Una bellissima “Vedova allegra” saluta il nuovo anno

Oltre alla replica di oggi, saranno altre tre le possibilità di ammirare la nuova messa in scena de “La Vedova allegra” di Franz Lehár al Carlo Felice di Genova. Domani alle ore 16, domenica alle ore 15 e mercoledì prossimo, 5 gennaio, ancora alle 20.

Un debutto in prima assoluta salutato da scroscianti applausi in un teatro quasi esaurito, con pubblico attento e paziente, curioso di capire se ancora una volta la magia del teatro poteva fare rivivere la storia e le arie famose di quest’opera così datata.

Valencienne (Francesca Benitez)

Ne è risultato un lavoro corale di tutto rispetto, premiato con applausi lunghi e generosi, per una serie di motivi. L’orchestra, diretta da Asher Fisch ha interpretato perfettamente la partitura, e il coro è stato all’altezza del compito di sottolineatura di un battibecco amoroso che assume risvolti politici e da commedia degli equivoci, chiudendo con un sorriso questo 2021 che sta per lasciarci.

La regia del baritono Luca Micheletti, anche in scena nei panni di Danilo Danilowitsch, è stata convincente e ha saputo ben amalgamare le diatribe di una serie di personaggi che, a loro volta, sono stati altrettanto convincenti nelle loro parti.

Una menzione speciale va all’attore Ciro Masella per la sua perfetta e intrigante interpretazione di Njegus, il cancelliere dell’ambasciata del Regno di Pontevedro a Parigi, dagli interventi spassosi e rivelatori di una mente acuta, capace di risolvere parecchie questioni, anche amorose, dell’ambasciatore barone Mirko Zeta (il basso-baritono Filippo Morace), senza perdere il suo atteggiamento remissivo e servizievole.

Gli attori sono credibili anche grazie ai bei costumi di Leila Fteita che, con abiti sontuosi, sottolinea cene, balli, la vita dell’alta società che ama mettersi in mostra, soprattutto agli occhi dei ricchi e dei potenti. Tanto come si appare al banchetto dato dall’ambasciatore, o da Chez Maxim’s, dove tutto è realtà e finzione, dove tutto può essere concesso. Anche se i soldi si prendono in prestito e se serve il denaro depositato nelle casse della banca di Pontevedro da una vedova per non mandare il Paese in bancarotta.

Gli intrecci sono divertenti come previsto, ma resi molto bene in scena. È convincente, per recitazione e soprattutto voce, Hanna Glawari, la Vedova allegra, impersonata dalla soprano Elisa Balbo, anche collaboratrice alla nuova traduzione in italiano del libretto nella versione ritmica assieme a Luca Micheletti. Ottima la voce del tenore Pietro Adaini nel ruolo di Camille de Rossillon, l’innamorato della moglie del barone Zeta Valencienne, la soprano Francesca Benitez.

Valencienne (Francesca Benitez) e Camille de Rossillon (Pietro Adaini)

Il rimando continuo del testo, con “Tace il labbro” o “È scabroso le donne studiar”, ad amori e problemi soprattutto economici da risolvere, dà un tocco di leggerezza al tempo presente, carico di problemi che per un momento si possono dimenticare, guardando una mongolfiera calarsi adagio sul palcoscenico sul quale poi si ritrova un continuo giro di valzer per un ingegnoso sistema scenico.

Quindi il tavolo girevole, la quinta che porta a Chez Maxim’s e ai suoi camerini, l’automobile diplomatica, la giostra che ben rappresenta la vita: il continuo ritornare di situazioni e giorni, vizi e virtù che si rincorrono, gag divertenti dei personaggi in scena che la usano per dare un estro gioioso all’insieme ben concertato.

Hanna Glawari (Elisa Balbo)

Un ottimo lavoro, che rinnova un classico dei primi del Novecento e lo fa diventare un po’ più italiano, quella chiave latina che aveva incantato i viennesi e che testimonia non soltanto il cambiamento d’epoca, di gusto, di stile, ma come le epoche possono ritornare occhieggiando, come da una giostra, verso il tempo presente. Ad indicare che non tutto è cambiato in meglio e che, dove si può, si dovrebbe riacciuffare un po’ di passato per migliorare il presente e il futuro. In questo caso, il lavoro portato in scena è riuscito nell’intento di dare vita ancora ad un’opera che ci piace chiamare operetta perché così ci sembra più familiare.

Buon Anno!

Alessia Biasiolo (foto di scena del Teatro Carlo Felice)

Capodanno Porteño

Un doppio imperdibile appuntamento, tutto da vivere e gustare, per il “Capodanno Porteño 2021”. Due soluzioni totalmente differenti l’una dall’altra che vogliono andare incontro alle esigenze di tutti, di chi ama la tranquillità ma vuole ci tiene a trascorrere una serata indimenticabile, e di chi, invece, vive il Capodanno come una festa che inizia la sera del 31 dicembre e termina alle prime luci dell’alba dell’anno nuovo.

Il “Capodanno Porteño 2021” si potrà festeggiare sotto le guglie del Duomo, nel salotto intimo e confidenziale de El Porteño Gourmet di via Speronari 4, oppure in una delle location più emozionanti di Milano, El Porteño Prohibido di via Macedonio Melloni 9, nata come la prima “Casa de Tango” in Europa ma che in poco tempo ha saputo contaminare la propria identità culturale con soluzioni innovative per un percorso multisensoriale continuo, ogni volta inaspettato e coinvolgente.

Una notte magica e irripetibile: dalla cucina al palco, tutto a El Porteño Prohibido è stato pensato e curato con estrema eleganza e attenzione, con l’unico obiettivo di lasciare gli ospiti affascinati negli occhi e nel palato.

Ad accompagnare il cenone di Capodanno, dalle 21 alle 24, un unico e incalzante show – con oltre dieci artisti internazionali fra ballerini, acrobati, cantanti e musicisti – che mette insieme l’anima di più espressioni artistiche: dall’anticonformista ed emozionante tango contemporaneo fra tradizione e modernità nella rilettura a cura di Miguel Angel Zotto, all’affascinante leggerezza della danza aerea con cerchi e tessuti, all’energia travolgente delle esibizioni di performer e ballerini scelti per l’occasione da Pinka Production, il tutto unito in un viaggio musicale epico e poetico dal Polo Nord all’Argentina passando per gli Stati Uniti, la Francia fino ad arrivare in Italia.

Ma non finisce tutto a mezzanotte…infatti, dai fatidici dodici rintocchi che annunceranno il nuovo anno sino all’alba il Porteño Prohibido si trasformerà da ristorante a locale glamour e cool con open bar e dj set.

In tavola invece tutto inizia con un’Entree Chacabucho e le tipiche Empanadas, fagottini di pasta a mezzaluna ripieni di carne, spezie e formaggio, senza dubbio la pietanza più tipica della tradizione argentina; a seguire Sashimi Porteño, filetto di fassona marinato con soia, arancia e senape di dijon in grani, Entrana Fina, diaframma di manzo alla griglia, Lomo Buenos Aires, filetto di manzo alla griglia, mentre come contorni purea di zucca, di patata, insalata russa e insalata argentina…infine il dessert con una doppia proposta: il Panqueque al dulce de Leche, crepe con dentro l’irresistibile crema di latte “dulche de leche”, e il Flan casero, dolce al cucchiaio aromatico con cannella, limone e arancia.

Poco dopo la mezzanotte, ma prima che inizi il Dj Set, tocca alla tradizione italiana entrare in scena con lenticchie e cotechino.

L’elegante e raffinato El Porteño Gourmet, che offre un’esperienza il più possibile viva e reale dell’essenza della cultura argentina con ambienti raccolti e luci soffuse per una dimensione quasi magica dove ogni angolo racconta un pezzo di storia, è invece l’ambiente ideale per chi ama trascorrere l’ultima serata dell’anno lontano dai fuochi d’artificio e dal baccano e stare invece insieme alle persone più care in un ambiente intimo e romantico, chiacchierando e ridendo esattamente come se si trovasse a casa propria.

Il menù per il cenone di Capodanno proposto a El Porteno Gourmet è identico ma con una variazione: dopo l’Entree Chacabucho e le Empanadas segue il Sashimi Pato, ovvero carpaccio di fassona con foie gras.

Quindi, come per El Porteño Prohibido, l’Entrana Fina, il Lomo Buenos Aires, i contorni tipici argentini e, infine, il doppio dessert con Panqueque al dulce de Leche, e Flan casero…e con la mezzanotte lenticchie e cotechino.

Claudia Zambianchi (anche per la fotografia)

Camillian Demetrescu. Genesi 1969 – 2012

Fino al 14 gennaio 2022 la Camera dei Deputati apre le porte al pubblico che potrà ammirare la mostra dedicata a Camilian Demetrescu (Bușteni, 18 novembre 1924 – Gallese, 6 maggio 2012), pittore, scultore, scrittore e studioso di storia dell’arte romeno naturalizzato italiano. Instancabile sperimentatore di stili artistici, Demetrescu ha saputo cogliere con la sua spiritualità espressiva, gli aspetti più variegati e intimi degli esseri umani approfondendo e superando il naturalismo pittorico, il realismo socialista e l’arte astratta fino ad approdare a una rinnovata visione dell’arte sacra in difesa dei grandi valori universali dell’essere umano. L’inaugurazione, che si terrà il 21 dicembre dalle 17.30, prevederà, inoltre, anche il concerto del maestro Andrea Milan, chitarrista classico e docente, che si esibirà con musiche di Luis Milan, De Visee’ , Dowland e del Coro Tau delle suore missionarie francescane, presso la Chiesa di Santa Maria in Campo Marzio.

L’esposizione, a cura di Cornelia Bujin,  promossa da ICAS Intergruppo Parlamentare Cultura Arte e Sport, dall’Accademia di Romania in Roma e dall’Associazione culturale e spirituale Camilian Demetrescu, in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma, con il patrocinio di Pontificio Consiglio della Cultura, organizzata da Civita Mostre e Musei con il supporto allestitivo della Fondazione Ludovico degli Uberti e il supporto logistico di Montenovi, è pensata come mostra retrospettiva e vuole mostrare in sedi distinte (la Sala del Cenacolo di Vicolo Valdina, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e l’Accademia di Romania in Roma) i due momenti salienti dell’espressività artistica di questo interprete profondo dell’arte del XX secolo: il periodo astratto alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e all’Accademia di Romania, il periodo figurativo e sacro a Vicolo Valdina.

Una trentina di opere, tra dipinti e arazzi, sono esposti presso la sede di Vicolo Valdina, mentre 40 tra serigrafie, disegni e sculture del periodo astratto, presso l’Accademia di Romania e, una grande scultura lignea, La Maschera di Zalmokis, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna. Un percorso a ritroso dunque che, partendo dagli ultimi venticinque anni di attività di Demetrescu, metterà in mostra la ricerca formale, figurativa e sacra ribaltandone volutamente una cronologia conclamata che vuole l’analisi e la crescita artistica iniziare dalle origini e dalla formazione. Questa scelta, per molti aspetti obbligata, si è resa necessaria volendo evidenziare le ragioni di un percorso artistico che sceglie, come processo di autodeterminazione, una via “scomoda” con il ritorno non solo al figurativo ma al figurativo sacro.  Ancor più, la scelta di una composizione stilistica e artigianale come quella dell’arazzo esprime al meglio la fusione tra la manualità artigianale colta e raffinata che ricerca, in una tridimensionalità cromatica, la trasposizione di una spiritualità non tanto palesata quanto costruita nella ricerca di simboli.

Ingresso libero, obbligo di Super Green Pass, mascherina, documento di riconoscimento

Informazioni: tel. 06 67601 – Link al sito

Ombretta Roverselli

Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2021 – Giancarlo Dosi

Si è conclusa la nona edizione del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica – Giancarlo Dosi, la manifestazione improntata a diffondere la cultura scientifica attraverso un concorso rivolto alle migliori produzioni editoriali sull’argomento. Il Primo Premio assoluto è andato alla biologa molecolare Agnese Collino, che con il libro La malattia da 10 centesimi (Codice edizioni, 2021) si è anche aggiudicata il Premio relativo alla sezione “Scienze della vita e della salute”. L’opera affronta e sviscera le dinamiche di una malattia dai molti paradossi, la poliomielite, sempre esistita ma che non provocò epidemie prima del 1911, quando iniziò a rappresentare addirittura la più grande paura degli americani dopo la bomba atomica, divenendo il grande nemico da sconfiggere. L’area del Premio riservata alle “Scienze matematiche, fisiche e naturali” ha decretato invece vincitori Armando Massarenti e Antonietta Mira con La pandemia dei dati (Mondadori Università, 2020), volume incentrato sul tema dell’infezione che la sovrabbondanza di informazione, specie in questo periodo di Covid-19, genera sulle nostre vite creando rilevanti confusioni mentali. Un libro che vuole però offrire una ricetta per salvarsi dai misunderstanding causati dai dati impazziti con anticorpi basati sui concetti di base del ragionamento probabilistico. La sezione “Scienze dell’Ingegneria e dell’Architettura” ha visto trionfare La rivoluzione silenziosa (Codice Edizioni, 2020): un saggio scritto da Bruno Codenotti e Mauro Leoncini che analizza l’impatto della rivoluzione informatica – attraverso dispositivi mobili, carte elettroniche e algoritmi – sul mondo del lavoro e delle relazioni sociali, proponendo una chiave di comprensione e reazione attiva a certi meccanismi per riconoscerne certi imprescindibili pericoli. Sul podio dell’area “Scienze dell’uomo, storiche e letterarie”, sono saliti Alessandro Bilotta e Dario Grillotti con il libro La funzione del mondo (Feltrinelli, 2020), che ripercorre la storia del matematico e politico Vito Volterra, uno dei dodici universitari italiani che rifiutarono di prestare giuramento al fascismo vedendosi così sottrarre la cattedra di insegnamento. Primo presidente del CNR e presidente dell’Accademia dei Lincei, Volterra professava la matematica e le scienze di base come elementi cruciali per il progresso sociale, economico e industriale di un paese. Nella sezione “Scienze giuridiche, economiche e sociali” la vincitrice è stata Laura Pepe con La voce delle Sirene. I Greci e l’arte della persuasione (Laterza, 2020), un saggio che ripercorre – tra storia, mito, poemi e filosofia – l’influenza che queste figure mitologiche, per metà uccelli e metà donne, ebbero, attraverso le loro parole, su personaggi, autori ed eoi della Grecia Antica, e in particolare su Atene, nel V secolo città della democrazia e della parola. A vincere la sezione speciale “Libri di divulgazione per ragazzi” sono stati Pierdomenica Baccalario e Federico Taddia con A cosa servono i soldi? Il libro che ti spiega tutto sull’economia (Editrice Il Castoro, 2021): un libro che con parole chiare e accessibili, esempi concreti, fumetti e tanta ironia, svela tutti i segreti dell’economia, da quella individuale a quella globale, stimolando i ragazzi non solo a conoscerla e capirla, ma a stimolare nuove domande. Premio speciale Under 35 è andato a Sara Garofalo per Sbagliando non si impara (Il Saggiatore 2021), un saggio incentrato sul rapporto tra la nostra mente e le scelte che facciamo, che spesso si rivelano ingannevoli in quanto permeate da complessi pregiudizi che ostacolano invece il normale processo decisionale cognitivo. La sezione riservata ai membri di “HuB Divulgazione”, novità del Premio e progetto che nasce con l’obiettivo di costruire una rete di organizzazioni protese al comune obiettivo della propaganda scientifica, ha visto assegnare tre riconoscimenti in denaro ai finalisti che, in ordine di gradimento delle schede scientifiche presentate, sono stati: 1) Microbiologia Italia; 2) Gruppo Pleiadi; 3) Minerva Associazione di Divulgazione Scientifica. Infine, il “Riconoscimento speciale” del pubblico, che per la prima volta poteva – seguendo la diretta in remoto – esprimere le proprie preferenze – è andato a Milly Barba e Debora Serra, esperte di comunicazione scientifica e autrici di Geni nell’ombra (Codice Edizioni, 2021) che descrive, attraverso diciotto narrazioni e altrettanti protagonisti, un viaggio alla scoperta della vita e delle opere di grandi scienziati ai quali, per motivi storici, vicende personali, questioni di genere e persino per una serie di sfortunati eventi sono stati negati i meriti delle proprie invenzioni.

Elisabetta Castiglioni

2020: a Milano nell’ora del lupo

All’interno del progetto espositivo “The art of two generations” a cura di Bianca Friundi e in programma al Museo Italo Americano di San Francisco fino al 20 febbraio 2022, l’artista Giovanni Cerri presenta la mostra “2020: a Milano nell’ora del lupo”, un nuovo percorso di immagini ispirate al capoluogo lombardo durante la pandemia Covid-19 preceduto da un ampio lavoro di preparazione dal titolo Diario della pandemia: in tutto 39 opere fra disegni e dipinti che descrivono le atmosfere del vissuto lockdown tra assenze, silenzio e desolazione, i non-luoghi di una Milano dipinta in presa diretta durante un periodo unicamente drammatico, di sospensione dal tempo e dalla vita quotidiana.

La pittura di Giovanni Cerri, classe 1969, fin dai suoi esordi avvenuti alla fine degli anni Ottanta ha spesso raccontato la città e l’ambiente urbano, in particolare il territorio delle periferie, partendo proprio da Milano, città dove da sempre vive e lavora, ricca di spunti artistici, architettonici e di immagini legate al mondo industriale. 

Giovanni Cerri, Capolinea 19, 2020

Giovanni la sua città l’ha vissuta, indagata e rappresentata in tanti aspetti, cercando sempre di rendere partecipe il pubblico di quanto sia stato importante per lui, come uomo e artista, crescere in un determinato tipo di ambiente. 

Così, a cinque anni di distanza dalla mostra Milano ieri e oggi, realizzata in occasione di Expo 2015, l’artista presenta un nuovo percorso di immagini ispirate a Milano, questa volta partendo da un fatto reale altamente drammatico, l’epidemia Covid-19.

Preceduto dal corpus di disegni Diario della pandemia, già esposti a ottobre 2020 alla Casa di Lucio Fontana a Comabbio (VA), il ciclo di lavori realizzato ad-hoc per la mostra  “2020: a Milano nell’ora del lupo” richiama nel titolo il film L’ora del lupo di Ingmar Bergman del 1968, dove diventa emblematica la citazione: “L’ora del lupo è quella tra la notte e l’alba, quando molta gente muore e molta gente nasce, quando il sonno è più profondo, gli incubi ci assalgono, e se restiamo svegli abbiamo paura.”

Non solo scorci di una Milano vuota, osservata “in presa diretta” negli accadimenti di quei mesi, quando il rumore prevaricante era il suono sempre più incessante delle ambulanze, ma anche alcuni volti in cui si percepisce l’angoscia della rinuncia alla vita di tutti i giorni, la costrizione degli spazi privati, la rinuncia alla libertà di muoversi dovuta all’emergenza sanitaria e ai suoi divieti inderogabili.

Volti e sguardi immersi nell’ora più buia, introspezioni del “coprifuoco”, come quello di Papa Francesco nella solitudine immensa e sconfinata della giornata del 27 marzo 2020 durante la preghiera e la benedizione Urbi et Orbi in una Piazza San Pietro desolatamente vuota.

Giornate oscure e piovose, che si susseguono una dietro l’altra, drammaticamente uguali, tenebrose e struggenti come tutte quelle settimane in cui il mondo pareva essersi fermato, costretto a una tragica sosta: Piazza del Duomo, il Castello Sforzesco, la Basilica di Sant’Ambrogio, lo skyline della città con i nuovi grattacieli dell’area di Porta Nuova dove in primo piano un carrello della spesa è stato abbandonato, il tram che percorre una periferia vuota e silente. Anche i parchi giochi sono pervasi dalla muta assenza, così come i posti di lavoro, come nel quadro “Stop”, che ci mostra una scavatrice spenta in un cantiere vuoto, perché il virus ha posto fine anche all’articolo 4 della Costituzione.

Soffre la Milano di Giovanni Cerri, così come la città italiana più colpita dal Covid, Bergamo, volutamente rappresentata dall’artista con colori lividi e tetri nell’opera “Bergamo tace”.

Il progetto espositivo “The art of two generations”, comprendente anche la mostra di Giancarlo Cerri  “Le sequenze astratte. 1995-2005” e realizzato con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco e il Museo della Permanente di Milano, si pone come un confronto aperto tra le ricerche pittoriche di Giancarlo e Giovanni Cerri, padre e figlio, che in passato hanno già avuto occasione di esporre insieme in Italia e all’estero.

Due modi differenti di pensare e interpretare il dipingere ma con radici profonde e comuni, per un intenso omaggio all’essenzialità della pittura e alla irrinunciabilità della vita.

MUSEO ITALO AMERICANO, Fort Mason Center, 2 Marina Blvd, Building C, San Francisco / CA U.S.A.

De Angelis (anche per l’immagine)

Presepi dal mondo fino al 23 gennaio

In Gran Guardia, a Verona, è aperta la 37ª edizione di “Presepi dal Mondo”. La mostra, in programma fino al 23 gennaio 2022, è stata allestita per il terzo anno in Gran Guardia dal momento che in Arena stanno proseguendo i lavori di restauro.

Sono ben 400 i presepi provenienti da musei, collezioni, maestri presepisti e appassionati di tutto il mondo, per una rassegna che accompagna da trentasette anni il Natale di Verona, offrendo un quadro artistico completo della tradizione presepistica internazionale, con il suo messaggio di tolleranza tra popoli di culture diverse. Immancabile il simbolo della mostra dei presepi, e cioè la Stella cometa in piazza Bra, la più grande del mondo.

La rassegna sarà visibile al pubblico tutti i giorni, dalle 9 alle 20. Per informazioni e prenotazioni è possibile contattare la segreteria organizzativa al numero 045 592544 o consultare il sito www.presepiarenaverona.it

“Non c’è Natale a Verona se non ci sono i presepi e la Stella in piazza Bra, la più bella cartolina della nostra città – ha detto il sindaco Sboarina -”.

Roberto Bolis

Isgrò, Dante, Caravaggio e la Sicilia

A Palermo un importante progetto culturale della durata di quasi un anno può essere sintetizzato nell’espressione Isgrò Dante Caravaggio e la Sicilia; è promosso da Fondazione Sicilia e Amici dei Musei Siciliani in collaborazione con Archivio Emilio Isgrò e la partecipazione di Fondazione per l’Arte e la Cultura Lauro Chiazzese.

Prima tappa le sale di Villa Zito, sede della Pinacoteca della Fondazione Sicilia, dov’è allestita la mostra Isgrò Dante e la Sicilia curata da Marco Bazzini e Bruno Corà.

“Siamo felici che il progetto che lega Dante, Caravaggio, Isgrò e la Sicilia parta proprio dalla nostra Fondazione. Questa prima tappa – afferma il presidente di Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – coincide tra l’altro anche con i nostri primi trent’anni, e il dialogo artistico tra Dante e Isgrò con cui inizia questo itinerario lungo un anno è ottimo per celebrare la cultura e i progetti che portiamo avanti”.

Aperta al pubblico fino al 14 marzo 2022, la mostra presenta una ventina di opere a tema dantesco provenienti da collezioni pubbliche e private che, dal 1966 ai lavori più recenti, raccontano sinteticamente il multiforme e profondo rapporto che Emilio Isgrò ha avuto con la cancellatura, che in questa occasione si è concentrata sul “De vulgari eloquentia” di Dante.

Seconda tappa del progetto il 5 marzo 2022 a Palazzo Branciforte per la presentazione del Seme d’arancia su pietra siciliana, l’opera di Emilio Isgrò di recente acquisita alla collezione di Fondazione Sicilia, acquisizione che agli occhi del Maestro contribuirà a legare ancora di più l’idea del seme d’arancia all’Isola amplificandone così il valore simbolico.

Il seme d’arancia, tra le sculture più note di Isgrò, nasce nel 1998 come grande scultura pubblica per la sua città natale, Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia. È una grande metafora della cultura siciliana e della sua possibilità di rinascita, rimanda alle culture del Mediterraneo, solari e avvolgenti, che si sono sviluppate tanto con la parola che con gli scambi dando vita a valori di convivenza civile e di accoglienza.

In un’intervista con il critico Arturo Schwarz, Emilio Isgrò si augura che il seme d’arancia “possa dare origine a un seminario permanente di educazione civica. A meno che qualcuno non trovi antiquata l’idea che l’arte serva anche a educare”.

Lo stesso 5 marzo prossimo sarà presentato il catalogo di Isgrò Dante Caravaggio e la Sicilia , pubblicato da Skira Editore, conterrà tutti i materiali, una testimonianza dell’artista, le riproduzioni delle opere in mostra a Villa Zito e i testi dei curatori e di importanti studiosi a commento dei diversi aspetti dell’arte di Isgrò trattati.

L’Oratorio di San Lorenzo, nel cuore del centro storico di Palermo, ospita la terza tappa. Nell’ambito di Next XI edizione, viene presentata l’opera inedita di Emilio Isgrò appositamente realizzata, progetto ideato e organizzato dall’Associazione Amici dei Musei Siciliani. L’opera rimarrà in esposizione fino al 17 ottobre 2022, cinquantatreesimo anniversario del trafugamento della Natività di Caravaggio dall’Oratorio di San Lorenzo, imperdonabile furto unanimemente considerato un crimine contro l’umanità e di cui ancora oggi, forse non invano, si tenta il recupero. La Natività di Caravaggio è inserita dall’FBI al secondo posto della sua “Top Ten Art Crimes”.

Isgrò, Dante e la Sicilia, fino al 14 marzo 2022, Palermo, Villa Zito – Via della Libertà, 52. Biglietto intero € 5,00 / ridotto € 3,00. Orari di apertura al pubblico: lunedì- domenica dalle ore 14.30 alle ore 19.30 (ultimo ingresso alle ore 18.30). Martedì chiuso. 31 dicembre 2021 aperto dalle 9.30 alle 14.30 (ultimo ingresso alle ore 13.30).

Ombretta Roverselli

L’antenna di Guglielmo Marconi esposta a Palazzo Barbieri

L’icona più importante delle comunicazioni nel terzo millennio è in mostra nel pronao di Palazzo Barbieri. È stata infatti posizionata lì l’antenna dalla quale il premio Nobel Guglielmo Marconi fece partire le prime onde elettromagnetiche. Fino a fine gennaio 2022 si potrà ammirare il simbolo della comunicazione tecnologica che, negli anni, si è sempre più evoluto fino all’attuale Wifi.

A custodire il prezioso simbolo, il Museo della radio di Verona che l’ha messo a disposizione di curiosi, appassionati e turisti nel centro della città. Sul supporto dell’antenna e sul cancelletto davanti al pronao sono stati posti due QR Code che, se inquadrati con telefono cellulare o tablet, permettono di ascoltare un messaggio registrato dalla figlia di Gulglielmo Marconi, la principessa Elettra.

La stessa Elettra è intervenuta per un saluto telefonico all’inaugurazione fatta dall’assessore alla Smart city e Innovazione tecnologica Francesca Toffali, dalla consigliera comunale Paola Bressan, dal presidente del Museo della radio Francesco Chiantera e dal fondatore Alberto Chiantera. È inoltre intervenuta la classe 5^ della scuola primaria dell’Istituto Seghetti.

“Ringrazio a nome di tutta l’Amministrazione il Museo della radio per averci dato la possibilità di esporre l’antenna – ha detto l’assessore Toffali -. Credo che sia importante scoprire quale sia l’origine delle nostre telecomunicazioni, tanto utilizzate, a volte anche fin troppo. Tutto però è iniziato da questa antenna, è un’importante occasione per tutti avere la possibilità di ammirarla”.

Roberto Bolis (anche per la fotografia)

Cresceva in sapienza, età e grazia

PRIMA DOMENICA DOPO NATALE

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE-ANNO C-LUCA 2,41-52 41.

I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. La prima domenica dopo Natale celebriamo la festa della Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. La Liturgia ci propone di guardare al mistero di Gesù che si fa uomo e ha bisogno di tutto: affetto, nutrimento, vestiario. Deve imparare a camminare, parlare, leggere proprio come un qualunque bambino che nasce sulla terra. La sua relazione all’interno della Famiglia di Nazareth, attualizzazione terrena dell’amore che intercorre tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, è fondata sulla comunione. Il brano odierno fa da sfondo a tutto l’insegnamento e il comportamento di Gesù, che si reca a Gerusalemme con Maria e Giuseppe. Era impegno di ogni ebreo osservante recarsi nella città santa almeno tre volte all’anno. L’obbligo diminuiva ad una sola volta per chi abitava molto lontano.

42. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.
A dodici anni un giovane ebreo diventava, e diventa ancora oggi, adulto con la cerimonia del bar mitsvah (“il figlio del precetto”). Era ed è tenuto ad osservare tutti i comandamenti della Legge, anche i più difficili. Gesù si reca con Maria e Giuseppe a compiere i riti prescritti.
43. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a
Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; i lunghi viaggi venivano fatti in carovana per aiutarsi a vicenda nelle difficoltà, per sostenersi nelle fatiche del viaggio. Vi erano molte persone e il ragazzo poteva stare sia con i parenti che con il gruppo dei ragazzi. Luca ci racconta il particolare dello smarrimento di Gesù. Il racconto è abbastanza inverosimile perché sembra strano che alla partenza della carovana i genitori non si siano accorti della sua
assenza.
45. non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
L’intento dell’evangelista è teologico: vuole spiegarci che la vera patria di Gesù non è Nazareth, ma Gerusalemme. È qui che si realizza il mistero di Dio e Gesù deve restare nel luogo che gli compete come vero Messia. I genitori tornano indietro a cercarlo, carichi di angoscia, in mezzo alla confusione, alle persone, alle carovane, alle masserizie.

46. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. Gesù si trova nel tempio come discepolo che ascolta e interroga per imparare le cose di Dio. Solitamente i maestri insegnavano sotto i portici del cortile esterno ed utilizzavano il metodo della domanda e della risposta, per aiutare l’apprendimento.
“Dopo tre giorni”: il riferimento ai tre giorni potrebbe nascondere l’allusione alla passione, morte e risurrezione di Cristo. Maria e Giuseppe sono provati dalla ricerca durata così a lungo. Gesù si lascia cercare e vuole che lo troviamo per poi cercarlo ancora, così fino all’incontro finale. La ricerca alimenta il desiderio, purifica le intenzioni, vince la pigrizia, apre alla gioia.

47. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Luca insiste a mettere in risalto la persona di Gesù, il suo interesse per le Scritture, la capacità intellettiva, la sapienza che dimostra. Successivamente, verrà detto che, divenuto adulto, insegna con autorità, destando meraviglia nel popolo (cfr. Luca 4,32).
48. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Maria rimprovera Gesù per essersi allontanato senza avvisare. In queste poche parole sono racchiusi
il dolore per il distacco, l’angoscia della perdita, la fatica della ricerca, la delusione per un figlio che non fa riferimento ai genitori prima di agire. Luca afferma che Maria e Giuseppe non avevano ancora capito la portata della vita del Figlio. Essi capiscono solo gradatamente, nonostante l’annuncio degli angeli la notte di Betlemme alla nascita
del Bambino. Il fatto che stanno vivendo supera ogni comprensione e non riescono a capire subito il disegno di Dio su di lui, che resta misterioso. “Restarono stupiti”: Maria e Giuseppe si aprono con stupore a quanto sta avvenendo, scrutano ogni
comportamento di Gesù nell’intento di penetrare maggiormente nel mistero che hanno davanti ma che non possono possedere. Anche noi vediamo ma non afferriamo mai dio, perché Lui ci sovrasta anche se, nello stesso tempo, è con noi.
“Angosciati, ti cercavamo”: l’angoscia come segno della privazione da Gesù è il sentimento che dovrebbe afferrare anche noi quando dovessimo trovarci per strade diverse dalle sue. La fede nella sua misericordia è la forza che ci fa ritrovare il Signore.
49. Ed egli rispose loro: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Maria e Giuseppe sono sottoposti alla prova del buio della perdita di Gesù; Egli non è un figlio qualunque, ma il Figlio di Dio, il Verbo della Vita, che è stato loro affidato. Il ritrovamento genera una gioia incontenibile, all’interno della quale non manca il rimprovero per un allontanamento senza preavviso. Gesù risponde al rimprovero di Maria obbligando lei e Giuseppe a compiere un salto di qualità, a porsi in un’altra dimensione. Più che il legame con loro, conta al di sopra di tutto il legame con il Padre e la missione da compiere. Gesù è nel Tempio, è nella sua casa, che gli spetta di diritto perché è la dimora del Padre. Al di sopra di tutto deve compiere il progetto per cui è stato inviato. Egli è la Parola incarnata. “Io devo occuparmi”: Luca pone in risalto il verbo “devo”, segno della sua adesione totale a quello che il Padre dispone per lui. Il programma della sua vita è compiere la salvezza voluta dal Padre suo. Il suo amore è tale che diventa connaturale obbedire: ““devo” perché voglio”. I genitori non devono bloccare le aspirazioni più importanti che albergano nel cuore di un figlio, ma assecondarle, aiutandolo nelle scelte perché siano sempre verso il Vero, il Bene, il Bello, il Giusto.

50. Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Maria e Giuseppe non comprendono il significato delle parole pronunciate da Gesù. Hanno sperimentato le normali difficoltà di comprensione dell’altro, come avviene in una famiglia comune. Ogni persona è unica e porta dentro di sé un segreto che non può essere compreso subito da chi la attornia. Luca invita chi legge ad approfondire la comprensione del mistero di Cristo, Verbo Incarnato. Non basta una lettura superficiale. Occorre lo sforzo di andare oltre.

51. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. Gesù manifesta qual è la sua missione, poi torna a vivere l’esperienza di crescita umana e di fede secondo la progressione e la gradualità tipiche di ogni fanciullo. Si sottomette alla legge della vita, che comporta la paziente acquisizione di conoscenze, di comportamenti, di competenze. Maria medita, attende di capire, non ha fretta di giungere a conclusioni. Si lascia portare da Dio e
condurre dove Lui vuole, come una credente qualsiasi che attende la rivelazione di Dio.
52. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Per diventare uomo completo, maturo e responsabile, Gesù deve compiere un cammino di crescita, comune a tutti gli esseri umani. Quando dobbiamo procedere nelle tenebre “accecanti” di una vita ordinaria non dobbiamo temere il buio e la fatica. Verrà il momento in cui la luce splenderà sul nostro cammino e sarà gioia piena, completo raggiungimento della visione beatifica che ci attende. L’importante è mantenere vivo il
nostro rapporto con Dio, crescere davanti a Lui. Verrà il momento dell’incontro in cui svanirà l’angoscia dello smarrimento, scaturirà il giubilo del ritrovamento e saremo pienamente appagati nella gioia senza fine.


Suor Emanuela Biasiolo

West Side Story. A Verona lo shooting per il lancio del film di Spielberg

In occasione dell’uscita del film nelle sale italiane, le atmosfere di West Side Story hanno preso vita a Verona con uno speciale omaggio al nuovo adattamento cinematografico del celebre classico diretto dal vincitore dell’Academy Award Steven Spielberg. Un gruppo di ballerini professionisti, insieme agli influencer Elisa Maino e Ryan Prevedel, hanno danzato in alcuni tra i luoghi più iconici di Verona, città in cui è ambientata la tragedia di Romeo e Giulietta da cui West Side Story trae ispirazione. Palazzo della Gran Guardia Piazza Bra, scalinata Palazzo Barbieri con l’Arena di Verona alle spalle, Casa di Giulietta, Giardino Giusti e Ponte di Castelvecchio hanno fatto da sfondo a uno speciale shooting realizzato dal fotografo Fabrizio Cestari. ll progetto è realizzato in collaborazione con Verona Film Commission del Comune di Verona.

“Qui stiamo raccontando una storia reale, ambientata in strade reali, con personaggi reali”, ha affermato il regista Steven Spielberg. “È Romeo e Giulietta, ma è anche un’allegoria molto attuale di ciò che sta accadendo ai confini del nostro Paese, dei sistemi americani che respingono chiunque non sia bianco. È una parte molto importante della nostra storia”.
West Side Story arriverà oggi, 23 dicembre, nelle sale italiane.

West Side Story

Diretto dal vincitore dell’Academy Award Steven Spielberg, da una sceneggiatura del vincitore del Premio Pulitzer e del Tony Award Tony Kushner, West Side Story racconta la classica storia delle feroci rivalità e dei giovani amori nella New York del 1957. La rivisitazione dell’amato musical è interpretata da Ansel Elgort (Tony), Rachel Zegler (María), Ariana DeBose (Anita), David Alvarez (Bernardo), Mike Faist (Riff), Josh Andrés Rivera (Chino), Ana Isabelle (Rosalía), Corey Stoll (Tenente Schrank), Brian d’Arcy James (Agente Krupke) e Rita Moreno (nel ruolo di Valentina, proprietaria del negozio in cui lavora Tony). Moreno, una degli unici tre artisti ad aver vinto i premi Oscar, Emmy, GRAMMY, Tony e Peabody, è anche una dei produttori esecutivi del film.

La squadra creativa del film, che unisce il meglio di Broadway e Hollywood, include Tony Kushner, che è anche il produttore esecutivo; il vincitore del Tony Award Justin Peck, che ha ideato le coreografie del film; il celebre direttore d’orchestra della Los Angeles Philharmonic e vincitore del GRAMMY Award Gustavo Dudamel, che ha curato le registrazioni dell’iconica colonna sonora; il compositore e direttore d’orchestra candidato all’Academy Award David Newman (Anastasia), che ha composto la colonna sonora; la compositrice vincitrice del Tony Award Jeanine Tesori (Fun Home, Thoroughly Modern Millie), che ha supervisionato il cast per le parti cantate; e il music supervisor candidato al Grammy Matt Sullivan (La Bella e la Bestia, Chicago), produttore esecutivo delle musiche del film. Il film è prodotto da Spielberg, dalla produttrice candidata all’Academy Award Kristie Macosko Krieger e dal produttore vincitore del Tony Award Kevin McCollum. West Side Story è l’adattamento cinematografico dello spettacolo di Broadway originale del 1957, con libretto di Arthur Laurents, musiche di Leonard Bernstein, testi di Stephen Sondheim, e ideato, diretto e coreografato da Jerome Robbins.

Roberto Bolis (anche per le fotografie)