Nel 295 a.C., a Sentino, in una vallata nel cuore delle Marche, l’esercito di Roma e dei suoi alleati sconfiggeva, in una battaglia dalle sorti incerte fino all’ultimo, la coalizione di popoli italici guidata da Sanniti e Galli Senoni. Con quella vittoria, Roma non solo affermava il suo dominio incontrastato sulla penisola, ma si apriva la via per la Valle Padana. Pochi anni dopo, avvenne la sottomissione del territorio senone e la fondazione della colonia latina di Rimini. Nei due secoli successivi, si avrà prima la definitiva conquista militare, poi il graduale inserimento dell’Alta Italia nel sistema politico romano, concluso nel 49 a.C. con la concessione della cittadinanza.
Le popolazioni che abitavano la Valle Padana erano di estrazione diversa. Le tribù celtiche, come Insubri, Cenomani e Boi, avevano ereditato le civiltà dei popoli etruschi, umbri, liguri, celti, avendone assimilato i costumi e costituendo un’elite politico militare organizzata. Anche i Veneti erano di antica origine, con una cultura urbana elaborata e comuni origini con i latini, mentre i Liguri, stirpe autoctona, erano organizzati su modello tribale. Se Veneti e Cenomani divennero alleati stabili dei Romani, Boi e Insubri rimasero a lungo ostili, così come anche il comportamento romano nei confronti delle varie tribù cambiava.
Brescia dedica a quella storia la mostra “Brixia. Roma e le genti del Po”, aperta fino al prossimo 17 gennaio presso il Museo della Città Santa Giulia. Attraverso corredi funerari, oggetti di guerrieri, monete e scritture e tanto altro, si sottolineano le caratteristiche dei vari popoli e il confronto con Roma, che poi diventa scontro e guerra o collaborazione. Il frontone di Talamone celebra la disfatta dell’ultima offensiva celtica nel 225 prima di Cristo sul promontorio toscano, ad esempio, mentre la risposta di Roma portò alla conquista della Valle Padana e alla vittoria di Casteggio. Poi si analizzano caratteristiche urbane comuni, come quelle del II secolo attraverso similitudini tra Rimini, Aquileia, Brescia, Milano, mentre vengono sviluppati nuovi culti e la fastosità dei palazzi e dei luoghi di culto denotano la ricchezza delle antiche genti. Ecco le pavimentazioni delle case private che dimostrano ricchezza non soltanto economica, ma raffinata, passando da laterizi semplici a pavimenti finemente decorati con vari tipi di motivi, oltre che decorazioni parietali, accanto al fiorire di manifatture locali per vasellame, bronzo, tessuti, ceramiche. Ancora in questa fase tornano di aiuto gli studi delle sepolture che, attraverso i corredi funerari, permettono di confrontare lo sviluppo delle varie civiltà sul territorio italiano. In tutto 450 oggetti potenziati dalla tecnologia digitale che, grazie alle multi proiezioni immersive, permette di ricostruire ambienti di vita e modi di vivere dei tempi andati.
Dodici le sezioni che vanno dal III secolo alla metà del I secolo a.C. I protagonisti sono inseriti nel paesaggio e si vedono esposte lamine in bronzo decorato a sbalzo ritenute appartenenti ad una tromba da guerra, ad un elmo o a elementi di animale totemico rinvenute in una tomba cenomane del III secolo a.C. Un busto fittile di guerriero da Ravenna, scultura in terracotta che raffigura un guerriero in nudità eroica con balteo e clamide riferito al modello del Diomede tipo Cuma. Kelebe a figure rosse da Adria, un grande vaso decorato con figure femminili, rombi concentrici e palmette sul collo, di produzione volterrana. La sezione sulla guerra porta a conoscere alcuni capolavori, come appunto il frontone di Talamone, in terracotta, decorato con altorilievi che rappresentano il mito dei Sette contro Tebe. L’architrave e la cornice presentano motivi vegetali. Sarebbe da collegarsi alla vittoria contro i Galli nella battaglia del 225 a.C. Poi c’è un elmo etrusco-italico da Berceto, rinvenuto nella tomba di un guerriero insieme ad armi defunzionalizzate a scopo rituale. Ancora, un ex voto in terracotta da Bagnara di Romagna raffigurante il volto di un devoto col capo coperto da un velo, rinvenuto in un deposito votivo e databile al II secolo a.C. Permette di rimandare all’ambito culturale e religioso etrusco-campano-laziale e documenta la presenza di coloni di origine centro italica nel territorio romagnolo.
Nascono le grandi città, inserite in un’efficiente rete viaria, dimostrazione della definitiva romanizzazione della Pianura Padana e dell’acquisizione dei modelli urbanistici ritenuti molto validi. Quindi ecco i vari oggetti che denotano questo momento, tra cui la parte inferiore di una statua panneggiata dal Museo di Palazzo Farnese di Piacenza, firmata dallo scultore attico Kleomenes, probabilmente raffigurazione di Apollo nella prima metà del I secolo a.C. Poi una statua femminile dal Museo Civico Archeologico di Milano, acefala, avvolta in un ampio e pesante panneggio, di difficile interpretazione, realizzata da un artista greco. È importante come testimonianza della ricezione dei modelli ellenistici nella cultura figurativa delle città transpadane. Poi un letto con rivestimenti in osso raffiguranti scene dionisiache, in cui un erote o un giovane Dioniso sostiene una cornucopia ai piedi di un’anfora. Sul poggiatesta decorazioni ad altorilievo con busti di eroti alati e corpi di leoni accovacciati. È stato rinvenuto in una tomba a camera, realizzato da artisti di tradizione centro italica come oggetto rappresentativo del rango del defunto. Interessanti due stele, una di Ostiala Gallenia, da Padova, e l’altra di Komevios, da Torino. La prima è una stele a bassorilievo raffigurante un viaggio negli inferi di un auriga e un uomo, abbigliati alla foggia romana, con una donna vestita alla moda venetica, su una biga tirata da due cavalli; la seconda è stata rinvenuta in una necropoli celtica e presenta una testa maschile con ai lati due motivi circolari concentrici, forse il disco solare. Un’iscrizione in alfabeto leponzio riporta essere di un personaggio di prestigio.
Interessante anche l’affresco di Sirmione, dipinto con una figura maschile all’interno di un quadro, vestita con una tunica e una toga exigua, tipiche della tarda età repubblicana, adornata con una fascia purpurea segno di appartenenza all’ordine dei cavalieri. Tra le mani regge un rotolo. Essendo plausibile si tratti di un letterato, rimanda alla figura di Catullo.
La bellezza degli oggetti prestati da vari enti esalta la stupefacente bellezza dei ritrovamenti bresciani. Brescia e provincia, infatti, hanno donato negli anni tantissimi reperti con un alto grado di conservazione degli stessi e degli edifici, caso unico nell’Italia settentrionale. In occasione della mostra, infatti, è stato reso fruibile il più esteso parco archeologico a nord di Roma. L’area si estende per circa 4.200 metri quadrati e consente di vivere dall’età romana al Rinascimento per stratificazioni urbane, dalla più antica del Capitolium (del 73 d.C.), ai palazzi nobiliari che cingono l’antica città romana. Il Capitolium, tempio nel quale veniva venerata la Triade Capitolina costituita da Giove, Giunone e Minerva, è stato rinnovato due anni fa e riproposto nella sua condizione originaria di tempio principale dell’antica città imperiale, con i frammenti scultorei e architettonici originari posizionati nuovamente in situ e i pavimenti in marmi policromi restituiti all’antico splendore. Dallo scorso autunno anche il teatro romano, uno dei più imponenti della Cisalpina, è stato integrato nei percorsi di visita a seguito di un intervento di rivalorizzazione che ha riqualificato l’area urbana cuore della città romana, Brixia. Tutto questo inserito nel piano di gestione del sito UNESCO del quale quest’area cittadina fa parte. Si può così, ora, facilmente intuire come Brescia fosse una delle città più importanti dell’Italia settentrionale, situata lungo la via Gallica allo sbocco delle vallate alpine di antico insediamento, tra i laghi d’Iseo e di Garda su una pianura fertile valorizzata in età augustea con imponenti lavori per l’organizzazione agraria, le famose centuriazioni.
Una mostra interessante e da visitare con tranquillità per poi godersi Brescia, città spesso defilata dagli itinerari turistici, ma dalla superba bellezza.
Alessia Biasiolo