Michele Ceccarelli nuovo Segretario Generale di CheftoChefemiliaromagnacuochi

 Il ravennate Michele Ceccarelli è il nuovo Segretario Generale di CheftoChefemiliaromagnacuochi, l’associazione che riunisce i cinquanta migliori chef, le cinquanta aziende dei prodotti tipici (compresi i più importanti Consorzi) e i gourmet di riferimento dell’Emilia Romagna.

Eletto all’unanimità nel corso dell’ultimo Consiglio Direttivo dell’associazione, Ceccarelli subentra a Enrico Vignoli, che ha lasciato la carica anzitempo per motivi professionali, ma che manterrà un ruolo nell’associazione mettendo a disposizione capacita e creatività sempre dimostrate.

Michele Ceccarelli, già responsabile comunicazione e associati di CheftoChef, ricoprirà l’incarico con quella determinazione e l’impegno che da sempre hanno contraddistinto il proprio operato all’interno dell’associazione dalla sua fondazione: «Dopo qualche mese di riflessioni, assieme al Presidente Massimo Spigaroli e ai Consiglieri, proseguiamo nello sviluppo di interessanti progetti che contiamo di riuscire a finalizzare e concretizzare entro la fine del 2019, per poi incrementarli nel corso del 2020. Il mio nuovo ruolo, che si aggiungerà a quanto già facevo all’interno di CheftoChef, mi porterà a investire ancora più tempo ed energie per la nostra associazione, che nel corso della propria storia decennale si è sempre impegnata e contraddistinta e dedicata alla valorizzazione dellacucina d’autore e della cultura gastronomica dell’Emilia-Romagna dentro e fuori i confini nazionali».

CheftoChefemiliaromagnacuochi è l’associazione che riunisce i cinquanta migliori chef, le cinquanta aziende compresi i più importanti Consorzi dei prodotti tipici e i gourmet di riferimento dell’Emilia Romagna. Presidente dell’Associazione, unica nel suo genere, è Massimo Spigaroli, Vice Presidenti Massimo Bottura e Paolo Teverini, Presidente Onorario Igles Corelli.

 

Pierluigi Papi (anche per la fotografia)

 

Un tempo per ogni cosa

È vero che c’è un tempo per ogni cosa? Oppure dobbiamo trovarcelo, quel tempo per noi e per le nostre riflessioni? Le parole che non troviamo per i nostri pensieri sono scritte in questo prezioso manuale scritto da Magliano che, a partire da frasi celebri, riflette sul presente, sull’uomo e sul suo significato nella storia universale. Al 26 ottobre troviamo: “I libri servono a capire e a capirsi, e a creare un universo comune anche in persone lontanissime”, come scrisse Susanna Tamaro, e Magliano ne approfitta per ricordare anche Francesco Petrarca, per il quale i libri cantavano e parlavano. Pochi giorni dopo, gli fa eco Pablo Neruda con “Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità”, mentre l’argomento ecologico che sembra così solo attuale, viene ricordato da Willa Silbert Cather che afferma di amare gli alberi perché sembrano più rassegnati di ogni altro essere o cosa al mondo al posto e al modo in cui devono vivere. E se questo può sembrare “un senso generale di perdita”, secondo Linus Mundy, con Erry Hillesum è facile affermare: “Mai rassegnarsi, mai scappare. meglio affrontare tutto, e soffrire”, al 3 novembre. Ogni giorno si possono leggere massime come quelle citate, sulle quali trovarsi e riflettere, pensare che anche ad altri sono venuti in mente gli stessi ricordi, ma anche le stesse immagini, con la possibilità di sperare e di rigenerarsi anche quando ci si sente più una pianta decidua in autunno che un virgulto primaverile di maggio. Soffrire è anche lo stare fermi a leggere qualcosa di più spesso che un messaggio di saluti sui moderni mezzi di comunicazione, per dare maggiore spessore alla nostra anima, dare alimento al pensiero che sempre più si vuole assottigliare per strumentalizzarlo più facilmente. Le letture sono brevi e giorno per giorno ci possono dare elementi per conoscerci meglio, capire che possiamo pensare e avere un parere, oltre che sapere leggere, dato che risultiamo sempre più in fondo alle classifiche culturali anche di base.

E spesso si tramutano i dati generali in sfide e gare alle quali le persone si dicono disinteressate, perché non serve gareggiare in comprensione di testo con inglesi o tedeschi. In realtà la fotografia dei dati è la nostra e non ci rendiamo conto che non siamo quelle bellissime persone migliorate con tecniche digital, ma siamo appassite bucce vuote sempre con più emergenza da riempire, prima che siano avvizzite inutilmente.

Un libro da avere tra le mani o sul comodino sempre, per riempirsi di amore, ricordi, pensieri.

 

Biancarosa Magliano: “C’è un tempo per ogni cosa”, Paoline, Milano, 2018; pagg. 416; euro 15,00

 

Alessia Biasiolo

 

 

“Dentro le note” con Roberto Prosseda

Nell’ambito della stagione della IUC il pianista Roberto Prosseda è il protagonista di un piccolo, ma importante ciclo di due concerti intitolato “Dentro le note”.

Stasera, martedì 29 ottobre, alle 20.30, nell’Aula Magna della Sapienza (P.le Aldo Moro 5 a Roma) dedicherà la prima puntata a Wolfgang Amadeus Mozart, di cui ha appena inciso tutte le Sonate per Decca, dandone un’interpretazione molto radicale, che rompe con una certa tradizione interpretativa basata sulla morbidezza di fraseggio e sulla ricerca di un bel suono fine a se stesso: “Filologia e fantasia restituiscono un Mozart dinamico, pieno di contrasti, imprevedibile”, ha scritto Repubblica.

Prosseda parte dall’intuizione che ogni musica scritta è in realtà infinite musiche e l’interprete ce ne restituisce una: la sua o, meglio, quella che sente sua in un determinato momento del proprio percorso artistico. Obiettivo di questo ciclo “Dentro le note” è guidare l’ascoltatore a scoprire come un interprete, a partire dall’analisi del testo musicale e dalla sua contestualizzazione storica e stilistica, arriva a costruire la propria interpretazione. Generalmente un pianista entra, si siede, suona, si alza, si inchina, se ne va. Questi concerti sono diversi. Prevedono una prima parte di circa 40 minuti, in cui il pianista illustrerà i brani in programma, con particolare attenzione alle soluzioni interpretative che scaturiscono dal testo musicale, e una seconda parte, dopo l’intervallo, nella quale esegue per intero i brani precedentemente illustrati, che saranno la Fantasia in do minore K 475 e la Sonata in do minore K 457 di Mozart.

Ascoltare la musica è sempre un’emozione, ma entrare dentro la musica, guidati da un interprete che prima di suonarla ne spiega i segreti con le parole e gli esempi musicali, è un’esperienza molto più profonda e coinvolgente. Tanto più se si è accompagnati da un pianista come Prosseda, che prima di mettere le dita sul pianoforte si pone il problema di capire ciò che suona, andando oltre quel che si crede di sapere su un autore e che spesso non è che una serie di pigri luoghi comuni depositatisi come uno strato di polvere sullo spartito.

Roberto Prosseda è andato a consultare i manoscritti originali delle Sonate di Mozart e – come racconta egli stesso – ha potuto osservare la grande quantità di indicazioni di Mozart spesso disattese dagli interpreti e ha deciso di seguirle attentamente, anche se la tradizione ci ha abituati a sonorità più morbide e a contorni più smussati.

Conoscendo l’acume e la chiarezza di cui Prosseda è capace non solo quando suona ma anche quando parla, si può essere sicuri che questo viaggio “dentro la musica” di Mozart sarà una rivelazione.

Roberto Prosseda suona regolarmente con alcune delle più importanti orchestre del mondo, tra cui London Philharmonic, New Japan Philharmonic,  Moscow State Philharmonic, Santa Cecilia, Filarmonica della Scala, Gewandhaus di Lipsia. Ha guadagnato una vasta notorietà internazionale anche in seguito alle incisioni Decca dedicate alle integrali della musica di Mendelssohn (10 cd) e delle Sonate di Mozart (6 cd).

Domani, mercoledì 30 ottobre, alle ore 11.00, sempre nell’Aula Magna della Sapienza, Prosseda inaugura il ciclo “Musica pouparler” dedicato principalmente agli studenti delle scuole medie e superiori. Il concerto si svolge con la stessa formula del giorno precedente, prima un’introduzione e poi l’ascolto: questa volta l’autore eseguito è Ludwig van Beethoven, con la Sonata op. 27 n. 2 “Al chiaro di luna” e la Sonata op. 90.

La seconda puntata di “Dentro le note” si svolgerà il 10 marzo 2020 e sarà dedicata a Chopin.

Mauro Mariani (anche per la fotografia)

Donato ai Musei Civici di Verona l’autoritratto del 1552 dell’artista Antonio Badile

La signora De Stefani, il sindaco di Verona Sboarina, l’ass. Briani, la direttrice Rossi e l’opera di Badile

Donato ai Musei Civici di Verona l’autoritratto del 1552 dell’artista Antonio Badile. L’importante lascito è stato riconosciuto al Comune dalla signora Ida De Stefani che, in ricordo del marito Gianni Delaini, ha fatto dono alla città di un particolare dipinto raffigurante, uno degli artisti più significativi del Cinquecento veronese, maestro di Paolo Caliari detto ‘Il Veronese’.

A ricevere il dipinto, installato a Castelvecchio, il sindaco Federico Sboarina insieme all’assessore alla Cultura Francesca Briani e alla direttrice dei Musei Civici Francesca Rossi. L’opera, posta appositamente di fronte al dipinto ‘Pala Bevilacqua-Lazise’ di Paolo Caliari, è da oggi visibile al pubblico nella sala Tintoretto-Veronese. Uno spazio espositivo che avrà a breve un intervento di valorizzazione, perché contiene i capolavori più rappresentativi del nostro Cinquecento.

“Un gesto di straordinario valore per la città – sottolinea il sindaco Sboarina –. Ringrazio la signora De Stefani, perché il suo gesto di mecenatismo non solo dimostra un alto senso civico, ma ci aiuta ad arricchire l’importante collezione del museo di Castelvecchio. Un dipinto di grande valore storico e culturale, che da oggi sarà visibile a tutti in una delle suggestive sale del museo. Ho chiesto alla direttrice Rossi di strutturare un percorso monografico che mostri ai veronesi i capolavori degli artisti a cui Verona ha dedicato ad eterna memoria vie e monumenti della città”.

Davanti all’opera di Badile la signora De Stefani con il Sindaco

“Un esempio importante di mecenatismo – dichiara l’assessore Briani –, che ricorda i periodi delle grandi donazioni artistiche. Con il generoso gesto della signora De Stefani, il quadro entra nelle collezioni civiche tra i documenti fondamentali per la ricostruzione della storia dell’arte cittadina al tempo di Veronese. Sarà esposto al pubblico nel percorso permanente della pinacoteca del Museo di Castelvecchio accanto alle opere di Veronese e Tintoretto, tra i protagonisti della stagione d’oro del Cinquecento veneto”.

Artista autorevole e poliedrico, Antonio Badile, scomparso a soli 42 anni nel 1560, ha guidato la bottega secolare di famiglia, attiva dal XIV al XVII secolo, nel passaggio artistico dal classicismo d’inizio Cinquecento ad una più colta e complessa tecnica pittorica, di cui l’allievo Veronese sarà uno dei massimi esponenti.
L’Autoritratto, firmato e datato 1552, è evidentemente ambientato nello studio del pittore. Dalla finestra posta alle sue spalle si apre una veduta su una piazza e un incrocio tra le vie del centro cittadino. In primo piano, appoggiati sul tavolo accanto al biglietto che Badile tiene nella mano destra, si vedono rappresentati i simboli che caratterizzano le diverse competenze dell’artista: il bulino, che si collega alla sua attività di incisore, in cui si era specializzato il padre Girolamo; le penne e il calamaio, a quella di disegnatore. Sempre sul tavolo è ben visibile l’album in primo piano dove Badile raccoglieva studi e testimonianze grafiche, anche dei suoi antenati o di ammirati colleghi. Nel Seicento il libro di disegni faceva parte della collezione veronese del conte Ludovico Moscardo, ma in seguito fu smembrato. I suoi fogli arricchiscono oggi le collezioni dei più prestigiosi musei del mondo.

Nella seconda metà del XVIII secolo, il dipinto si trovava a Bologna nella principesca collezione del marchese Filippo Ercolani. Nel secolo successivo giunse in Inghilterra, dove è documentato in varie raccolte private, tra le quali quella di Robert Stayner Holford a Dorchester House (Londra). Messo all’asta a Sotheby’s nel 1969, tornò in una collezione privata veronese e nel 1988 fu esposto a Castelvecchio alla mostra dedicata a Paolo Veronese. Oggi, con la donazione De Stefani, il quadro entra a far parte delle collezioni civiche veronesi.

Roberto Bolis (anche per le fotografie)

 

Sciallare e splendere nel 2019

La capacità di Federica Storace è quella di scrivere di ragazzi, imprimendoli sulla carta e facendoli uscire edulcorati al punto da poterli moltiplicare con le facce di tutti quei giovani e giovanissimi che ci troviamo attorno. Allo stesso tempo, sono i ragazzi a potersi identificare nelle storie di cui sono protagonisti personaggi/studenti che Storace vede o immagina con le caratteristiche degli studenti che conosce. In un caso o nell’altro, interessante avere tra le mani un libro adatto alla lettura scolastica, didattica, di gruppo classe; avere un libro da regalare a Natale, da proporre ai genitori perché sappiano “leggere” i propri figli e capire che i figli sono reali, veri, qualcosa di cui occuparsi. Davvero. Riconoscendo in loro un’identità e non soltanto alcuni tratti genetici parentali. La tecnica è la solita: proporre argomenti attraverso il storytelling, per suscitare riflessioni e dibattiti. Soprattutto nel nuovo libro della nostra, “Scialla e poi splendi”, la positività è padrona e sottolinea come dai problemi si può uscire, con un’iniezione di ottimismo non inutile nella società di oggi. Ai nostri ragazzi manca sempre più una proposta alternativa all’offerta superficiale tipica del presente. Lo stesso strumento “libro” è pedagogicamente innovativo, perché pensare di risolvere tutto con l’appiattimento dello schermo e del video, con i selfie e la mancanza tridimensionale della quale abbiamo tutti bisogno quotidiano, non è una risposta.

I bisogni non si semplificano con l’economia del loro costo, così come i sogni sono ben altro di quello che si può trovare spiegato in qualsiasi buon dizionario della Lingua Italiana. Interpretare i ragazzi e comprenderli necessita di un osservatorio privilegiato, come quello della scuola, in cui approdano disperanti bisogni di affetto, di attenzione, di considerazione che, in effetti, è difficile sintetizzare o anche solo riassumere in un volumetto di poco più di cento pagine. Federica offre sempre un trampolino, in cui trovare uno spazietto di protagonismo da utilizzare per crescere e cercare, così, di capire quel panorama infinito di giovani che, anche se “razza in via di estinzione”, date le basse natalità, sono lo spavento del tempo, l’innovazione incomprensibile perché non si capisce nemmeno lei stessa, l’incognita della nascita di ciò che è nuovo e per questo tenuto alla lontana, come il salto nel vuoto che affascina e terrorizza. Ancora una volta i giovani, i ragazzini soprattutto, fanno paura ma solo perché rappresentano la società contemporanea che ha abdicato alla sua funzione, che non riesce più a programmarsi e a lasciare qualcosa di diverso dall’essere immediato, tipo il messaggio sgrammaticato senza filtri che tutti ormai scrivono. A forza di demonizzare il primo della classe, scialliamo tutti, ma speriamo anche di splendere. Almeno leggendo il bel libro di Storace.

Federica Storace: “Scialla e poi splendi”, Pedrazzi Editore, 2019

 

Alessia Biasiolo

 

Millennials e Cultura nell’era digitale

Lunedì 28 ottobre 2019 alle ore 18.00 presso le Gallerie di Piazza Scala a Milano, l’Associazione Civita presenta il suo undicesimo Rapporto, dal titolo Millennials e Cultura nell’era digitale. Consumi e progettualità culturale tra presente e futuro, volto a contribuire alla conoscenza delle giovani generazioni per favorire il loro coinvolgimento attivo nel mondo della Cultura, migliorando così la loro vita e costruendo una società più attiva e consapevole.

L’evento di presentazione, che segue il lancio nazionale del Rapporto tenutosi a Roma lo scorso 4 aprile e, più di recente, a Palermo, il 10 ottobre 2019, propone un confronto costruttivo e dinamico fra esperti e giovani testimonial di esperienze innovative di successo in ambito professionale e creativo.

I giovani nati fra la metà degli anni Ottanta ed i primi del Duemila – appartenenti alle categorie dei cosiddetti Millennials e dei Centennialsrappresentano una risorsa-chiave per il futuro del nostro Paese, sia sotto il profilo della fruizione culturale che della produzione creativa. Sebbene oggi si parli spesso di “Generazioni Y e Z” o “nativi digitali”, le loro caratteristiche in termini di abitudini e stili di vita sono, di fatto, sconosciute ai decisori pubblici – al contrario di quanto avviene per le imprese che considerano i giovani target di mercato centrali e oggetto di mirate campagne di marketing – limitando, così, l’efficacia delle politiche a loro destinate ed escludendoli da una significativa quota di offerta culturale e artistica.

Chi sono questi giovani? Quali valori dominano la loro esistenza? Qual è il ruolo della Cultura nella loro vita? Questi alcuni degli interrogativi che l’Associazione Civita si è posta e a cui il volume, edito da Marsilio Editore, risponde offrendo un’analisi approfondita sul mondo giovanile da cui emergono gusti, aspirazioni, attitudini di consumo culturale, propensione alla produzione creativa ed ambiti di criticità: un bagaglio informativo mirato, utile agli operatori culturali e, più in generale, alle agenzie formative per ottimizzare le strategie di audience development a favore dei giovani, rendendole inclusive e massimizzandone gli impatti. Le giovani generazioni, oggi utenti potenziali, rappresentano, in realtà, il grande bacino dei consumatori e produttori di Cultura di domani.

Al centro del Rapporto la ricerca condotta dal Centro Studi “Gianfranco Imperatori” dell’Associazione Civita, in collaborazione con Baba Consulting, finalizzata a rilevare le modalità con cui le generazioni Y (18-32) e Z (15-17), in Italia, si rapportano con la Cultura oltre che a delinearne un quadro di autorappresentazione attraverso valori, aspettative ed interessi.
Sulla base di specifiche caratteristiche distintive emergono quattro gruppi (cluster) per i quali la Cultura ha diverse accezioni: di stampo conservativo-tradizionalista (“Custodi”), come esplorazione di proposte originali (“Artefici”), risorsa per la propria affermazione sociale e potenziale leva di crescita (“Cercatori”), complesso di conoscenze aperto e dinamico in equilibrio fra tradizione e sperimentazione innovativa (“Funamboli”). Ripensare e rendere coinvolgente l’esperienza culturale dei suddetti target risulta, quindi, fondamentale ed è per questo che l’indagine si chiude sul “che fare”, presentando spunti e proposte per avvicinare e far interagire in misura maggiore giovani e mondo culturale.

Il Rapporto presenta, inoltre, contributi di esperti sulle quattro dimensioni-chiave nell’interazione fra giovani e Cultura: consumo, produzione creativa, progettualità giovanile e audience development. Se, da un lato, le nuove generazioni costituiscono una significativa quota dell’audience – o del “non pubblico” – su cui le politiche culturali dovrebbero orientarsi, dall’altro rappresentano, anche grazie alle potenzialità della rete, i “generatori” di progettualità innovativa che necessita di essere declinata in una progettualità culturale sostenibile e con mercati di sbocco.

L’incontro – moderato da Federico Sarica, Direttore di Rivista Studio – sarà, inoltre, occasione per presentare le proposte di Civita rivolte ad operatori e policy makers per la costruzione di un’offerta culturale inclusiva e stimolante. Un’azione quanto mai necessaria per ribadire con forza l’importanza di investire oggi nell’avvicinare i giovani al mondo culturale ed artistico, non solo per garantire loro una migliore qualità della vita, generando preziose opportunità a livello personale e professionale, ma anche per rendere la società di domani più coesa e strutturata per affrontare le sfide future.

PROGRAMMA

SALUTI

Michele Coppola Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo

MODERA

Federico Sarica Direttore Rivista Studio

LA RICERCA DI CIVITA

Alfredo Valeri Responsabile Attività di Ricerca, Centro Studi Associazione Civita

PROGETTUALITÀ CULTURALE FRA INNOVAZIONE E CREATIVITÀ

Jacopo Mele Digital Life Coach, YourDIGITAL

Lorenzo Maternini Country Manager Italia & VP Corporate Relationship Talent Garden

Giulia Capodieci Coordinamento Comunicazione BASE Milano

Giulia Restifo Founder That’s Contemporary

Martina Valera Responsabile Nazionale Progetti Culturit Network

MILLENNIALS SOTTO LA LENTE

Guido de Vecchi Direttore Generale Innovation Center Intesa Sanpaolo

Giulia Ceriani Presidente Baba consulting, Prof. Pubblicità e strategie di comunicazione integrata

Laura Bartolini Presidente e Education Strategist Logotel

CONCLUSIONI

Nicola Maccanico Segretario Generale Associazione Civita

 

Gallerie d’Italia – Milano, Piazza della Scala 6

 

Rachele Mannocchi

 

La meccanica della vita a Palazzo Farnese

 

Nell’ambito dei “Dialoghi del Farnese”, nuovo appuntamento del ciclo MONDO MACCHINA MONDO VIVENTE. Omaggio a Leonardo, inserito nell’ambito dei “Dialoghi del Farnese”, incontri italo-francesi organizzati dall’Ambasciata di Francia in Italia e Institut français per la divulgazione culturale, storica e scientifica di argomenti legati al genio vinciano nella sua influenza sul progresso contemporaneo: lunedì 28 ottobre alle ore 18:30 nel Salone d’Ercole di Palazzo Farnese, si parlerà della Meccanica della Vita in un incontro sui rapporti tra vivente e macchina, vita animale e automazione, divenuti sempre più oggetto di studio in settori disciplinari che spaziano dalla fisica alla robotica, fino all’arte in tutti i suoi molteplici linguaggi.

L’applicazione delle metodologie della scienza ai comportamenti dei sistemi biologici ha, con l’apporto delle nuove tecnologie, ampliato considerevolmente la conoscenza dei meccanismi fondamentali del vivente. In un proficuo e costante gioco di trasposizione dei concetti e degli strumenti, specialisti dei vari campi del sapere indagheranno questo compenetrarsi dei due mondi che si arricchiscono a vicenda e portano a invenzioni e nuovi modi di rappresentazione. A dibattere sull’argomento saranno infatti l’artista Nicolas Darrot, i fisici Irene Giardina e Jean-François Joanny e la biorobotica Barbara Mazzolai. A moderare gli interventi sarà il giornalista Gabriele Beccaria.

L’ingresso è riservato alle persone prenotate.

 

Elisabetta Castiglioni

 

Fino al 31 ottobre in mostra a Villa Rufolo opere recuperate dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale

Fondazione Ravello nasce anche per dimostrare che i Beni Culturali possono essere tutelati senza sacrificare la loro valorizzazione, e viceversa. Dodici anni di gestione del Complesso Monumentale sono la prova che centrare l’obiettivo è possibile.

L’azione di Tutela svolta dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale”, del quale ricorre quest’anno il 50° anniversario della costituzione, ha fatto in modo che al valore intrinseco degli oggetti recuperati e restituiti alla pubblica fruizione, si aggiungesse il valore della “storia” felice da poter raccontare; l’ulteriore evoluzione è stata quella di “esporre le opere e raccontare la loro storia” in un luogo terzo, pure esso bene culturale. È nato così TUTELA + VALORIZZAZIONE = 3. Quando la realtà va ben oltre l’aritmetica.
Otto opere si sono alternate in coppia dall’11 maggio nella “Sala Parrilli” di Villa Rufolo, a Ravello, per essere gratuitamente ammirate dai visitatori del monumento. Una collaborazione Fondazione Ravello, Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, Soprintendenza ABAP Salerno, che la Direzione di Villa Rufolo ha coordinato nell’ambito dell’accordo di gestione di Villa Rufolo fra la Fondazione stessa e i proprietari del Complesso monumentale, EPT Salerno e MIBAC.

L’ultima coppia di opere in mostra fino al 31 ottobre sono due grandi opere ceramiche di origine greca.

La mostra troverà sintesi e amplificazione nella realizzazione di un innovativo video interattivo con approfondimenti sulle opere (schede informative, audio integrativi e link esterni) e informazioni aggiuntive sull’evento e sulle location.
Per info: www.villarufolo.com.

 

 

A Ferrara parte la prima Scuola di cinema della regione intitolata a Florestano Vancini

È intitolata al regista e sceneggiatore ferrarese Florestano Vancini la Scuola d’arte cinematografica che ha aperto quest’anno la propria sede a Ferrara. L’attività della  prima scuola di cinema della regione Emilia-Romagna è stata illustrata nella residenza municipale.

“La scuola di cinema Florestano Vancini – ha detto il sindaco Alan Fabbri – premia l’operato di un giovane che ha sempre creduto nel suo progetto e che, grazie a tanto impegno e sacrifici, è riuscito a realizzare i suoi propositi. Ora così Ferrara ha la prima e unica Scuola di cinema della regione Emilia-Romagna. Il cinema è un riferimento importante per la città e il territorio e abbiamo in serbo un progetto da mettere in campo per i prossimi cinque anni, con l’obiettivo di dare riconoscimento agli artisti che hanno dato molto a Ferrara. Grazie a questa scuola la città si trova per una volta ad accogliere l’arte anche attraverso la formazione”.

L’assessore alla Cultura Marco Gulinelli ha poi parlato dell’importanza di un’iniziativa che di fatto mette in campo “una fabbrica di sogni” che consentirà “agli allievi che entrano in questa scuola di imparare l’arte cinematografica in tutte le sfaccettature”.

L’ideatore e fondatore della scuola è l’attore Stefano Muroni, che ha sottolineato: “A diciotto anni io sono dovuto scappare da Ferrara e sono andato a Roma perché volevo fare cinema. Stando lì ho capito però le grande potenzialità che ci sono a Ferrara. È qui che è nato il neorealismo e il territorio è pieno di cultura cinematografica. L’idea della scuola mi è venuta per non fare scappare i ferraresi e gli emiliani. In realtà per le selezioni sono venuti da tutt’Italia e tra un centinaio di aspiranti allievi sono entrati in 31, che si occuperanno di regia, recitazione, sceneggiatura. Per noi questa è una giornata storica”.

Il direttore artistico Alessio Di Clemente ha ricordato che le attività scolastiche sono partire lunedì 14 ottobre, mentre l’inaugurazione ufficiale con assessori comunali e con il sindaco Alan Fabbri verrà fatta mercoledì 30 ottobre 2019 alle 16.30 nella sede all’interno di Factory Grisù (via Poledrelli 21, Ferrara). “I nostri allievi – ha detto Di Clemente – entrano in una scuola che immediatamente instrada e indirizza al lavoro. L’assessore ha parlato di una fabbrica di sogni e in questo caso si tratta di una fabbrica che fornisce strumenti concreti per realizzarli, i sogni”.

La Scuola d’arte cinematografica Florestano Vancini, patrocinata dal Comune di Ferrara, sarà la prima scuola d’arte cinematografica dell’Emilia Romagna, e partirà ad ottobre nella città di Ferrara.

È stata strutturata ispirandosi alle grandi scuole nazionali del cinema d’Europa: tre anni di studio, da ottobre a giugno, tutti i giorni dal lunedì al venerdì, con 25 docenti a disposizione, tre classi (regia, sceneggiatura e recitazione) le quali, dopo un’attenta selezione, saranno costituite da massimo 10 allievi (regia), massimo 10 allievi (sceneggiatura), massimo 20 allievi (recitazione). Gli allievi devo avere tra i 19 e i 26 anni per il corso di recitazione e tra i 19 e i 30 per i corsi di regia e sceneggiatura.
La vocazione principale della scuola è il cinema, ma nei tre corsi si affronterà anche lo studio del linguaggio televisivo, documentaristico e per il web. Tutti gli allievi approfondiranno, inoltre, anche materie indispensabili come: fotografia, montaggio, produzione, costume e scenografia, musica e pittura.
Ha sede a Ferrara, all’interno della Factory Grisù, uno spazio di oltre quattromila metri quadri dedicati alla creatività in tutte le sue forme.
Venti imprese unite da un progetto di rigenerazione urbana per il recupero dell’ex caserma dei Vigili del Fuoco di Ferrara, un edificio storico sottratto al degrado e trasformato in hub culturale.

La scuola è promossa dalla società di produzione cinematografica Controluce Produzione Srl di Stefano Muroni e Valeria Luzi, presentata alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia assieme alla Regione Emilia Romagna.

L’unicità della scuola consiste nell’insegnare a tutti gli allievi come realizzare le proprie idee, cominciando dalla ricerca fondi fino ad arrivare alla produzione sostenibile seguita dalla distribuzione e vendita televisiva.
La Florestano Vancini lega così la formazione alla professione, la scuola al lavoro.

Il corpo docenti è composto da importanti professionisti del cinema italiano. David di Donatello, Nastri d’Argento, docenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, insegnanti che si sono formati nelle maggiori scuole del mondo come l’Actor Studio di New York, fanno della Florestano Vancini una scuola di cinema di altissima qualità.

Nel corso del triennio saranno numerose le grandi opportunità che la scuola offrirà all’allievo.

Verrà coinvolto in manifestazioni internazionali per produrre video legati all’evento, come per la Tenda Summer School, campus mondiale che si tiene ogni agosto nella Delizia Estense Villa La Mensa, nel basso ferrarese, in cui sono coinvolte scuole di teatro e di cinema di tutto il mondo.

Al terzo anno due ragazzi per ogni corso parteciperanno a scambi culturali in scuole di cinema d’Europa, dove potranno venire in contatto con diverse pedagogie e nuovi modi di intendere il cinema.

Ogni anno sei ragazzi (due per ogni corso) parteciperanno in qualità di giurati alle prestigiose MasterClass del Giffoni Experience, il festival di cinema per ragazzi più importante del mondo, dichiarato “il più necessario” secondo il grande regista francese Francois Truffaut.

Un’altra grande opportunità sarà legata al lavoro di diploma: dei dieci corti realizzati, quello più significativo, scelto dal corpo docenti in accordo col direttore artistico, verrà distribuito nei festival di tutto il mondo dalla prestigiosa società di distribuzione festivaliera Premiere Film, la quale nel 2017 ha portato un corto agli Oscar.

Un modo concreto di legare la formazione ai primi passi nel mondo del professionismo.

Alessandro Zangara (anche per la fotografia)

 

Cile, Amnesty International ricorda al presidente Piñera i suoi obblighi in materia di diritti umani

In una lettera aperta inviata al presidente Sebastián Piñera, Amnesty International ha ricordato alle autorità del Cile i suoi obblighi in materia di diritti umani e le ha invitate ad ascoltare le richieste della popolazione e ad attuare misure concrete per darvi seguito.
Durante lo stato d’emergenza sono morte 11 persone, 37 sono state ferite a colpi d’arma da fuoco e oltre 1330 sono state arrestate.
“Invece di paragonare le manifestazioni a uno ‘stato di guerra’ e di definire coloro che protestano nemici dello stato, aumentando così il rischio che subiscano violazioni dei diritti umani, il governo del presidente Piñera dovrebbe ascoltare e prendere seriamente in considerazione le ragioni del malcontento”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
“Criminalizzare le proteste non è la risposta. Se le autorità cilene devono prendere misure per prevenire ed evitare azioni violente, in nessuna maniera queste azioni possono essere usate come pretesto per limitare i diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica o per fare uso eccessivo della forza. La popolazione ha tutto il diritto e molte ragioni per protestare”, ha commentato Guevara-Rosas.
Amnesty International ha aperto i seguenti canali dove potranno essere inviate prove di possibili violazioni dei diritti umani: Whatsapp +52 55 62170608, e-mail: crisiamerica@amnesty.org e Twitter #EvidenciaCrisisChile.
“Il popolo cileno non è solo. Stiamo monitorando la reazione delle autorità alle proteste e i nostri analisti digitali stanno esaminando i materiali audiovisivi che possano fornire prove solide dell’uso eccessivo della forza e di altre violazioni dei diritti umani”, ha aggiunto Guevara-Rosas.
Le autorità cilene hanno l’obbligo di indagare in modo approfondito, rapido e imparziale su tutte le denunce di uso eccessivo della forza, arresti arbitrari, maltrattamenti e torture e su ogni ulteriore violazione dei diritti umani commessa durante lo stato d’emergenza, così come investigare sulle circostanze e sulle responsabilità nei casi in cui persone hanno perso la vita.

Amnesty International Italia