Michelangelo.”
Nel 1979 intraprende il primo di una lunga serie di viaggi negli Stati Uniti: Fontana non approda a nessuna rivelazione, bensì applica il suo codice linguistico, ormai consolidato, a un ambiente urbano altro, rispetto alla sua Modena, ma non per questo alieno o incomprensibile.
Qualche anno dopo, nel 1984, inizia la serie Piscine: porzioni di sinuosi corpi di donna (e a volte d’uomo), esaltate da colori squillanti, in uno spazio conchiuso, sospeso, di cui spesso non vediamo i confini. Nel 2000 inizia la serie dei Paesaggi Immaginari, in cui la prevalenza dell’invenzione sul reale arriva ai massimi livelli, rendendo chiaramente manifesto il sottile inganno teorico sotteso alla produzione precedente. In questo caso, il fotografo, che non disdegna la tecnologia digitale, riafferma la propria libertà interpretativa della realtà tramite l’immaginazione.
La sua lunga carriera è costellata di riconoscimenti, premi e onorificenze in tutto il mondo; sono più di quattrocento le mostre in cui sono state esposte le sue fotografie e più di quaranta i volumi pubblicati.
Orari
Dal martedì alla domenica 11.00 – 19.00 (la biglietteria chiude alle 18.30)
24 e 31 dicembre 11.00 – 16.30 (la biglietteria chiude alle 16.00)
(La mostra resterà aperta anche venerdì 26 dicembre e martedì 6 gennaio)
Chiuso il lunedì, il 25 dicembre e il 1° gennaio.
Aperture straordinarie: lunedì 8 dicembre; lunedì 15 dicembre; lunedì 22 dicembre; lunedì 5 gennaio.
Barbara Izzo
Stagione concertistica 2014-2015 dell’Università degli Studi Roma Tor Vergata
Si svolgerà fino al 18 marzo la stagione concertistica 2014-2015 dell’Università di Roma Tor Vergata, organizzata dall’Associazione Roma Sinfonietta e dall’Associazione Culturale Musica d’Oggi.
Dopo un lungo periodo di interruzione, i concerti nell’ateneo romano sono ripresi soltanto nel gennaio scorso, e la positiva accoglienza del pubblico è stata d’incoraggiamento per portare gli appuntamenti dagli undici della stagione scorsa ai diciassette della prossima. Questo è stato reso possibile, oltre che dal finanziamento del Mibact, dall’intervento della Banca di Credito Cooperativo di Roma, che, con una sensibilità per la cultura e una generosità rare in questo periodo difficile, ha voluto dare il proprio contributo a una stagione di concerti di grande qualità, che ha la caratteristica di rivolgersi a tutta la città ma in particolare agli studenti dell’Università di Roma Tor Vergata e agli abitanti di una zona – Roma est e i comuni limitrofi – in cui la grande musica è pressoché assente e rare sono le occasioni culturali in generale.
Tutti i concerti si svolgeranno il mercoledì alle 18.00 nell’Auditorium “Ennio Morricone” della Facoltà di Lettere e Filosofia, in via Columbia 1. È allo studio al possibilità di aprire le prove generali agli studenti.
Dopo i concerti classici delle prime programmazioni, si passa al blues: il 12 novembre è difatti in scena il Luca Velotti Jazz Ensemble, un quartetto di eccellenti musicisti jazz riuniti intorno al clarinetto e ai sassofoni di Luca Velotti, che col suo gruppo ha suonato in importanti festival internazionali (Sydney, Praga, Beirut, Ascona, Roma, ecc.) e in più dal 1992 fa parte della band di Paolo Conte.
L’appuntamento successivo, il 19 novembre, è dedicato a Ludwig van Beethoven: non un concerto tradizionale, ma un “dialogo” con questo gigante della musica, guidato dalla voce del musicologo Giorgio Sanguineti, dal violoncello di Kyung Mi Lee e dal pianoforte di Michelangelo Carbonara.
Il 26 novembre irrompe la musica tzigana del gruppo Taraf da Metropulitana, formato da musicisti di etnia rom romeni e dall’italiano Paolo Rocca.
Questi primi cinque concerti danno indubbiamente la misura del valore, dell’interesse, dell’originalità e della varietà delle proposte di questa stagione e il resto della stagione lo conferma.
Ecco infatti il 3 dicembre Luca Pincini, uno dei migliori violoncellisti italiani, e Gilda Buttà, la pianista preferita da Morricone, in un programma assolutamente classico, che allinea tre dei massimi compositori del barocco, del romanticismo e del Novecento: Bach, Schumann e Sostakovič.
La settimana dopo invece un incontro-concerto con Francesco Antonioni, giovane compositore contemporaneo che ha un già un curriculum importante, con esecuzioni alla Biennale Musica di Venezia e all’Accademia di Santa Cecilia con Antonio Pappano sul podio. Antonioni colloquierà con il notoscrittore Nicola Lagioia, vincitore del premio Viareggio 2010 con il romanzo Riportando tutto a casa, che nell’occasione presenterà anche il suo nuovo romanzo, di prossima uscita. Sia Antonioni che Lagioia sono noti al pubblico anche come conduttori delle trasmissioni di Rai Radio3. Alle parole si alterneranno le musiche dello stesso Antonioni e di Schumann, compositore da lui particolarmente amato, nelle esecuzioni dell’Ensemble Musica d’Oggi
Il 2014 si chiude con il Concerto di Natale, il 17 dicembre. Musiche notissime, da Rossini a Strauss, da Bizet a Rota, nell’esecuzione dell’Orchestra Roma Sinfonietta diretta da Marcello Panni, che non ha bisogno di presentazioni: è stato direttore dei teatri di Bonn, Nizza e Napoli, è salito sul podio del Metropolitan di New York, dell’Opera di Vienna e di tanti altri grandi teatri, e i romani hanno ascoltato molte volte a Santa Cecilia e all’Opera. Il giorno prima, 16 dicembre, questo concerto sarà portato al policlinico di Tor Vergata, dando il via a un ciclo di concerti presso questo ospedale, che proseguirà a febbraio e marzo con quattro concerti per piccole formazioni, che andranno nei vari reparti per portare la musica ai pazienti che non sono in grado di spostarsi.
Il 21 gennaio il gruppo salentino Kalàscima, che tanto successo ha avuto quest’estate nei concerti organizzati da Roma Sinfonietta al Museo Etrusco di Villa Giulia, torna con “L’altra notte della taranta”, un’ora di musica coinvolgente e trascinante al ritmo della pizzica.
Dopo le serate dedicate a Bach e Beethoven, un altro dei musicisti più grandi e amati di tutti i tempi – Mozart – è protagonista il 28 gennaio. Il giovane pianista Gesualdo Coggi, affermatosi in vari concorsi e già con due CD all’attivo, e l’Orchestra Roma Sinfonietta eseguiranno due suoi Concerti, un Divertimento e una Serenata.
Il 4 febbraio è la volta di uno dei migliori gruppi cameristici italiani, l’Ars Trio di Roma, che presenta due dei massimi capolavori mai composti per questa formazione strumentale, il Trio op. 100 di Schubert e il Trio op. 67 di Sostakovič.
L’11 febbraio è la volta di un altro trio, ma “irregolare”, perché la sua formazione insolita mette insieme la viola di Raffeale Mallozzi, il flauto di Carlo Tamponi e la chitarra di Gianluigi Giglio: questi tre eccellenti solisti eseguiranno musiche del primo Ottocento di Francesco Molino, Joseph Kreutzer e Wenzeslaus Matiega, che si ascoltano molto raramente e che saranno una piacevolissima scoperta.
Il 18 febbraio ecco un’altra formazione cameristica classica, anzi la formazione cameristica per eccellenza, il quartetto d’archi. Con il Quartetto di Roma faremo un meraviglioso volo attraverso tre secoli, con tre capolavori di Haydn, Brahms e Sostakovič.
Un madrigale rappresentativo? Un’opera da camera? Una forma di teatro musicale di concezione unica e geniale? È un’impresa vana cercare di definire un capolavoro come Il combattimento di Tancredi e Clorinda, che Claudio Monteverdi ha scritto sui versi di una degli episodi più belli e commoventi della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Ma la definizione non ha alcuna importanza, l’importante è poter ascoltare il 25 febbraio uno dei massimi capolavori di tutti i tempi, che sarà messo in scena dal regista Cesare Scarton, con il soprano Angela Nisi, il baritono Roberto Abbondanza e il tenore Roberto Iachini, con l’ Orchestra Roma Sinfonietta diretta da Fabio Maestri.
Il 4 marzo un duo formato da due violinisti – e che violinisti: la bella e soprattutto brava, bravissima Francesca Dego, già messa sotto contratto in esclusiva dalla prestigiosa etichetta Deutsche Grammophon, per cui ha già inciso Paganini e Beethoven, e Domenico Nordio, anche lui violinista di fama internazionale – esegue duetti di rarissimo ascolto, sebbene siano firmati da grandi musicisti, come Haendel, Prokofiev e Berio: un’occasione da non perdere.
Cent’anni fa, nel 1915, l’Italia entrava in guerra. L’Europa intera ricorda in questi mesi la terribile mattanza della prima guerra mondiale e anche l’appuntamento dell’11 marzo è dedicato a questo tragico anniversario: Suoni, parole, immagini a cento anni dalla prima guerra mondiale è un concerto multimediale con suoni elettronici, strumenti tradizionali, voce recitante eimmagini. Saranno eseguite musiche di Giovanni Costantini, Giorgio Nottoli e Riccardo Santoboni. Al pianoforte Francesco Prode e al violoncello Kyung Mi Lee.
Con il concerto di chiusura del 18 marzo si torna ad atmosfere più serene. Il direttore Gabriele Bonolis, il soprano Sarah Baratta, il contralto Mariella Guarnera, il baritono Luca Bruno e l’Orchestra Roma Sinfonietta eseguono “Le più belle arie del mondo”. nel programma dominano di diritto i musicisti italiani, Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi, Puccini e Mascagni, ma non si poteva tener fuori Bizet e la sua “Habanera” della Carmen.
Pochi giorni dopo, il 24 marzo, l’Università di Roma Tor Vergata conferirà la laurea honoris causa in musicologia ad Antonio Pappano, la cui lezione magistrale non consisterà in un discorso ma appunto in una lezione, durante la quale spiegherà i segreti dell’interpretazione operistica ad alcuni giovani cantati. Questo evento chiaramente non rientra nella stagione concertistica, ma viene qui segnalato perché dimostra la grande attenzione del secondo ateneo romano nei confronti della musica.
Tutti i concerti saranno registrati a cura del master in Sonic Arts dell’Università di Roma Tor Vergata.
Mauro Mariani