Capodanno allo Zelig

 

Si rinnova il tradizionale appuntamento di Capodanno dello Zelig Cabaret di Milano: lo storico locale comico proporrà una serata di grande spettacolo, con protagonisti alcuni dei migliori comici della squadra dello Zelig televisivo.

Il comico pugliese VINCENZO ALBANO torna sul palco dello storico locale milanese (in Viale Monza al 140) nei panni di capocomico per una serata unica, tra sana ironia e leggerezza e tanto divertimento.

Sul palco dalle ore 23.00, insieme a Vincenzo Albano si alterneranno alcuni dei comici di Zelig più amati come GIANCARLO BARBARA, SILVIO CAVALLO, FEDERICA FERRERO, SIMONETTA GUARINO e GIGI ROCK.

In scena una carrellata di personaggi, di gag, battute, pezzi comici nuovi e di repertorio che divertiranno il pubblico.Tra un numero comico e l’altro via libera alla sensualità di Marlene ClouseaueBig Bottom Berenicee le loro performance di burlesque.

Uno spettacolo di cabaret a 360 gradi,composto da una scaletta di grande intensità ritmica e comica, Vincenzo Albano e il cast di comici convocati assicurano infatti un susseguirsi di situazioni che non lasciano respiro allo spettatore per le numerose risate e che riscalderà l’atmosfera in attesa della mezzanotte e poi… spumante e panettone per tutti! Fino all’alba per fare colazione insieme.

Il programma prevede numerosi interventi dei comici in cast a partire dal presentatore della serata, Vincenzo Albano, che il pubblico televisivo conosce soprattutto per la partecipazione a Zelig e Zelig Time, come “uomo dei tutorial” e per il suo personaggio, il manager Enzo Ratti, ma anche per essere l’intervistatore del programma “People from… Milano” (Zelig TV).

La serata sarà ricca di gag comiche, monologhi, personaggi surreali, numeri comici musicali.

Giancarlo Barbara in scena ripercorrerà alcuni notissimi film e canzoni di successo ponendo degli interrogativi, per poi sorprendere tutti con le sue risposte. Sul palco è solito a interagire con il pubblico coinvolgendolo nel racconto delle sue storie improbabili, cambiando mille espressioni grazie alla sua mimica straordinaria. Con i suoi interventi comici durante la serata di Capodanno, si potrà assistere a una miscela di monologhi e gag sul mondo del cinema, della musica e del kung fu in un comico e sorprendente susseguirsi di citazioni. A tutto questo si aggiungono le esibizioni musicali di Silvio Cavallo che porterà sul palco la sua straordinaria energia eclettica, riversandola in canzoni dalle incantevoli melodie e dalle liriche soavi… e di Gigi Rock, figura di gentile ed estroverso «rocker metropolitano» caratterizzato da una spiccata vena surreale, capace di attirare un pubblico variegato e per questo apparso in trasmissioni televisive come «Paperissima sprint» o «Quelli che il calcio» ed ovviamente «Zelig». Durante la serata di San Silvestro Gigi Rock diventerà Gigi Love con le sue improbabili canzoni d’amore, il poeta Gigi Pulp o il travolgente ballerino Gigi Dance. La notte di San Silvestro a Zelig Cabaret si tinge di rosa con Federica Ferrero, conosciuta soprattutto per il personaggio della Dottoressa Ferrero, una improbabile brevettatrice di oggetti alquanto insoliti e di dubbia utilità e di Simonetta Guarino, che porterà in scena il meglio del suo spettacolo “50 sfumature di Gigio. (Gigio è mio marito)” in cui interpreta Gaia, la stravagante casalinga che, per affrontare le ristrettezze e le difficoltà della vita familiare, si aiuta con calmanti colorati e fughe nel fatato mondo dei saldi dei grandi magazzini. Non mancheranno incursioni dell’ultimo personaggio creato da Simonetta Guarino, Leonarda, rampante manager di ultima generazione dal cinismo dissacrante.

“Da sempre – dichiara Giancarlo Bozzo, direttore artistico di Zelig Cabaret – la formula magica del successo dello Zelig Cabaret non si basa su caviale e paillettes, ma su un’accurata scelta degli artisti e dei testi che propongono, qualcosa che si ripete ogni giorno dell’anno, dal 1 gennaio al 31 dicembre. Ecco perché i migliori comici degli ultimi trentadue anni sono tutti passati di qui, una tappa fondamentale per tutti loro.

E allora, come da tradizione, anche questa volta lo Zelig Cabaret si prepara per offrire una notte di fine anno memorabile per tutti gli amanti del teatro e del cabaret, una serata fra amici semplice, divertente, panacea per il cuore e per la mente, nel suo genere assolutamente unica, da stra-consigliare a tutte le persone cui vogliamo bene. Per ridere e sorridere ancora una volta insieme.”

Vincenzo Albano, alla sua prima volta come conduttore del capodanno comico milanese per antonomasia, risponde: “Vi faremo ridere, divertirvi ed emozionarvi in questa serata che, nonostante durerà 2 anni, volerà come se fossero poche ore! Volete un’anticipazione dello spettacolo? Ok: ad un certo punto faremo un conto alla rovescia, ma non vi dico quando.”

 

Claudia Bianchi

West Side Story al Teatro Carlo Felice di Genova

 

Dopo il grande successo dello scorso anno, martedì 1 gennaio 2019 alle ore 16.00, al Teatro Carlo Felice torna West Side Story.

Il capolavoro di Leonard Bernstein, Jerome Robbins, Arthur Laurents e Stephen Sondheim che ha rivoluzionato la storia della musica, nel quale si fonde il giusto connubio tra linguaggio popolare e stile colto, un’opera che travalica i generi e le generazioni, il più famoso musical di Broadway in scena in un’edizione rinnovata ma fedele all’originale proposta in lingua originale con dialoghi in italiano.

Questo grande allestimento, vedrà la regia di Federico Bellone (Viale del Tramonto, A qualcuno piace caldo, Mary Poppins della Disney, Flashdance) ripresa da Chiara Vecchi con le coreografie originali di Jerome Robbins riprodotte da Fabrizio Angelini.

A dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice, sarà il giovanissimo quanto talentuoso Alpesh Chauhan, direttore inglese, dotato di ampia sicurezza e disinvoltura con una capacità introspettiva e un’espressività fuori dal comune che, fin dalle sue prime apparizioni in pubblico, ha confermato un’autorevolezza musicale indiscutibile per il modo di entrare nel cuore di una partitura ottenendo un pieno coinvolgimento da parte dell’orchestra.

Il cast che interpreteranno le indimenticabili melodie e i coinvolgenti ritmi della partitura di Bernstein comprende numerosi artisti di altissimo livello tra i quali spiccano Luca Giacomelli Ferrarini (Tony), Caterina Gabrieli (Maria), Simona Di Stefano (Anita), Giuseppe Verzicco (Riff) e Mark Biocca (Bernardo).

Una storia d’amore ma anche un action thriller, West Side Story è tutto questo, un amore sfortunato tra due giovani, Tony e Maria, la cui felicità è distrutta dall’odio tra le due bande rivali alle quali appartengono: i Jets e gli Sharks, il tutto ambientato nella giungla urbana della New York degli anni Cinquanta. Il musical conobbe un ulteriore successo anche nella sua versione per il grande schermo: l’omonimo film con Natalie Wood vinse 10 premi Oscar, 3 Golden Globe e il Grammy Award per la colonna sonora. Adattamento del celebre Romeo e Giulietta di Shakespeare, il capolavoro di Bernstein unisce ritmi travolgenti di mambo e samba con melodie affascinanti che sono rimaste nella memoria collettiva quali “Maria”, “America”, “I Feel Pretty” e “Tonight”.

Ricordiamo che sabato 29 dicembre – ore 16.00 – presso l’Auditorium E. Montale, si svolgerà la Conferenza illustrativa a cura di Lorenzo Costa in collaborazione con l’Associazione Amici del Carlo Felice e del Conservatorio N. Paganini – ingresso gratuito.

 

Marina Chiappa (anche per le fotografie)

Auguri in musica

Per porgere i migliori auguri di liete feste ai nostri lettori, utilizziamo le note del violino e del pianoforte sentite al Teatro Sancarlino di Brescia, con il patrocinio della Provincia di Brescia, grazie alla performance di Celeste Di Meo e di Kwag Jongrey.

Violino e pianoforte hanno portato a Brescia ottima musica, grazie all’organizzazione A.D.I.D. Delegazione di Brescia e Donne della Grappa, in collaborazione con l’Associazione Sidus e la Distilleria Peroni Maddalena di Gussago, con la direzione artistica del maestro Silvano D’Andria, in collaborazione con Alessia Biasiolo.

Romana, sedicenne, Celeste ha incantato per la preparazione e la bravura, evidente con l’esecuzione di musiche non usuali e non facili, sottolineata dall’eccellente pianoforte di Jongrey; entrambe hanno dato alla città di Brescia quel contributo culturale che le Associazioni organizzatrici desideravano, per sottolineare la possibilità di essere e di riuscire, pur essendo giovani, pur essendo semplicemente due ragazze apparentemente uguali a qualsiasi altra.

Il messaggio dedicato al “bere bene e consapevole” ha incontrato il favore dei numerosissimi presenti, ed è giunto nel cuore di tutti, per un evento di successo, per pubblico e critica.

Ha arricchito l’evento l’artista Ivo Compagnoni che ha esposto durante il concerto i suoi artistici strumenti musicali.

 

A tutti i lettori i migliori auguri di Buon Natale!

 

La Redazione di lemienotizie.com

 

 

 

 

 

Sindrome italiana

La Sindrome italiana è una patologia psichica che colpisce soprattutto le badanti, molto spesso originarie dei Paesi dell’Est europeo, che vivendo a lungo nel nostro Paese, adattandosi ai nostri stili di vita grazie ai quali hanno un lavoro sicuro che, spesso, è vitale per loro stesse e per i familiari rimasti in patria, non sono più in grado di adattarsi allo stile di vita proprio tornando a casa. Là trovano cambiati figli, mariti, genitori; si sono appropriate della vita italiana e non ne hanno più una loro. Spesso costrette (per necessità, per voler fuggire da una situazione non libera per mille ragioni) a lavorare 24 ore su 24 accudendo bambini o anziani e svolgendo pulizie di casa e uffici, dimenticano se stesse, la loro dignità di donne e si snaturano diventando l’alter-ego di chi, qui, ha bisogno di loro. Pertanto non sono più loro stesse e, viceversa, quando tornano a casa, non sono più, o non sono abbastanza, italiane. Gli psichiatri diagnosticano per queste donne una depressione che è particolare, è “italiana”, Paese dove più che in altri esse trovano lavoro. Tornando in Patria diventano silenziose, introverse, si sentono e sono sole, non mangiano, hanno istinti e manie suicide. Insomma, vivono un forte coinvolgimento emotivo che ha zone di luce e molte di ombra. Il teatro ha già indagato colf e badanti, proprio a Brescia con il capolavoro “La badante” di alcuni anni fa. Ed oggi ci troviamo di fronte ad un’opera teatrale ben congegnata, ben fatta, bella da vedere e da vivere.

Ottima l’idea che porta in scena tre donne italiane che, per necessità, trovano lavoro come badanti. La situazione personale delle tre è talmente drammatica che porta a ridere. Intanto partendo dall’idea, dallo svisceramento di un bisogno che si fa azione e scelta, per poi accedere al famoso ufficio di collocamento in cui essere italiana e cercare lavoro come badante è improponibile. Per cercare di farsi considerare per il collocamento, le tre amiche si inventano ogni capacità: infermiera, pedagogista; capaci di pulire, lavare, stirare, riordinare, cucinare, accudire. Tutto ininterrottamente, perché non c’è tempo da perdere: sono disposte a non dormire, a non mangiare, a non avere ore libere, a non avere nemmeno una camera da letto. Comicità e dramma vanno sapientemente a braccetto, anche grazie alla perfetta mimica facciale e al generale non verbale delle tre: Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres, con la straordinaria Monica Bianchi, dirette da Lucia Calamaro che ha anche scritto il testo. La produzione è CTB in collaborazione con Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e TeatroDue di Parma, su progetto MitiPretese. Belle le scene e i costumi di Roberta Monopoli.

L’originalità sta proprio nel non volere raccontare la vita degli altri, ma di calarvisi dentro senza perdere di vista la vita che è proprio tragica, drammatica e, pertanto, divertente. Almeno per gli spettatori che si vedono scappare via davanti uno spaccato di vita leggero e capace di fare profondamente riflettere. Su cosa? Sulla donna sola che proprio perché sola è perfetta per un lavoro accanto ad una persona anziana da accudire ma che non parla, che la lascia nel vuoto e nel silenzio, nella disperazione di vedere morire chi è nelle sue mani e che è la ragione del suo organizzare la propria vita. Il vecchio, o la vecchia, in modo intercambiabile, è su un letto d’ospedale, sulla sedia a rotelle, in poltrona. È da imboccare, cambiare, lavare; bisogna dargli o darle amore, comprensione. E qualche attimo di gioia, come per il suo compleanno. Se la badante ha figli li deve abbandonare e non basta inviare un giocattolo per fare capire che la mamma c’è, è vicina, lo fa per te, per permetterti tutto quello che hai. Perché ogni figlio risponde, o rispenderebbe, che avrebbe preferito avere vicino la mamma che un nuovo peluche per Natale. Si accudiscono vecchi e si lasciano soli i propri, nel disgregamento dei rapporti familiari e sociali che non possono essere sostituiti dai social. Ecco dunque che il malato, anziano, uomo o donna che sia, danza nella sua mente persa nella demenza senile e crea un gioco di luci e ombre, immagini che si stemperano sulle pareti di una stanza che non sono mai quelle dei muri, ma quelle della nostra vita. Un lavoro molto ben costruito, reso leggero e bello da vedere, consigliabile sempre, per chi ha il problema e chi no, perché trasmette anche l’empatia per il malato e per il male che può colpire chiunque in ogni momento. Sperando di trovare qualcuno che poi si occupi anche di noi.

Da non perdere.

 

Alessia Biasiolo

(foto di scena di Umberto Favretto)

 

 

 

 

Duecento anni fa nasceva Antonio Bazzini, virtuoso del violino

A conclusione del “Festival Antonio Bazzini. Brescia e l’Europa. 1818-2018”, iniziativa del Conservatorio “Luca Marenzio” di Brescia in collaborazione con il CTB, in scena un lavoro per approfondire la figura di un illustre musicista bresciano praticamente dimenticato. In occasione del bicentenario dalla nascita, la sua città natale si è ricordata di Antonio che l’ha resa famosa in mezza Europa: violinista d’eccezione, capace di recupero dei musicisti del passato, premiato e ammirato in molti Paesi, non era profeta in patria, come spesso succede. Considerato da Schumann, Mendelssohn, Rossini, amato dal pubblico, paragonato a Paganini e al suo estro diabolico, compositore insignito dalle corti europee, critico del verdismo imperante e incapace di accettare il semplicismo per continuare a sperimentare innovazioni, anche grazie alle sue notevoli competenze acquisite viaggiando, purtroppo una di quelle persone che dice la verità, a Brescia non veniva considerato per le sue alte doti. Il lavoro teatrale messo in scena al Teatro Santa Chiara-Mina Mezzadri di Brescia il 16 e 17 scorsi, ha ripercorso la biografia del virtuoso, sottolineando le sue innumerevoli qualità. Eppure non gli ha troppo reso onore. Il lavoro prevedeva la lettura dei testi e non la recitazione. Chi impersonava lo stesso Bazzini, dall’abito stropicciato, leggeva la propria storia, senza essere capace di raccontarla e raccontarsi nemmeno per le battute dialogiche. Lo stesso per le tre attrici spalla. Troppe le allusioni e poco il detto per la biografia privata, resa maliziosa senza dare allo spettatore la veridicità dei fatti, con toni da pettegolezzo poco adatti al rispetto di una figura evidentemente troppo grande per i tempi e, forse, anche per l’oggi. Indubbiamente Antonio Bazzini aveva pregi e difetti, ma era un personaggio capace di vivere ad alto livello, lavorando assiduamente, per metà delle corti europee, meritandosi il tributo dei grandi della musica e dei mecenati; sarà stato inviso ai concittadini, forse incapace di dirigere il Conservatorio milanese, ma certo troppo colto e bravo per poter essere al livello comune. L’industria culturale del tempo, Ricordi in testa, non avrà saputo sfruttare la sua capacità e forse lui era troppo poco propenso alle doti salottiere all’infuori del proprio sapere musicale, ma di certo anche oggi non gli si è dato tutto l’onore che, finalmente, meriterebbe.

 

 

 

Alessia Biasiolo

 

Il “fossile vivente” della Biblioteca Ariostea incanta

il Ginkgo Biloba di Ferrara, foto di Fausto Natali

Uno dei protagonisti assoluti degli scatti fotografici di questo caldo autunno è certamente il magnifico ginkgo biloba della Biblioteca Ariostea di Ferrara, in via Scienze 17 a Ferrara. Da alcune settimane si assiste a un autentico pellegrinaggio alla biblioteca cittadina per ammirare questo autentico monumento vegetale. Uno splendido esemplare di ginkgo maschio che, dall’alto dei suo venti metri di altezza (e quasi cinque di circonferenza), troneggia su tutto il giardino fin dall’ultima decade dell’Ottocento, quando faceva parte dell’Orto botanico dell’Università assieme a oltre 4000 specie vegetali e a quattro serre di cui una riscaldata per le palme.

il Ginkgo Biloba di Ferrara, foto di Fausto Natali

Questa specie è un autentico “fossile vivente” in quanto risale a 250 milioni di anni fa ed è l’ultima esistente della famiglia Ginkgoaceae, ritenuta estinta fino al XVIII secolo. Inoltre, forse pochi sanno che il ginkgo è una delle piante più resistenti allo smog, è praticamente immune da malattie ed è l’unica pianta sopravvissuta alla bomba atomica che trasformò la città di Hiroshima in un deserto annerito (in Oriente è stato elevato a simbolo di rinascita, come da noi, da millenni, è considerato l’olivo).

Va segnalato che Il ginkgo della biblioteca cittadina è stato inserito nella lista degli alberi monumentali ai sensi dell’art. 7 della Legge 14 gennaio 2013 e che un paio di anni orsono è stato interprete non casuale del videoclip musicale del celebre pianista brasiliano Marcelo Cesena.

Ancora per un paio di settimane, un po’ in ritardo a causa del caldo anomalo di quest’anno, il ginkgo dell’Ariostea e il suo accecante tappeto giallo poseranno in tutto il loro splendore per i fotografi che desiderassero immortalarli.

 

Servizio Biblioteche e Archivi (anche per le fotografie)

 

“Lo schiaccianoci” al Teatro Carlo Felice

 Giovedì 20 dicembre, alle ore 20.00, al Teatro Carlo Felice, va in scena il celebre balletto Lo schiaccianoci, il primo titolo del ciclo Čajkovskij, realizzato con il sostegno di Crédit Agricole, al quale seguiranno Il lago dei cigni, l’11 gennaio 2019 e La bella addormentata il 31 gennaio 2019.

Questo balletto dalle atmosfere fantastiche, interpretato dal Balletto del Teatro Astana Opera, è stato rappresentato per la prima volta il 5 dicembre 1892 al Teatro Mariinskij di S. Pietroburgo imponendosi, da allora, come uno dei balletti più amati di tutti i tempi.

Merito della storia (tratta da un onirico racconto di E.T.A. Hoffmann), che approfitta dell’atmosfera favolistica tipica del Natale per raccontare le paure e i sogni dell’infanzia, costellati di topi spaventosi, un Principe salvatore e un regno dei dolciumi, la terra della felicità nell’immaginario infantile. Ma l’eterno successo de Lo schiaccianoci è dovuto anche alle musiche, colorate di timbri fatati e di una perfezione e una trasparenza mozartiane. Mai come in questa partitura, per molti aspetti neoclassica, Čajkovskij è stato così elegante e raffinato, e al tempo stesso immediato e popolare, trasformando la dolce favola in una riflessione filosofica sull’irragiungibilità della felicità perfetta. La danza cinese, quella araba, il valzer dei fiori: sono brani che tutti conoscono, anche senza saperlo.

Il Balletto del Teatro Astana Opera presenta il classico balletto di Natale nella storica versione del leggendario coreografo russo Yuri Grigorovich, recentemente festeggiato e celebrato in patria in occasione del suo novantesimo compleanno.

Il libretto è di Ivan Vsevoložskij, allora direttore dei Teatri Imperiali, e le coreografie originali furono ideate dal più grande coreografico dell’Ottocento, Marius Petipa.

La direzione dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice è affidata ad un artista di rilievo, Arman Urasgaliyev, che si alternerà con Abzal Mukhitdinov, mentre il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice è diretto da Gino Tanasini.

 

Marina Chiappa (anche per le fotografie)

Happy Spirits for Christmas. A.D.I.D. Brescia e Donne della Grappa insieme per Natale

Si terrà a Brescia sabato 15 dicembre, alle ore 16, l’incontro organizzato dalla Delegazione di Brescia di A.D.I.D. in collaborazione con “Donne della Grappa” a proposito di giovani e alcolici. L’occasione sono proprio le festività di fine anno, periodo in cui si può tracciare un sunto della produzione soprattutto di Grappa in Italia e in cui ribadire con forza il “bere bene” e consapevole che è il motto e la filosofia dell’Associazione Degustatori Italiani grappa e Distillati e, ovviamente, delle Donne della Grappa.

E occasione è anche l’invito a Brescia, da parte di Alessia Biasiolo, di Celeste Di Meo, violinista sedicenne che diventa una sorta di “madrina” del discorso. Parleranno in proposito Elisa Belvedere Mazzetti, Anna Gozio e Livia Bertagnolli assieme ad Alessia Biasiolo e Renato Hagman, socio fondatore e Governatore di Brescia di A.D.I.D.

La trattazione, breve e concisa, riguardante la Grappa segue il convegno organizzato in città due anni orsono e sigla l’armonia d’intenti tra le Associazioni in materia di cultura, divulgazione culturale e approfondimento per tutti di un argomento che sembra sempre solo godereccio, ma in realtà nasconde passione, dedizione, anni di studio.

A seguire l’esibizione di Celeste Di Meo e di Kwag Jongrey, violino e pianoforte, per augurare a tutta la cittadinanza di Brescia, ai soci e agli amici, le migliori feste, i migliori “Spiriti Felici”, che detta all’inglese sembra suonare meglio…

La manifestazione si terrà al Teatro Sancarlino (Corso Giacomo Matteotti, 6) con il Patrocinio della Provincia di Brescia, la collaborazione delle Distillerie Peroni Maddalena di Gussago (Brescia) e dell’Associazione Sidus.

 

La Redazione

In mostra a Roma ‘Biagio Rossetti secondo Bruno Zevi’

Nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della nascita di Bruno Zevi, la Fondazione Bruno Zevi ospita, fino all’11 febbraio 2019, nella sua sede di via Nomentana 150 a Roma la mostra “Biagio Rossetti secondo Bruno Zevi”, a cura di Matteo Cassani Simonetti, Francesco Ceccarelli, Adachiara Zevi e realizzata in collaborazione con il Comitato tecnico scientifico per le celebrazioni del cinquecentenario della morte di Biagio Rossetti.

La mostra, aperta al pubblico, rivisita l’esposizione Identità di Biagio Rossetti tenutasi nel Teatro Comunale di Ferrara nel 1956, dedicata al grande architetto rinascimentale e realizzata sotto la direzione di Bruno Zevi, che di Rossetti ne esaltò il valore e il ruolo, celebrandolo come “primo urbanista moderno europeo” e rivalutandone il ruolo, fino ad allora sottostimato, nella storia della architettura occidentale.

Si trattava di un esperimento nuovo, una vera e propria sfida culturale: allestire nell’Italia del dopoguerra la prima mostra dedicata a un architetto del passato, secondo una visione moderna e “spregiudicata” che privilegiava il “saper leggere l’architettura e l’urbanistica” attraverso fotografie, rilievi e schizzi critici, uniti a una lettura filologica dell’opera dell’autore ferrarese.

La Fondazione Bruno Zevi e il Comitato tecnico scientifico per le celebrazioni del cinquecentenario della morte di Biagio Rossetti vogliono proporre oggi con questa mostra una riflessione storica e critica su quell’esperienza della cultura architettonica postbellica, raccontando lo straordinario progetto critico, espositivo ed editoriale, con materiali inediti quali i disegni e gli schizzi di Valeriano Pastor raccolti nel suo prezioso taccuino, le lettere, i provini originali delle foto della mostra scattate da Gianni Berengo Gardin, oltre a un ricco apparato fotografico.

Inedite sono anche le due interviste a Gianni Berengo Gardin e a Valeriano Pastor, realizzate in occasione della mostra romana. In due sale è documentato l’iter del libro su Biagio Rossetti con documenti provenienti dall’archivio Einaudi, mentre una sala è dedicata alla Ferrara dei tempi della mostra, con una rassegna di documenti inediti dell’archivio comunale e dell’archivio Carlo Savonuzzi, grande ingegnere ferrarese.
A conclusione della mostra sarà indetta una giornata di studio, e sarà pubblicato un catalogo con la documentazione della mostra e gli atti del convegno.

L’allestimento del 1956, curato da Valeriano Pastor – coadiuvato da Luciano Perret e Vittorio Clauser – mescolava i rilievi metrici degli edifici alle fotografie di Gianni Berengo Gardin e ai plastici di Costantino Dardi, fondendo i materiali secondo un linguaggio inedito e dal forte impatto espressivo, che fornì nuove chiavi di lettura per l’interpretazione della città storica.

Alla mostra seguì presto la pubblicazione della monumentale monografia pubblicata da Einaudi: Biagio Rossetti architetto ferrarese. Il primo urbanista moderno europeo.

 

Biagio Rossetti secondo Bruno Zevi

Fondazione Bruno Zevi, via Nomentana 150, Roma

Fino all’11 febbraio 2019, lunedì – mercoledì – venerdì, dalle ore 10.00 alle ore 16.00 oppure su appuntamento. Ingresso gratuito.

 

F.B.Z.