I più fervidi auguri per un sereno 2016!
Archivio mensile:dicembre 2015
Oblivion: The Human Jukebox evento di Capodanno a Brescia
Cinque contro tutti. Un articolato mangianastri umano che mastica tutta la musica mai scritta e la digerisce in diretta in modi mai sentiti prima. Questo è OBLIVION: THE HUMAN JUKEBOX in scena stasera a Brescia, al Teatro Sociale (Via Felice Cavallotti, 20) dalle ore 21.30.
Alla perversa creatività dei cinque cialtroni più irriverenti del teatro e della Rete (gli Oblivion sono Grazia Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda, Fabio Vagnarelli) si aggiunge, questa volta, quella del loro pubblico che contribuirà a creare il menù della serata suggerendo gli ingredienti della pozione.
Un flusso di note e ritmi infinito che prenderà vita davanti agli occhi attoniti degli spettatori, per una esperienza folle e mai ripetibile.
Dal Trio Lescano ai rapper, da Ligabue ai Beatles, da Morandi ai Queen, tutte le canzoni senza farne nessuna!
THE HUMAN JUKEBOX è la playlist che non hai mai avuto il coraggio di fare, è uno Spotify vivente che provoca scene di panico, isteria collettiva, ma soprattutto interminabili richieste di bis!
La consulenza registica è di un grande nome del teatro italiano: Giorgio Gallione; i testi di Davide Calabrese e Lorenzo Scuda che ha curato anche le musiche.
Dopo lo spettacolo seguirà un brindisi di augurio per l’arrivo del nuovo anno.
Silvia Vittoriano
Intervista a Tamás Vásáry
Tamás Vásáry, artista completo e grande direttore incontrato a Budapest, racconta con semplicità, in un italiano quasi perfetto, le esperienze che l’hanno condotto dal pianoforte ad un successo significativo in molti paesi fra cui l’Italia, dove è stimato sia come pianista che come direttore.
Lei si sente più solista o direttore? E la musica ha sempre fatto parte della sua vita?
A cinque anni ho ascoltato alla radio il famoso minuetto di Boccherini. Avevamo un pianoforte, ho provato a suonarlo, dopo averlo ascoltato due o tre volte alla radio, davanti alla professoressa di mia sorella. La professoressa mi domandò: “Sai leggere la musica?”. Ho risposto di no. Così lei iniziò a darmi lezioni.
A otto anni ho tenuto il mio primo concerto in conservatorio in cui, fra l’altro, veniva eseguita anche la serenata KV 525 Eine Kleine Nachtmusik. Così ho incontrato l’orchestra ed ho deciso di diventare anche un direttore. Ma in Ungheria fare il direttore d’orchestra era molto difficile perché esistevano soltanto due orchestre.
Ma cosa è accaduto nella sua vita poco prima della rivolta ungherese che le ha consentito di proseguire nella sua attività?
Studiavo pianoforte e quando ci fu la rivoluzione in Ungheria mio padre era un politico avverso ai comunisti. Venne messo in prigione dopo la rivoluzione. In quel periodo vinsi il concorso internazionale Regina Elisabetta e in seguito fui invitato per un concerto con la Wiener Symphoniker Orchestra e così lasciai il mio Paese grazie a un passaporto ufficiale perché invitato in Belgio. Proprio la Regina fece in modo che mio padre e mia madre venissero liberati, così i miei cari lasciarono l’Ungheria in due giorni.
Quindi l’arte musicale in quel momento ha acquistato anche un potere politico?
Assolutamente sì! Quel periodo fu molto duro e difficile, dal momento che, al di fuori del mio Paese, ero conosciuto solo in Belgio. Io e la mia famiglia vivevamo in esilio. Un giorno la Deutsche Gramomphon mi offrì un’incisione che ebbe un grandissimo successo specialmente in Inghilterra. In seguito ho continuato a incidere per la stessa casa e nel 1960-61 ho debuttato a Londra al Royal Festival Hall con la Royal Philarmonic Orchestra interpretando il primo concerto di Chaicovski e quello di Listz.
Che differenza ha notato fra le orchestre ungheresi e quelle del resto d’Europa?
La differenza riguardava soprattutto la qualità degli strumenti. Mentre gli archi erano migliori in Ungheria, i fiati lo erano in Inghilterra e in America.
Quali sono stati i più grandi direttori con cui ha svolto il suo percorso pianistico?
Ferenc Fricsay, Ernest Ansermet, Georg Solti, Antal Dorati, Claudio Abado, André Cluytens, Rudolf Kempff, grandissimo direttore. Dal 1961 in poi ho iniziato a dare circa 100-120 concerti l’anno. Ma volevo dirigere. E nel 1969 ho diretto per la prima volta la Lizt Ferenc Orchestra di Budapest al Festival di Mantova. Successivamente ho iniziato a dirigere tutte le più grandi orchestre del mondo. Ne ho dirette circa 120.
A proposito, qual è stata l’orchestra che maggiormente l’ha impressionata?
Difficile dirlo, ma ho trovato una bella orchestra a Torino. Un giorno sono arrivato per provare con il quintetto d’archi per una prova d’assieme. Il primo violoncello e il primo contrabbasso hanno suonato con me le parti orchestrali e guardando le partiture conoscevamo bene la musica prima della prima prova. Tutte le prove sono andate bene, per me è stata un’idea fantastica!
Quando riesce a comprendere fino in fondo la partitura?
Quando preparo una partitura preferisco fare passeggiate in un bosco e camminando riesco a capire l’analisi formale e armonica. Cosa che raccomanderei a tutti i direttori. Se ho interiorizzato la partitura posso controllare meglio tutti i musicisti. Ci sono due tipi di direttori: uno che ha la testa nella partitura e l’altro che ha la partitura nella testa.
Ha un aneddoto simpatico accaduto con gli orchestrali?
Una volta dovevo dirigere la Filarmonica di Berlino, quando Karajan per un incidente non aveva potuto continuare la sua incisione con questa orchestra, perché ammalato e mi ha chiesto di preparare l’incisione di due concerti mozartiani da un giorno all’altro. Ero sicuro della parte orchestrale. La casa discografica Deutsche Grammophon mi ha chiesto di preparare l’Incoronazione di Mozart che avevo eseguito solo una volta e quindi non ero tanto sicuro della parte del pianoforte. Così abbiamo inciso questo concerto a Berlino, l’orchestra era molto simpatica, gentile, entusiasta.
Il giorno successivo abbiamo iniziato ad incidere la stessa opera e intanto mi chiedevo: “Come suonerò il pianoforte?”. Nel corso dell’incisione l’orchestra si comportava in modo, mi prendevano in giro per come parlavo, facevano della satira ed ho capito che non c’era l’intesa come il giorno precedente. Ho così domandato a mia moglie: “Forse c’è un intrigo contro di me”. E mia moglie mi ha detto: “Chi è differente sei tu”. Io ho risposto che l’unica cosa differente era che avevo paura del pianoforte. E mia moglie mi ha detto: “Non pensare più a questo: è più importante avere un buon contatto con l’orchestra, dimenticati dei problemi con il pianoforte, prova a suonare tranquillamente”. Così ho continuato senza concentrarmi e senza avere paura del pianoforte; era importante che l’orchestra fosse contenta della mia direzione. Entrati in scena ho potuto verificare la sensibilità di un’orchestra come i Berliner. Difatti l’orchestra percepisce anche il solo pensiero del direttore ed agisce di conseguenza. Questo è stato un grande insegnamento per me nella mia vita.
Com’è la vita musicale in Ungheria oggi?
Come sempre molto intensa. A Budapest, che è una piccola capitale, non paragonabile ad altre grandi come Londra, Roma o New York, ci sono cinque grandi orchestre sinfoniche, quella della Radio, da me diretta, dello Stato (oggi Filarmonica Nazionale), del Festival, dell’Opera e infine quella di Matav, sponsorizzata dalla compagnia telefonica.
Purtroppo lo Stato aiuta molto meno la nostra orchestra rispetto all’orchestra nazionale, perché il Ministero della Cultura ha un budget per sostenere tutte le istituzioni che portano il nome “nazionale”. Questi musicisti vengono retribuiti con un salario quattro volte superiore al nostro ed ho deciso che l’anno prossimo offrirò una donazione per il mio ensemble.
So che spesso viene in Italia: come sono state le sue esperienze?
Ho avuto molti contatti con l’orchestra da camera di Santa Cecilia ed anche con quella della Radio di Torino. Per la RAI ho inciso in video con Uto Ughi tutte le sonate di Beethoven per violino e pianoforte ed è stata una cosa molto bella.
Bruno Bertucci
“Un castello nel cuore” per scoprire santa Teresa d’Avila
Riproposto a Brescia a grande richiesta, lo spettacolo “Teresa d’Avila” di Michele Di Martino con la consulenza dei Carmelitani Scalzi Antonio M. Sicari e Fabio Silvestri, per la regia di Maurizio Panici, è un progetto teatrale di estremo valore tecnico e artistico, che dopo 30 repliche in diverse città d’Italia, ha concluso la tournée a Brescia dove già era stato proposto all’inizio del suo percorso.
Il progetto nasce dalla collaborazione del Movimento Ecclesiale Carmelitano, la Provincia Veneta dell’Ordine Carmelitano, la cooperativa Argot produzioni in collaborazione con il CTB Centro Teatrale Bresciano.
Sul palco, Pamela Villoresi, attrice di livello internazionale nel campo teatrale e cinematografico, in un allestimento ricco di suggestioni, che ci conduce alla scoperta di una delle figure femminili più significative della Storia della Chiesa, Teresa d’Avila. “Un castello nel cuore” racconta la vita di Teresa, sviluppata nell’interno delle sette dimore del Castello interiore, l’opera capolavoro scritta dalla Santa. Lo spettacolo conduce all’essenza della bellezza e della grazia, attraverso un percorso profondamente umano che viene ben rappresentato, non lasciando intravvedere di Teresa solo gli aspetti ascetici e santi, ma anche e forse soprattutto quelli umani.
Una donna alla ricerca di una profondità d’essere che, nella splendida Avila, ma anche travalicandone le sue mura come quelle del convento stesso che la ospitava, sa essere moderna anche oggi e parlarci con una chiarezza di vedute e una modernità intrisa della sua umanità profonda e profondamente vicina a Dio, che ancora oggi ha molto da insegnare. Uno spettacolo seguito con estrema concentrazione da un pubblico folto e attento, inframmezzato da tanti e tanti Carmelitani Scalzi. Davvero un bel vedere in teatro! Spesso, infatti, i frati si incontrano raramente per strada e a volte di fretta in qualche chiesa o monastero, mentre la loro presenza dà un significato diverso all’esistenza, più vero, più semplice, più certo: trasmettono serenità e certezza di cui molto ha bisogno la vita di tutti, indipendentemente dal credo di ciascuno. Teresa d’Avila ha lasciato un insegnamento sul quale riflettere anche oggi e l’interesse dimostrato per lo spettacolo lo dimostra. C’è bisogno di interessi spirituali più alti, di riflessioni filosofiche più speculative e meno legate all’interesse del momento e questo modo per riflettere è davvero interessante. Belle le musiche originali di Luciano Vavolo e originale l’impianto scenico di Carlo Bernardini.
Alessia Biasiolo
Buon Natale!
A tutti i lettori, i più sinceri auguri di lieto Natale!
Nuove piste aperte ad Alleghe e Arabba
Grazie al lieve abbassamento delle temperature degli ultimi giorni gli snowmaker sono tornati al lavoro in tutto il territorio di Dolomiti Stars. Per gli sciatori questo si traduce in un considerevole aumento dei chilometri di piste percorribili sci ai piedi.
Nella stazione sciistica di Alleghe, sabato scorso sono entrate in funzione la seggiovia quadriposto Pelmo e le piste Baldi e Lavadoi in aggiunta alla pista Coldai e ai campi scuola Baby e Mariaz. Si è potuto quindi sciare su un totale di 10 km di piste coperte da oltre 50 centimetri di neve compatta di altissima qualità. Nel comprensorio di Arabba, sabato 12 dicembre è stata aperta la seggiovia Saletei con pista mentre domenica 13 dicembre le seggiovie Alpenrose e Carpazza, entrambe con pista, oltre all’attesissimo collegamento con il Sellaronda, il giro sciistico di 42 km attorno al Gruppo Sella, ritenuto fra i più belli e spettacolari del mondo. Sono invece già regolarmente funzionanti la seggiovia Campolongo – Bec de Roces con la pista Campolongo, la seggiovia Burz con le piste Avoie e Rientro, la seggiovia Le Pale con la pista Bec De Roces, la seggiovia Cherz 2 con pista, la seggiovia Cherz 1 con pista, la seggiovia Lezuo con la pista Belvedere 1, la funivia Arabba Portavescovo e la funivia Arabba – rif. Luigi Gorza con le piste Ornella e Sourasass oltre alla seggiovia Vizza con pista.
Nella ski area San Pellegrino, infine, resta sempre attivo il collegamento sci ai piedi tra Falcade e Passo San Pellegrino e la neve prodotta durante quest’ultima settimana ha reso le piste ancora più belle. Ricordiamo quindi che sono aperte la seggiovia Costabella con pista, la seggiovia Gigante con pista, la sciovia Chiesetta con pista, la seggiovia del Passo con pista, la funivia Col Margherita con pista, la seggiovia Lago Cavia-Col Margherita con pista, la seggiovia Lago Cavia-Laresei con pista, la seggiovia Le Buse-Laresei con la pista Plateau, la nuova cabinovia Falcade-Le Buse e la sciovia campo scuola le Buse con pista.
Largo Peter Benenson a Roma
Il 10 dicembre, in occasione del 67° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani e nell’anno della celebrazione del 40° anniversario di Amnesty International Italia, è stato inaugurato a Roma “Largo Peter Benenson – Fondatore di Amnesty International (1921-2005)”, sito nello spazio antistante la sala consiliare del Municipio RM IX Eur. “Aprite il vostro quotidiano un qualsiasi giorno della settimana e troverete la notizia di qualcuno, da qualche parte del mondo, che è stato imprigionato, torturato o ucciso poiché le sue opinioni e la sua religione sono inaccettabili per il suo governo. Ci sono milioni di persone in prigione in queste condizioni, sempre in aumento. Il lettore del quotidiano percepisce un fastidioso senso d’impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto ovunque nel mondo potessero essere uniti in un’azione comune, qualcosa di efficace potrebbe essere fatto” scrisse l’avvocato inglese Peter Benenson nell’articolo “I prigionieri dimenticati” pubblicato il 28 maggio 1961 in prima pagina sul quotidiano The Observer, dopo aver appreso la notizia che due studenti portoghesi erano stati condannati a sette anni di carcere per aver brindato alla libertà nel Portogallo di Salazar. Nacque così Amnesty International. Da allora, le attiviste e gli attivisti dell’organizzazione, insieme a tutti coloro che la sostengono, hanno cambiato la vita di migliaia di persone, liberato oltre 50.000 prigionieri di coscienza, ridando loro libertà e speranza. “Se davvero si trattasse unicamente di ‘celebrare’ – di fronte al numero e alla gravità delle violazioni dei diritti umani di cui siamo testimoni oggi – forse non avrebbe senso farlo. Ma in realtà, della Dichiarazione universale si tratta, da un lato, di riconoscere l’enorme importanza storica. É soltanto con la sua approvazione infatti, il 10 dicembre del 1948, che gli stati hanno per la prima volta accettato limiti relativi al trattamento delle persone soggette al loro potere di governo. Ed è per questo motivo, perché i diritti umani così come li conosciamo prima di quel giorno non esistevano neppure sulla carta, che la Dichiarazione è un documento di carattere rivoluzionario” ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia. “Dall’altro lato, si tratta di impegnarsi, anche e soprattutto nei momenti di difficoltà, per realizzare in concreto la visione del mondo che la Dichiarazione incarna: la visione di un mondo più giusto, più libero, meno violento, alla cui costruzione graduale Amnesty International, passo dopo passo e senza scoraggiarsi, continua e continuerà a lavorare”. Ogni anno in occasione del 10 dicembre, Amnesty International promuove una maratona globale di raccolta firme in favore di persone che in diverse parti del mondo subiscono violazioni dei diritti umani.
Amnesty International Italia
Si amplia l’offerta sciistica della Ski area Alpe Lusia/San Pellegrino
Durante lo scorso fine settimana, nella ski area Alpe Lusia/San Pellegrino è stata aperta anche la pista Zirmes, tra le più belle e soleggiate dell’intero comprensorio a cavallo fra Trentino e Veneto.
Un tracciato lungo circa 3 chilometri, piuttosto largo, con numerosi cambi di pendenza e una splendida vista sulle Pale di San Martino. Ideale sia per chi vuole migliorare la propria tecnica sciistica, sia per gli sciatori più esperti che vogliono godersi una discesa tutta d’un fiato.
Restano, poi, sempre attivi i collegamenti sci ai piedi tra Alpe Lusia e Bellamonte e tra Passo San Pellegrino e Falcade.
Il vino e la salute cardiologica e mentale – 2
Gli effetti benefici del vino trovano riscontro in base agli studi sempre più approfonditi sul microbiota intestinale umano, cioè attraverso lo studio dei batteri che risiedono nell’intestino. Il microbiota è ormai riconosciuto come un importantissimo regolatore della salute umana e si compone di migliaia di differenti specie microbiche. Questi microbi sono positivi e negativi i piccoli microbi derivati dalla catena corta degli acidi grassi e da acidi fenolici, altamente presenti nel vino, hanno effetti positivi ai fini dell’assunzione di energia e sul sistema immunitario, e quindi sullo sviluppo del cervello e delle funzioni cognitive. I due componenti alimentari, quali fibre vegetali e polifenoli, sono i capisaldi della dieta mediterranea. A compiere la metabolizzazione delle fibre, dei vegetali e dei polifenoli sono i microbi “buoni” che, alimentandosi della componente suddetta, finiscono per diventare più numerosi dei microbi “cattivi”, realizzando quindi uno stato di benessere. Questi studi evidenziano il potenziale del vino come modulatore del microbiota intestinale umano e la loro produzione metabolica, con forte potenziale di agire sulla fisiologia di accoglienza sistemica all’interno dell’intestino. Del resto, la nuova ricerca si orienta sempre più verso gli studi dei microbi intestinali, come fattore decisivo per il benessere.
Il prof. Urbini ha parlato di vino e, cosa a noi molto necessaria, di alcol, oltre che di assunzione di composti organici e inorganici per spiegare cosa fa bene e cosa fa male. Il nutrirsi ci fa assumere una vastità di composti chimici che non sono presenti nelle usuali vie metaboliche (xenobiotici) e che non sembrano avere nessuna funzione indispensabile. Gli xenobiotici comprendono farmaci e veleni, ma anche composti con attività salutistiche. Per questi componenti è la dose che definisce effetti positivi e negativi. Ciò che è tossico a una certa dose, diventa benefico a una dose più bassa. Un esempio è quello dell’alcol, che a dosi moderate è positivo contro malattie cardiovascolari, infiammatorie, degenerative e per le malattie mortali. Il vino continua a essere protettivo a dosi più alte rispetto a qualsiasi bevanda alcolica. Svariate sostanze che sono presenti nel vino, ma anche nella frutta e nella verdura, contribuiscono a un rapporto ottimale fra infiammazioni, che sono favorite da sostanze ossidanti, e antinfiammazioni. Soprattutto il vino, ma appunto anche frutta e verdura, forniscono grandi quantità di antiossidanti. Ma non sono questi alimenti che producono direttamente l’effetto benefico. Infatti, gli antiossidanti alimentari generano per autossidazione piccole quantità di ossidanti che però attivano la risposta antiossidante, che sostiene l’effetto antinfiammatorio. Insomma, da una reazione negativa ne nasce una positiva. La difesa è azionata da un piccolo danno, tanto per capire quanto è complessa la natura del corpo umano. L’alcol è il cigno nero, il veleno. La scienza rifiuta il proibizionismo perché ostacolerebbe la ottimale capacità del vino, a parte per l’alcol, di gestire lo stress senza incorrere in pericolosi eccessi di reazione. In pratica, un piccolo e anche meglio se falso, segnale di danno ci esercita a essere più resistenti.
Alcune ricerche in atto attestano che anche solo inspirando gli aromi dei polifenoli si impedisce l’atrofizzazione della parte del cervello che degenera nella grave malattia: infatti, i sommelier mostrano che quella parte del loro cervello, invece che atrofizzarsi, è più sviluppata della media umana.
Renato Hagman
Due operine in un atto di Nino Rota: torna a Roma l’opera da camera
Le opere da camera sono un genere di teatro musicale che ha avuto molto fortuna, ma a Roma da anni non se ne vedono più. Pone fine a questo stato di cose la stagione di concerti di Roma Sinfonietta presso l’Università di Roma “Tor Vergata” (nell’Auditorium “Ennio Morricone” della Macroarea di Lettere e Filosofia, via Columbia 1) che ne propone diverse. Mercoledì 16 dicembre alle 18.00 saranno rappresentate due opere in un atto di Nino Rota, La scuola di guida e Lo scoiattolo in gamba, su testi rispettivamente di Mario Soldati ed Eduardo De Filippo, dirette da Fabio Maestri, con la regia di Cesare Scarton.
La fama di Rota come compositore di musica per i film di Federico Fellini, Francis Ford Coppola, Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Mario Monicelli, Lina Wertmüller, René Clement e altri grandi registi ha messo in ombra le sue musiche per le sale da concerto e i teatri d’opera, a cui il compositore milanese si dedicò sempre con passione, riversandovi il meglio della propria inconfondibile vena musicale. La sua opera più celebre è Il cappello di paglia di Firenze, ma forse la durata ridotta dell’atto unico era ancor più nelle sue corde. In particolare Scuola di guida e Lo scoiattolo in gamba, due atti unici del 1959, sono tra le sue opere più felici, grazie anche alla collaborazione con due librettisti letteralmente straordinari come Mario Soldati per la prima opera ed Eduardo De Filippo per la seconda.
La scuola di guida è un “idillio musicale” commissionato da Giancarlo Menotti per il Festival dei Due Mondi di Spoleto, dove fu rappresentato nel 1959 con la regia di Franco Zeffirelli. Rota e Soldati erano amici da molti anni, avendo già lavorato insieme a vari film, e questo propiziò il felice risultato di questa brevissima opera. L’azione si svolge interamente all’interno di un’automobile con due soli personaggi, Lui e Lei.-Lui sta dando la prima lezione di guida a Lei, romantica signora che ha deciso di imparare a guidare esclusivamente per conoscere colui che le fa battere il cuore.-Lei non è affatto versata per la guida e per di più è preda dell’emozione, col risultato che va a urtare contro un albero, fortunatamente senza conseguenze… tranne che Lei finisce tra le braccia di Lui e avviene l’inevitabile bacio, che è stato definito “il più lungo bacio della storia dell’Opera”!
Lo scoiattolo in gamba è un atto unico in quattro quadri, rappresentato per la prima volta al Teatro La Fenice nel 1959 nell’ambito del Festival Internazionale di Musica di Venezia. Eduardo De Filippo, con cui Rota aveva già scritto la musica di alcuni film, è l’autore del libretto di questa “favola lirica”, che narra la storia di un piccolo scoiattolo senza denti, cui il re promette una dentiera a patto che gli prepari un grande banchetto, pena la morte. Ma allo scoiattolo finalmente crescono i denti e allora divora lui tutto il pranzo e se ne va, lasciando scornato il re.
Queste due operine possono sembrare moto semplici ma riflettono perfettamente lo stile di Rota, che amava dire: “Soltanto ciò che è naturale ha grazia, e la grazia è tutto. Il resto mi fa orrore”.
Fabio Maestri dirige l’Orchestra Roma Sinfonietta e il Gruppo vocale “Giovanni Francesco Anerio”. Gli interpreti della Scuola di guida sono Elisa Cenni e Roberto Jachini, cui nello Scoiattolo in gamba si aggiungono Luca Bruno, Dario Ciotoli e Paolo Pernazza. Regia e scene di Cesare Scarton.
Biglietti: E. 10,00 – Ridotti E. 8,00 – Studenti E. 4,00
Acquistabili anche all’Auditorium “E. Morricone” da un’ora prima dell’inizio del concerto
Mauro Mariani