BOOKHOUSE. La forma del libro al MARCA

All’ingresso, una Torre di Babele con 8 mila volumi e sulla facciata una cascata di letteratura che scende dalla finestra. Poco più in là una libreria esplosa e una camera da letto formata con copertine e segnalibri. Sono solo alcune delle sorprendenti e imprevedibili installazioni che caratterizzano Bookhouse. La Forma del Libro, la grande mostra del MARCA di Catanzaro che prosegue con grande successo sino al 5 ottobre prossimo. Considerata uno degli eventi clou dell’estate, la rassegna propone una visione del libro totalmente inedita attraverso l’interpretazione di 50 artisti. Il libro, nell’ambito dell’arte contemporanea, non è mai stato così attuale e la mostra del MARCA rappresenta il più esaustivo omaggio a questo magico strumento che da oltre mezzo secolo mantiene fondamentalmente inalterata la sua fisionomia.
Il libro, del resto, così come gli archivi e le biblioteche, sono al centro del dibattito artistico contemporaneo: l’edizione 2012 di Documenta ha dedicato una parte considerevole delle opere a questo soggetto e la Biennale veneziana di quest’anno s’intitola Palazzo Enciclopedico.
Bookhouse. La Forma del Libro è organizzata dalla Provincia di Catanzaro con il contributo della Regione Calabria e rientra nel progetto POR Calabria FESR 2007/2013. Ideata e curata dal direttore artistico del MARCA Alberto Fiz, comprende 50 protagonisti tra i più significativi della scena artistica nazionale e internazionale che si confrontano sulla forma taumaturgica del libro, un oggetto così perfetto che Umberto Eco l’ha paragonato alla ruota.
“Il significato del libro risiede nella sua forma pensante”, afferma Alberto Fiz. “Se fosse semplicemente un contenitore di testi o di immagini, sarebbe già stato spazzato via. Mantiene, invece, il proprio ruolo primario in quanto è un oggetto sensibile, in grado di creare un rapporto simbiotico con il lettore e, nello stesso tempo, ha la capacità di organizzare il pensiero. Un messaggio, quello proposto dal libro, partecipativo e polisemico che fissa il provvisorio in permanente e dove l’unità fisica presuppone l’unità di senso.”
Anche Wanda Ferro, Commissario Straordinario della Provincia di Catanzaro, sottolinea il grado sperimentale e innovativo della mostra proposta al MARCA: “Bookhouse. La Forma del Libro è un progetto che affronta una problematica centrale della nostra società e lo fa attraverso la voce autorevole di un eccezionale gruppo di artisti in un contesto che coinvolge i più importanti linguaggi contemporanei, dalla pop art all’arte povera passando attraverso la transavanguardia, le videoinstallazioni e le tecnologie più innovative. Le loro opere, prive di qualsiasi retorica, dimostrano la forza rigenerativa del libro, nonché la sua vitalità. Per il MARCA si tratta di una sfida affascinante per una rassegna destinata ad avere un’eco oltre i confini nazionali “
Di fronte ad un sistema dove prevalgono oggetti inerti, spesso desunti dalla società del consumo, il libro è di per sé un oggetto modulare, di carattere relazionale la cui semplice presenza evoca il contenuto. La grande mostra si sviluppa sui tre piani del museo dialogando anche con la collezione di arte antica.
E’ la prima volta, nell’ambito di un’istituzione pubblica italiana che il libro, inteso come spazio fisico di ricerca, così come dimensione segnica e proiezione della memoria collettiva, diventa il protagonista di una rassegna trasversale di tale complessità che spazia da Claes Oldenburg a Michelangelo Pistoletto; da Anselm Kiefer a Pier Paolo Calzolari; da William Kentridge a Irma Blank; da Pierre Alechinsky a Jiri Kolar; da Jannis Kounellis a Candida Höfer; da Giulio Paolini a Dennis Oppenheim; da Mimmo Paladino a Airan Kang; da Enzo Cucchi a Emilio Isgrò, da Vincenzo Agnetti a Rashid Rana, da Michael Rakowitz a Ceal Floyer. Non manca, poi, una serie di spettacolari lavori site-specific realizzati per l’occasione come Idiom, l’installazione di 8 mila libri alta quattro metri dell’artista slovacco Matej Krén dove un gioco di specchi crea una spirale infinita di volumi in un labirinto di colori e forme profondamente intimista. Sull’esterno del museo, poi, viene collocata la cascata di libri ideata dall’artista spagnola Alicia Martín che coinvolge lo spettatore in un’esperienza fisica ed emozionale. Questi due lavori di così forte impatto sono stati resi possibile grazie alla collaborazione dell’editore Rubbettino che ha messo a disposizione, per questa impresa, oltre 10 mila volumi provenienti dai propri depositi.
In una mostra così trasversale e variegata, non manca nemmeno un libro danzante collocato in una soluzione di 800 litri d’acqua del coreano Kibong Rhee e una camera da letto interamente sviluppata intorno ai libri, alle copertine e ai segnalibri, specificatamente ideata dallo svizzero Peter Wüthrich come ironica ipotesi ambientale. Va osservata dal basso in alto, invece, Hanging Book, l’installazione dell’americano Richard Wentworth che, per l’occasione, rielabora il proprio progetto realizzato nel 2009 per la Biennale di Venezia.
Da Documenta 13, arriva, poi, il libro in pietra di Michael Rakowitz che vuole essere una riflessione, non priva di speranza, sugli orrori della storia.
La mostra del MARCA si svincola dall’ipotesi del libro d’artista, sebbene, in taluni casi, non manchino logiche convergenze per orientarsi verso un’estensione dell’opera d’arte dove il libro diventa esso stesso scultura, installazione o ambiente ed è inteso come la parte che contiene il tutto, una metonimia intorno alla quale si sviluppa il significato dell’opera d’arte.
Se nel 1970 Germano Celant, nel suo celebre saggio Book as Artwork, aveva definito il libro come medium autosignificante, in questo caso lo stesso impone la propria ragione all’opera d’arte che s’interroga sulla permanenza dei segni in una prospettiva dove il contenuto e il contenitore sono per certi versi assimilabili. Il viaggio intorno al libro coinvolge biblioteche e archivi passando dal cavallo-libreria di Mimmo Paladino che contiene i volumi dell’Ulysses di James Joyce illustrati dallo stesso Paladino, all’immagine fotografica di Candida Höfer dedicata alla Biblioteca Nazionale di Napoli dove si relazionano storia e architettura. In questo ambito, spicca From The Entropic Library la straordinaria scultura di Claes Oldenburg e Coosje Van Bruggen di nove metri di lunghezza proveniente dal museo di Saint-Etienne. Si tratta di un’opera del 1989 dove il grande maestro della pop art americana fa esplodere una libreria interrogandosi sul caos linguistico e culturale. Una biblioteca della memoria è quella proposta da Anselm Kiefer con un’installazione dove i libri in piombo entrano in relazione con l’enigmatico poliedro che compare nell’opera di Albrecht Dürer. Se per Michelangelo Pistoletto il libro è l’estensione dello spazio, per Pier Paolo Calzolari rappresenta un elemento sospeso in continua metamorfosi. L’immagine fisica del libro compare nelle opere di Enzo Cucchi e Giulio Paolini, mentre Jannis Kounellis si sofferma sulla dimensione primaria del segno.
Nell’universo digitale, il libro richiede una rinnovata attenzione in quanto si tratta di uno strumento materiale con un immenso potere evocativo e in mostra compare il libro-scultura; il libro scrigno della memoria; il libro come codice senza parole; il libro-ombra; il libro come pluralità di libri; il libro come spazio immateriale, il libro bianco.
Il compito di raccontare le sperimentazioni tecnologiche del Terzo Millennio è affidato allo ZKM di Karlsruhe, il Centro di Arte e Media più importante a livello internazionale diretto da Peter Weibel che affronta la sfida imposta da un sistema dove il libro non è più un corpo solido ma liquido in progressivo movimento.
Le suggestioni e le problematiche imposte dalla mostra, del resto, sono moltissime e comprendono la scultura-dentiera di Dennis Oppenhiem, la biblioteca di fumo di Claudio Parmiggiani, il Cristo cancellatore, una fondamentale opera in 38 libri di Emilio Isgrò realizzata nel 1968, un anno prima di un altro lavoro determinante, il Libro dimenticato a memoria di Vincenzo Agnetti. Il viaggio prosegue con il misterioso video del russo Dmitry Prigov The Evangelist o con un altro video, quello di Gary Hill Big Legs Don’t Cry che già nel 1985 ipotizzava la presenza sensoriale del libro. Ma altre suggestioni giungono dalla poltrona-libro di Art & Language dalle microsculture in carta di Sabrina Mezzaqui, dalla raccolta di libri su Vincent Van Gogh di Stefano Arienti, dall’inquietante video di Paolo Canevari che fa bruciare a fuoco lento Mein Kampf o dalle accumulazioni di Gianfranco Baruchello. Nuovi interrogativi giungono dal libro che attende di essere scritto ipotizzato da Gregorio Botta, dalle riscritture di Irma Blank; dal libro bruciato di Robert Rauschenberg o dalla onirica proiezione della Lettura proposta da Jean-François Guiton.
Il percorso comprende anche le false architetture di Clegg & Guttmann, i disegni del libro cancellato che caratterizzano il video di William Kentridge Anti-Mercator, per proseguire con il paesaggio-libro di Ceal Floyer o con le sedimentazioni archeologiche di Maddalena Ambrosio; con i quadri elettronici di Davide Coltro, con la biblioteca sommersa di Per Barclay o con il libro in tessuto di Maria Lai, l’artista novantatreenne scomparsa nei giorni scorsi.
Una straordinaria e provocatoria biblioteca di immagini, dunque, che permette di realizzare un viaggio nell’arte contemporanea dove il libro viene completamente riscritto.
In un progetto di così ampia portata sono state molte le collaborazioni con istituzioni pubbliche e private italiane e straniere tra cui quella con il Musée d’Art Moderne di Saint-Etienne Metropole, lo Zentrum für Kunst und Medientechnologie, l’Archvio Agnetti, l’associazione Zerynthia-Ram radioartemobile e la Dena Foundation.
La mostra è accompagnata da un libro in italiano e inglese edito da Silvana Editoriale con testi di Achille Bonito Oliva, Alberto Fiz, Lorand Hegyi, Lea Vergine e Peter Weibel. Accanto al saggio inedito di Emilio Isgrò e all’intervista di Mimmo Paladino con Marco Vallora, il volume è arricchito dalle testimonianze degli artisti che raccontano il loro rapporto con il libro.

Gli artisti presenti in mostra sono:
Vincenzo Agnetti, Pierre Alechinsky, Maddalena Ambrosio, Stefano Arienti, Art & Language, Per Barclay, Gianfranco Baruchello, Irma Blank, Gregorio Botta, Pier Paolo Calzolari, Paolo Canevari, Clegg & Guttmann, Davide Coltro, Enzo Cucchi, Ceal Floyer, Maria Friberg, Jean-François Guiton, Gary Hill, Candida Höfer, Emilio Isgrò , Airan Kang, On Kawara, William Kentridge, Anselm Kiefer, Jirí Kolár, Jannis Kounellis, Matej Krén, Anouk Kruithof, Maria Lai, Alicia Martín, Sabrina Mezzaqui, Claes Oldenburg & Coosje Van Bruggen, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani, Michelangelo Pistoletto, Dmitry Alexandrovich Prigov, Michael Rakowitz, Rashid Rana, Robert Rauschenberg, Kibong Rhee, Gerhild Rother, Lisa Schmitz, Richard Wentworth, Peter Wüthrich

Bookhouse. La Forma del Libro
Catanzaro, MARCA, Via Alessandro Turco 63
fino al 5 ottobre 2013
da martedì a domenica 9,30-13; 16-20,30; chiuso il lunedì.
Articolo di Studio ESSECI

ALTRI SENSI al MAN

Altri sensi” è il titolo della mostra personale di Laura Pugno al Museo MAN, a cura di Lorenzo Giusti, in programma dal prossimo 13 settembre.

La ricerca di Laura Pugno (Trivero, 1975) ha come principale terreno di indagine il paesaggio, inteso non come elemento naturale, come immagine fissa di una porzione più o meno estesa di realtà, ma come costruzione sociale, come sovrastruttura ideologica e culturale. La mostra, insieme a un’ampia selezione di lavori realizzati nel corso degli ultimi cinque anni, presenta una nuova serie di opere realizzate in Sardegna e dedicate alla regione interna del Supramonte. Una scelta che, nel rimarcare l’inattendibilità di ogni idea prestabilita di paesaggio – ed in particolare, nello specifico della Sardegna, di un’idea costruita perlopiù attorno a una parte stereotipata dei suoi elementi naturali (il mare, il sole, le trasparenze) e sociali (la tranquillità, il benessere, il divertimento) – riafferma la necessità di punti di vista molteplici per perseguire una visione articolata del mondo, più vicina alle complesse dinamiche relazionali che lo governano. A caratterizzare i nuovi lavori è l’utilizzo della tecnica dell’abrasione su stampa fotografica, sperimentata dall’artista a partire dalla serie Esitando (2011), nella quale il paesaggio delle regioni montane piemontesi è svelato nella sua entità di sistema, come soggetto unitario “che presenta confini propri che lo separano dall’ambiente circostante”.

In queste opere, così come nel gruppo intitolato Quel che Annibale non vide (2012) – una serie di cinque cancellazioni rivolte non soltanto all’allentamento dei legami integrativi del paesaggio, ma, più direttamente, alla liberazione di singole parti – ad emergere è il tentativo di rendere evidente l’integrazione dei diversi elementi – sia fisici sia culturali – che compongono il paesaggio, attraverso un procedimento di parziale annullamento degli elementi stessi. Una presa di distanza da una visione tradizionalmente intesa che, in opere più recenti, si accompagna alla evocazione di una possibilità percettiva del paesaggio di tipo tattile. Così in Didascalie n. 5 (2013) e in Taccuini di viaggio (2013), presentati al pubblico per la prima volta in questa occasione, l’uso esteso del braille evoca una visione che, al di là dell’occhio, può coinvolgere altri sensi.

Ancora in mostra, insieme ai dipinti della serie KWh (2008) – a testimonianza delle origini pittoriche del lavoro di Laura Pugno – e ai collage del gruppo Percorrenze (2010) – nei quali l’idea di paesaggio è portata a una sintesi radicale di linee e colori – anche il progetto Paesaggio di spalle, un’istallazione di disegni su plexiglass realizzati voltando le spalle alla porzione di panorama ritratta sulla lastra.

Completano la mostra due lavori in video, a camera fissa, di recente realizzazione: Sillogismo (2013), dove naturale e innaturale si fondono in un’unica visione integrata, e Meccanismi di difesa (2012), nel quale lo scorrere veloce delle ombre sul costone di una montagna rende percepibile l’inattendibilità del punto di vista singolo.

Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano e inglese) pubblicato da NERO con testi di Cecilia Canziani, Gian Antonio Gilli e Lorenzo Giusti.

MAN_Museo d’arte Provincia di Nuoro

Via Sebastiano Satta 27 – 08100 Nuoro – tel +39.0784.252110

Orari: 10:00 – 13:00/15:00 – 19:00 (Lunedì chiuso)

Articolo di Studio ESSECI

“Come una rondine, come una quercia”, il nuovo libro di Giampaolo Rol

Particolarmente adatto ai tempi correnti, il nuovo lavoro dell’avvocato Giampaolo Rol nelle vesti di scrittore che gli calzano a pennello. Lontano dal legal thriller d’esordio “Il mercante di destini”, ma dall’inconfondibile stile che scava nel personaggio che crea e lo rende a tutto tondo al lettore, parte in causa di una storia nella quale viene inserito e non della quale è puro spettatore.

Stavolta, sempre nella New York così lontana e così familiare, troviamo uno scontro tra due anime che sono gemelle, anche se una ne è del tutto ignara. Da un lato un bellissimo, affascinante e stravagante violinista che ricorda da vicino Niccolò Paganini; dall’altro una bellissima procuratrice legale in carriera, figlia di perfetta famiglia che perfettamente l’ha fidanzata al miglior rampollo della piazza.

I due si incontrano al parco e, all’improvviso, la donna si rende conto che la sua vita non è più così semplice, lineare, scontata, ma che quel tale l’ha stregata, l’ha trascinata in un duello per il quale pensava di avere armi affilate, invece si è ritrovata spoglia di significati.

Vivian impara da quello strano individuo che aveva girato il mondo soltanto portandosi appresso il suo violino, che il suo orizzonte non era papà Jack e il tribunale, Martin da sposare e le amiche con cui spettegolare ogni tanto, ma era un’altra cosa e lei non lo conosceva affatto. Il mondo era a sua portata di mano, ma non voleva prenderlo: preferiva restare ingabbiata nel ruolo imposto da altri, nella storia già scritta di una donna che piano piano non riconosceva più. Le certezze svanite fino a lasciare la strada tracciata per restare alla deriva di se stessa, secondo i canoni sociali, ma libera di decidere di guardare crescere una quercia, invece che vivere in prigione.

La società bolla queste persone come strane, vittime della depressione più cupa e incapaci di uscirne, eppure Rol ci accompagna a rivedere noi stessi nel più profondo della nostra anima, per porci domande che forse nessuno ci avrebbe posto mai.

Saremmo capaci di vivere senza i nostri scudi? Saremmo capaci di resistere alla tormenta come una quercia e di scegliere dove vivere come una rondine, oppure diventeremmo matti all’idea di perdere quello che abbiamo? Ci preoccupiamo più di perdere quello che abbiamo che quello che siamo, ma i compromessi rischiano di ritorcesi a noi contro.

E adesso, che il mondo della finanza e delle banche non ci incanta più; che il sentiero tracciato è tracciato per poco tempo (mesi, anni) e non è più da posto fisso di lavoro e quindi in società, dobbiamo allenarci ad essere sempre più capaci di guardare al mondo e alla realtà con occhi liberi e non con gli occhi del sistema, che all’occorrenza ci fagocita e ci distrugge.

Il messaggio implicito di Rol è pregnante e incita a far presto. Tutti noi dobbiamo trovare o ritrovare noi stessi, oppure dobbiamo rassicurarci, leggendo “Come una rondine, come una quercia”, che è possibile creare la vita a nostra misura e non a tessera di un puzzle voluto da altri, perché soltanto così non solo non tradiremmo noi stessi, ma saremmo capaci di innovare il mondo del quale siamo protagonisti, non pedine.

Soltanto essendo sicuri di questo si può comprendere il vero valore di uno scrittore destinato a darci ancora molti spunti e molte soddisfazioni.

Da leggere.

Giampaolo Rol: “Come una rondine, come una quercia”, E-pubblica.com

Articolo di Alessia Biasiolo

 

Il mercante di destini

Il mercante di destini

Un’ottima opera prima quella proposta da Giampaolo Rol, di professione avvocato con la passione per la letteratura. Ne esce un legal thriller con tutte le carte in regola. Un uomo molto ricco senza eredi, un’eredità da spartire con i classici parenti avvoltoi, vecchie storie di famiglia sopite, ma non troppo, negli animi; verità non conosciute e falsità sbandierate, tocchi di noir al punto giusto, morti e malavita, pagine di lirismo. Una buona penna, che speriamo ci riservi soddisfazioni anche in futuro.
Andando con ordine, l’autore persegue il filo logico degli eventi, ma non mancano i flashback che chiariscono la trama al lettore quel tanto che basta per affascinarlo alla ricerca di una storia che mantiene sempre alto il suo tono poetico, malgrado la crudezza dei destini in gioco. Andrew, cacciato dalla famiglia che si ergeva a sacrosanto giudice, è un uomo che si è fatto da sé, quel self made man che gli americani amano molto e il nostro Rol dimostra di conoscere bene non soltanto il mondo forense, ma anche il clima transoceanico di cui il romanzo respira in modo organico e ben impostato. Non ci sono sbavature di sorta, dal cimitero dove il protagonista uscente andrà sepolto, alla caratterizzazione dei personaggi: l’amico notaio fidatissimo e intoccabile, l’addetto del cimitero, ovviamente nero e ovviamente più sveglio del previsto, la cognata malmenata dal marito che ritrova la sua dignità, i malavitosi dipinti nella giustezza del loro essere boss del mondo sommerso.
I colpi di scena sono intrinseci alla storia, non leggiamo clima da suspance gialla, ma manteniamo un tono uniforme, in cui gli accadimenti si dipanano con una ovvietà e semplicità assolutamente naturali, proprio come se si raccontasse una storia di quotidiana follia dietro centottantadue milioni di dollari. Un po’ la febbre da jackpot che abbiamo respirato tutti poco tempo fa, grazie ad un famoso gioco.
La farcitura non manca di pinze, dalla storia di sesso alla proposta di vendersi per soldi, ma come vuole il genere tutto sta nella misura della trama e il nostro thriller prosegue sui canoni giusti. Il morto ha pensato bene di lasciare i suoi soldi ai parenti ma non in modo che se li godano: l’eredità è stata monetizzata con parsimonia e precisione, tramutando tutti i beni immobili in soldi (certificati al portatore) esigibili da chiunque fosse in grado di trovarli.
I parenti del defunto, poco compianto ma odiato per la sua fortuna, si agitano in una sorta di palcoscenico spettrale che ricalca quello sul quale hanno costretto a vivere Andrew per tutta la vita. Cacciato dalla famiglia perché accusato di avere sperperato i soldi paterni in speculazioni poco fortunate, il povero fu costretto ad una vita miserrima con quel se stesso coperto da accuse infamanti e un sacco di botte. Sappiamo, però, che la fortuna aiuta gli audaci e il famigerato Andrew diventa, bontà sua, un falco di Wall Street, mago delle compravendite, ricchissimo temuto e invidiato. Capace di farsi una profonda cultura letteraria, umana e geografica, Andrew non dimenticherà mai di non avere la sua famiglia d’origine e nemmeno una propria, riconoscendo nell’amato cane Till il vero fedele compagno.
Così, morendo, riesce a dimostrare che nessuno lo conosceva per chi veramente era e il merito del romanzo è quello di sapere tratteggiare tra le righe proprio una caratura inedita e sognata. Chi sa leggere Aristotele e la Bibbia, l’animo della gente e le carte topografiche con la stessa destrezza e riesce a intrecciare una trama spaventosa nella quale, dopo morto, fare giocare come marionette proprio coloro che l’avevano condannato al suo inferno terreno.
Come tutti i grandi, Andrew era capace di metterci del suo, pur riconoscendo la piccolezza delle cose che danno il senso del grande essere, e così ecco che il lettore si trova ad aprire il sarcofago di una famiglia già morta, ben prima di scoprire la perfidia testamentaria del caro estinto.
I fratelli si rivelano mezzi mafiosi, o patiti del tavolo verde capaci solo di realizzarsi pestando la moglie docente di sociologia all’università, con figli che vivono di sponda una vita insulsa, senza cultura e senza finezza che non sia pensare di dovere ereditare un sacco di soldi.
E la fortuna è lì, dice Andrew, a portata di mano, basta sapersela prendere, come ha fatto lui. Eppure, per trovare tutti quei soldi, c’è chi si fa prestare denaro da uno strozzino per comperare una bara e fare a pezzi un cadavere, pensando si fosse portato il segreto nella tomba, lontana reminiscenza di usanze egizie. Oppure chi si mette a scavare un terreno e sotto una casa, chi si impicca e chi fugge, chi si inoltra nella foresta amazzonica e finisce ucciso dai petroleros e chi trova la pace e il destino in uno scampolo di oceano. C’è chi capisce cos’è il tesoro, infine e chi lo trova veramente, con una logicità che non toglie il fiato al lettore, ma gli regala l’estro fantastico di una storia che piace avere letto e un po’ vissuto. Come le favole, cariche di personaggi e di valori, anche quando fluttuano attorno all’ovvietà del vivere.
Un romanzo da leggere tutto d’un fiato, assaporandolo pagina per pagina, perché permette di evadere il mondo ritrovandolo e di conoscere un nuovo astro della scrittura che è tale, anche se si dovesse fermare all’opera prima.
Da leggere.

Giampaolo Rol: “Il mercante di destini”, Albatros Il Filo, Roma, 2009, pagg. 386; euro 16,00

Articolo di Alessia Biasiolo
Le Recensioni

Italiani i nuovi record mondiali di parapendio

Sono italiani, precisamente friulani di Gemona (Udine), il pilota e la
pilota che hanno stabilito i nuovi record mondiali di volo in parapendio
andata e ritorno.

Lui si chiama Arduino Persello, 45 anni, impiegato in un’impresa
meccanica, lei Nicole Fedele, 28 anni, traduttrice, già nota come campionessa
europea in carica e detentrice della coppa del mondo. Hanno percorso
rispettivamente 312 e 280 chilometri fino a tornare da dove erano decollati.

Il decollo è avvenuto a Sorica in Slovenia ad una settimana di distanza
l’uno dall’altra, ma il volo si è svolto quasi sullo stesso tracciato, toccando punti salienti quali il Monte Nero, la diga del Vajont, il
fiume Piave, sorvolando le Alpi Giulie, le montagne di Gemona, il lago di
Cavazzo, la valle Agordina ed il maestoso panorama delle Dolomiti Friulane.
Arduino ha realizzato una quota massima di 2933 metri ed una velocità
media di 34,5 km/h, un dato notevole per un mezzo come il parapendio che nei
modelli più performanti non tocca i 70 km/h di velocità massima. Nicole
si è innalzata fino a 2942 metri, tenendo una media di 30 km/h. Entrambi
hanno impiegato circa nove ore e mezzo per percorrere gli interi tragitti.

Molte ore di volo per due record presto omologati dalla Federazione
Aeronautica Internazionale, a coronamento di infiniti tentativi, rinvii
per troppo vento o meteo avversa, calcoli e studi sulla rotta da seguire e,
soprattutto, sogni, tanti sogni.

Nel volo libero in deltaplano o parapendio stabilire un record su un
percorso andata e ritorno è tecnicamente più difficile e, di
conseguenza, ritenuto di maggior prestigio rispetto ad uno di distanza libera, vale a
dire senza l’obbligo di tornare al punto di partenza. In questo
caso gli attuali primati mondiali ammontano a 507 km per il parapendio,
stabilito in Sud Africa, e quello texano di 768 per il deltaplano, mezzo più veloce
del primo. I piloti italiani, al vertice delle classifiche mondiali di
entrambe le discipline, sono pronti ad abbattere anche questi.

Articolo di Gustavo Vitali

La notte delle candele

Oltre diecimila ceri in più illumineranno quest’anno il borgo medievale di Vallerano, nel cuore del viterbese, per la settima edizione de LA NOTTE DELLA CANDELE, un itinerario artistico volto a far conoscere, in una chiave assolutamente romantica e suggestive, gli antichi vicoli e spazi storici di uno dei gioielli più pittoreschi della Tuscia.
Sabato 24 agosto, dalle 20 in poi, sono attesi migliaia di visitatori da ogni parte d’Italia per assistere, in ogni luogo – privato e pubblico – del borgo, all’accensione delle cinquantamila candele ad opera degli stessi abitanti del posto, e alla successiva spettacolarizzazione di piazze, viuzze e palazzi cittadini attraverso un percorso itinerante che prevede, fino a notte fonda, spettacoli dal vivo di ogni genere: un viaggio tra suoni, immagini e impressioni magnetiche e affascinanti, in un ritorno alle origini nel quale la Natura si incontra con l’Arte.

Alla passeggiata creativa, districata tra concerti, allestimenti, proiezioni e rappresentazioni diversificate, si potrà accedere da P.za A. Diaz alla simbolica cifra di 3 euro dalle 20 in poi. Attivi saranno anche i numerosi ristoranti tipici del luogo (consigliata comunque la prenotazione) che proporranno un perfetto connubio tra l’atmosfera incantata dell’evento e la tradizione eno-gastronomica del territorio.