Steve McCurry. Icons and Women

Steve McCurry è uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea ed è un punto di riferimento per un larghissimo pubblico, soprattutto di giovani, che nelle sue fotografie riconoscono un modo di guardare il nostro tempo e, in un certo senso, “si riconoscono”.In ogni scatto di Steve McCurry è racchiuso un complesso universo di esperienze e di emozioni e molte delle sue immagini, a partire dal ritratto di SharbatGula, sono diventate delle vere e proprie icone, conosciute in tutto il mondo.

La nuova rassegna allestita nella prestigiosa cornice dei Musei di San Domenico a Forlì presenta una selezione delle immagini più famose di Steve McCurry insieme ad alcuni lavori recenti e ad altre foto non ancora pubblicate nei suoi numerosi libri. Il percorso espositivo, curato da Biba Giacchetti, propone un viaggio intorno all’uomo e al nostro tempo, in una inedita declinazione al femminile.

Il punto di arrivo è infatti il ritratto della ragazza afgana nel campo profughi di Peshawar, diventato ormai una icona assoluta della fotografia mondiale, ma anche un simbolo della speranza di pace che sembra impossibile in un mondo agitato da guerre ed esodi di massa. Sarà esposto, accanto alla sala dell’Ebe di Canova, insieme ad altri due scatti, uno inedito ed uno realizzato da McCurry a distanza di oltre 17 anni, dopo averla finalmente ritrovata, come documentato nel video di National Geographic proiettato in mostra.

Il punto di partenza è una straordinaria galleria di ritratti e di altre foto in cui la presenza umana è sempre protagonista, anche se solo evocata. Il suggestivo allestimento, che Peter Bottazzi ha concepito esclusivamente per questa mostra,  invita ad un percorso di scoperta, che progressivamente si raccoglie in un universo  pienamente femminile, che ci viene incontro con i suoi sguardi e ci coinvolge con la sua dimensione collettiva, in una sorta di girotondo dove si mescolano età, culture, etnie, che McCurry ha saputo cogliere con straordinaria intensità.

La mostra comprende inoltre una sezione dedicata alla guerra, alla violenza e alle atrocità di cui, purtroppo, l’umanità sa rendersi protagonista e che McCurry ha documentato con il suo obiettivo di reporter, allestita in una sorta di vertigine che il visitatore dovrà attraversare per raggiungere un ulteriore ambiente, dove vincerà la poesia, l’accoglienza, la pace e dove le donne saranno ancora protagoniste.

La rassegna comprende oltre 180 foto di vari formati, selezionate da Biba Giacchetti insieme a Steve McCurry ed è completata da una audioguida a disposizione di tutti i visitatori e inclusa nel biglietto nella quale il grande fotografo racconta in prima persona le sue foto con aneddoti e appassionanti testimonianze. Sarà inoltre disponibile in mostra  un ulteriore video dedicato ai suoi viaggi e al suo modo di concepire la fotografia. Per raccontare l’avventura della sua vita e della sua professione, per seguire il filo rosso delle sue passioni, per conoscere la sua tecnica, ma anche per condividere la prossimità con la sofferenza, con la gioia e con la sorpresa. «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te».

Oltre ad una ormai vasta pubblicistica su McCurry, sarà disponibile nel bookshop della mostra il volume McCurry/Icons, curato da Biba Giacchetti, che presenta una selezione di 50 delle sue foto belle o più famose o per le quali McCurry nutre un particolare sentimento. In una lunga conversazione tra i due, per la prima volta Steve McCurry racconta le sue icone, svelandone spesso i retroscena.

 

Forlì, Musei San Domenico, Piazza Guido da Montefeltro, 12

Fino al 10 gennaio 2016

 

Barbara Izzo

 

 

Giovani talenti per giovani ascoltatori. Ciampa alla Sapienza

Ciampa e Steam QuartetRiprende anche quest’anno “Musica pourparler”, la serie di lezioni-concerto organizzate dalla IUC, che si svolgono la mattina alle 11.00. Sono destinate particolarmente agli studenti, ma hanno sollecitato anche l’attenzione di tutti gli appassionati, esperti o meno che siano. In questi incontri informali gli esecutori parlano di sé stessi, dei loro strumenti e della musica da loro amata.

Il primo di questi incontri vede sul palco dell’Aula Magna della Sapienza, martedì 27 ottobre alle 11.00,  il chitarrista Gian Marco Ciampa e lo Steam Quartet, giovani promesse formatesi nelle aule del Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma. La chitarra classica, strumento dalla lunga tradizione e dalle mille sfaccettature, popolari e colte, sarà la protagonista di un ricco e variegato programma musicale, accompagnata dalla più classica delle formazioni cameristiche, il quartetto d’archi.

Gian Marco Ciampa ancora bambino partecipa e vince numerosi concorsi musicali internazionali e nazionali. Nel 2006, dopo una selezione nazionale, viene invitato a partecipare al programma “Domenica In – Ieri, oggi e domani” in diretta televisiva su Rai 1, condotto da Pippo Baudo. È nel 2012 e nel 2013 che ottiene i maggiori riconoscimenti, la vittoria del Concorso Internazionale “Niccolò Paganini” e del prestigioso Concorso Europeo “Enrico Mercatali”. Nel maggio 2015 parte per la Cina e lo vede esibirsi con grande successo in concerto e tenere una masterclass a Pechino. Da sempre affianca la sua carriera di chitarrista classico a quella di chitarrista elettrico, svolgendo un’intensa attività live e in studio con la sua band, i Libra, spaziando dal rock al jazz, dal pop all’elettronica.

Lo Steam Quartet è formato da giovani ( Eunice Cangianiello e Soichi Ichikawa, violini; Gisella Horvat, viola; Elisa Astrid Pennìca, violoncello) che hanno già una solida esperienza nell’ambito di orchestre lirico-sinfoniche quali le Orchestre dell’ Accademia Nazionale di S. Cecilia e del, Teatro La Fenice di Venezia, con le quali si sono esibiti in concerti e tournée nazionali ed internazionali. Nell’ambito della musica da camera e del proprio strumento ognuno dei quattro componenti ha potuto approfondire i propri studi con prestigiosi insegnanti. Si esibiscono in concerti con ensemble da camera e da solisti in Italia e all’estero. Collaborano per registrazioni di CD e colonne sonore  con Ennio Morricone, Nicola Piovani, Ludovic Bource, Luis Bakalov. Con questo background di formazione e di esperienza professionale lo Steam Quartet  propone programmi che vanno dal barocco alla musica pop,

Quest’appuntamento musicale si apre con il Concerto in re maggiore per chitarra ed archi di Antonio Vivaldi, un pezzo dai toni vivi e brillanti e di grande virtuosismo. Il Quintetto “Fandango”, scritto in Spagna da Luigi Boccherini, è forse l’opera più famosa e anche più bella di questo compositore, che qui fonde il carattere acceso e impetuoso della musica popolare spagnola con l’eleganza della fine del Settecento.

Si prosegue lasciando spazio al quartetto d’archi con Eine kleine Nachtmusik, uno dei brani più famosi di Wolfgang Amadeus Mozart, tanto che circola come una vera e propria “hit” musicale ed è diventato anche una suoneria dei telefonini. Seguono due brani per la chitarra solista, che ha l’occasione di esibire i colori spagnoli di Recuerdos de la Alhambra di Francisco Tarrega e Asturias di Isaac Albeniz. Chitarra e quartetto si riuniscono in due altri brani spagnoli, Danza rituale del fuoco e Danza spagnola di Manuel de Falla. E per finire Tango en skai di Roland Dyens, che ricrea la tipica danza argentina alla luce del raffinato stile francese moderno.

Biglietti a 5 e 3 euro.

 

Mauro Mariani

 

 

 

 

 

 

 

 

Mattia Preti: un giovane nella Roma dopo Caravaggio

Nell’ambito del programma di eventi celebrativi promosso dal Comitato per il IV centenario della nascita di Mattia Preti, presieduto da Vittorio Sgarbi, e all’interno delle manifestazioni romane legate al Giubileo straordinario coordinate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Corsini (Roma) ospita per la prima volta a Roma una mostra dedicata alla figura e all’opera del celebre pittore calabrese, uno dei maggiori esponenti dell’arte italiana del Seicento.

Ideata da Vittorio Sgarbi e Giorgio Leone, attuale direttore della Galleria Corsini e curatore dell’esposizione, la mostra è organizzata dal Segretariato Regionale Mibact per la Calabria, diretto da Salvatore Patamia, e dal Segretariato Regionale Mibact per il Lazio, diretto da Daniela Porro, con il finanziamento della Regione Calabria, e sarà aperta dal 28 ottobre 2015 al 18 gennaio 2016.

L’intento è quello di approfondire un aspetto ancora poco chiarito della vicenda artistica del pittore: la sua formazione nella Roma papale dopo la morte di Caravaggio.

Ventidue capolavori provenienti da prestigiose istituzioni europee e italiane, dal MuséedesBeaux-Arts di Carcassonne agli Uffizi, dalla Galleria Nazionale di Cosenza alla Pinacoteca di Brera, e da alcune collezioni private italiane, londinesi e svizzere permettono di ripercorrere le tappe iniziali della carriera del “Cavaliere Calabrese” dal suo arrivo a Roma fino al 1649, anno della commissione dello stendardo giubilare di San Martino al Cimino che prelude alla piena affermazione pubblica di Mattia Preti e alle grandi decorazioni dei primi anni Cinquanta del Seicento. Il pittore si trasferirà poi a Napoli nel 1653 e infine a Malta nel 1661, dove morirà nel 1699.

Tra le opere esposte, grazie ai generosi prestiti, sono presenti alcuni interessanti inediti e veri capolavori della produzione giovanile dell’artista, divisa tra committenze private e prime affermazioni pubbliche: il Soldato del Museo Civico di Rende, il SiniteParvulos e il Tributo della moneta di Brera, per la prima volta messi a confronto con il Tributo della Galleria Corsini, la Negazione di Pietro di Carcassonne, la Fuga da Troia di Palazzo Barberini, il Salomone sacrifica agli idoli e la Morte di Catone di collezione privata, ma anche il Miracolo di San Pantaleo, probabilmente la sua prima committenza pubblica romana. Una sezione della mostra, inoltre, è dedicata al complesso rapporto con il fratello Gregorio, pittore anch’egli, con cui Mattia Preti collaborò direttamente, come nel caso della Madonna della Purità della Chiesa Monumentale di San Domenico di Taverna.

Il percorso espositivo è volutamente incentrato sul confronto con le opere presenti nell’allestimento storico della Galleria Corsini realizzate dai pittori ai quali Mattia Preti si ispirò, dando vita a un ricco e articolato dialogo: dal San Giovannino di Caravaggio, al Trionfo d’Amore di Poussin, dall’Erodiade di Vouet alla Salomédi Guido Reni, dal Presepe e l’Ecce homo di Guercino fino al Miracolo di Sant’Antonio di Sacchi. I dipinti saranno collocati in diretto dialogo con quelli della Galleria creando un percorso per cammei esaltati da una illuminazione appositamente ideata.

Nell’arco della durata della mostra saranno organizzate specifiche conferenze tenute dai membri del Comitato di studio e dai più importanti specialisti di Mattia Preti, in modo da affrontare le problematiche connesse alla giovinezza del pittore.

Orari

Dal mercoledì al lunedì 8,30-19,30 (ultimo ingresso ore 19.00)

Martedì chiuso

Tariffe

Intero € 5,00

Ridotto € 2,50 per cittadini dell’UE tra i 18 e i 25 anni, insegnanti di ruolo nelle scuole statali.

Gratuito per cittadini dell’UE minori di 18 anni, studenti e docenti di Architettura, Lettere (indirizzo archeologico o storico-artistico), Conservazione dei Beni Culturali e Scienze della Formazione, Accademie di Belle Arti, dipendenti del Mibact, membri ICOM, guide ed interpreti turistici in servizio, giornalisti con tesserino dell’ordine, gruppi scolastici con accompagnatore, previa prenotazione, portatori di handicap con accompagnatore.

L’ingresso è gratuito la prima domenica di ogni mese.

 

Barbara Izzo, Arianna Diana

 

Magie dell’Africa

Se visiti l’Africa la magia ti viene incontro. Devi avere pazienza e anche un po’ di fortuna, ma spesso non hai alcun problema per incontrare la magia con i suoi riti propiziatori di ogni genere. Così avviene in Madagascar e in tutto il continente nero. La magia è spesso confusa, direi quasi incompresa, in Europa, e purtroppo non viene valutata  da molti nella giusta misura. In Africa invece, la magia è proprio parte della vita di tutti i giorni. Talvolta infatti, noi del continente più sviluppato del mondo, siamo prevenuti proprio per ignoranza nel vero senso latino del termine. Se invece, come è capitato a me, con un po’ di fortuna  e di sana curiosità (quella di chi davvero vuole imparare qualcosa) riusciamo a osservare da vicino questi fenomeni, comprendiamo quanto le realtà occulte costituiscano in questa parte del mondo il vero pane quotidiano.

Ho fatto molti viaggi, in cerca di qualcosa di veramente unico e devo dire che spesso mi è capitato di trovarlo. In Centro America, ad esempio, ho avuto una grande opportunità, quella di poter sperimentare la Santeria cubana, così  osteggiata e difficile da incontrare: è necessario trovare la persona giusta per poterla sperimentare e penetrarne i segreti.

Nella nazione più povera del Sud America, in Bolivia, camminando da solo per La Paz, sono riuscito a trovare il barrio popular dove parlare con gli sciamani boliviani, in verità un po’ diffidenti.

Accompagnato dal il mio spirito guida, o angelo custode che dir si voglia, mi era capitato qualcosa di simile anche in Ecuador , durante il mio secondo viaggio nello stato andino affacciato sul Pacifico. Grazie a un po’ di esperienza e di intuito, a pochi chilometri dalla capitale Quito, sono riuscito a parlare con il capo degli sciamani che poi ho scoperto essere consigliere privilegiato del Presidente Correas. Cercavo una statuetta come souvenir, e trovo proprio quella di uno sciamano, elemento di sicuro ben augurante! Proseguendo l’escursione, sono riuscito ad avere un colloquio privato proprio con uno di questi personaggi, il rappresentante principale locale degli sciamani. Per questo ed altri motivi quindi, ero già avvezzo alla ricerca di incontri “speciali” un po’ ovunque nel mondo.

In Madagascar mi chiesero espressamente se volessi incontrare lo stregone: sapevo bene che queste proposte sono turistiche, pensate cioè per spillare un po’ di soldi allo straniero di passaggio.

Quindi conclusi che dovevo fare come sempre da me, sicuro che anche questa volta, grazie agli insegnamenti di un grande etnologo conosciuto in Marocco, George Lapasade, avrei avuto in mano la chiave per scoprire i misteri di questa parte africana immersa nell’Oceano Indiano. Certamente con qualche resistenza inevitabile sarei riuscito a trovare la situazione propizia per le mie nuove esperienze che sarebbero risultate a tutti gli effetti indimenticabili.

Ero andato molte volte a mangiare in quel particolare ristorante, e la mia attenzione si era soffermata su una donna in particolare, la moglie del proprietario: molte volte ero rimasto ad osservare il suo modo di fare. Nel villaggio, non c’erano troppi occhi indiscreti che potessero captare il mio studio. Ma un giorno, prendendo l’argomento da lontano, riuscii ad avere la conferma che sì proprio lei, mi avrebbe potuto aiutare per quello che cercavo da sempre. Non tutte le famiglie praticano certi rituali, ma la mia buona stella mi assiste sempre. Così avrei potuto verificare ancora una volta, lontano da occhi indiscreti, la vera magia che avvolge le atmosfere africane.

È vero, essere stranieri e significa essere osservati speciali, ma se si riesce a trasmettere alla comunità un po’ delle conoscenze o per meglio dire del nostro spirito si viene immediatamente percepiti in maniera positiva e in tal modo, si diverrà parte integrante del rituale che sta per iniziare.

Dunque potei organizzare proprio una riunione con la famiglia di questa donna per una vera seduta spiritica senza trucchi e con alcune situazioni veramente interessanti, tali da farmi riflettere sulla nostra superficialità di cosiddetti “evoluti”.

Come già detto, conoscevo già questi rituali, quindi mi tolsi le scarpe per rispetto e chiesi un po’ d’acqua per lavarmi le mani: i miei ospiti rimasero molto sorpresi.

Riuscii anche ad indicare da dove sarebbe arrivato lo spirito guida, anche perché l’energia in quel momento era molto forte e presente in tutti i partecipanti alla cerimonia. Non poteva mancare in questa occasione l’arte dei suoni, sì proprio la musica (ero stato iniziato a questo con le danze, in Marocco). La musica, come quasi sempre accade, è il motivo conduttore delle cerimonie cui ho avuto la fortuna di presenziare. Da notare che tutte le altre componenti familiari mi fecero sentire subito a mio agio in una dimensione così nuova e allo stesso tempo di coinvolgente spiritualità.

Quindi mi vennero svelati mano mano tutti quei segreti che sono solitamente tenuti nascosti al turista, impegnato piuttosto a scattare l’ennesima foto ricordo.

Avevo già partecipato in altri luoghi, in Centro America e in Marocco, allo svolgimento di rituali, e sempre con molta fortuna ero stato invitato ad assistere a cerimonie al di fuori del più assoluto circuito turistico, che rappresentavano la realtà nella sua più completa autenticità. Naturalmente è importante una ricerca preliminare, che aiuti a selezionare le situazioni autentiche da quelle fittizie e preparate ad hoc per l’inesperto.

Devo dire che anche in questa occasione rimasi coinvolto a 360 gradi ed entusiasta della riuscita della cerimonia cui ero stato invitato. Ero arrivato con il mio registratore, fido compagno di viaggio e di lavoro, per captare i momenti salienti che si sarebbero presentati durante tutto il corso del rituale: riuscii perfettamente nell’impresa e, come accennato,  potei porre le mie domande alla persona guida del magico evento. Molti indizi mi confermarono che la casa non era stata preparata prima del mio arrivo, a cominciare dalla semplicità della persona che condusse tutte le fasi del rito e dalla serietà della mamma della signora di cui sopra, una medium veramente speciale, che quando si trovò in qualche incertezza, chiamò un’altra donna per cercare le risposte corrette in maniera da non deludere il suo ospite bianco.

Anche se già conoscevo già lo stato di trance, devo dire che in questa occasione la cerimonia mi rivelò quel velo di fascino e mistero che in Africa è realtà quotidiana

 

Bruno Bertucci