Angela Hewitt, “la più grande interprete di Bach della nostra epoca” a Roma

Hewitt 2012   4 credit Bernd Eberle ridotta

Atteso ritorno a Roma della pianista canadese Angela Hewitt, molto amata dal pubblico e ammirata dalla critica di tutto il mondo, che l’ha definita “la più grande interprete di Bach della nostra epoca” (The Guardian), “la pianista che rappresenterà Bach nei prossimi anni” (Stereophile: una previsione di qualche anno fa, oggi ampiamente realizzatasi), “la risposta più elettrizzante e coerente a Gould e ai suoi moderni epigoni” (La Repubblica).

Suonerà in due concerti alla IUC, martedì 2 febbraio alle 20.30 per la stagione in abbonamento e mercoledì 3 febbraio alle 11.00 per il ciclo “Musica Pourparler”, pensato specialmente per il pubblico più giovane ma aperto a tutti gli appassionati.

Nel concerto di martedì non può mancare l’autore preferito della Hewitt, Johann Sebastian Bach, e precisamente la Partita n. 2 in do minore BWV 826, una delle sei composizioni di tal genere pubblicate una all’anno dal 1726 al 1731, come prima parte della Clavier Übung (Esercizio per tastiera), ed è quindi una delle poche opere di Bach ad aver avuto l’onore della stampa durante la vita dell’autore. Si tratta in pratica di una suite di danze, in cui lo spirito galante di gusto francese allora predominante nella musica di danza viene nobilitato da Bach e reso più robusto e interessante da intrecci contrappuntistico fitti eppure delicati. La presunta seriosità germanica di Bach non rifiuta qui la piacevolezza e si concede anche spunti scherzosi, come negli ultimi due movimenti, Rondeaux e Capriccio. La Hewitt da giovane ha studiato anche danza e questo l’aiuta molto, come riconosce ella stessa, a ricreare il ritmo e lo spirito giusti delle diverse danze settecentesche. Di lei è stato scritto che “a ogni nota, a ogni dinamica, a ogni colore o spostamento di peso o di fraseggio esprime, anzi proclama, la gioia di ricreare sullo strumento di oggi quella musica (Bach) senza peso né epoca”.

Prima e dopo Bach la Hewitt suona alcune Sonate di un altro genio del periodo  barocco, Domenico Scarlatti. Sono undici Sonate (in re minore K. 9, do maggiore K. 159, si minore K. 87, la maggiore K. 24, si minore K. 377, re maggiore K. 96, do maggiore K. 513, fa maggiore K. 82, la minore K. 109, re minore K. 141, fa minore K. 481) delle 555 scritte dal compositore napoletano. Hanno le dimensioni di una miniatura, ma ognuna di loro è una miniera di idee sorprendenti e vivaci. Sono quasi tutte in tempo velocissimo ma la Hewitt ne ha scelte anche alcune lente, che rivelano una cantabilità e una malinconia già preromantiche.

Si lascia il Settecento con l’ultimo pezzo in programma, la Sonata No. 26 in mi bemolle maggiore, op. 81a “Gli addii” di Ludwig van Beethoven, il cui titolo si riferisce alla partenza da Vienna del suo allievo e amico Rodolfo d’Asburgo, costretto nel 1809 ad allontanarsi da Vienna per l’avvicinarsi delle truppe francesi, che infatti da lì a poco occuparono la città. La destinazione privata della Sonata trova un puntuale corrispettivo nelle sue sonorità sobrie e contenute, nelle dimensioni non vaste e nell’assenza di drammatiche estroversioni, sostituite da sentimenti più intimi e familiari.

Il giorno dopo, mercoledì 3 febbraio alle 11.00, Angela Hewitt sarà all’Aula Magna per una conferenza-concerto della serie “Musica Pourparler”: anche in questo caso suonerà Bach, Scarlatti e Beethoven. Questi incontri della mattina sono pensati particolarmente per gli studenti, sia delle medie e delle superiori che dell’università, ma si rivolgono a tutti gli appassionati e specialmente ai tantissimi ammiratori della Hewitt.

Angela Hewitt è tra le pianiste più conosciute a livello mondiale. Il suo decennale progetto dedicato alla registrazione di tutte le maggiori opere per tastiera di Bach è stato definito “una delle glorie discografiche dei nostri tempi” (The Sunday Times). E’ costantemente in viaggio per i suoi impegni musicali e ha tre case, a Londra, Ottawa (sua città d’origine in Canada) e in Umbria, une regione che ama particolarmente e dove da dieci anni è direttore artistico del Trasimeno Music Festival, da lei fondato.

 

Mauro Mariani

 

 

 

 

 

La MOENA SKI ALP 2016 a Trettel e Deflorian

podio femminileNessuna sorpresa alla terza edizione della Moena Ski Alp, competizione scialpinistica in notturna che ha illuminato per una serata davvero speciale il famoso tracciato Fiamme Oro della ski area Alpe Lusia in Val di Fassa.

Confermando quanto fatto a Ziano nella I prova del Trofeo IV Valli (circuito Dolomiti Sotto Le Stelle), anche a Moena si sono imposti Thomas Trettel dell’As Cauriol e Beatrice Deflorian dell’US Cornacci. Nulla da fare quindi per i 250 sci alpinisti presenti all’evento che, invano, si sono dati battaglia in una appassionatissima sfida al chiaro di luna.

Trettel ha preceduto Ivo Zulian e Mattia Giuliani, entrambi dei Bogn Da Nia, con lo straordinario tempo di 16’09 mentre la Deflorian ha bissato il successo dello scorso anno fermando il cronometro a 20’19, davanti a Carla Iellici (Bogn Da Nia) e Giorgia De Marco (I Piazaroi). Per quanto riguarda le classifiche junior, invece, primo posto per Manuela De Nardi  (Dolomiti Ski Alp) in campo femminile e  Luca Ventura (U.S. Lavazè) in campo maschile.

La classifica delle società vede attualmente in testa i Bogn Da Nia con 4.687 punti. Seguono I Piazaroi  (3.271 punti) e i Bela Ladinia (2.600 punti).

podio maschile

Un particolare  ringraziamento va a tutti coloro che hanno contribuito alla buona riuscita della manifestazione: il Soccorso Alpino di Moena, la A.s. Cauriol di Ziano, la Polizia di Stato di Moena, gli impianti a fune Alpe di Lusia e lo Chalet Valbona per l’accoglienza, gli Alpini di Moena, il Cai Sat di Moena e tutti i volontari della Val di Fassa Events.

La prossima prova del Trofeo IV Valli avrà luogo mercoledì 10 febbraio 2016  a San Martino di Castrozza con il Memorial Maurizio Zagonel.

 

Il duo pianistico Carbonara- Maio dall’America di Gershwin alla Russia di Stravinsky

Mercoledì 3 febbraio alle 18.00 il duo pianistico Michelangelo Carbonara – Antonello Maio è il protagonista del concerto della stagione di concerti di Roma Sinfonietta presso l’Università di Roma “Tor Vergata” (Auditorium “Ennio Morricone”, Macroarea di Lettere e Filosofia, via Columbia 1).

La prima metà del programma è dedicata a quella musica classica moderna che affonda le sue radici nel jazz. Naturalmente il primo posto spetta a George Gershwin, il creatore del jazz sinfonico, e precisamente al suo Un americano a Parigi, il famosissimo “poema sinfonico” del 1928, composto al ritorno da un viaggio in Francia. A partire da questa musica Vincente Minnelli realizzò poi l’omonimo film musicale con Gene Kelly e Leslie Caron, che vinse vari Oscar nel 1951.

Il secondo compositore in programma è l’italoamericano John Corigliano jr, vincitore di numerosi premi, tra cui il Pulitzer, cinque Grammy per la miglior composizione di classica contemporanea e un Oscar per “The red violin” nel 1999. Carbonara e Maio eseguiranno il suo Kaleidoscope for two pianos, eseguito per la prima volta al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1961. Come indica il titolo, è un mosaico colorato formato da varie cellule sonore cangianti, alcune nello spirito del ragtime, altre liriche e cantabili. Il terzo compositore è una sorpresa: si tratta infatti dell’ucraino Nikolaj Kapustin, oggi quasi ottantenne, che in pieno regime sovietico componeva secondo i modi della melodia e dell’armonia jazzistiche, come dice chiaramente il titolo della sua composizione proposta ora da Carbonara e Maio: Paraphrase on D.Gillespile’s  “Manteca” op.129.

La seconda parte del concerto è interamente dedicata a uno dei capolavori assoluti del Novecento, Le sacre du Printemps (Il rito della primavera) di Igor Stravinsky, che alla sua prima esecuzione – nel 1913 a Parigi, durante la stagione di danza dei Ballets russes – causò un memorabile scandalo, perché una parte del pubblico cominciò a fischiare e urlare già pochi secondi dopo l’inizio, causando la reazione non meno violenta dei sostenitori di Stravinsky: si andò avanti così fino alla fine e fu praticamente impossibile ascoltare una sola nota. Poi questa musica divenne popolarissima, al punto che Walt Disney la inserì in Fantasia. Come indica il sottotitolo “Quadri della Russia pagana”, Stravinsky volle ricreare un momento della vita della Russia primitiva e precisamente il rito del sacrificio di una vergine agli dei per propiziare l’arrivo della primavera. Fu soprattutto la violenza ritmica a scatenare l’ira del pubblico tradizionalista, ma è esattamente questa scoperta di nuovi e irregolari schemi ritmici ad aver fatto del Sacre du Printemps una pietra miliare della musica moderna.

Michelangelo Carbonara e Antonello Maio hanno ciascuno un’importante attività concertistica, che li ha portati nelle più importanti sale da concerto in Europa, America e Asia, da soli, in gruppi da camera e con grandi e prestigiose orchestre.

 

Mauro Mariani

 

Ciak in Brass: trascrizioni di celeri musiche da film con l’Italian Brass Band

Italian-Brass-Band

 

Famose musiche da film eseguite dalla Italian Brass Band diretta da Filippo Cangiamila, mercoledì 27 gennaio all’Auditorium “Ennio Morricone” dell’Università di Roma “Tor Vergata” (Macroarea di Lettere e Filosofia, via Columbia 1) per la stagione di concerti dell’Associazione Roma Sinfonietta.

Con quale altra musica si può aprire questo concerto se non con la sigla della 20th Century Fox, che tutti hanno sentito decine o centinaia di volte, ma di cui pochissimi  conoscono il nome dell’autore, Alfred Newman, che ha vinto nove Oscar, il record per un compositore.

Seguono famosissime colonne sonore di altri grandi musicisti che hanno lavorato per Hollywood. Ci sono Alan Silvestri con “Forrest Gump”, Hans Zimmer con “Pearl Harbour” e “Pirates of the Caribbean”, John Williams con “Hook-Capitan”, “Schindler’s List” e “Jurassic Park”, John Barry con “Balla coi lupi” e i vari compositori che hanno scritto le musiche per la avventure cinematografiche di James Bond dal primo con Sean Connery nel 1962 ad oggi.

E c’è anche Richard Strauss, autore “a sua insaputa” dei celeberrimi accordi iniziali di “Odissea nello spazio”, che Stanley Kubrick prese dal poema sinfonico “Così parlò Zarathustra” del 1896.

L’Italian Brass Band – composta da musicisti accuratamente selezionati provenienti dalle più prestigiose bande, orchestre ed ensembles musicali italiani – è stata fondata nel novembre del 2013. Quindi ha una storia recente, ma ricca di eventi e successi. Ha tenuto numerosi concerti in tutta Italia riscuotendo successi e facendosi apprezzare per l’alta qualità delle esecuzioni, la difficoltà del repertorio proposto e l’abilità tecnica ed espressiva dei suoi solisti. Nel 2015 ha vinto il Primo Posto nella Challenge Section dell’European Brass Band Championship a Frigurgo (Germania), la più rappresentativa competizione europea in questo campo.

 

Mauro Mariani

 

Un ricordo di Ettore Scola

Il Sovrintendente Maurizio Roi, il Consiglio di Amministrazione e tutte le Maestranze della Fondazione Teatro Carlo Felice, appresa la notizia della scomparsa del Maestro Ettore Scola, ricordano con rammarico la sua recentissima presenza nella regia teatrale dell’opera La Bohème andata in scena al Carlo Felice dal 17 dicembre 2015 al 3 gennaio 2016.

Un grande Maestro, ricco di umanità e grande attenzione verso le nuove generazioni, che ha dedicato tutta la vita, nell’oltre mezzo secolo della sua straordinaria carriera, alla cultura e agli insegnamenti sia sul panorama nazionale che internazionale, facendone una figura di riferimento assoluta.

Marina Chiappa

 

Il Tour de Pologne evento sportivo dell’anno in Polonia

Tour de Pologne miglior evento dell'annoLa macchina organizzativa è già in piena attività per l’edizione 2016 ma nel frattempo per il Tour de Pologne è arrivato un importante riconoscimento che premia e sottolinea il grande lavoro svolto nel 2015. Il Tour de Pologne è stato eletto come migliore evento sportivo polacco del 2015. Si tratta di un premio prestigioso, creato e assegnato ogni anno da “Przeglad Sportowy” che è il principale quotidiano sportivo della Polonia, nonché tra gli inventori del Tour de Pologne. Un premio destinato a valorizzare gli atleti e i grandi eventi sportivi andati in scena con successo sul territorio polacco. In questo settore si tratta del secondo riconoscimento più longevo al mondo. Il primo fu creato in Svezia nel 1925 mentre in Polonia esiste dal 1926. La cerimonia, nel corso della quale sono stati anche votati dal pubblico (tra 20 nomination) i 10 migliori atleti polacchi dell’anno (8° posto per Rafal Majka), si è svolta sabato sera a Varsavia ed è stata anche trasmessa in diretta televisiva da TVP. A questa soddisfazione per il Tour de Pologne si aggiunge quella di vedere il suo direttore generale Czeslaw Lang nella Top10 della classifica dei personaggi più influenti dello sport polacco stilata dall’edizione polacca della rivista di economia e finanza Forbes (classifica redatta in collaborazione con Pentagon Research). Czeslaw Lang si attesta al 9° posto circondato da stelle dello sport di livello mondiale quali il bomber del Bayern Monaco Robert Lewandowski (1°) la tennista Agnieszka Radwanska (3°) la leggenda del salto con gli sci Adam Malysz (6°) e la sciatrice Justyna Kowalczyk (8°). Della Top10 oltre a Lang solamente altri due personaggi non sono atlei in attività: il presidente della Federcalcio polacca Zbigniew Boniek (2°) e Zygmunt Solorz (7°) proprietario della piattaforma TV Cyfrowy Polsat. La classifica vede le due stelle del ciclismo polacco Michal Kwiatkowski e Rafal Majka (vincitore del TDP 2014) rispettivamente al 31° e al 38°posto.

“Questi riconoscimenti sono due belle soddisfazioni che testimoniano come il ciclismo rivesta ormai un ruolo sempre più considerevole nell’economia dello sport polacco. Edizione dopo edizione con il Tour de Pologne stiamo raccogliendo risultati sempre più importanti. Lo dimostrano gli ascolti TV e soprattutto la costante crescita dell’entusiasmo che orbita attorno alla gara e al ciclismo in generale unitamente al grande sviluppo del movimento ciclistico polacco a livello di squadre e corridori. Il Tour de Pologne vive sulla strada, attraversa le camapgne, i paesi e le città, entra nelle case con la tv, la radio, i giornali e il web, è un evento cha appartiene alla gente, che fa sognare i bambini con le imprese dei campioni, infiamma gli animi dei tifosi e appassiona a tutte le età. L’amore del pubblico, è questo il segreto del successo del ciclismo” sottolinea Czeslaw Lang.

“Five versions of darkness” proposto da Emanuele Arciuli

Emanuele Arciuli (1)

“Five versions of darkness” è il titolo del concerto del pianista Emanuele Arciuli alla IUC, sabato 23 gennaio alle 17.30 nell’Aula Magna della Sapienza. Questo programma, ideato specialmente per la IUC, è un viaggio nella notte, come la hanno sentita ed espressa cinque diversi musicisti, a partire dai romantici Schumann e Liszt – perché sono stati i romantici a scoprire il fascino misterioso e inquietante della notte – per arrivare al Novecento di Bartok e ai contemporanei Crumb (che a sua volta coinvolge nel proprio pezzo anche Thelonius Monk) e Sciarrino.

Emanuele Arciuli si è imposto come una delle voci più originali e interessanti della nuova scena concertistica. Il suo repertorio spazia da Bach alla musica d’oggi, di cui è considerato uno dei più convinti interpreti. Con molti compositori, soprattutto americani, ha stabilito un proficuo rapporto di stima e collaborazione. È professore ospite al College Conservatory of Music di Cincinnati, alla UCLA di Los Angeles e in altre università americane. È regolarmente ospite di prestigiose istituzioni musicali internazionali, fra cui Teatro alla Scala e Berliner Festwochen e suona con importanti orchestre, come quelle di Rotterdam, Bruxelles, Indianapolis, Vienna, San Pietroburgo, Rio de Janeiro e la Sinfonica Nazionale della RAI. Ha inciso numerosi cd, tra cui quello dedicato a musiche di Adams e Rzewski è stato votato dalla critica come miglior disco italiano del 2006. Nel 2011 gli è stato conferito dalla critica musicale italiana il Premio Abbiati come miglior solista dell’anno.

Arciuli apre il suo recital con i Gesänge der Frühe op. 133. Scritti nel 1853, sono una delle ultime composizioni di Robert Schumann, ormai affetto da gravi disturbi emotivi e mentali, che di lì a poco lo avrebbero condotto a un tentativo di suicidio e alla follia. Questi Canti dell’aurora non emergono dalla notte alla luce, nonostante il titolo, ma sono anzi irresistibilmente attratti dalle tenebre, in questo caso le tenebre della follia, che cominciavano ad avvolgere il compositore. Con questi cinque brevi pezzi dal tono intimo e semplice, ma anche sfuggenti e inafferrabili, Schumann dà dunque il suo addio alla luce e alla vita.

Seguono i Notturni nn. 1 e 3 del 1998 di Salvatore Sciarrino, il compositore italiano contemporaneo più eseguito nel mondo. Nella musica di Sciarrino, che si vanta di essere nato libero e di non appartenere a nessuna scuola, si avverte qualcosa di veramente particolare, che induce ad un diverso modo di ascoltare e ad un’emozionante presa di coscienza di sé e del mondo sonoro circostante. La sua musica, impalpabile come un sottile pulviscolo di suoni iridescenti, si spinge talvolta fino al confine tra suono e silenzio e i suoi titoli evocano spesso l’ombra e la notte.

Si torna all’Ottocento con Franz Liszt, che in Après une lecture de Dante del 1856 interpreta la “Divina Commedia” con un approccio iper-romantico. L’Inferno è qui rappresentato da un tema in cui appare ripetutamente la quinta diminuita, definita “diabolus in musica”, mentre il Paradiso è rappresentato da un mistico corale. E alla fine appaiono tre temi distinti ma uniti, che simboleggiano le tre teste del Satana dantesco.

Segue Eine kleine Mitternacht Musik dell’ottantesettenne Georg Crumb, uno dei padri fondatori della musica contemporanea americana, di cui Arciuli è considerato uno dei maggiori interpreti, non solo in Europa ma negli Usa stessi, come dimostra la nomination ai Grammy Awards del suo cd dedicato a Crumb. Il titolo di questo lavoro del 2001 allude chiaramente a una famosissima composizione di Mozart, ma in realtà non ha nulla a che vedere col compositore salisburghese: si tratta invece, secondo la definizione dell’autore stesso, di “ruminations around Round Midnight“, il famoso brano di Thelonius Monk.

Il concerto si conclude con Im Freien.Sz 81 (“All’aperto”) del 1926 di Bela Bartók. Il più noto e ampio di questi cinque brevi pezzi è il quarto – dedicato alla moglie del compositore e intitolato “Musica della notte” – dove sonorità pianistiche inedite ricreano in un’atmosfera sospesa e misteriosa i suoni notturni della natura.

 

Mauro Mariani

 

Le azzurre Federica Brignone, Irene Curtoni e Manuela Moelgg in allenamento al Passo San Pellegrino

I010594-azzurre_Passo-San-PellegrinoTre ragazze molto speciali hanno sciato questa mattina al Passo San Pellegrino. Stiamo parlando di Federica Brignone, Irene Curtoni e Manuela Moelgg che insieme all’allenatore responsabile Gianluca Rulfi si sono allenate sulla pista Le Coste in vista delle prove di Slalom e Gigante che nel weekend del 30 e 31 gennaio le vedrà impegnate a Maribor, in Slovenia. Non si tratta di una novità, visto che, grazie all’accordo tra la FISI e la Val di Fassa, il Passo San Pellegrino è tra le località sciistiche preferite dalla squadra nazionale di sci alpino, maschile e femminile.

È sempre un piacere tornare al Passo San Pellegrino” ha affermato Gianluca Rulfi. “Le piste sono ottime, sempre perfettamente innevate. La pista Le Coste, in particolare, ha caratteristiche ideali per i nostri allenamenti. Bella larga e con pendenza media, permette di fare curve ampie e facilitare lo scorrimento degli sci.”

Seaside di Giuseppe Ripa ad Arte Fiera Bologna

1 - G Ripa_Italia

 

Nella serie fotografica Seaside, che Giuseppe Ripa espone alla quarantesima edizione di Arte Fiera Bologna nello stand Romberg Photo (Padiglione 32, Stand A/6), la spiaggia diventa teatro di eventi in grado di modificarne radicalmente la percezione di luogo di socialità e divertimento.

In Seaside questa percezione viene ribaltata: un luogo di commedia si trasforma in un luogo di tragedia, la geografia lascia il posto alla storia.

Dopo Base / Debase, il polittico di grandi dimensioni presentato nella scorsa edizione di Arte Fiera, l’indagine artistica di Giuseppe Ripacontinua ad interrogare alcuni degli aspetti topici della nostra storia contemporanea, con particolare riguardo alle situazioni di caos e di conflitto, alle migrazioni e al degrado ambientale.

Giuseppe Ripa (1962) vive a Milano. Ha esposto ad Arte Fiera Bologna, stand Romberg Photo, nel 2015 con la serie Base / Debase (dal ciclo Seaside), nel 2014 con la monograficaSeasidee in numerose mostre personali: al Museo di Arti Visive di Palazzo Collicola a Spoleto (In un certo senso una mostra antologica, 2013, a cura di Gianluca Marziani, inclusa negli eventi del 56° Festival dei 2Mondi) dove è stata presentata per la prima volta la serie Seaside; alla Galleria Romberg Arte Contemporanea di Latina (Twilight, 2012, a cura di Italo Bergantini e Alessandro Trabucco); all’Ambasciata d’Italia di Washington e all’Istituto Italiano di Cultura di Chicago, in occasione degli eventi per i 150 anni dell’Unità d’Italia (Liminal, 2011, a cura di Renato Miracco); alla Leica Gallery di New York (Moondance, 2010, con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura, a cura di Renato Miracco); alla Galleria Spazio Milano di Unicredit Banca (Lightly, 2008, a cura di Walter Guadagnini); al Centro Trevi di Bolzano (Tibet, 2007, promossa dal Consiglio Regionale del Trentino-Alto Adige Südtirol); al Museo Diocesano di Milano (Anima Mundi, 2004, a cura di Paolo Biscottini). L’editore Charta ha pubblicato sette suoi cicli fotografici: Liminal, Moondance, Aquarium, Lightly, Memorie di pietra, Tibet, Anima Mundi.

Seaside, Arte Fiera, Bologna, Galleria Romberg Photo, Padiglione 32, Stand A/6, da venerdì 29 gennaio a domenica 31 gennaio dalle 11 alle 19; lunedì 1 febbraio dalle 11 alle 17.

 

Delos

Sfruttamento minorile per smart phone e batterie automobili? Un rapporto di A.I.

In un rapporto pubblicato ieri, Amnesty International e Afrewatch hanno chiesto alle aziende di apparecchi elettronici e alle fabbriche automobilistiche di dimostrare che il cobalto estratto nella Repubblica Democratica del Congo grazie al lavoro minorile non viene usato nei loro prodotti. Il rapporto ricostruisce il percorso del cobalto estratto nella Repubblica Democratica del Congo: attraverso la Congo Dongfang Mining (Cdm), interamente controllata dal gigante minerario cinese Zheijang Huayou Cobalt Ltd (Huayou Cobalt), il cobalto lavorato viene venduto a tre aziende che producono batterie per smart phone e automobili: Ningbo Shanshan e Tianjin Bamo in Cina e L&F Materials in Corea del Sud. Queste ultime riforniscono le aziende che vendono prodotti elettronici e automobili. Ai fini della stesura del rapporto, Amnesty International ha contattato 16 multinazionali che risultano clienti delle tre aziende che producono batterie utilizzando il cobalto proveniente dalla Huayou Cobalt o da altri fornitori della Repubblica Democratica del Congo: Ahong, Apple, BYD, Daimler, Dell, HP, Huawei, Inventec, Lenovo, LG, Microsoft, Samsung, Sony, Vodafone, Volkswagen e ZTE. Una ha ammesso la relazione, quattro hanno risposto che non lo sapevano, cinque hanno negato di usare cobalto della Huayou Cobalt, due hanno respinto l’evidenza di rifornirsi di cobalto della Repubblica Democratica del Congo e sei hanno promesso indagini. Nessuna delle 16 aziende è stata in grado di fornire informazioni dettagliate, sulle quali poter svolgere indagini indipendenti per capire da dove venga il cobalto. Il fatto certo è che la Repubblica Democratica del Congo produce quasi la metà del cobalto a livello mondiale e che oltre il 40 per cento del cobalto trattato dalla Huayou Cobalt proviene da quello stato. Mentre le aziende produttrici di apparecchi elettronici o batterie automobilistiche fanno lucrosissimi profitti, calcolabili in 125 miliardi di dollari l’anno, e non riescono a dire da dove si procurano le materie prime, nella Repubblica Democratica del Congo i bambini minatori – senza protezioni fondamentali come guanti e mascherine – perdono la vita: almeno 80, solo nel sud del paese, tra settembre 2014 e dicembre 2015 e chissà quanto questo numero è inferiore a quello reale. Secondo l’Unicef, nel 2014 circa 40.000 bambini lavoravano nelle miniere delle regioni meridionali della Repubblica Democratica del Congo. Prevalentemente, nelle miniere di cobalto. Come Paul, 14 anni, orfano. È uno degli 87 minatori o ex minatori incontrati da Amnesty International in vista del rapporto. Ha iniziato a lavorare nella miniera a 12 anni. Ha già i polmoni a pezzi: “Passo praticamente 24 ore nei tunnel. Arrivo presto la mattina e vado via la mattina dopo. Riposo dentro i tunnel. La mia madre adottiva voleva mandarmi a scuola, mio padre adottivo invece ha deciso di mandarmi nelle miniere”. Il cobalto è al centro di un mercato globale privo di qualsiasi regolamentazione. Non è neanche inserito nella lista dei “minerali dei conflitti” che comprende invece oro, coltan, stagno e tungsteno. Il rapporto Democratic Republic of the Congo: “This is what we die for”: Human rights abuses in the Democratic Republic of the Congo power the global trade in cobalt è disponibile all’indirizzo: https://www.amnesty.org/en/documents/afr62/3183/2016/en/

Amnesty International Italia