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XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C – LUCA 9, 51-62
51. Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme
In questa tredicesima domenica del tempo ordinario, il Vangelo di Luca ci presenta il viaggio di Gesù verso Gerusalemme e le esigenze della sequela di Cristo.
Sta per concludersi la missione terrena di Gesù. Lo attende la morte, il suo innalzamento sulla croce e il suo ritorno al Padre, che Luca chiama elevazione, assunzione (rapimento).
Nel testo originale, la decisione di Gesù di partire per Gerusalemme è espressa letteralmente con le parole “rese duro il suo volto per partire verso Gerusalemme”, citando il terzo canto del Servo di Jahvé: “rendo la mia faccia dura come pietra sapendo di non restare deluso” (Isaia 50,7). Gesù è determinato ad andare fino in fondo nel suo destino di sofferenza, in modo fermo e irrevocabile, pur di essere fedele al Padre.
Così anche noi dobbiamo “indurirci”, essere determinati nella scelta di seguire Cristo, la sua umiltà, la sua donazione, il suo essere tutto del Padre e tutto degli uomini. In questo contesto, “indurimento” non è egoismo e durezza di cuore, ma fortezza nel perseguire gli ideali e la scelta di vita a cui Cristo ci chiama. “In cammino verso Gerusalemme”: a Gerusalemme si compirà la missione e Gesù è il Pellegrino che torna alla Casa del Padre, il Samaritano che, dopo aver soccorso l’umanità ferita, raggiunge la meta del suo viaggio.
52. e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Fra i due percorsi possibili per raggiungere Gerusalemme, Gesù sceglie di attraversare la Samaria, anche se è una regione ostile, invece di costeggiare il fiume Giordano. Gesù manda i suoi discepoli ad annunciare il suo arrivo nei villaggi, in modo che si possa radunare la gente. I samaritani, considerati pagani (provengono da popolazioni straniere che hanno ripopolato la regione durante la prima deportazione del popolo di Israele in Babilonia), non vogliono accogliere Gesù, trattando male sia lui che i discepoli, così come facevano abitualmente con tutti i pellegrini diretti a Gerusalemme. “Mandò messaggeri”: richiama Malachia 3,1: “Ecco, io vi mando il mio messaggero, che spianerà la via davanti a me”, dove si parla dell’angelo inviato a preparare il giorno del Signore. Anche il Battista è stato inviato per preparare l’accoglienza a Gesù: “E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade” (Luca 1,76).
“Villaggio di Samaritani”: Gesù si è presentato come il Buon Samaritano e, invece, proprio dai Samaritani, gli esclusi dal popolo di Israele, viene respinto e allontanato. Aveva assunto un samaritano come esempio nella sua parabola del “Buon Samaritano”, invece proprio dai Samaritani riceve l’opposizione.
54. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. 55. Si voltò e li rimproverò. 56. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Lo stile mite e umile di Gesù è in contrasto con quello irruento dei discepoli che vogliono intervenire, sull’esempio di Elia: egli aveva invocato il fuoco per divorare due drappelli di cinquanta uomini che il re Acazia aveva mandato per rapirlo e farlo condannare (cfr. 2 Re 1,10). Non così fa Gesù. Egli vuole salvare tutti, anche i nemici. “Giacomo e Giovanni”: i due discepoli sono gli stessi che vogliono i primi posti accanto a Gesù. Attendevano un Messia rivoluzionario, si trovano davanti a un Messia mite ed umile, che perdona e salva, che attende e pazienta, che sceglie l’ultimo posto e non il primo. L’ideologia ebraica voleva un Messia glorioso e nazionalista. Gesù, invece, è un Messia Servo. “Vuoi che diciamo”: i discepoli vogliono in qualche modo difendere il Maestro, ma non hanno capito che Egli sceglie la mitezza e non la potenza, l’umiltà e non l’arroganza, la debolezza e non la forza. “Si voltò”: questo verbo indica che Gesù cammina davanti ai discepoli. “Li rimproverò”: entrare nella logica di Gesù significa lasciare da parte quella umana, basata sulla vendetta, sul regolamento dei conti, sulla ripicca. Il rimprovero di Gesù non è ira, ma è l’accorato appello di un educatore, di una madre, di un padre: vuole far tornare sulla retta via i propri discepoli. “Verso un altro villaggio”: Cristo non si blocca di fronte al rifiuto, continua e persevera nel suo cammino. Cambia solo il luogo di annuncio. È forte nelle prove e non si sgomenta quando subisce incomprensioni.
57. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”. 58. E Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Inizia l’elenco delle disposizioni che è necessario avere per seguire Gesù. Vengono presentati tre diversi casi. La prima persona si dichiara pronta a seguire Gesù dovunque vada, ma si rende disponibile senza essere chiamata. Solo l’elezione da parte di Gesù consente di divenire discepoli. Egli è senza
dimora, senza sicurezza, è perseguitato e senza appoggi. La sua condizione di precarietà è peggiore di quella degli animali, che, almeno, sanno dove potersi rifugiare. Gesù proclama con chiarezza le difficoltà del cammino del discepolo. Non vuole “reclutare”, non cerca di raccogliere numeri ingenti di discepoli, non illude e presenta chiaramente la durezza del cammino da intraprendere. Chi vuole seguirlo prima di tutto deve essere chiamato, poi deve accettare la povertà, l’insicurezza, la croce, l’incomprensione, l’umiliazione, il fallimento. Solo così realizzerà il progetto del Padre. Dobbiamo dare ragione della nostra fede, ponendo la nostra sicurezza in Dio, la nostra fiducia nella
sua continua presenza accanto a noi, il nostro coraggio nella sua forza, la nostra gioia nella sua beatitudine.
59. A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose: “Signore, permettimi di andare prima a
seppellire mio padre”. Il secondo personaggio è chiamato da Gesù stesso, è sua l’iniziativa. L’interlocutore tergiversa, chiede una proroga per poter seguire i genitori. Uno dei doveri più sacri del popolo ebreo è quello di pensare ai genitori fino alla loro morte, come espressione del quarto comandamento.
60. Gli replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”. Gesù utilizza un linguaggio molto esigente e radicale per scuotere e per mettere davanti al discepolo la centralità del Regno di Dio, davanti alla quale tutto cade in secondo piano. Siamo chiamati a lasciare il passato, a non fermarci alle ferite che ci hanno segnato, a non farci bloccare dai condizionamenti esterni. I doveri verso i propri familiari passano in secondo ordine; non perché non siano importanti, ma perché ci sono delle priorità.
61. Un altro disse: “Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”. 62. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio”. Un terzo personaggio chiede di andare a salutare i genitori, forse intendendo un periodo di tempo, ma Gesù non ammette ritardi. Nella sequela è necessario superare la nostalgia, lasciare da parte quei legami che potrebbero impedire di essere totalmente disponibili per il Regno. “Nessuno che mette mano all’aratro”: il versetto si riferisce alla vocazione di Eliseo, chiamato mentre stava arando con dodici paia di buoi. Egli brucia subito il suo aratro e sacrifica i buoi per seguire la chiamata di Dio: “Allontanatosi da Elia, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con gli
attrezzi per arare ne fece cuocere la carne e la diede alla gente, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio” (1Re 19,21). Gesù è in continuità con la parola dei profeti, ma è più esigente. Siamo chiamati a vivere intimamente la sua vita, a seguire le sue orme, fino alla morte.
Egli ci vuole dietro a sé per condividere il progetto del Padre, per vivere il mistero pasquale nella sua totalità, dalla passione alla resurrezione. Per far questo dobbiamo utilizzare con libertà i beni materiali e le certezze passeggere, allo scopo di conseguire obiettivi che non vengono meno. “Si volge indietro”: per arare un terreno il contadino non può girarsi, distrarsi, altrimenti rovina il lavoro e il solco diventa storto. Altro esempio è anche alla moglie di Lot, in fuga da Sodoma in fiamme: ella si voltò indietro, contrariamente al divieto di farlo, e rimase di sale: “Il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale” (Genesi 19,24-26).
“Adatto per il regno di Dio”: se abbiamo attaccamenti a cose, persone o al proprio io; se cerchiamo altre sicurezze, se vogliamo la gloria del mondo, non possiamo essere testimoni credibili del Regno. Saremmo come sale senza sapore (cfr. Luca 14,34).
Se superiamo la tentazione di tergiversare, di stare attaccati al nostro passato, di ancorarci alle nostre cose, saremo associati al cammino di Gesù. “Se qualcuno vuol venire dietro me rinneghi se stesso” (Luca 9,23). Questo è possibile solo in un rapporto di grande comunione con il Signore, che ci fa sentire il suo amore e ci appaga nell’intimo. Potremo così vincere il nostro “io”, nonostante ogni tendenza e resistenza contraria.
Gesù è il Figlio obbediente al Padre, che viene a redimere gli uomini. Chiamati a seguire Cristo, impariamo da Lui a essere fermi nella decisione di cercare il progetto di Dio, costi quello che costi. Se scegliamo il Signore, Lui deve essere veramente “il Signore” della nostra vita, non un appiglio a cui aggrapparsi solo nel bisogno. “Mio Dio, mio Tutto”, diceva San Francesco. Sia veramente Dio il nostro Tutto, la nostra Vita, la nostra Felicità. Appagati dal Suo Amore, vivremo donando amore.
Suor Emanuela Biasiolo

A due interpreti il Premio Gian Maria Volontè

Grande attesa per la XIX^ edizione del festival La Valigia dell’attore, che si svolge ogni anno sull’isola di La Maddalena (SS), quest’anno in programma dal 26 al 30 luglio. In tale ambito il prestigioso Premio Gian Maria Volonté sarà assegnato per la prima volta a due interpreti.

Il 28 luglio salirà a ritirarlo, sul palco della Fortezza I Colmi, l’attrice Alba Rohrwacher. Fiorentina di origine e diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha lavorato con registi del calibro di Carlo Mazzacurati, Marco Bellocchio, Daniele Luchetti, Pupi Avati, Nanni Moretti, Paolo Genovese, Emma Dante, con numerose incursioni anche nel cinema internazionale al fianco di Doris Dorrie, Nicolas Saada, Arnaud Desplechin Jonathan Nossiter, Chloé Mazlo e Maggie Gyllenhaal.

Alba Rohrwacher

Il 30 luglio il Premio Volonté verrà invece conferito a Renato Carpentieri, per la sua lunga carriera artistica ricca di ricerca espressiva culturale in ogni ambito, dal teatro al cinema, lavorando con i più grandi registi di entrambi i settori. Il suo debutto sul grande schermo fu nel 1990 con Gianni Amelio nella trasposizione cinematografica di un romanzo di Leonardo Sciascia, Porte aperte: su quel set conobbe Gian Maria Volonté con il quale ebbe una forte intesa professionale e umana e che, per il ventennale della sua scomparsa, volle omaggiare rimettendo in scena Tra le rovine di Velletri, l’ultimo spettacolo scritto e diretto da Volonté e Angelica Ippolito nel 1994. Carpentieri sarà anche il conduttore del ValigiaLab 2022, in programma dall’1 all’8 agosto sull’isola di Caprera.

Renato Carpentieri in La filosofia di Bertrando Spaventa – ph Salvatore Pastore

Elisabetta Castiglioni (anche per le fotografie)

Torna MangiaFexpo lungo il fiume nel cuore di Ferrara

Dopo il grande successo dei primi due eventi dell’estate 2022, “Uain” e “Rio Latino”, arriva nella splendida location del Lungofiume Nuova Darsena di Ferrara, l’ottava edizione di MANGIAFEXPO, evento dedicato alla ristorazione di Ferrara e Provincia organizzata dall’Associazione Culturale Ugualetrentadue ETS, con il supporto di Dodicieventi di Stefano Zobbi. L’evento è Patrocinato dal Comune di Ferrara, con il supporto di Confesercenti Ferrara e con l’affiancamento a Visit Ferrara. Saranno 12 le aree di ristorazione, per l’occasione saranno 12 ormeggi, che per 4 settimane, dal 28 giugno al 24 luglio 2022, allieteranno i nostri palati con tante proposte, da quelle della tradizione a quelle più gourmet.

“Ringrazio gli organizzatori per questa importante iniziativa collocata nel nuovo spazio cittadino della Darsena che promuove il nostro territorio dal punto di vista culturale e imprenditoriale con eccellenze culinarie – ha affermato nel corso della conferenza stampa l’assessore Angela Travagli. È una bella occasione per associare cultura e cibo Ringrazio anche Marco Simoni per aver accettato di presentare il 6 luglio in questo contesto significativo per la città l’iniziativa di presentazione del docufilm dedicato a un vino delle nostre terre”. 

Sarà definito mano a mano un calendario di iniziative aggiornate sul sito dell’evento alla voce “iniziativa” e fra queste spicca certamente l’evento accennato: mercoledì 6 luglio alle 20 è infatti in programma una serata istituzionale che vedrà protagonista la prima proiezione Italiana del docufilm diretto e realizzato da Marco Simoni, un’opera che tra la fine di giugno e i primi giorni di luglio verrà trasmesso in prima TV su un canale cinese dedicato all’agroalimentare italiano e prodotto dalla redazione Italo-cinese Wine Channel s.r.l. Il Docufilm girato tra Ferrara e Comacchio nel febbraio scorso è stato dedicato al progetto di valorizzazione dell’antico vitigno autoctono ferrarese Russiola salvato dall’estinzione da una squadra di lavoro di cui lo stesso Simoni fa parte con Cantina Mattarelli oltre all’azienda Colombi e Fogli. Oltre al progetto Russiola il Docufilm metterà in luce uno spaccato a 360* del settore agroalimentare ferrarese e comacchiese.

In ordine di numerazione, partendo dall’entrata della rotonda Darsena/Corso Isonzo, sono collocati:
Ormeggio 1 – Osteria degli Ulivi, con proposte pugliesi e cucina mediterranea
Ormeggio 2 – Castello di Fossadalbero, con Cucina Insolita, Pesce e tanto altro
Ormeggio 3 – Koisushi, con Sushi e cibo orientale
Ormeggio 4 – Trattoria La Romantica – il Tipico e il Moderno
Ormeggio 5 – Orco Bacco – Tapas di Carne, Pesce e Champagne
Ormeggio 8 – Big Hop – Birre Artigianali e Arrosticini Abruzzesi
Ormeggio 9 – Street Burger Gourmet, Hamburgheria Artigianale e Birra Artigianale
Ormeggio 10 – Nonna Ines, Pasta Fresca, Tradizione e Gastronomia
Ormeggio 11 – Fraschetta a Roma se magna così, Cucina Romana
Ormeggio 12 – XI Comandamento, Hamburgheria e Birra
Ormeggio 13 – Lungofiume, Cocktail & Wine
Ormeggio 14 – Balebuste, Fresche note estive

Sul sito ufficiale di MangiaFexpo sarà possibile vedere e consultare i Menù di tutti i ristoranti e attraverso il QR CODE che sono collocati in giro per l’evento e in tutti i gazebo della ristorazione.

Tante le iniziative corollario della manifestazione, che permetteranno di mettere in luce il fiume e le attività del territorio.

Alessandro Zangara

Fai bei suoni al Museo del Saxofono

Al via la terza edizione della rassegna FAI BEI SUONI! al Museo del Saxofono di Fiumicino, che si svolgerà nei fine settimana del mese di luglio. Il titolo della manifestazione parafrasa il famoso libro “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini, “un libro dedicato a chi nella vita ha perso qualcosa, un amore, un lavoro, un tesoro e si è smarrito…” ma che poi, dopo una lotta incessante, ha saputo riconquistare la serenità. Nel periodo del lockdown, la musica ci ha aiutato a mantenere il filo dei nostri contatti con gli altri e con le nostre emozioni e “Fai Bei Suoni” intende, ancora una volta, celebrare il “riavvio” alla normalità con la potenza e l’importanza delle arti perché una vita senza arte e musica è solo una vita sbiadita…

Grande varietà di generi musicali per il festival che intende celebrare all’aria aperta il popolare strumento offrendo un ventaglio di proposte musicali di alta qualità. Attilio Berni, grande collezionista di saxofoni e direttore del Museo, ha pensato di diversificare il calendario con una serie di concerti serali, sul palco esterno della location che ospita la più grande collezione di saxofoni al mondo. Si inizia Sabato 2 luglio con lo spettacolo Jazz & Cabaret di Pablo & Pedro unitamente al concerto dixie della Continental Jazz BandDomenica 3 luglio sarà la volta dei del Duo Camilletti, nell’ambito degli eventi dedicati a  “I giovani virtuosi della musica”. Venerdì 8 luglio andrà in scena AcCordeOn di Stefano Indino e Michele Ascolese, prima del concerto di domenica 10 luglio con la RusticaXBand, ensemble di 25 giovani ragazzi vincitore dell’European Jazz Award e diretto dai Pasquale Innarella

Sabato 16 luglio il Vittorio Cuculo Quartet, formato da Vittorio Cuculo ai saxofoni, Gegè Munari alla batteria, Danilo Blaiotta al pianoforte e Enrico Mianulli al contrabbasso sarà l’unicum della settimana mentre il sabato successivo, 23 luglio sul palcoscenico sarà in azione il Dixie Summit, ovvero il Gotha del jazz tradizionale italiano, con Red Pellini al sax alto, Luca Velotti al clarinetto, Giorgio Cùscito al sax tenore, Gino Cardamone al banjo e Gianluca Galvani al sousaphone.

In conclusione della rassegna, sabato 30 luglio, l’esibizione del Pathorn SRIKARANONDA Quartet, unica tappa italiana del tour europeo del celebre saxofonista tailandese e ultima performance prima della pausa estiva, in attesa di settembre e della prossima edizione del Fiumicino Jazz Festival.

I concerti del Museo del Saxofono, saranno anticipati da gustose apericene (facoltative) che avranno inizio alle ore 20:30 al costo di  €15:00. I biglietti per i concerti, con inizio alle ore 21:30, sono acquistabili in loco o sul sito Liveticket. E’ consigliata la prenotazione.

Museo del Saxofono, via dei Molini snc (angolo via Reggiani), 00054 – Maccarese, Fiumicino (RM)

Elisabetta Castiglioni

Ruggero Savinio. Opere 1959-2022

La mostra Ruggero Savinio. Opere 1959-2022, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Silvana Editoriale, curata da Luca Pietro Nicoletti, è allestita nelle stanze dell’Appartamento dei Principi di Palazzo Reale fino al 4 settembre 2022.

Ruggero Savinio (Torino 1934) torna così a Milano con un’esposizione antologica che presenta al pubblico alcune opere in parte inedite, o che non si vedevano da molto tempo, provenienti da collezioni pubbliche e private, ma anche dai depositi del Museo del Novecento, e che ripercorrono per intero la sua vicenda artistica e biografica. Sono passati ventitré anni dal 1999, quando Milano ospitò nella Sala Viscontea del Castello Sforzesco una grande mostra dell’artista.

L’esposizione, che raduna dipinti, disegni e opere su carta, prende avvio dagli anni di formazione di Savinio avvenuti fra Roma, Parigi e soprattutto Milano: la città è teatro di una delle sue stagioni più intense e tormentate, quando l’artista era in cerca di un luogo dove radicarsi e trovare una propria identità umana ed artistica. La storia raccontata in questa mostra – affidata a un gruppo di studiosi coordinato da Luca Pietro Nicoletti – non è quella del figlio di Alberto Savinio e del nipote di Giorgio de Chirico, numi tutelari mai rinnegati ma tutto sommato lontani, eco sullo sfondo di questa esposizione: è, invece, il racconto autonomo di un uomo che ha fatto della pittura, come scrisse lui stesso nel 2008, la «melodia interna» della sua vita. Dei tre de Chirico, infatti, Ruggero è sicuramente quello più “pittore”, che pur amando la letteratura e portandone le care e grandi ombre nel proprio immaginario visivo, ha capito che la via, per lui nato negli anni Trenta del Novecento, era di recuperare quel valore retinico della pittura che si disfa sulla tela, che è tutta colore e materia, attraverso cui raggiungere le vette di un’immaginazione arcadica, di panica adesione alla natura; salire il picco del sublime nel silenzio maestoso delle rovine antiche, e calarsi infine  nella quiete domestica di anni maturi, finalmente sereni. Savinio punta, come ha scritto nel 2019 ne Il senso della pittura, a un “assoluto” pittorico scevro da possibili altre implicazioni, capace di guardare ai maestri del passato con la freschezza di una scoperta declinata al presente. Non un’arte che descrive, la sua, ma «una sorta di abbandono alla vitalità della pittura».

Per questo motivo è stato scelto di presentare Savinio come se i suoi quadri fossero nati per le dieci sale dell’appartamento neoclassico, fra modanature, specchiere e velluti, per ricordare come la sua ricerca abbia fatto continuamente i conti con il Museo ideale della pittura e con le grandi quadrerie antiche. La scoperta di quei maestri, e in particolare quelli del secondo Ottocento, era avvenuta nelle grandi collezioni europee, ma anche grazie alle opere visibili nelle raccolte pubbliche milanesi, dove nacque quell’amore sensuale per il colore che si posa sulla tela con un fremito di piacere.

È un Novecento “altro”, quello a cui appartiene, in cui soffia un vento nordico placato dalle luci del Mediterraneo, fedele alle proprie ragioni interne e indifferente alle mode più chiassose e mondane dell’arte del secondo Novecento. Ai ritmi del consumo dell’arte contemporanea, infatti, Savinio ha opposto una composta e imperturbabile visione del mondo, che abbraccia il crepuscolo dei poeti. Sotto l’epidermide sensibile di una pittura fatta di piccoli tocchi, che l’artista stesso nel 1996 ha definito una «peripezia luminosa», e che conduce in luoghi ameni e idilliaci, c’è infatti un velo di malinconia e di inquietudine: nostalgia, forse, di una perduta “età dell’oro”.

La mostra di Palazzo Reale propone, in cinque sezioni, dipinti, disegni e opere su carta dall’inizio degli anni Sessanta al secondo decennio degli anni Duemila, mettendo in evidenza il rapporto fra ricerca pittorica, cultura letteraria e memoria  autobiografica.

La vita e l’immaginario di Savinio, infatti, sono costellati di luoghi fisici e letterari: Milano, teatro dei suoi esordi giovanili e dei suoi sodalizi con galleristi e altri artisti; le case di villeggiatura al Poveromo, a Capalbio e a Cetona, luoghi privilegiati dell’intimità familiare; Roma con i suoi parchi al tramonto e le sue rovine archeologiche; paesaggi montani visionari e onirici pronti a ospitare l’apparizione emblematica di fiori o altre presenze, scenario per Hölderlin in viaggio.

Per questa via la mostra, aperta da una sala di autoritratti proprio per sottolineare questo rapporto fra pittura e biografia, intende far emergere la mitologia privata dell’artista – autonoma rispetto alla storia artistica familiare di cui ha raccolto l’eredità – per calarlo nel proprio tempo e, soprattutto, sottolineare la sensualità che caratterizza il suo rapporto con la pittura, di cui danno riscontro numerose pagine dei suoi libri, delle sue dichiarazioni di poetica e dei testi dedicati ad amici pittori e maestri del passato.

La mostra ricopre inoltre particolare interesse nella scia della recente riscoperta storiografica degli anni Ottanta e del cosiddetto “ritorno alla pittura”, che per Savinio, da sempre fedele agli strumenti di quel linguaggio espressivo, segna un momento di rinnovata vitalità creativa.

RUGGERO SAVINIO. Opere 1959-2022, Palazzo Reale – Appartamento dei Principi

Piazza Duomo 12, Milano

E.C.

29 edizioni per il Verbier Festival di luglio

Il Verbier Festival è uno dei più importanti eventi dedicati alla musica dell’estate europea, l’unico che si svolge in alta quota, a Verbier in Svizzera (a poco più di 2 ore da Milano). Fondato da Martin T:son Engstroem, ex manager di Deutsche Grammophon, quasi 30 anni fa (nel 23 ricorrerà  il trentennale) quando, a seguito di una vacanza con la famiglia, decise che questo incantevole villaggio incastonato tra le montagne del vallese potesse essere il luogo ideale per organizzare un Festival musicale chiamando a raccolta i grandi della musica, musicisti e direttori d’orchestra in un’atmosfera rilassata e di grande condivisione artistica.

Dal 15 al 31 luglio, per 17 intensi giorni, a Verbier si danno appuntamento i grandi protagonisti dei palcoscenici internazionali ma anche le stelle in ascesa, e non sono poche le “scoperte” fatte dal direttore Engtroem nel corso degli anni. 

Forte di ben tre orchestre (Verbier Festival Orchestra; Verbier Chamber Orchestra; Verbier Festival Junior Orchestra) il Verbier Festival offre un programma eccezionale che segna il ritorno di alcuni dei suoi artisti più affezionati come Martha Argerich, Gautier Capuçon, András Schiff, Alexandre Kantorow, Evgeny Kissin, Yuja Wang, Stanislas de Barbeyrac, Lucas Debargue, Daniil Trifonov, Martin Fröst, Gianandrea Noseda oltre ad altri 250 artisti ed ensemble.

Tra i punti salienti, il concerto di apertura del direttore Gianandrea Noseda alla testa della Verbier Festival Orchestra (VFO), con i compositori Rodion Shchedrin e Dmitri Shostakovich. Il VFO avrà anche l’opportunità di collaborare con il Maestro Noseda – nell’opera di Verdi Un ballo in maschera – così come con rinomati direttori d’orchestra come Charles Dutoit e Klaus Mäkelä.

Gábor Takács-Nagy dirigerà il leggendario Don Giovanni di Mozart in compagnia delle voci eccezionali di Peter Mattei, Olga Peretyatko, Magdalena Kožená, Mikhail Petrenko e Fatma Saïd per citarne solo alcune. La seconda serata del Direttore Musicale della Verbier Chamber Orchestra proporrà il Concerto n. 1 di Beethoven, eseguito da Martha Argerich, e dalla magistrale Sinfonia n. 9, arricchita dal Münchener Bach-Chor. Il VFCO si esibirà successivamente con András Schiff, Reinhard Goebel, Klaus Mäkelä e Claudio Vandelli.

Noti tradizionalmente per i grandi recital solistici alla Salle des Combins, Evgeny Kissin, Daniil Trifonov e Yuja Wang avranno la loro serata, a cui si aggiungeranno altre collaborazioni artistiche di musica da camera e concerti con i loro amici e partner András Schiff, Leonidas Kavakos, Gautier Capuçon, l’Ebony Quartet e Thomas Hampson.

Ogni anno, il Festival ospita eventi e artisti al di fuori della musica classica, che si tratti degli imperdibili “Rencontres Inédites” (tre nel 2022), dei concerti del mandolinista Avi Avital, del chitarrista MILOŠ o del flautista Stathis Karapanos, o ancora dagli accenti jazz delle due serate proposte da Brad Mehldau e dallo spettacolo “For you” dello stupefacente Thomas Quasthoff, con il quale elettrizzerà la Salle des Combins.

Per chiudere la 29° edizione, Charles Dutoit e Martha Argerich, duo iconico della scena musicale del Festival, proporranno un programma moderno attorno a Kodály, Prokofiev e Stravinsky.

Oltre alle leggende, il pubblico avrà l’opportunità di incontrare i giovani talenti quali Alexandre Kantorow, Nobuyuki Tsujii, Zlatomir Fung, Alexander Malofeev, Jakub Józef Orliński oltre a Daniel Lozakovich, Mao Fujita, Timothy Chooi, tutti e tre ex allievi dell’Accademia di Verbier. Quest’anno il Festival accoglie anche Tsotne Zedgninidze, giovane prodigio di soli 12 anni, che terrà un recital in cui presenterà una sua composizione. Laboratorio dove si coltivano i talenti di domani, l’Accademia metterà in risalto la crème de la crème dei musicisti; la Verbier Festival Junior Orchestra terrà tre concerti, sotto la direzione di Roberto González-Monjas, Christoph Eschenbach e Stanislav Kochanovsky, che chiuderanno il ciclo di opere a Verbier con Hänsel e Gretel di Humperdinck. Solisti, cantanti e ensemble dell’Accademia si esibiranno per tutto il Festival nelle ormai tradizionali e tanto amate Showcase.

Accanto agli eventi cosiddetti mainstage c’è Unlimited, quest’anno ulteriormente arricchito con attività ed eventi sempre più accessibili, tra cui concerti “segreti”, escursioni musicali, conferenze, laboratori per bambini, Philanthropy Forum.

Mentre la Verbier Accademy continua a crescere con masterclass ancora una volta aperte al pubblico, recital e concerti, oltre a un’esecuzione di Hänsel und Gretel di Humperdinck in collaborazione con la Verbier Festival Junior Orchestra.

Nel ritrovare i suoi prestigiosi sponsor principali, il Verbier Festival è orgoglioso di annunciare che SICPA diviene Sponsor principale della 29° edizione. SICPA è un fornitore globale di inchiostri di sicurezza e soluzioni di identificazione, tracciabilità e autenticazione di sicurezza. Major Sponsor nel 2021, anche SICPA si è impegnata per la sicurezza dell’evento. Il Festival di Verbier desidera esprimere la sua gratitudine per questo rinnovato sostegno per il futuro.

Il Verbier Festival è un festival di musica classica che sviluppa incontri e scambi tra i grandi maestri e i giovani musicisti di tutto il mondo. Attraverso i suoi vari programmi educativi, si impegna in un processo di eccellenza per l’educazione musicale. La 29a edizione del Verbier Festival si svolgerà dal 15 al 31 luglio 2022 a Verbier (Svizzera) ed è reso possibile grazie al sostegno di numerosi filantropi, aziende e autorità pubbliche, in particolare Madame AlineForiel-Destezet, Les Amis Festival de Verbier Festival, i principali donatori del Festival, tra cui il Chairman’s Circle, il Comune di Val de Bagnes, Loterie Romande, il Canton Vallese e i suoi sponsor principali banca Julius Baer e SICPA.

S.E.

Una grande stagione per i tre Musei Statali sul lago di Garda

Il sistema museale statale sul Garda affronta al meglio l’imminente stagione turistica che confermerà certamente il Lago come uno dei punti di riferimento per il turismo culturale nazionale e internazionale.

Va detto che restauri, adeguamenti, aggiornamenti dei percorsi ecc. sono nella consuetudine di buona gestione del Castello Scaligero di Sirmione, così come delle vicine Grotte di Catullo, sia della Villa Romana di Desenzano sul Garda.

Sono tre musei, meglio complessi monumentali, che in tempi non di pandemia venivano ammirati da più di mezzo milione di visitatori ogni anno. “Da sempre Castello, Grotte e Villa vengono considerati come punti di eccellenza non solo per il sistema dei tredici musei statali della Direzione della Lombardia del Ministero della Cultura, ma anche a livello italiano. I due siti di Sirmione da tempo sono stabilmente nella top 30 dei musei italiani in termini di visitatori”, evidenzia Emanuela Daffra, che dei Musei Statali della Lombardia è la direttrice.

Per presentarsi al meglio ai visitatori e farli appassionare, i tre complessi monumentali del Basso Garda Lombardo sono stati, e continueranno ad esserlo anche nei prossimi mesi, oggetto di importanti interventi per renderli sempre più curati, interessanti, sicuri e godibili per tutti.

Partendo dalla Villa Romana di Desenzano, la direttrice Daffra annuncia che si sta progettando un nuovo unitario sistema di copertura per i resti che racchiudono i sontuosi pavimenti in mosaico della Villa. Quelle attuali sono state realizzate in tempi diversi, sono perciò disomogenee e svolgono il loro compito di difesa in modo non ottimale. Adesso, in accordo con la Soprintendenza di territorio, e con lo studio Tortelli e Frassoni si sta mettendo a punto un progetto complessivo di ridisegno, che coinvolgerà anche i percorsi e l’Antiquarium.

Da Desenzano a Sirmione, dove la Direzione regionale gestisce il Castello Scaligero e le Grotte di Catullo. In Castello si sta completando il restauro delle murature esterne della darsena, che va a proseguire il restauro di tutti i paramenti murari del fortilizio sul lago. “Non si può certo dire che con questo intervento i restauri siano conclusi, chiarisce la direttrice Daffra: monumenti come questo, per antichità, preziosità e per le complesse condizioni ambientali, richiedono costantemente cure e attenzioni, pena un subitaneo decadimento.” E a custodire questo straordinario monumento non è sufficiente la salvaguardia popolarmente affidata all’immancabile fantasma la cui vicenda è stata narrata, da par suo, da un fumetto di Altan.

Non ci saranno, per quanto è dato sapere, fantasmi nelle Grotte di Catullo, ma un affascinante progetto artistico, multimediale e immersivo: “Stravaganze Imperiali”, la mostra-evento che nei mesi di giugno e luglio vedrà dialogare la bellezza dell’antico e del contemporaneo in una cornice storica e paesaggistica unica.

Meraviglioso lo spettacolo, ma la Direzione regionale punta altrettanto e più sulla salvaguardia e valorizzazione del grandioso complesso archeologico. Proseguono quindi i già programmati interventi di restauro, pulizia e consolidamento dei resti romani. Cui si affianca il recupero dell’antico oliveto, ricco di esemplari plurisecolari. Anche questo è da considerarsi un Patrimonio paesaggistico e naturalistico, oltre che contesto perfetto per il bene monumentale. Lo stato di salute delle preziose piante comporta lavori attenti e per questo tecnici specializzati stanno prendendosene cura. In autunno le antiche piante daranno le olive da cui sarà tratto un olio che ci piace considerare unico, almeno per il contesto da cui è tratto. Le drupe che non potranno essere raccolte saranno rese disponibili per la pubblica spigolatura, come avveniva nei secoli passati.

Il promontorio delle Grotte offre anche un’altra eccellenza: la Spiaggia conosciuta come “La Giamaica”. Si tratta del “Lido delle Grotte”, che circonda il promontorio sul quale si ergono le Grotte di Catullo. È un angolo di paradiso, dove il giallo delle rocce che affiorano dal cobalto del Garda offre un miraggio caraibico. Non a caso il Guardian lo ha inserito tra le dieci più belle spiagge del pianeta. Questo lido unico al mondo è stato affidato ad un gestore che, entro limiti ben definiti, consentirà l’accesso e, perché no, un aperitivo al tramonto sul Lago.

S.E.

Un percorso turistico-culturale inseguendo carta e libri

Il nostro viaggio (in automobile, in bicicletta, con i mezzi pubblici) che prende come spunto il volume “Il diverso tra passato e futuro. La giudeofobia nella nostra società”, edizioni Nuova Cultura, parte da Brescia, dalla Biblioteca Queriniana, istituita nel 1747 dal vescovo di Brescia, il cardinale Angelo Maria Querini che, oltre a stabilire la destinazione ad uso pubblico delle raccolte librarie e a dotare la biblioteca di fonti di rendita, provvide anche alla costruzione del palazzo che ancora oggi ne è la sede.

Venne aperta al pubblico nel 1750 e, per alcuni decenni successivi, svolse anche una funzione museale e di sede di accademie cittadine.

A partire dal secondo Settecento, e per tutto l’Ottocento e i primi del Novecento, confluirono in biblioteca numerosi legati privati, per la maggior parte smembrati e fusi con il patrimonio librario generale. Nel 1797 il Governo Provvisorio cittadino trasformò la Queriniana in “Libraria Nazionale”, destinandola a sede delle biblioteche di enti ecclesiastici e religiosi che nel frattempo erano stati soppressi.

Il patrimonio della Queriniana è di circa 600.000 volumi a stampa, tra antichi e moderni (150.000 circa costituiscono il fondo antico, di cui 1158 incunaboli e 8386 cinquecentine) e oltre 10.000 manoscritti, tra codici, documenti sciolti e materiali epistolari.

Attualmente la Queriniana è biblioteca centro-sistema del Sistema Bibliotecario Urbano di Brescia, che comprende anche l’Emeroteca scientifica con oltre 6.000 testate di periodici storici e correnti, l’Emeroteca d’attualità, otto biblioteche decentrate, una biblioteca specialistica, la Mediateca e una sala di lettura esterna.

Particolare dell’interno della Torre Civica di Lonato del Garda

Giungiamo quindi a Lonato del Garda dove, accanto alla bellissima torre civica (aperta in questa stagione il giovedì, il sabato e la domenica dalle 10 alle 17, ma meglio verificare), alla basilica dedicata a San Giovanni Battista, alla bellissima chiesa di Santa Maria del Corlo o alla chiesa di Sant’Antonio Abate, troviamo la Rocca e la Casa del Podestà.

La Rocca di Lonato, una delle prima fortificazioni in pietra della zona, fatta risalire a prima del Mille, si trova in una magnifica posizione, su una collina morenica che domina il lago di Garda e la pianura Padana, permettendo di essere un punto di osservazione unico. La Rocca dalla merlatura guelfa frutto di restauri eseguiti nel corso del tempo, è stata di proprietà viscontea e scaligera; è visitabile e, prima di arrivarci, si passa dalla bellissima Casa del Podestà, sorta verso la metà del Quattrocento come sede del podestà appunto, il rappresentante della Repubblica di Venezia che dominava il territorio.

Anche Lonato, come dimostra il Leone di San Marco posto in piazza, era sottoposta alla dominazione veneta dal 1441 e lo rimase per 350 anni, fatto salvo il periodo dal 1509 al 1516, quando dominò Francesco Gonzaga.

Con l’arrivo di Napoleone Bonaparte e la cessione di Venezia all’Austria, la Casa divenne caserma austriaca e poi passò al Comune lonatese.

Caduta in disuso, venne acquistata all’asta dall’avvocato Ugo Da Como (poi senatore del Regno) nel 1906; egli la fece restaurare, la abitò fino al 1941 quando morì, quindi venne lasciata alla Fondazione alla morte della moglie Maria Glisenti avvenuta nel 1944.

Oltre alla casa museo, la Casa del Podestà ospita una meravigliosa biblioteca ricca di 50mila volumi, tra le più importanti biblioteche private d’Italia. Ne fanno parte 400 incunaboli e 500 codici manoscritti dal XII al XIX secolo. Tra i tanti gioielli ricordiamo la copia de “I Promessi Sposi” con le correzioni di Manzoni e le lettere di Ugo Foscolo.

Il nostro viaggio prosegue verso Salò dove gli ebrei, argomento del volume, vivevano già dal Quattrocento, in una sorta di ghetto chiamato La Grola, occupandosi soprattutto di prestare denaro, e da lì allontanati a ondate. Salò, dal bellissimo lungolago e con prestigiosi musei e raccolte, sarà argomento di ulteriori approfondimenti.

Proseguiamo verso Toscolano Maderno, dove troviamo la Fondazione Valle delle Cartiere, costituita dal Comune, dalla Società Burgo Group e dall’Associazione Lavoratori Anziani Cartiera di Toscolano con lo scopo di promuovere la cultura della carta.

La fabbricazione della carta nel territorio di Toscolano Maderno risale al tardo Medioevo e fu favorita dalla presenza del torrente Toscolano. Se l’uso delle acque del fiume mediante seriole è attestato già alla fine del Duecento, bisogna attendere il secolo successivo per ritrovare nei documenti il riferimento esplicito alle cartiere. È datato 17 ottobre 1381 il primo documento che attesta in maniera certa la presenza di una cartiera lungo il fiume Toscolano.

Nel corso del Quattrocento la manifattura della carta si diffuse a tutta la Valle e furono costruiti insediamenti produttivi lungo il tratto del fiume che da Promontorio arriva fino a località Camerate. La vera affermazione delle cartiere della Valle si avrà a partire dalla fine del Quattrocento, quando alla domanda di carta da scrivere si aggiunse, in maniera sempre più crescente, quella di carta da stampa. Tra il XV e il XVI secolo la Valle delle Cartiere, con il suo incomparabile addensamento di fabbriche, divenne il polo produttivo principale della Repubblica di Venezia. Sarà solo la peste del 1630 a fermare la consolidata produzione manifatturiera di Toscolano Maderno.

Tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento però le cartiere che erano rimaste inattive o abbandonate furono ripristinate, gli impianti potenziati e l’attività produttiva riprese più vigorosa di prima.

Con la caduta della Serenissima nel 1797 iniziò una fase d’inesorabile declino per la Valle delle Cartiere.

Da Toscolano Maderno proseguiamo fino al punto estremo del lago, in territorio trentino, e arriviamo a Riva del Garda.

Un’importante stamperia ebraica prese avvio anche a Riva del Garda nel 1557.

La fondò un medico, Jacob Marcaria, che arrivò a Riva da Cremona a seguito della Bolla papale Cum nimis absurdum di Paolo IV, che vietava ai medici ebrei di curare pazienti cristiani.

Jacob si industriò per trovare per prima cosa la carta, fatto semplice in zona di cartiere come quella che caratterizzava il lago di Garda; quindi diede inizio ad un’attività che ebbe sede nella casa di Antonio Broini in quadra di Mezzo (tenendo conto che a Riva del Garda gli ebrei non vivevano in un ghetto, ma avevano case contigue tra la Piazza Granda, la Contrada Lata, detta poi Via Larga e poi Via Fiume, e Vicolo delle Larve che viene comunque indicato come Vicolo degli Ebrei; accanto a Casa Olivieri, in Vicolo del Ferro, Vicolo del Fabbro, Vicolo della Lucertola).

La tipografia fiorì anche grazie alla stampa delle opere in latino per il Concilio di Trento nell’ultima fase del 1563.

Gli ebrei rivani godevano della protezione di Cristoforo Madruzzo e gli stampatori, in modo particolare, godevano anche di privilegi; questo consentì la stampa di libri ebraici, compreso il Talmud, malgrado la proibizione imposta dallo stesso Paolo IV.

Cristoforo Madruzzo era il successore, dal 1539, di Bernardo Clesio, principe vescovo di Trento con giurisdizione su Riva; Madruzzo (di famiglia imparentata con la grande aristocrazia italiana ed europea) era di posizione erasmiana, considerato protettore dei più seri riformatori.

Riva del Garda

Partecipò a sei conclavi parteggiando per i candidati degli Asburgo e promuovendo a Trento il Concilio. Concilio che segnò un alto momento per la zona, dal momento che vi conversero alte personalità ed eminenti studiosi da tutto il mondo.

Madruzzo abolì il segno distintivo per gli ebrei e agevolò la loro vita pubblica, tanto che la comunità ebraica aumentò a Riva, causando le rimostranze della cittadinanza.

Il vescovo rimase comunque favorevole agli ebrei, cosa che non venne seguita dal nipote Ludovico che gli successe nel 1567, quando Cristoforo gli cedette la carica essendo stabilmente impegnato a Roma.

Ludovico iniziò a rendere operative a Riva le decisioni del Concilio, imponendo restrizioni alla comunità ebraica rivana che, per esempio, era sottoposta al pagamento di una tassa più alta rispetto agli altri cittadini. Venne ripreso l’obbligo di segno distintivo per uomini e donne ebrei, compreso un segno bianco sulla spalla per le prostitute, e furono severamente proibiti tutti i tipi di rapporti tra ebrei e cristiani, pena la scomunica di questi ultimi.

Vennero poi emessi bandi per la cacciata degli ebrei che si conclusero con quello definitivo del 1776.

Cristoforo Madruzzo volle che le edizioni dei libri stampati a Riva del Garda riportassero il suo nome e che in tre di esse fosse impresso il pregevole stemma del suo governo; edizioni che sono l’orgoglio delle più prestigiose biblioteche del mondo.

I testi stampati erano prevalentemente di carattere religioso, come le cinque megillot cioè il Pentateuco, il Cantico dei Cantici, le Lamentazioni, l’Ecclesiaste, il Libro di Ester e il Libro di Ruth, poi la Mishnah, tra gli altri; si aggiungono un testo satirico, alcuni testi filosofici, testi di belle lettere e due testi dedicati alla Qabbalah.

Dell’attività della stamperia ebraica di Riva, soprattutto per quanto riguarda le pubblicazioni del Concilio, non se ne seppe nulla per molto tempo, visto che non si doveva pubblicizzare troppo il fatto di utilizzare una tipografia ebraica per stampare opere cattoliche, che prevedevano elementi di lotta contro gli eretici, anche ebrei.

Anche Riva ha la sua torre, che campeggia su Piazza III Novembre con i suoi 34 metri d’altezza, mantenendo la sua antica funzione di sorveglianza a partire dal XIII secolo. È una torre visitabile salendo 165 gradini che permettono di avere un bellissimo panorama sul lago e i territori limitrofi di entrambe le Gardesane.

L’argomento è stato esposto, in forma sintetica, nella trasmissione “BrixiaChannel Cultura” che andrà in onda su Brixia Channel domani sera.

Alessia Biasiolo