La fortuna dei Primitivi.Tesori d’arte dalle collezioni italiane fra Sette e Ottocento

La seconda mostra accolta e organizzata dalla Galleria dell’Accademia nell’ambito di Firenze 2014. Un anno ad arte – l’ottava che apre al pubblico dal gennaio scorso – è dedicata ad un fenomeno storico culturale che ebbe luogo fra Sette e Ottocento in Italia, ovvero la nascita del collezionismo della produzione artistica dei cosiddetti “Primitivi”, mai portato fino ad oggi all’attenzione del pubblico più vasto.

La mostra coincide con i cinquanta anni dalla pubblicazione del libro di Giovanni Previtali “La fortuna dei Primitivi”, titolo che è stato non a caso ripreso anche per la mostra.

Il libro tracciava la storia della rinascita dell’interesse, anche collezionistico, verso quei pittori, i cosiddetti Primitivi, che, nello schema storiografico vasariano, avevano preceduto Michelangelo, Raffaello e i grandi maestri che Vasari considerava modelli insuperabili. Previtali, affrontando il fenomeno culturale, ne cercò le motivazioni ricordando una considerevole serie di collezionisti che riteneva esserne stati parte fondamentale.

Proprio a questi collezionisti e alle opere da loro raccolte è dedicata la mostra, da considerarsi forse la prima sulla storia del collezionismo. Si è assistito infatti, in tempi più e meno recenti, a mostre che hanno avuto ad oggetto la collezione di dinastie famose, i Medici, i Gonzaga, Bembo, il papa Borgia, ma mai mostre come questa che analizzassero singole collezioni allo scopo di spiegare un particolare indirizzo del collezionismo, quello, appunto, che dette vita al recupero dei Primitivi.

I collezionisti, circa quarantadue rappresentati in mostra da opere di alta qualità – compresi autentici capolavori riconosciuti – abbracciano un arco temporale abbastanza ristretto che va dalla metà del Settecento fino al primo ventennio circa dell’Ottocento, per una scelta scientifica ben precisa: il collezionismo di opere appartenenti alla tardo antichità cristiana, al Medioevo e al primo Rinascimento ebbe nell’epoca indagata carattere pionieristico. Successivamente, soprattutto a motivo delle requisizioni delle armate napoleoniche e delle Soppressioni di chiese e conventi da parte del governo napoleonico, che favorirono in maniera notevolissima la circolazione di opere sul mercato, il collezionismo assunse caratteri di quasi sistematicità contribuendo in maniera determinante alla costituzione delle collezioni dei principali Musei d’Europa.

E’ estremamente interessante infatti vedere i grandi musei anche sotto il profilo fondamentale dell’aggregazione dei loro nuclei collezionistici; è utile a dare radici storiche a tante affermazioni generiche che spesso si fanno sulla depredazione del nostro patrimonio da parte di altri paesi. Studi come quelli sottesi a questa mostra, servono a portare alla luce il fenomeno importantissimo della circolazione delle opere d’arte dagli Stati preunitari d’Italia, all’Europa e infine al mondo.

Le opere in mostra sono suddivise in piccole sezioni introdotte dall’effigie del collezionista al quale erano appartenute e l’allestimento, compatibilmente con gli spazi disponibili, è stato studiato per “simulare” la dimora, il luogo, nel quale i vari collezionisti conservavano queste loro opere. Oltre che sulla base degli studi compiuti e dunque su ciò che era noto dei collezionisti rappresentati in mostra, la loro scelta è stata fatta cercando di dare visibilità a tutte le aree d’Italia che ne furono teatro, da Roma che fu centro propulsore del fenomeno in esame, alla Toscana e varie altre aree dell’Italia centrale, al Veneto, Napoli, Modena – Parma.

Tra i collezionisti ricordiamo Agostino Mariotti, Sebastiano Ranghiasci, Tommaso Obizzi, Padre Raimondo Adami, Angiolo Maria Bandini, Alfonso Tacoli Canacci, Stefano Borgia, Sebastiano Zucchetti, Ottavio Gigli …. (ecc.), personaggi di varia estrazione sociale, spesso membri del clero, persone colte, eruditi, bibliofili che in molti casi furono anche in contatto fra loro influenzandosi a vicenda.

La mostra indaga dall’interno la costituzione delle loro raccolte attraverso una serie numerosa di ricerche d’archivio che hanno portato anche alla pubblicazione di profili biografici inediti quali quello di Tommaso Obizzi, del Padre Francesco Raimondo Adami, dell’Avvocato Don Agostino Mariotti. Di particolare curiosità sono anche le notizie date dal catalogo su quei personaggi, mercanti, restauratori, intermediari che aiutavano i collezionisti nell’acquisizione dei pezzi, figure dai contorni ancora molto sfumati che però tornano in più occasioni nei documenti aprendo e stimolando nuovi capitoli di studio.

“Tra gli artisti rappresentati figurano pittori, scultori e miniatori di Firenze e d’altri centri italiani quali il Maestro della Maddalena, Arnolfo di Cambio, Bernardo Daddi, Taddeo Gaddi, Nardo di Cione, Lippo Memmi, Vitale da Bologna, Ambrogio Lorenzetti, Pietro da Rimini, Matteo Giovannetti, il Beato Angelico, Attavante degli Attavanti, Andrea Mantegna, Cosmè Tura, Piermatteo d’Amelia e Giovanni Bellini. Ma altrettanto affascinante è l’aspetto meno immediatamente evidente della scelta di opere d’arte, una sorta di spessore storico che ognuna porta con sé, una bruma di notizie sepolte negli archivi, di fatti accaduti, di vite vissute, dalla quale prendono forma – perspicacemente plasmate da studi e ricerche – le identità poco conosciute o addirittura dimenticate dei raccoglitori che si adoperarono, con atteggiamento pionieristico, per salvare quelle remote testimonianze artistiche dalla distruzione o dall’abbandono” (Cristina Acidini).

I musei presso i quali le opere sono conservate sono in gran parte italiani, ma è presente anche il Museo Fesch di Ajaccio, ed altri numerosi musei d’Europa e americani nei quali per varie ragioni, illustrate nel catalogo, le opere sono confluite. I prestiti per oltre 130 opere in mostra provenienti da tutti i più prestigiosi musei nazionali e internazionali (Palais Fesch, Musée des Beaux- Arts di Ajaccio, Musée des Beaux-Arts di Caen, Musée des Beaux-Arts di Chambéry Musée des Beaux-Arts de Nantes, Musée du Louvre, Victoria and Albert Museum e la National Gallery di Londra, il Lindenau Museum di Altenburg, il Paul Getty Museum di Los Angeles, National Gallery di Washington …) sono stati generosi e difficili nello stesso tempo, poiché la movimentazione delle opere su tavola e delle miniature pone problemi conservativi più complessi.

Una mostra quindi che – come commenta Angelo Tartuferi Direttore della Galleria dell’Accademia e della mostra oltre che curatore – “si pone come l’esatto contrario delle tanto vituperate ‘mostre Blockbuster’ (…) per la serie cospicua di autentici capolavori, che qui sono riuniti però in base a un criterio scientificamente motivato, la necessità cioè di documentare il gusto collezionistico di una folta schiera di personaggi assai diversi tra loro per cultura ed estrazione sociale, accomunati da un insopprimibile anelito ad accaparrarsi i dipinti, le sculture, gli oggetti di arte suntuaria e le miniature delle epoche anteriori all’avvento della maniera moderna di Raffaello e Michelangelo.

La mostra, a cura di Angelo Tartuferi e Gianluca Tormen, come il catalogo edito da Giunti, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria dell’Accademia, la Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Galleria dell’Accademia, Firenze, fino all’8 dicembre 2014

Barbara Izzo

 

I campi di rieducazione cinesi sostituiti da altri sistemi repressivi?

In un documento, Amnesty International ha dichiarato che l’abolizione del sistema della rieducazione attraverso il lavoro rischia di essere una modifica di facciata, poiche’ le autorita’ cinesi stanno gia’ mettendo in opera altre forme di persecuzione.Secondo Amnesty International, mentre i campi della rieducazione attraverso il lavoro vengono chiusi, le autorita’ cinesi ricorrono sempre di piu’ alle cosiddette ‘celle nere’, dei centri per la riabilitazione obbligatoria dei tossicodipendenti e dei ‘centri per il lavaggio del cervello’.‘Abolire il sistema della rieducazione attraverso il lavoro e’ stato un passo nella giusta direzione. Tuttavia, pare trattarsi di una mera modifica di facciata per evitare la condanna dell’opinione pubblica nei confronti di un sistema in cui la tortura era la norma’ – ha dichiarato Corinna-Barbara Francis, ricercatrice di Amnesty International sulla Cina. ‘E’ evidente che la politica di fondo di punire le persone per le loro attivita’ politiche o per la loro fede religiosa, non e’ mutata. Gli abusi e le torture continuano, solo in modo diverso’.Il 15 novembre 2013 la Cina ha annunciato l’abolizione del longevo sistema della rieducazione attraverso il lavoro, che per decenni era stato usato per trattenere arbitrariamente centinaia di migliaia di persone senza accusa ne’ processo.Il percorso ‘rieducativo’ prevedeva spesso la tortura affinche’ gli attivisti rinunciassero alle loro idee politiche o religiose e alle loro opinioni personali e per farli desistere dal portare avanti le loro azioni.Le ricerche di Amnesty International dimostrano che le autorita’ stanno incrementando l’uso di altri sistemi per punire le stesse categorie di persone.Spesso, i vecchi campi per la rieducazione attraverso il lavoro vengono ristrutturati o viene loro semplicemente cambiato nome. Alcuni hanno riaperto o sono stati meramente chiamati centri per la riabilitazione dei tossicodipendenti: la maggior parte di questi offre ben poco trattamento e opera in modo praticamente identico ai campi per la rieducazione attraverso il lavoro, in cui i detenuti possono rimanere per anni, sottoposti a duro lavoro forzato e a maltrattamenti.Le autorita’ hanno inoltre aumentato l’uso dei ‘centri per il lavaggio del cervello’, talvolta denominati ufficialmente ‘classi per l’educazione legale’, destinati prevalentemente ai praticanti del Falun Gong con l’obiettivo che, attraverso i maltrattamenti e la tortura, rinuncino alla loro fede.Risulta in aumento anche l’uso delle cosiddette ‘celle nere’, strutture detentive non ufficiali, spesso allestite casualmente in alberghi o edifici abbandonati, per imprigionare i promotori delle petizioni di protesta.Queste carceri non hanno alcuna base legale nella legge cinese e le autorita’ continuano a negarne l’esistenza, lasciando i detenuti potenzialmente ancora piu’ a rischio di subire violazioni dei diritti umani che nei campi per la rieducazione attraverso il lavoro.‘Molti detenuti, dopo aver trascorso anni nei campi per la rieducazione attraverso il lavoro, ora vengono trasferiti nelle ‘celle nere’, nei ‘centri per il lavaggio del cervello’ o nei centri per la riabilitazione dei tossicodipendenti, poiche’ si ostinano a non rinunciare ai loro diritti e alle loro idee’ – ha denunciato Francis.‘Le autorita’ cinesi devono porre immediatamente fine a ogni forma di detenzione arbitraria e assicurare che le leggi a tutela dei detenuti siano in linea con gli standard internazionali sui diritti umani. Occorre un cambiamento profondo nelle politiche cinesi che sono alla base della repressione e che privano i detenuti dei loro diritti piu’ elementari. Fino a quando queste politiche saranno in vigore, le autorita’ cinesi si limiteranno a trovare una forma al posto di un’altra per punire le persone che considerano una minaccia’.

Amnesty International Italia

 

Laudetur. Festival musicale tra spiritualità e misticismo

LAUDETUR è il nome di un nuovo Festival alla sua prima edizione, che si candida a diventare, nei prossimi anni, un prestigioso appuntamento musicale in un luogo dal forte impatto culturale ed artistico come la città di Siena.

Promosso dall’Opera Metropolitana di Siena con la collaborazione di Imarts e Opera Gruppo Civita, “Laudetur” – la popolare espressione in latino che sta per “sia lodato” – sarà, come il titolo stesso suggerisce, un invito e al tempo stesso un’imperdibile occasione per ascoltare musica dello Spirito rappresentata in uno scenario quanto mai appropriato, lasciando che le suggestioni dell’arte si mescolino tra loro e offrendo al pubblico la possibilità di avvicinarsi e di fruire di proposte musicali eterogenee, che spaziano dalla musica più propriamente sacra, a quella di matrice più trascendentale e contemplativa, al repertorio della tradizione più classica. Il programma del Festival si articolerà in quattro straordinari concerti programmati tra luglio e novembre e ospitati in due contesti esclusivi come la Piazza del Duomo e il Duomo di Siena.

Si parte martedì 15 luglio con lo straordinario concerto di FRANCO BATTIATO nella Piazza del Duomo, con un programma costruito espressamente per LAUDETUR e incentrato sulla sua produzione ispirata al misticismo e alla spiritualità. Affiancato dall’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini a cui aggiungeranno alcuni musicisti del gruppo di Battiato, come Davide Ferrario (chitarre), Carlo Guaitoli (pianoforte e direzione orchestra) e Angelo Privitera (tastiere e programmazione) il concerto vedrà scorrere, tra gli altri, composizioni come “Secondo Imbrunire”, “Il Mito dell’Amore”, “Segnali di Vita”, “Un’Altra Vita”, “No Time No Space”, “Stati di Gioia”, “Testamento”, “Passacaglia”, “Sui Giardini della Preesistenza”.

La serata del 15 luglio sarà poi aperta da una eccezionale prima assoluta, l’esecuzione di un concerto per santur – strumento a corde della tradizione classica iraniana – violoncello e archi di Lamberto Curtoni, giovanissimo musicista piacentino allievo del violoncellista Giovanni Sollima, le cui composizioni vengono eseguite da superstar della musica classica come il violista Yuri Bashmet e il violinista Gidon. Kremer. Sarà proprio Lamberto Curtoni a suonare il violoncello, affiancato da Alireza Mortazavi al santur e dagli archi della Filarmonica Toscanini, nella prima esecuzione di “Rinnovato Mistero”.

Si prosegue il 28 luglio con il concerto all’interno del Duomo di FRATE ALESSANDRO, “la Voce di Assisi”, con l’Ensemble Simphony diretto da Giacomo Loprieno. L’ormai celebre tenore francescano è riuscito nell’intento di conciliare la vocazione con la passione artistica, mettendo la sua dote naturale al servizio di un percorso spirituale in musica e valorizzandola così da poter raccogliere fondi necessari all’attività missionaria che i francescani svolgono in tutto il mondo. Nel suo repertorio “Ave Maria” e “O sacrum convivium”, due brani di Domenico Bartolucci, il cardinale compositore e Maestro della Cappella Musicale Pontifica Sistina spentosi di recente, seguiti dal “Panis angelicus” di Cesar Frank, e ancora altre due “Ave Maria”: la prima costruita sull’immortale musica dell’”Intermezzo” della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, l’altra composta dal compositore francese Charles Gounod sul giro armonico di un “Preludio” di Bach.

Il programma del festival riprenderà poi a novembre per gli ultimi due appuntamenti.

Sabato 8 novembre 2014 all’interno della Cattedrale concerto dell‘Orchestra Sinfonica “Rinaldo Franci” – Città di Siena diretta da Michele Manganelli in un programma tutto dedicato ad uno dei geni della musica di tutti i tempi, Wolfgang Amadeus Mozart, del quale verranno lette alcune pagine tra le più alte della sua intera produzione, a partire da quella che è all’unanimità la sua sinfonia più nota, la “Sinfonia in sol minore (op. 40)”.

Con radici che affondano in oltre 170 anni di storia e di tradizione artistica della città di Siena, con il suo alto valore educativo, rappresenta uno dei punti di riferimento della vita musicale senese. Composta prevalentemente dai docenti e dai migliori allievi dell’Istituto Franci, essa rappresenta anche il più importante strumento formativo per i giovani musicisti, sia durante i loro studi accademici che successivamente, acquisendo una pratica ed una esperienza orchestrale che hanno permesso a tanti di loro di occupare posti rilevanti in istituzioni musicali nazionali ed internazionali (Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova, Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra Filarmonica d‘Israele). Sotto la direzione del M° Michele Manganelli, direttore principale, l’Orchestra ha realizzato numerose e significative esecuzioni collaborando con direttori e solisti di chiara fama.

 

Il 15 novembre sempre all’interno del Duomo di Siena chiuderà la prima edizione del festival LAUDETUR il direttore d’orchestra e organista tedesco Hansjörg Albrecht, con un programma dedicato a un altro grande genio della musica, Johannes Sebastian Bach.

Hansjörg Albrecht è direttore artistico del Münchner- Bach Chor Orchester. Dirige inoltre regolarmente il Bach Collegium München e il C.P.E.- Bach- Chor Hamburg ed ha progettato numerosi programmi per coro e orchestra sinfonica creando una tipologia programmatica nuova e articolata.In qualità di direttore d’orchestra collabora con diversi artisti e complessi e parallelamente si è costruito una reputazione internazionale come organista e clavicembalista esibendosi come solista in importanti sale da concerto e cattedrali: a Berlino, Colonia, Amburgo, Monaco, Praga, Riga, Madrid e New York.

Quattro straordinari concerti, quattro proposte musicali di primaria importanza, per un Festival che vuole sottolineare l’importanza della riflessione, dell’approfondimento interiore e della devozione. Questo è LAUDETUR, un Festival che suona già come un invito alla gioia, un ponte spirituale che unisce passato, presente e futuro della musica, e con essa dell’Uomo.

 

LAUDETUR

SIENA Luglio e Novembre

Programma

Martedì 15 luglio 2014 – Piazza del Duomo

FRANCO BATTIATO – FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

Selezione di brani dal repertorio mistico e spirituale.

Ingresso a pagamento.

 

Lunedì 28 luglio 2014 – Cattedrale

FRATE ALESSANDRO – La Voce di Assisi + orchestra

W.A.Mozart, Sinfonia n° 29 K201 Allegro con spirito

D. Bartolucci, Ave Maria

D. Bartolucci, O sacrum convivium

C. Franck, Panis angelicum

S.Alfonso Maria Liguori, O pane del cielo

P.Mascagni, Ave Maria sull’Intermezzo Cavalleria Rusticana

A. Stradella, Aria da Chiesa

P.Mascagni Messa di Gloria – Elevazione per violino e orchestra

Bach-Gounod, Ave Maria

F. Durante, Vergin tutto amor

M.E. Bossi/T.Zardini, Madonna de Claritade

Ingresso gratuito.

 

Sabato 8 novembre 2014 – Cattedrale

Orchestra Sinfonica “Rinaldo Franci”

Direttore: Michele Manganelli

Programma: W.A. Mozart    Sinfonia in sol min. op. 40; Exultate Jubilate in fa magg K 165; Ergo interest K 143 recitativo e aria in sol magg.

Komment her, ihr frechen Sunder in Sib magg.

Ingresso gratuito.

 

15 novembre 2014 – Cattedrale

Hansjörg Albrecht, organo

programma:

J.S.Bach: Große Orgelmesse (“Clavier-Übung” Teil III)

* Präludium Es-Dur

* Kyrie

* Christe

* Kyrie

* Gloria

* Von den heiligen 10 Geboten

* Credo

* Vater unser

* Taufe: Christ unser Herr zum Jordan kam

* Buße: Aus tiefer Not schrei ich zu dir

* Abendmahl: Jesus Christus unser Heiland

Ingresso gratuito.

 

Salvatore La Spina

 

Il nuovo romanzo di Raja Alem

Una donna araba che non pone in discussione il suo diritto di essere, il suo diritto di genere e il suo diritto di scrivere. In un romanzo accattivante, magnetico e soprattutto capace di aprire un varco tra le strade di un Paese che conosciamo per dovere di cronaca più che per fiction televisive, Raja Alem comunica il vissuto femminile arabo ma, soprattutto, si dimostra gigante della globalizzazione. Lo stile asciutto eppure carico di emotività che sa trasmettere riga dopo riga, con una capacità di scrittura di altissimo livello, meritatamente ha ottenuto il prestigioso International Prize for Arabic Fiction e il Premio UNESCO per i risultati artistici conseguiti. Tradotto in italiano e in molte altre lingue, il suo ultimo romanzo ha incontrato il plauso di critica e pubblico. L’autrice vive tra Gedda e Parigi e ama viaggiare, quasi il viaggio fosse uno spirito che la possiede. Raja considera non solo il viaggiare fisico, tra un posto e un altro, ma anche il viaggio interiore, il viaggio dell’anima. Tra un dentro e un fuori, in un continuo comunicare che le dia la capacità di andare oltre se stessa, quasi all’altro mondo, e poi tornare indietro. Tipico delle personalità che acquisiscono grande equilibrio interiore.

Lo stile narrativo di Raja Alem è davvero da non perdere. Omaggio alla città natale della scrittrice, la misteriosa e affascinante La Mecca, il suo ultimo lavoro ha come voce narrante niente meno che un vicolo dal nome inquietante. Aburrus, il Vicolo delle Teste, che può vivere la rivincita sulla sua storia malfamata e triste grazie alla possibilità che gli è data di parlare ai lettori. Racconta la sua storia, il vicolo delle passioni e dei silenzi, per spiegare un delitto e cosa si può nascondere all’ombra di una città santa che, malgrado la sua importanza spirituale, si trova ad essere una città come tutte le altre. Anche con delitti e tragedie irrisolte.

La Mecca è per l’islam il punto in cui Adamo, padre degli uomini, atterrò quando lasciò il Paradiso terrestre, cacciato per il suo peccato. Quindi è il punto in cui l’uomo dovrebbe portare le sue idee e la sua immaginazione. Dove potrebbe realizzare ciò che ha in mente. Una città ricca di opportunità, quindi, ma che deve essere vista come crogiolo di culture, non diventare simbolo di separazioni. Infatti, il titolo del romanzo di Alem è un omaggio ad un filosofo e poeta mussulmano dell’XI secolo, Ibn Hazm, che dedicò un suo lavoro all’armonia tra le religioni monoteiste ebraismo, cristianesimo e islamismo. Per Hazm bisognava creare un terreno sul quale le culture potevano fiorire e collaborare, e dove la cultura poteva diventare universale. Come per Ibn Hazm, Raja Alem vorrebbe creare la consapevolezza che solo l’amore può essere il punto d’incontro tra le nazioni, unica via d’uscita al male e al dolore che pervade l’umanità. Riconoscere l’altro come una parte di noi è la base per il rispetto reciproco, l’apprezzamento delle qualità che ognuno di noi possiede anche grazie alle proprie appartenenze.

Lo stile di Raja è fortemente influenzato dalla lettura del Corano, con la sua musicalità, e dalle letture degli antichi libri arabi, ai quali è arrivata o tornata dopo letture di testi appartenenti a tutte le letterature, dalla russa alla francese, dall’italiana all’anglosassone. Non avendo preconcetti, Raja Alem non ha mai visto frontiere tra le letterature, come non vede barriere tra le nazioni, e così, ricca di un ampio bagaglio culturale, ha creato il suo linguaggio.

Quel linguaggio che le ha consentito di scrivere con il suo vero nome anche se, quando è nata, il nome delle donne in una città conservatrice come La Mecca non veniva pronunciato in pubblico. L’autrice sostiene che le donne non devono trascorrere la vita a pensare di essere nate vittime, soprattutto in alcuni Paesi del mondo, mentre devono trovare la propria strada e seguirla, mettendo a frutto la propria creatività e le proprie attitudini. Per questo Raja ha costituito (con la sorella Shadia, artista di fama internazionale) un’associazione culturale in Arabia Saudita, volta a sostenere le donne soprattutto dal punto di vista dell’istruzione. La constatazione di come molte donne abbiamo fatto la differenza in Arabia Saudita, la porta ad essere convinta che la strada sia aperta nella misura in cui ci si assuma le responsabilità delle proprie scelte e non si trascorra il tempo a sostenere di non vivere o di non aver vissuto per colpa degli altri.

Nel romanzo, infatti, ci sono vari tipi di donne e vari tipi di uomini. Chi desidera nascondere la verità e chi vuole svelarla, chi pensa al passato e idealizza un amore spirituale e chi non sa scegliere tra il trattare le donne come un oggetto proibito oppure sfruttato. In fondo ogni tipo d’uomo costituisce un’entità sola, così come ogni singola donna è una realtà soltanto, mentre la trama la spinge ad uscire dalla paralisi dei luoghi comuni.

Fogli nascosti perché scritti in segreto, emozioni negate, forza spirituale e forza fisica che si scontrano in un intreccio che lascia con il fiato sospeso. È fuori di dubbio, tuttavia, che la parte da padrona la faccia proprio la città che sottende la storia narrata. Si percepisce quanto Raja Alem ami La Mecca e la sua gente, anche se non la idealizza; si percepisce, per il lettore occidentale, la differenza tra una città che non si scrolla di dosso la polvere della sabbia del deserto, per noi fonte di fascino e di mistero. In questo fascino e in questo mistero, giacciono le fiabe che rimandano ai tempi lontani de “Le Mille e una Notte” e serpeggia nel lettore attento il desiderio di saperne di più di un luogo che conosciamo sempre in modo troppo austero e distaccato, per economia o religione, ma mai così da vicino come per una trama gialla. La suspance è secondaria alla musicalità del narrato e la voce fuori campo diventa spesso quella dell’autrice, proprio come se riuscisse ad andarsene e a tornare incarnata nel Vicolo delle Teste durante il viaggio delle pagine e delle parole. Il lettore è rapito da quanto accade sotto i suoi occhi: la materializzazione di luoghi e persone che nascono nell’immaginario come evocati da un incedere narrativo maturo, strutturato ed elegante. Uno stile che testimonia come il Medio Oriente sia in fermento e contributo al rinnovamento della letteratura araba. La scrittrice parla infatti di libertà politica, di diritti per le donne, di rinnovamento, degli effetti della tradizione opprimente e dei pregiudizi, e sono proprio i contributi come il suo a diventare determinanti perché le cose cambino in meglio davvero. Così come importante è il contributo dei lettori che, seguendo l’evoluzione di una letteratura non come novità fine a se stessa, possano sostenere quel concetto di opinione pubblica fondamentale per non permettere passi indietro sulla strada delle conquiste positive.

Anche i lettori, quindi come l’ispettore Nasser, si devono immergere nella vita di Aisha, ripudiata dal marito e intrattenente una corrispondenza amorosa con il giovane vicino di casa Yussuf, giovane ossessionato dalla grandezza del patrimonio artistico e culturale dell’islam. Proprio da questo intreccio di lettere, l’ispettore scoprirà quanto la sua città sia corrotta e quanto il suo cuore sacro, la Kaaba, debba essere protetto da uno scontro sbagliato tra tradizione e modernità.

Raja Alem: “Il collare della colomba”, Marsilio, Venezia, pagg. 590, euro 21,00.

Alessia Biasiolo

 

Acroaria nel cielo del lago d’Orta

Dal 2 al 6 luglio circa cinquanta tra i migliori piloti al mondo, provenienti da una ventina di nazioni, si sfideranno nel cielo del lago d’Orta durante Acroaria, coppa del mondo di acrobazia in parapendio. Dalla sponda del lungo lago di Omegna (Verbania) tutti i giorni, a partire dalle ore 11, il pubblico potrà seguire le evoluzioni spettacolari di questi mezzi che si reggono in volo senza motore. I decolli avverranno dal Mottarone a circa 1400 metri d’altezza. I partecipanti dovranno eseguire peripezie acrobatiche in singolo od a coppie, queste ultime dette “syncro”, prima di atterrare su un’enorme zattera galleggiante. Una giuria assegnerà i punteggi per determinare la classifica finale. Come le scorse edizioni, anche questo appuntamento è organizzato dalla locale associazione Voglia di Volo. Molte le iniziative di contorno alla manifestazione a partire da La Testa fra le Nuvole, mercoledì 2 luglio, una giornata di eventi dedicati ai ragazzi e legati al volo libero in deltaplano e parapendio ed agli aquiloni, con la collaborazione dell’oratorio Sacro Cuore. Tutte le sere musica dal vivo alla Fly Fest presso il tendone dell’area ristoro sul lungo lago, mentre dalle 18 alle 22 al cinema dell’oratorio saranno proiettati filmati di volo libero ed avventure legate al cielo. Sempre sul lungo lago saranno esposte le foto partecipanti al concorso “Il Mondo visto dall’Alto”, con possibilità per il pubblico di votare l’immagine migliore, ed al Salone Santa Marta gli aquiloni artistici, una mostra di vere opere d’arte. Nelle valli di Lanzo, a Chialamberto (Torino), il 5 e 6 luglio ritorna Paravolando, un evento durante il quale diversamente abili e normodotati potranno provare insieme l’ebbrezza del volo in parapendio. Confidando nelle migliori condizioni meteo, il ritrovo è fissato in località Cossiglia per le ore 9. Da qui si provvederà al trasferimento in decollo ed i voli si succederanno lungo l’intera giornata fino alle ore 17. La manifestazione, giunta all’ottava edizione, organizzata dalla scuola di parapendio Peter Pan e dall’associazione Baratonga Flyers, è dedicata a tutti coloro, piloti e no, che vorranno vivere la gioia del volo ed il piacere di stare insieme agli amici meno fortunati. La scuola Peter Pan persegue specificatamente l’obiettivo di far volare ed insegnare a volare alle persone con disabilità motoria. Oltre ai voli in biposto, il programma prevede musica, giochi di luce, concerto, grigliata, proiezione delle partite di calcio dei mondiali e soprattutto due giornate di grande festa.

Gustavo Vitali

Puro, semplice e naturale nell’arte a Firenze tra Cinque e Seicento

La seconda mostra di Firenze 2014. Un anno ad arte ospitata e realizzata dalla Galleria degli Uffizi, dal titolo “Puro, semplice e naturale nell’arte a Firenze tra Cinque e Seicento” è, nel rispetto della tradizione di queste rassegne espositive che hanno luogo nei musei statali fiorentini dal 2006, il risultato di un appassionato studio critico – scientifico della pittura fiorentina fra Cinquecento e Seicento, condotto da Alessandra Giannotti e Claudio Pizzorusso, docenti universitari presso l’Università per Stranieri di Siena.

La mostra, aperta fino al 2 novembre 2014, intende sovvertire il luogo comune di una cultura fiorentina passatista, rivelando la forza di novità presente anche in quella linea dell’arte cittadina che, tra Quattro e Seicento, restò fedele ai propri modelli, mettendo in luce la “novità della tradizione”.

Giorgio Vasari esaltava la «Maniera moderna» come superamento della tradizione quattrocentesca, ormai arcaica, e collocava Leonardo, Michelangelo e Raffaello al centro di questo periodo di «somma perfezione»; a loro, ma con minor grado di convinzione, egli affiancava Fra’ Bartolomeo e Andrea del Sarto, disegnatori esemplari, meticolosi imitatori della natura, ideatori di opere devote. Vasari, artista della sontuosa corte del duca Cosimo I de’ Medici, era però lontano da quei maestri, sostenitori di una tradizione “pura, semplice e naturale”, e interpreti di una tendenza che a lui appariva superata e senza futuro.

Andrea del Sarto e Fra’ Bartolomeo restarono invece punti di riferimento negli anni della magnificenza medicea, ma soprattutto ridiventarono attuali alla fine del Cinquecento – tanto da soppiantare il “vasarismo” – per rispondere alle esigenze dottrinarie sancite dal Concilio di Trento. Santi di Tito e Jacopo da Empoli si impegnarono allora in un rilancio di quei maestri, animato da nuovo vigore, e l’operazione venne riproposta a metà Seicento, con diverso senso di modernità, da Lorenzo Lippi e Antonio Novelli, come alternativa alla dilagante figurazione barocca.

La mostra, strutturata in cinque sezioni cronologiche, e quattro tematiche – in cui i dipinti e le sculture (72 in tutto) sono allestiti, a titolo esemplificativo, privilegiando valori di coesione stilistica e iconografica entro un’ampia forbice cronologica – presenta una vera e propria rassegna di capolavori, molti dei quali appositamente restaurati per l’occasione. In apertura, l’esposizione accosta le Annunciazioni di Andrea della Robbia, Andrea del Sarto, Santi di Tito e Jacopo da Empoli, offrendo un colpo d’occhio sui tratti di cultura che legano i maestri della «Maniera moderna» e la compagine di artisti operanti a Firenze tra istanze di riforma e primo naturalismo seicentesco.

Nella Firenze del primo Cinquecento il registro di nobile chiarezza ispirato al pensiero di Fra’ Girolamo Savonarola era un linguaggio condiviso dagli artisti a lui vicini, come Lorenzo di Credi e Fra’ Bartolomeo, Ridolfo del Ghirlandaio e i Della Robbia. Alcuni di loro facevano capo alla “Scuola di San Marco”, punto di riferimento della comunità degli artisti che proponevano immagini di una religiosità essenziale e austera, comprensibile anche ai semplici e agli illetterati. Con loro e con Andrea del Sarto, maestro insuperabile del disegno dal naturale, si fondarono quei princìpi della “fiorentinità” che resteranno validi per oltre un secolo e mezzo: uno stile fatto di parole usuali, ordinate secondo una chiara sintassi, che modella con plastica evidenza figure e cose. Come si leggerà nel catalogo edito da Giunti e curato, come la mostra, da Alessandra Giannotti e Claudio Pizzorusso, questi valori si rispecchiano anche nel dibattito sulla lingua e nella spiritualità popolare.

I maestri (Andrea della Robbia e Andrea del Sarto, Fra’ Bartolomeo e Andrea Sansovino), eredi del Quattrocento, sono al tempo stesso fondatori di un’ “ordinata maniera” moderna, radicatasi con Franciabigio, Bugiardini, Sogliani. Superate le generazioni di Bronzino e Alessandro Allori, custodi di una vena naturalistica attenta alla verità ottica delle cose, si approda al “Seicento contromano”, dove sono riuniti artisti che hanno rilevato quest’identità “purista” fiorentina, traendone impulso per tracciare una linea “diversa” dal caravaggismo e dal barocco: da Santi di Tito a Jacopo da Empoli, da Ottavio Vannini (finalmente visibile a Firenze un suo capolavoro del Musée des Beaux-Arts di Nantes) a Lorenzo Lippi, grande interprete di un moderno naturalismo.

Dopo una sala dedicata al disegno dal vero, che spazia da Andrea del Sarto e Pontormo alla metà del Seicento, gli stessi artisti si ripresentano accostati per temi: “pitture di casa”, di affetti intimi, col bel Fra’ Bartolomeo del County Museum di Los Angeles; “pitture di cose”, dove si ergono a protagonisti gli oggetti domestici (da segnalare il magnifico Franciabigio dalle Collezioni Reali inglesi); la “tradizione del sacro”, che chiude la mostra con uno spettacolare trittico di busti del Redentore, di Torrigiani (riscoperto in Gran Bretagna), di Caccini (un miracoloso recupero conservativo) e di Novelli (dal Metropolitan di New York).

La mostra è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizi, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Barbara Izzo

Apri gli occhi e ascolta. 100+1 all’Arena di Verona

Fino al 7 settembre, 54 appuntamenti con 6 titoli d’Opera e 3 serate d’eccezione presentano il Festival del Nuovo Secolo sul palcoscenico all’aperto più grande del mondo.

I grandi nomi del panorama lirico internazionale molto amati dal pubblico dell’Arena si esibiranno, guidati da celebri direttori d’orchestra e registi di fama mondiale, negli immortali titoli Un ballo in maschera e Aida di Verdi, opera proposta in due diversi allestimenti, Turandot e Madama Butterfly di Puccini, Carmen di Bizet e Roméo et Juliette di Gounod, ed in tre serate imperdibili: Plácido Domingo canta Verdi, Roberto Bolle and Friends e Carmina Burana.

Apertura del Festival assegnata al nuovo allestimento dell’opera verdianaUn ballo in maschera”, titolo che mancava dal cartellone areniano dal 1998, proposto con regia, scene e costumi ideati da Pier Luigi Pizzi, lighting design di Vincenzo Raponi e coreografia di Renato Zanella. Per “Un ballo in maschera” torna a dirigere l’Orchestra dell’Arena il giovane veronese Andrea Battistoni.

In scena per dare voce ai protagonisti del dramma verdiano vedremo nel ruolo di Amelia Hui He (11, 19/7) e Virginia Tola (27/6 – 24, 31/7 – 8/8) al suo debutto areniano, in Riccardo Francesco Meli (27/6 – 11, 19/7) e Stefano Secco (24, 31/7 – 8/8), nei panni di Renato Luca Salsi (27/6 – 11/7 – 8/8) e Dalibor Jenis (19, 24, 31/7); Ulrica sarà Elisabetta Fiorillo (27/6 – 11/7) in alternanza a Sanja Anastasia (19, 24/7) ed Elena Gabouri (31/7 – 8/8), mentre Oscar sarà interpretato da Serena Gamberoni (27/6 – 11, 19/7) e Natalia Roman (24, 31/7 – 8/8).

Completano il cast William Corrò (27/6 – 11, 19, 24/7) e Davit Babayants (31/7 – 8/8) che si alternano nei panni di Silvano, e Seung Pil Choi (27/6 – 11/7) che si cambia con Alessandro Guerzoni (19, 24, 31/7 – 8/8) in Samuel. Deyan Vatchkov (27/6 – 11, 19/7) e Victor Garcia Sierra (24, 31/7 – 8/8) saranno Tom, Antonio Feltracco un giudice e Saverio Fiore un servo di Amelia. Primi ballerini: Alessia Gelmetti ed Evghenij Kurtsev.

Repliche: 27 giugno ore 21.00 – 11, 19, 24, 31 luglio ore 21.00 – 8 agosto ore 20.45.

Va in scena anche “Carmen” di Georges Bizet, che nel 2014 compie cent’anni dalla sua prima rappresentazione all’Arena di Verona. È proposta per regia e scene di Franco Zeffirelli e costumi di Anna Anni; la coreografia è di El Camborio ripresa da Lucia Real. Per le 11 recite vedremo alternarsi il direttore ungherese Henrik Nánási (4, 18, 25/7 – 1, 7, 14/8), che debutta sul podio dell’anfiteatro scaligero, con Julian Kovatchev (26/6 – 10/7 – 29/8 – 3/9).

Carmen sarà interpretata da Ekaterina Semenchuk (26/6 – 4, 10/7 – 7, 14/8) in alternanza ad Anita Rachvelishvili (18, 25/7 – 1/8) ed a Ildikó Komlósi (29/8 – 3/9), Don José da Carlo Ventre (26/6 – 29/8 – 3/9), Mario Malagnini (4, 10/7 – 7, 14/8) e Jorge de León (18, 25/7 – 1/8), Escamillo da Carlos Álvarez (26/6 – 4, 10/7), Raymond Aceto (18, 25/7 – 1/8) e Dalibor Jenis (7, 14, 29/8 – 3/9), mentre saranno Micaela Irina Lungu (26/6 – 4/7), Tatyana Ryaguzova (10, 18, 25/7), Rocio Ignacio (1, 7, 14/8) e Natalia Roman (29/8 – 3/9).

Completano il cast Francesca Micarelli (26/6 – 4/7 – 14, 29/8 – 3/9) e Irene Favro (10, 18, 25/7 – 1, 7/8) come Frasquita; Cristina Melis (26/6 – 4/7 – 14, 29/8 – 3/9) e Alice Marini (10, 18, 25/7 – 1, 7/8) come Mercedes; Federico Longhi (26/6 – 4/7), Gabriele Ribis (10, 18, 25/7 – 1, 7/8) e Nicolò Ceriani (14, 29/8 – 3/9) in Dancairo; Paolo Antognetti (26/6 – 4/7), Saverio Fiore (10, 18, 25/7 – 1, 7/8) e Carlo Bosi (14, 29/8 – 3/9) in Remendado; Seung Pil Choi (26/6 – 4/7 – 14, 29/8 – 3/9) e Victor Garcia Sierra (10, 18, 25/7 – 1, 7/8) in Zuniga e Francesco Verna (26/6 – 4/7), Gianfranco Montresor (10, 18, 25/7 – 1, 7/8) e Federico Longhi (14, 29/8 – 3/9) come Morales. Primi ballerini: Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche e Antonio Russo.

Partecipa il Coro di voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani.

Repliche: 26 giugno ore 21.00 – 4, 10, 18, 25 luglio ore 21.00 – 1, 7, 14, 29 agosto ore 20.45 – 3 settembre ore 20.45.

Aida di Giuseppe Verdi, titolo areniano per eccellenza,viene riproposto anche per il 2014 in due allestimenti: la nuova produzione firmata dal team catalano La Fura dels Baus, che lo scorso anno ha inaugurato il primo secolo di Festival lirico, e l’edizione storica ripresa da Gianfranco de Bosio che rievoca la messa in scena del 1913 ideata dall’architetto Ettore Fagiuoli.

Dal 28 giugno, ore 21.00, per 10 serate è quindi in scena la futuristica Aida firmata La Fura dels Baus, che ha visto all’opera i registi Carlus Padrissa ed Àlex Ollé, scenografo Roland Olbeter, costumista Chu Uroz e coreografa Valentina Carrasco. Firma il lighting design l’areniano Paolo Mazzon. Direttore d’orchestra anche per questo titolo Julian Kovatchev.

Tornano nel ruolo di Aida Hui He (28/6 – 3, 6, 8, 15/7), Amarilli Nizza (20/7) e Maria José Siri (23, 27, 29/7 – 3/8); Radamès sarà interpretato da Fabio Sartori (28/6 – 3, 6/7), Walter Fraccaro (8, 23/7 – 3/8), Carlo Ventre (15, 20/7) e Marco Berti (27, 29/7). Amneris sarà Violeta Urmana (28/6 – 3, 6/7), in alternanza a Sanja Anastasia (8/7 – 3/8), Lucrecia Garcia (15, 20, 23/7) ed Ildikó Komlósi (27, 29/7), mentre vestiranno i panni di Amonasro Gennadii Vashchenko (28/6 – 3, 6/7), Ambrogio Maestri (8, 15, 27/7), Davit Babayants (20, 23/7) e Luca Salsi (29/7 – 3/8).

Ramfis sarà Raymond Aceto (28/6 – 3, 6, 8/7) che si alterna a Marco Spotti (15, 20, 23, 27/7) e Vitalij Kowaljow (29/7 – 3/8), mentre Il Re Sergej Artamonov (28/6 – 3, 6, 8/7), Giorgio Giuseppini (15, 20/7) e Roberto Tagliavini (23, 27, 29/7 – 3/8).

Completano il cast Antonello Ceron (28/6 – 3, 6, 8/7), Saverio Fiore (15, 20, 23/7) e Carlo Bosi (27, 29/7 – 3/8) nel ruolo di un messaggero, e Maria Letizia Grosselli (28/6 – 3, 6, 8/7) con Seda Ortac (15, 20, 23, 27, 29/7 – 3/8) come Sacerdotessa.

Repliche: 3, 6, 8, 15, 20, 23, 27, 29 luglio ore 21.00 – 3 agosto ore 20.45.

Dal 10 agosto alle ore 20.45 tornaper 7 appuntamenti l’immancabile edizione dell’Aida verdiana ispirata alla messa in scena del 1913, per la regia di Gianfranco de Bosio e le coreografie di Susanna Egri. Nelle prime tre recite la direzione d’orchestra è affidata al milanese Daniele Rustioni (10, 16, 24/8), per la prima volta sul podio dell’Arena, che si dà il cambio per le altre quattro date in cartellone con Fabio Mastrangelo (26, 31/8 – 4, 7/9).

Tornano ad interpretare Aida Amarilli Nizza (10, 24, 26/8), Monica Zanettin (16, 31/8) e Susanna Branchini (4, 7/9), Radamès Marco Berti (10, 16/8), Stuart Neill (24, 26/8) e Fabio Sartori (31/8 – 4, 7/9). Amneris saranno Anita Rachvelishvili (10, 16, 24/8), Giovanna Casolla (26, 31/8) e Lucrecia Garcia (4, 7/9), mentre come Amonasro vedremo Marco Vratogna (10, 16, 24/8) e Alberto Mastromarino (26, 31/8 – 4, 7/9).

In Ramfis troviamo Dmitry Beloselsky (10, 16, 24, 26/8) e Andrea Mastroni (31/8 – 4, 7/9), quest’ultimo anche nei panni del Re (10, 16, 24/8) in alternanza a Roberto Tagliavini (26, 31/8) e Seung Pil Choi (4, 7/9). Completano il cast: un messaggero Riccardo Botta (10, 16, 24, 26/8) e Antonello Ceron (31/8 – 4, 7/9), e come Sacerdotessa Anna Malavasi (10, 16, 24, 26/8) e Maria Letizia Grosselli (31/8 – 4, 7/9).

Interpretano le parti principali delle coreografie di Aida la Prima ballerina ospite Myrna Kamara (10, 16, 24/8), le Prime ballerine Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli e Amaya Ugarteche, accompagnate dai Primi ballerini Evghenij Kurtsev e Antonio Russo.

Repliche: 16, 24, 26, 31 agosto ore 20.45 – 4, 7 settembre ore 20.45.

Il 5 luglio alle 21.00 torna in scena Turandotdi Giacomo Puccini per l’apprezzata regia e le sfarzose scene di Franco Zeffirelli, con i costumi del premio Oscar Emi Wada, i movimenti coreografici di Maria Grazia Garofoli e le luci di Paolo Mazzon. Dirige le 7 recite la bacchetta di Daniel Oren.

Interpreta Turandot Evelyn Herlitzius (5, 9, 12/7) in alternanza a Tiziana Caruso (16/7) e Martina Serafin (26, 30/7 – 2/8), mentre in Calaf vedremoCarlo Ventre (5, 9, 26, 30/7 – 2/8) e Marco Berti (12, 16/7). Timur sarà interpretato da Marco Vinco (5, 9, 12/7), Giorgio Giuseppini (16, 26/7) e Andrea Mastroni (30/7 – 2/8) e Liù da Maria Agresta (5, 12, 26/7), Rachele Stanisci (9, 16/7) e Carmen Giannattasio (30/7 – 2/8). I tre ministri saranno: Ping Mattia Olivieri (5, 9, 12/7) a cui succede Vincenzo Taormina (16, 26, 30/7 – 2/8), Pong Paolo Antognetti e Pang Saverio Fiore. Nel ruolo dell’Imperatore AltoumAntonello Ceron e nel MandarinoGianfranco Montresor.

Partecipa il Coro di Voci bianche A.d’A.MUS. diretto da Marco Tonini.

Repliche: 9, 12, 16, 26, 30 luglio ore 21.00 – 2 agosto ore 20.45.

Il 17 luglio alle ore 22.00 Plácido Domingo canta Verdi: serata d’eccezione con protagonista il grande artista Plácido Domingo, impegnato ad interpretare le più celebri arie, duetti e terzetti del repertorio verdiano, da La Traviata, Un ballo in maschera, I due Foscari,con Virginia Tola, Amarilli Nizza, Francesco Meli e Serena Gamberoni. Dirige Daniel Oren.

Il 22 luglio, sempre alle ore 22.00, attesissimo appuntamento dedicato alla danza. Il balletto torna in Arena con lo spettacolo Roberto Bolle and Friends,che vede protagonista Roberto Bolle, Étoile della Scala di Milano e Principal Dancer dell’American Ballet di NY, insieme alle stelle mondiali della danza. Per questo nuovo appuntamento vedremo sul palco entrambe le “patrie artistiche” del grande danzatore, quella americana e quella europea: accanto ad alcune delle più splendenti star dell’ABT, Bolle affiancherà artisti provenienti dalle migliori Compagnie d’Europa per uno spettacolo all’insegna dell’eclettismo e dell’internazionalità. Sul palco Hee Seo, Cory Stearns, Polina Semionova, Daniil Simkin, Julie Kent, Guillaume Côtè, Alicia Amatriain, Jason Reilly e Skylar Brandt si esibiranno insieme a Roberto Bolle in coreografie che vanno dal repertorio ottocentesco al contemporaneo, firmate da Kenneth MacMillan, Marius Petipa, Ben Van Cauwenberg, Marcelo Gomes, Itzik Galili, George Balanchine, Roland Petit, Douglas Lee, Twyla Tharp, per concludere con una nuova creazione di Marco Pelle. Dirige l’Orchestra dell’Arena di Verona la bacchetta di Julian Kovatchev.

Il 9 agosto dalle ore 22.00 la serata è dedicata ai Carmina Burana di Carl Orff interpretati dai solisti Nadine Sierra (soprano), Artur Ruciński (baritono) e Raffaele Pè (controtenore), insieme al Coro areniano preparato da Armando Tasso. Partecipano il Coro di voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani ed il Coro di voci bianche A.d’A.MUS. diretto da Marco Tonini. Sul podio ritroviamo il direttore Andrea Battistoni.

Il 15 agosto alle ore 20.45 una nuova prima d’opera con la pucciniana Madama Butterfly, proposta per 6 sere nel fortunato allestimento di Franco Zeffirelli, con i costumi di Emi Wada, i movimenti coreografici di Maria Grazia Garofoli e la direzione d’orchestra di Marco Armiliato.

Cio-Cio-San sarà Oksana Dyka (15, 22, 27/8) che si darà il cambio con Amarilli Nizza (30/8 – 2, 5/9), mentre F. B. Pinkerton sarà Roberto Aronica (15, 22, 27/8) in alternanza a Giorgio Berrugi (30/8 – 2, 5/9); in Suzuki vedremo Veronica Simeoni (15, 22, 27/8) e Anna Malavasi (30/8 – 2, 5/9), mentre in Sharpless Gabriele Viviani (15, 22, 27/8) e Davit Babayants (30/8 – 2, 5/9).

Completano il cast: Alice Marini in Kate Pinkerton,         Francesco Pittari in Goro, Federico Longhi interpreterà Il Principe Yamadori e Paolo Battaglia Lo zio Bonzo. Il Commissario imperiale sarà Nicolò Ceriani, L’Ufficiale del registro Victor Garcia Sierra, la Madre di Cio-Cio-San Chiara Fracasso e la Cugina di Cio-Cio-San Elena Borin.

Repliche: 22, 27, 30 agosto ore 20.45 – 2, 5 settembre ore 20.45.

Dal 23 agosto alle ore 20.45 completa il cartellone Roméo et Juliettedi Charles Gounod nella messa in scena di Francesco Micheli giunta ormai alla sua quarta stagione, con la scenografia di Edoardo Sanchi, i costumi di Silvia Aymonino, la coreografia di Nikos Lagousakos, il lighting design di Paolo Mazzon. Per le 3 recite debutta sul podio dell’Arena di Verona il direttore Carlo Montanaro.

I due celebri amanti veronesi saranno interpretati da Lana Kos e Vittorio Grigolo, mentre vestirà i panni di Stéphano Annalisa Stroppa, quelli di Mercutio Michael Bachtadze, di Tybalt Cristian Ricci e Frère Laurent Giorgio Giuseppini. La nutrice Gertrude sarà Elena Serra, Benvolio Carlo Bosi, Pâris Nicolò Ceriani, Grégorio Dario Giorgelè, Capulet Enrico Marrucci e Le Duc de Vérone Deyan Vatchkov.

Repliche: 28 agosto ore 20.45 – 6 settembre ore 20.45.

Per tutto il Festival del Nuovo Secolo vedremo impegnati Orchestra, Coro, Corpo di ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona, insieme ai numerosi mimi e comparse.

Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento con la danza al Teatro Romano di Verona: il 13 e il 15 agosto alle ore 21.00 debutta in prima nazionale Medea, balletto su musiche di Mikis Theodorakis, con la coreografia di Renato Zanella e protagonisti i Primi ballerini, i Solisti e il Corpo di ballo dell’Arena di Verona.

Si riconferma per l’edizione 2014 del Festival lirico l’importante collaborazione con UniCredit, gruppo bancario leader in Europa, Major Partner del Festival lirico da oltre vent’anni.

Si ringraziano per il prezioso supporto anche l’Official Sponsor Intimissimi, l’Automotive Partner Volkswagen Group Italia ed il Mobility Partner DB Bahn Italia.

Per un viaggio alla scoperta dell’opera, AMO Arena Museo Opera mette in mostra la grande lirica a Palazzo Forti,dal martedì alla domenica con orario 10.30-19.30. E presentando un biglietto del Festival lirico 2014 l’ingresso ad AMO è a soli € 2,00.

 

Biglietteria – Via Dietro Anfiteatro 6/B, 37121 Verona

tel. (+39) 045 800.5151 Call center (+39) 045 800.51.51

 

 

“Atto di forza” per Amnesty International

“Atto di forza” di Francesco e Max Gazze’ e’ il brano vincitore della dodicesima edizione del Premio Amnesty International Italia, indetto nel 2003 da Amnesty International Italia e dall’associazione culturale Voci per la liberta’ per premiare il migliore brano sui diritti umani pubblicato nel corso dell’anno precedente. La premiazione avra’ luogo sul palco di Rosolina Mare (Rovigo) domenica 20 luglio, nel corso della serata finale della XVII edizione di “Voci per la liberta’ – Una canzone per Amnesty”, festival che iniziera’ il 17 luglio e proporra’ anche il concorso dedicato agli emergenti. “Spesso capita di chiederci – racconta il Premio Amnesty International Italia 2014 Max Gazze’ – come un essere umano possa arrivare a compiere gesti atroci, quali siano i guasti che mandano in blocco il cervello e perche’ nessuno sia ancora riuscito a trovare il sistema per fermare la follia molto prima di quando e’ gia’ troppo tardi. Facile che resti un pensiero come tanti che balena e sparisce per lasciar posto a qualcosa di piu’ urgente. ‘Atto di forza’ e’ uno di quei pensieri, il racconto per immagini di una di quelle follie. Grazie al premio Amnesty International lo sguardo si sposta e indugia su temi enormi – quale, appunto, la violenza contro le donne – che vengono quasi sempre pigiati in cronaca nera solo perche’ sembra sia diventato normale che ogni tanto qualcuno perda il controllo. Manca il tempo di illustrare i dettagli, di realizzare che succede veramente, di spiegare che non e’ per niente normale”. “’Atto di forza’ – dichiara il presidente di Amnesty International Italia Antonio Marchesi – e’ un contributo importante alla conoscenza e alla sensibilizzazione su un problema gravissimo di violazione dei diritti umani in Italia: la violenza contro le donne. Una follia, spesso una ‘lucida follia’, descritta in ‘Atto di forza’, che e’ resa ancora oggi possibile dall’idea, purtroppo molto diffusa, che la propria moglie o compagna sia semplicemente una cosa di cui l’uomo e’ proprietario, da punire quando si ribella e a maggior ragione quando si allontana. Le istituzioni italiane si sono accorte abbastanza tardi di questo problema, dopo anni nei quali vi sono stati oltre 100 omicidi di donne per mano di uomini. Gli stati hanno la responsabilita’ di punire la violenza contro le donne ma soprattutto di prevenire gli ‘atti di forza’. Il brano vincitore del Premio Amnesty International Italia 2014, frutto della vena poetica e dell’impegno civile di Max Gazze’, sara’ un prezioso alleato nella nostra campagna per porre fine alla violenza contro le donne”. La giuria specializzata ha effettuato la scelta tra le proposte di Baglioni, Bubola, Cinti, Cristicchi, Ligabue, Radiodervish, Gualazzi, Zero, Stormy Six e Moni Ovadia, ed era composta da: Gio’ Alajmo (Il Gazzettino), Luca Barbieri (Corriere del Veneto), Alessandro Besselva Averame (Rumore), Francesca Cheyenne (RTL 102.5), Paolo De Stefani (Centro diritti umani dell’Universita’ degli Studi di Padova), Enrico Deregibus (giornalista freelance), Gianmaurizio Foderaro (Radio 1), Fabrizio Galassi (Istituto Europeo di Design, Premio Italiano Videoclip Indipendente), Giorgio Galleano (Rai 3), Federico Guglielmi (AudioReview, Blow Up, fanpage.it), Michele Lionello (Voci per la Liberta’), Enrico Maria Magli (Radio 1, Deejay TV), Carlo Mandelli (Ansa, Il Giorno, Leggo), Antonio Marchesi (Amnesty International), Riccardo Noury (Amnesty International Italia), Valeria Rusconi (Repubblica, Espresso), Alessandra Sacchetta (RaiNews), Giordano Sangiorgi (Meeting degli Indipendenti), Renzo Stefanel (Rockit) e Savino Zaba (Rai 1, Radio 2). Nelle scorse edizioni il premio era stato assegnato a “Il mio nemico” di Daniele Silvestri, “Pane e coraggio” di Ivano Fossati, “Ebano” dei Modena City Ramblers, “Rwanda” di Paola Turci, “Occhiali rotti” di Samuele Bersani, “Canenero” dei Subsonica, “Lettere di soldati” di Vinicio Capossela, “Mio zio” di Carmen Consoli, “Genova brucia” di Simone Cristicchi, “Non e’ un film” di Fiorella Mannoia e Frankie HI-NRG, “Gerardo Nuvola ‘e povere” di Enzo Avitabile e Francesco Guccini.

Paola Nigrelli

 

Toscana e Puglia si aggiudicano i Campionati Italiani di Tango

La conclusione della terza edizione dei Campionati Italiano di Tango & Festival, svoltasi quest’anno all’interno del Marina di Castello Resorta Castel Volturno ha visto numerosi premi. Settanta coppie di iscritti in gara nei quattro giorni di sfida sui tacchi, si sono alternate ai workshop ed alle speciali performance dei giurati, che hanno visto in campo, nell’orario notturno della milonga, artisti di fama mondiale come Ricardo Barrios e Laura Melo, Claudio Villagra, i Campioni del Mondo 2011 i colombiani Diego Benavidez e Natasha Agudelo, oltre a Yanina Quiñones e Neri Piliu, Vice Campioni Mondiali di Tango Salón ed Escenario, i Campioni Europei 2013 Gioia Abballe e Simone Facchini ed i Campioni Italiani 2013 Francesca del Buono e Giampiero Cantone. A vincere i campionati, nella categoria Tango de Pista i toscani ALESSIO ALTIERI E ARETUZA VIANA, seguiti dai pugliesi VITO RAFFANELLI E GIORGIA ROSSELLO e dai lombardi FABIO PINCIROLI ED ELISA PORTA, mentre nella categoria Tango Escenario ad aggiudicarsi il podio sono stati i pugliesi VITO RAFFANELLI E GIORGIA ROSSELLO, seguiti dai conterranei MICHELE PADOVANO E ANNAMARIA PARADISO e dai marchigiani MATTEO E LUDOVICA ANTONIETTI. Menzione speciale alle ballerine di più giovane età, con un premio dedicato, alle diciottenni LUDOVICA ANTONIETTI (Marche) e CARMEN SAMBATARO (Sicilia).

Soddisfatti per l’altissimo livello delle esibizioni, i membri della Giuria Internazionale, l’organizzatrice Barbara Cicero e la vicepresidente del Campionato Mondiale, Silvia Tissenbaum, giunta appositamente da Buenos Aires. Il prossimo appuntamento in pista è a Todi, dal 9 al 13 luglio, in occasione dei Campionati Europei: altra opportunità speciale, per i vincitori, di partecipare di diritto, con un soggiorno di 3 giorni, alle Finali del Mundial 2014, in programma dal 13 al 26 agosto: un evento di assoluta e vorticosa energia tanguera!

Elisabetta Castiglioni

 
 

Mikhail Roginsky. Oltre la porta rossa a Venezia

Quella che si potrà ammirare da oggi 7 giugno al 22 settembre all’Università Ca’ Foscari sarà la prima mostra italiana di Mikhail Roginsky, il cosiddetto “padre della pop art russa”.

La mostra “Mikhail Roginsky. Oltre la Porta rossa” è organizzata dalla Fondazione Mikhail Roginsky in collaborazione con il Centro Studi sulle Arti della Russia CSAR dell’Ateneo veneziano e con il sostegno della Fondazione IN ARTIBUS, nell’ambito della 14esima Mostra Internazionale di Architettura – la Biennale di Venezia.

L’esposizione prende avvio da un’opera precedente alla stagione parigina. Con quella “Porta rossa” (1965) che appartiene al periodo sovietico dell’artista e che di lui è certamente una delle creazioni più famose ma anche una delle più ermetiche. La “porta” è idealmente quella che l’artista scavalca, abbandonando il cliché di artista politicizzato, dedito a concezioni complesse, per approdare appunto ai nuovi ambiti della pittura.

Spesso considerata dai critici come un oggetto del ready made, la “Porta” preconizza invece proprio il suo passaggio alla pittura: l’artista stesso sottolineava lo stretto legame di quest’opera con la pittura da cavalletto. Con “La porta rossa” Roginsky dichiara la volontà di superare ogni convenzionalità del linguaggio artistico dominante. L’opera rappresentò, nell’Unione Sovietica postbellica, uno dei primi tentativi di de-costruzione della bidimensionalità della superficie pittorica. Qui si trovano le premesse del suo manifesto antiestetismo, l’avversione dell’artista per la stessa parola “arte”, da lui intesa come un complesso di cose create artificialmente, avvizzite dal secolare uso o oberate dal peso di una ipocrita ideologia.

I curatori della mostra propongono di lasciare fuori dalla porta il cumulo delle erronee definizioni, di destituire gli stereotipi che hanno snaturato la percezione dell’opera, tornando alle sue origini. La mostra si snoda come un racconto del complesso iter evolutivo dell’artista, per questo il motivo conduttore costitutivo è il viaggio come metafora del cammino creativo. Si tratta di un viaggio privo di uno schema consequenziale, deputato a semplificare la comprensione dell’opera di Roginsky. L’artista è presentato in tutta la sua ampiezza creativa e l’unità del quadro generale non si basa sull’elemento cronologico, ma sul materiale visivo della mostra.

Dallo spazio con le nature morte semiastratte sugli scaffali, che superano la figuratività, lo spettatore passa verso una natura morta minimalista rappresentata da semplici “ritratti” di oggetti semplici, incrollabili nella loro plastica certezza. Dalla sala con i grandi lavori acrilici su carta, che simulano l’imperturbabilità della pittura “alta” e interpretano in modo ironico i suoi generi principali, lo spettatore entra nell’alterato, suggestivo mondo dell’espressionista, che tenta di dare voce urlata, per mezzo dell’arte, al tormentato processo di perdita dell’armonia. Il tutto lungo 8 sezioni in cui le 120 opere sono presentate insieme ad un ampio corredo di immagini fotografiche e video (molti inediti). A documentare un percorso che prende avvio dal momento in cui l’artista fa nuovamente ricorso all’abc della pittura, ricercando i colori puri e mischiati, le correlazioni tra i volumi, il ritmo compositivo. Per approdare alla fase conclusiva della su ricerca e della sua stessa esistenza. Quando i frequenti rientri in patria stimolano un nuovo cambiamento nella sua pittura. La Mosca sovietica e post sovietica acquisisce lo stesso valore di fatto artistico che ebbe Parigi per gli Impressionisti o la profonda America per Edward Hopper. La Mosca di Mikhail Roginsky, un mondo ispirato dalla sua memoria e immaginazione, spinge lo spettatore alla «riconoscibilità» di luoghi, situazioni e personaggi concreti. Stimolando chi guarda a percepire le tele bidimensionali come un corrispettivo della realtà.

S.E.