Criminis Imago a Bologna

Dalla Banda Casaroli ai delitti del Dams, dalla strage del 2 agosto all’Italicus fino alla Uno Bianca: la mostra “Criminis Imago. Le immagini della criminalità a Bologna”, organizzata da Genus Bononiae. Musei nella città su iniziativa del Presidente Prof. Fabio Roversi-Monaco e realizzata in collaborazione con la Procura della Repubblica di Bologna, la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri, presenta per la prima volta insieme, 100 scatti in bianco e nero dei fotoreporter Walter Breveglieri (dal 1949 al 1972) e Paolo Ferrari (per il periodo 1972-2000).

La mostra, curata dal Procuratore Capo di Bologna Giuseppe Amato e da Marco Baldassari, responsabile dell’Archivio Ferrari di Genus Bononiae, racconta 50 anni di crimini e processi a Bologna che si intersecano con la Storia della Nazione: non solo quelli commessi all’ombra delle due torri, ma anche delitti consumati in altre città ed approdati poi a Bologna in Cassazione.

Le fotografie dei due reporter sono articolate in due sezioni. Si inizia con gli scatti di Breveglieri, che ci riportano alle storie della Banda Casaroli, che nell’autunno del 1950 seminò terrore e morte: una storia che sedusse il regista Florestano Vancini, il quale dedicò un film alla vicenda. Tra i fatti delittuosi che accesero il dibattito pubblico del tempo anche quello dell’ambasciatore Ettore Grande, accusato di aver ucciso la consorte a Bangkok, condannato a Torino, poi assolto in Corte d’Assise a Bologna nel 1951; quello di Rina Fort, accusata dell’assassinio della moglie e dei tre figli del suo amante, processo che giunse in Corte di Cassazione a Bologna nel 1952, e l’assassinio di Ombretta Galeffi per mano del marito Carlo Nigrisoli, condannato in primo grado all’ergastolo per l’avvelenamento della donna.

Si prosegue con le fotografie di Ferrari: le immagini drammatiche delle Stragi dell’Italicus, del Rapido 904 e della Stazione di Bologna scattate il 2 agosto 1980, fino ad arrivare ai numerosi omicidi dei fratelli Savi, tristemente famosi come la Banda della Uno Bianca. E ancora il luogo dell’omicidio di Francesca Alinovi e il ritrovamento della salma di Angelo Fabbri, ricompresi nella troppo disinvolta definizione di ‘delitti del Dams’, e il drammatico sequestro dell’imprenditore bolognese Eugenio Gazzotti, il terrorismo con i processi ad Ordine Nero e a Prima Linea, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro.

Il percorso di mostra accoglie – oltre alle immagini dei sopralluoghi della Scientifica – anche alcuni oggetti d’epoca: macchine fotografiche, un banco ottico del 1903 della Polizia Scientifica, divise storiche delle forze dell’ordine, fino alle moto e auto della Polizia e dell’Arma dei Carabinieri – tra cui una Topolino del 1939 e una Giulietta del 1961 – esposte nel cortile di Palazzo Pepolo. Museo della Storia di Bologna ad accesso gratuito in corte.

Il comitato scientifico si avvale dell’esperienza di Carlo Lucarelli che insieme a Susi Pelotti e Luigi Stortoni hanno firmato i testi del catalogo edito da Edizioni Minerva, proprietaria dell’Archivio Fotowall di Walter Breveglieri.

Orari. Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì: 10.00 – 19.00 fino al 26 giugno 2021

Sede. Santa Maria della Vita, via Clavature 8-10, Bologna

G.B. (anche per le fotografie di Paolo Righi)

Taci, esci da lui

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -ANNO B –MARCO 1,21-28
In quel tempo, 21. Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao]insegnava.Il brano odierno presenta alla nostra meditazione l’insegnamento e l’esorcismo praticato da Gesù a Cafarnao(in ebraico significa letteralmente: villaggio di Nahum), cittadina a nord del lago di Tiberiade, che si trova in un luogo di passaggio tra la Palestina, il Libano e l’Assiria.Gli abitanti sono provenienti da vari popoli, prevalentemente pagani.Marco, nel suo Vangelo,scritto negli anni settanta dopo Cristo,catechizza le sue comunità per aiutarle a capire come annunciare concretamente la Buona Novella.Descrive cosa fa Gesù nella sua giornata “tipo”.Dopo aver lasciato Nazareth, Gesù abitaa Cafarnao, ospite nella casa diSimone (Pietro), nelle soste tra un itinerario e l’altro in Galilea e in Giudea.Egli non è più da solo, ma vive con una comunità che lo segue(il brano della domenica precedente ha, infatti, presentato la chiamata dei primi discepoli).Gesù partecipa abitualmente alla preghiera del sabato, come ogni pio israelita, nella sinagoga della città, per obbedire al comandamento di santificare il settimo giorno (cfr. Esodo 20,8-11; Deuteronomio 5,12-15). Avveniva normalmente cheun ebreo credente(compiuti di tredici anni)laico,come Gesù,venissechiamato a leggere le Scritture ed eventualmente a commentarle.Tuttavial’insegnamento di Gesù è particolare. L’evangelista non ci riferisce i contenuti del suo insegnamento, a differenza diLuca (cfr. Luca 4,16-21).
22. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Lo stupore dei fedeli nella sinagoga nasce dal fatto che Gesù insegna in modonuovo,cioè con parole accompagnate ad azioni che le confermano;econ autorità (exousia), cioè non solo spiegando la legge, come fanno gli scribi, ma con un insegnamento che sgorgada lui stesso, dai suoi gesti, dal suo modo di guardare, ascoltare, guarire le persone.Gesù attiral’attenzione, perché la sua parola viene dalle profondità del cuore, esprime convinzione e passione. Il suo insegnamentoscaturisce dall’intimità silenziosa con il Padre, da una coerenza tra proclamazione e vita. Gesù non seduce per l’erudizione e le citazioni, ma perché arriva al cuore di chi ascolta, che ne resta scosso, ferito, convinto, consolato.Egli ha autorità, cioè è credibile, perché realizza ciò che dice.
23. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare,
24. dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. Inizia l’episodio dell’uomo indemoniato, un uomo in cui il demonio opera in modo particolare, opponendosi allo Spirito Santodi Dio. Il dialogo avvienetra lo spirito impuro e Gesù(non tra l’uomo e Gesù). “Uomo posseduto”:una persona dichiarata impura non poteva presentarsi davanti a Dio per pregare e non poteva ricevere la benedizione promessa da Dio ad Abramo, se non dopo essersi purificata, secondo molte norme da osservare, che rendevano quasi impossibile la riammissione nella società.“Che c’è tra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio!”.Il maleteme la presenzadi Cristo, si sente minacciato perché Gesù gli toglie la possibilità di continuare a dominare l’uomo. “Io so chi tu sei”:il primo riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio viene da un demonio. Il male sa benissimo chi è Dio e chi è il suo inviato.

“Santo di Dio”: il malegrida la verità, svelail nome di Gesù. Secondo un’altra spiegazione, al tempo di Gesù, gli ebrei pensavano che il demonio fosse la causa della malattia, della morte e del peccatoe venivano, perciò, praticati esorcismi. Nello scontro fra il terapeuta e la forza del male, era molto importante conoscere il nome. Per questo motivo, anche nell’episodio riportato in questo brano del Vangelo di Marco, lo spirito maligno attacca Gesù chiamandolo per nome, tentando di possederloe dominarlo.“Spirito impuro”:l’espressione ricorre dodici volte in Marco, insieme al nome “demonio”.All’evangelista Marco interessa far sapere che l’autorità di Gesù si rivela, fin dall’inizio della sua vita pubblica, nonsolo nell’insegnamento, ma anche nei suoi interventi, storicamente testimoniati, contro lo spirito del male. In seguito Gesù verrà accusato dai suoi avversari proprio a causa della sua attivitàdi esorcista (cfr. Marco 3,22).Impariamo anche noi cristiani a non farci vincere dal potere del male che vuole alienarci, distaccarci dal Signore, facendoci credere che è bene ciò che è male, oppure convincendoci circa la non gravità del male.Sono tentazioni che si superano solo con il contatto quotidiano con la Parola e con i sacramenti.

25. E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”. Gesù comanda al male di lasciare l’uomo, rivela la sua potenza. Gesù è il vero liberatore che guarisce le profonde ferite dell’umanità.Caratteristica di Marco è “il segreto messianico”, cioè il divieto di manifestare l’identità di Gesù prima cheegli compia la sua missione.Per la prima volta Gesù ordina di tacere e lo fa aun demonio, che vorrebbe manipolare il potere del suo nome divino. Gesù non vuole essere riconosciuto troppo velocemente Figlio di Dio, perché si aderisca a Lui per convinzione, non per entusiasmo, non per i suoi prodigi. Solo quando sarà appeso alla croce il centurione proclamerà: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” (Marco 15,39).Anche noi dobbiamo seguire Cristo non perché siamo trasportati dall’entusiasmo di un momento, ma perché consapevoli di essere partecipi della sua figliolanza divina e della sua missione, che porta alla croce, alla morte, alla risurrezione.

26. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. L’ordine perentorio imposto da Gesù costringe il demonio ad andarsene.La riuscita dell’esorcismo rivela l’identità di Cristo e conferma la sua potenza (basileia)reale, il suo potere sovrano su ogni realtà.“Straziandolo e gridando forte”:Marco accentua la lotta tra il potere del male e il potere di Dio.La vittoria riportata da Gesù conferma la buona notizia e rendecredibilela sua parola.L’uomo viene liberato: questo è ciò che sta a cuore a Cristo, la nostra liberazione dal male e dal dominio dello spirito cattivo. Egli ci restituisce lacapacità di vivere con coscienza e libertà. Se seguiamo Cristo dobbiamo assumere la sua mentalità, allontanarci dallo spirito impuro e saper andare anche controcorrente, contro quanto propina la società permissiva,consumistica ed alienante.

27. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”. I presenti rimangono stupiti di tutto ciò che sta accadendo, sia per l’insegnamento sia per gli interventi di Gesù. Marco ci invita a vedere in Lui il Profeta, atteso da Israele, in quanto i segni della sua azione sono quelli attribuiti dai profeti al Messia. In tutta l’attività di Gesù si estende la sua lotta contro il male e il demonio. Questo e altri episodi di esorcismo ci dannouna manifestazione tangibile.

28. La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.Marco sottolinea che è talmente grande l’esperienza vissuta dai presenti che la fama di Gesù,come predicatore, come profeta ecome taumaturgo,si diffonde oltre i confini della città di Cafarnao e abbraccia tutta la regionedella Galilea.Anche noi cristiani dovremmo essere persone capaci di suscitare stupore per l’azione di Dio:“Non sonopiù io che vivo, ma Cristo vive in me”; per l’amore fraterno: “Guardate comesi amano”;per la coerenza di vita: “Ecco un uomo in cui non c’è falsità”.Il Cristo risorto è la nostra forza, il nostro Liberatore. Egli ci rende invincibili, se solo aderiamo a Lui con tutto il cuore.Consapevoli di essere da Lui abitati, possiamo sconfiggere il male e liberare a nostra volta gli altri.Dobbiamo essere testimonicoraggiosidiDio, vivo e presente con noi fino alla fine dei tempi. Non dobbiamo aver paura, dunque, dello spirito impuro, perché con la forza di Dio non ci lasceremo vincere dal male, ma vinceremo con il Bene il male.

Suor Emanuela Biasiolo

La Giornata della Memoria a Verona

Il carro della Memoria in Piazza Bra, a Verona

Il carro della memoria staziona in piazza Bra, di fonte al Liston. Vi rimarrà fino al 30 gennaio, per ricordare il Giorno della Memoria, ciò che tale ricorrenza rappresenta e in particolare i veronesi morti nei campi di concentramento e sterminio.

Quest’anno, a causa del Covid, il carro non sarà aperto al pubblico, perciò non verrà montata la scala di accesso. Tuttavia il vagone ferroviario rimarrà in piazza Bra fino al 30 gennaio, un simbolo silenzioso per ricordare tutte le vittime dell’Olocausto.

Come accaduto per tutte le cerimonie ufficiali celebrate durante l’emergenza sanitaria, anche le iniziative in programma per il Giorno della Memoria saranno in forma ristretta, in presenza delle sole autorità istituzionali, come previsto dalle misure per il contenimento del virus.

Mercoledì 27 gennaio alle ore 9 sarà deposta una corona al monumento ai Deportati in piazza Bra. Le autorità si sposteranno poi in Gran Guardia dove si susseguiranno gli interventi ufficiali di Prefettura, Comune e Consulta scolastica provinciale. Sarà poi il turno dell’oratrice ufficiale, Camilla Brunelli; a seguire la proiezione del video “Il Balente” dedicato a Vittore Bocchetta, realizzato da ANED e dai ragazzi e ragazze del servizio civile presso ANED. La cerimonia si concluderà con il canto della preghiera ebraica per le anime dei defunti El Male Rachami, a cura del cantore della Sinagoga di Verona Angel Harkatz.

Non sarà possibile partecipare alla cerimonia, che sarà trasmessa in streaming sia sul portale del Comune di Verona che sulle pagine dell’Ufficio Territoriale del Governo di Verona.

Nel pomeriggio, a partire dalla 15, ci saranno le deposizioni delle corone di alloro al Cimitero Ebraico in via Badile; a seguire al Sacrario del Cimitero Monumentale e infine sotto la scultura “Filo spinato” in piazza Isolo.

La cerimonia quindi si terrà in forma ristretta, alla presenza delle sole autorità istituzionali, ma sarà trasmessa in streaming sia sul portale del Comune di Verona che sul sito della Prefettura. Tutti i cittadini, quindi, potranno prendere parte alla commemorazione, anche se a distanza.

Roberto Bolis (anche per la fotografia)

Il diverso, tra passato e futuro. La giudeofobia nella nostra società

“I numeri della memoria”, Ivo Compagnoni. La poesia originale è di Renato Hagman

È uscita per i tipi Edizioni Nuova Cultura di Roma, scritta per l’Istituto del Nastro Azzurro e il CESVAM, una ricerca storica sul diverso, inteso espressamente come il popolo ebraico in Italia, nell’ambito dell’impegno storico dell’Istituto in occasione del triste anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia.

Oggetto del volume è quello di tracciare, nel modo più chiaro e lineare possibile, gli aspetti di intolleranza e chiusura verso il “diverso”, espressamente riferito al popolo ebraico. Attraverso uno studio storico che inizia dai primordi del Popolo eletto, si arriva fino a noi e si descrivono le vicissitudini di un popolo che ha sempre mantenuto le sue caratteristiche nell’ambito delle varie collettività che lo hanno ospitato dai tempi della Diaspora. Si è scelto, tra i tanti “diversi” possibili, appunto il popolo ebraico, il “diverso” per antonomasia nelle varie comunità e lungo i secoli, e attraverso lo studio delle sue vicissitudini, presentare in modo indiretto la giudeofobia nella nostra società, sia nel passato che nel presente. I limiti di tempo vanno da circa duemila anni prima di Cristo ad oggi, con particolare riguardo al Secolo definito breve. I limiti di spazio sono ampi: riguardano i luoghi sacri delle Tribù d’Israele e poi principalmente l’Italia, dove esistono da tempi remoti le Comunità ebraiche, tra le prime in Europa. Si analizzano dati spagnoli e portoghesi, francesi e balcanici, tracciando un percorso storico spesso, capace di dare al lettore più di uno spunto di riflessione che renda completo lo studio e la possibilità di approfondimento personale. L’accento cade poi soprattutto sul periodo razzista europeo, non tralasciando di prendere in esame anche casi che interessavano gli ebrei dell’Unione Sovietica.

Affrontare il tema della giudeofobia significa addentrarsi nel mondo millenario dei nostri Padri, scritto a partire dai testi sacri che costituiscono la storia dell’Umanità. Capire le nostre origini e approfondire argomenti troppo spesso sulle bocche di tutti soltanto per notizie di cronaca o per fatti riportati senza verifica e senza contraddittorio, magari a sostegno dell’ideologia del momento, è doveroso in una società che si vanta della propria evoluzione, ma che retrocede in tema di comprensione di testo e di cultura. Il vanto di non aver mai letto un libro da parte di molti, si scontra con la profonda cultura che ha da sempre caratterizzato il mondo ebraico, dal quale la cultura italiana ha tratto molti insegnamenti e più di una radice. Il piacere della cultura, di conoscerla e di tramandarla, così come di crearla innovando la società, è proprio delle anime elette di ogni tempo e luogo, e di certo è sempre stato proprio della cultura ebraica. Nel presente volume, l’accento è posto su questo particolare tratto ebraico, ma anche su tanti motivi o su tante scusanti per definire, considerare, vivere l’ebreo come diverso. I dati storici qui riportati sono una meditata sintesi che traccia un percorso puntuale, capace di dare una spiegazione dell’odio atavico verso gli ebrei, origine della giudeofobia.

Molte sono state le ragioni per detestare gli ebrei e molte le loro ragioni per nascondersi o non apparire per quello che erano: persone colte, istruite, desiderose di riuscire, spesso benestanti proprio grazie ai loro studi o in risposta ai limiti loro imposti. Spesso, invece di imparare i migliori aspetti della cultura ebraica, sono stati usati per giustificare ruberie, soprusi e violenze, teorie e leggi razziali, epurazioni ed eliminazioni sistematiche. È evidente che la società tutta non accetta la diversità nel suo interno, mentre è più semplice accettare le diversità di chi non mette in gioco il potere e il sapere della società stessa. Il denso excursus che ne risulta in questo lavoro, permette di avere un quadro chiaro di quanto siamo tutti chiamati a difendere lo studio e la conoscenza, per non cadere in errori che, come è chiaro in questo volume, si sono ripetuti nei secoli sempre presentandoli come le migliori novità.

Il motivo dell’opera lo leggiamo dalle righe del presidente nazionale dell’Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al Valor Militare, generale Carlo Maria Magnani: “L’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare ha voluto ricordare l’80° anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia attraverso l’adozione, lo sviluppo e la realizzazione di un progetto appositamente dedicato alla vicenda. Sono già stati pubblicati nel 2018 e nel 2019 due volumi […]. Questo volume completa il trittico previsto e programmato nel progetto e ci offre un excursus della vicenda del diverso, in questo caso l’appartenente alla razza ebraica, nell’arco dell’era cristiana […]”.

Mentre il generale Massimo Coltrinari, Direttore del CESVAM, Centro Studi sul Valore Militare dell’Istituto del Nastro Azzurro, scrive: “Il volume si apre con la storia del popolo ebraico: una carrellata dall’antichità ad oggi con riferimento temporale alle organizzazioni statuali che si sono succedute nei secoli.

Ne emerge in questa stesura un quadro variegato del popolo ebraico che, pur mantenendo e coltivando rapporti cordiali nelle collettività che lo ospitano e collaborando con esse nel migliore dei modi, mantiene, appunto, le sue caratteristiche e le sue peculiarità, dando indirettamente forma al diverso, a colui che non è maggioranza per libera scelta e non si vuole integrare con la maggioranza stessa.

Si affronta poi il tema spinoso delle teorie razziali che si sono via via affermate dal Settecento in poi; che videro l’Ottocento il secolo proprio della nascita di idee e miti antisemiti che trovano la loro realizzazione nel Secolo breve. Un crescendo di concezioni contro il popolo ebraico fino a raggiungere la ignominia, per un pensiero civile ed evoluto quale voleva essere quello europeo di prima metà del Novecento, di dare credibilità scientifica oggettiva ad un falso documento costruito a tavolino da elementi di una polizia segreta screditata che è rimasto in auge, ed è citato perfino oggi, anche quando questo documento, “I Protocolli dei Savi di Sion”, fu palesemente dimostrato essere, appunto, un falso con prove inoppugnabili.

Indi si affronta il tema del rapporto tra gli ebrei e il nazismo che apre un quadro di come il popolo tedesco affronta questo tema complesso ogni oltre dire; un variegato quadro in cui c’è di tutto, persino l’ebreo nazista convertito; vi si sottolinea il dramma personale di molti tedeschi che si consideravano tedeschi autentici e null’altro che tedeschi, ancorché ebrei che pur di sopravvivere ruppero con il padre, la madre, le nonne, i nonni, le sorelle, i fratelli, i parenti e gli amici fino anche ad arrivare a rinnegare il loro nome, in un’abiura che ricorda il periodo medievale, quando per sopravvivere ci si doveva dichiarare Cristiano.

Il capitolo IV tratta del rapporto tra gli ebrei e il popolo italiano, un rapporto che si esaltò durante il Risorgimento nazionale e il processo unitario e si suggellò nel sangue e nei sacrifici della Prima Guerra Mondiale, per poi precipitare nella negazione del Ventennio. […] Infine, il volume propone una sintesi della situazione attuale in cui i germi della avversione al diverso sono sempre presenti. Un dato che permette di dire che in futuro avremo situazioni come quelle che abbiamo visto nel recente passato, se tali germi non vengono distrutti o contenuti.

Attraverso questo lavoro, l’Autrice ci offre un quadro ben documentato in cui dimostra che quando si rompono gli argini della tolleranza, della competenza e della accettazione del diverso si va incontro, come già accaduto, a grandi tragedie. Tragedie che non sono solo di un popolo, ma di tutta l’umanità.

Una lettura attenta di questo volume serve a tutti, compresi gli amici ebrei che non possono non riflettere su come anche il loro atteggiamento può contribuire a mantenere equilibri e tolleranze in un contesto sia nazionale che internazionale. […] L’educazione alla tolleranza e alla comprensione del diverso è il messaggio che proviene da questo volume, più volte sottolineato dall’Autrice.

Questa educazione è il baluardo per non avere in futuro, nelle nostre comunità, né le une, le vittime, né gli altri, i carnefici, ma solamente il rispetto dell’uomo inteso come tale”.

Il volume ha un denso apparato fotografico specifico, ma una menzione particolare va alle opere espressamente prodotte dall’artista Ivo Compagnoni. l’Artista è riuscito a condensare le pagine in quadri dal forte impatto emotivo, particolarmente significativi per riassumere la sofferenza, ma anche la forza, di un popolo e di tutto ciò che ha rappresentato nei secoli.

Ci stiamo avvicinando al Giorno della Memoria, doveroso atto di ricordo nazionale, eppure questi argomenti non si devono esaurire soltanto nell’arco di una giornata: questa deve essere un punto di arrivo e di ripartenza, per non dimenticare davvero che la società civile deve essere tale, sempre, in tutte le sfumature della sua esistenza.

Alessia Biasiolo: “Il diverso, tra passato e futuro. La giudeofobia nella nostra società”, I Libri del Nastro Azzurro, Editrice Nuova Cultura, Roma, 2020, euro 30,00, ISBN 9788833653259

Alessia Biasiolo

Al via il bando del Premio Bianca d’Aponte 2021

È online il bando di concorso per la 17a edizione del “Premio Bianca d’Aponte – Città di Aversa”, l’unico contest in Italia riservato a cantautrici, un evento diventato ormai uno dei più importanti appuntamenti in Italia per la canzone di qualità.

Il lancio del nuovo bando avviene quando purtroppo, per le normative legate all’emergenza sanitaria, non è ancora avvenuta la finale della sedicesima edizione, che era prevista per lo scorso ottobre e che verrà riprogrammata non appena le condizioni lo consentiranno, auspicabilmente entro l’estate. A concorrere, come già annunciato, saranno BamBi da Napoli, Simona Boo da Termoli (Campobasso), Ebbanesis da Napoli, Lamante da Piovene Rocchette (Vicenza), La Zero da Piano di Sorrento (Napoli), Lucrezia da Bologna, Miglio da Brescia, Elena Romano da Firenze, Sara Romano da Monreale (Palermo), Veronica da Aversa (Caserta), Chiara White da Firenze.

Intanto il nuovo bando di concorso è disponibile, insieme alla scheda di iscrizione, su www.premiobiancadaponte.it . La partecipazione è come sempre gratuita, mentre la scadenza è fissata al 30 aprile.

Le finali sono previste al teatro Cimarosa di Aversa il 22 e 23 ottobre 2021, anche se si tratta di date da confermare in base all’andamento della pandemia e alle misure conseguenti.

Il Premio Bianca d’Aponte si avvale della direzione artistica di Ferruccio Spinetti, mentre ogni anno una artista di grande popolarità assume il ruolo di madrina. Per la sedicesima edizione era stata scelta Arisa, che era stata preceduta da: Rachele Bastreghi dei Baustelle, Rossana Casale, Ginevra di Marco, Cristina Donà, Irene Grandi, Elena Ledda, Petra Magoni, Andrea Mirò, Simona Molinari, Nada, Mariella Nava, Brunella Selo, Tosca, Paola Turci, Fausta Vetere.

Le finaliste del Premio 2021 saranno come sempre selezionate da un nutrito e prestigioso Comitato di garanzia, composto da cantanti, autori e compositori nonché da operatori del settore e giornalisti e critici musicali. Alla vincitrice del premio assoluto sarà attribuita una borsa di studio di € 1.000, a quella del Premio della critica “Fausto Mesolella” una di € 800. Riconoscimenti della giuria andranno anche alla migliore interprete, al miglior testo ed alla migliore musica. Sono poi previsti molti altri premi assegnati da singoli membri della giuria o da enti e associazioni vicine al d’Aponte.


Monferr’Autore

Torre della Catena tornerà a vivere

Era il casello Nord di Verona nel Milletrecento, quando l’allora autostrada era il fiume Adige. Chi arrivava in città doveva pagare il dazio e solo allora poteva oltrepassare la catena che dalla Torretta al centro del fiume veniva tesa tra l’argine destro e quello sinistro. Torre della Catena, a pochi metri da ponte Risorgimento, prende il nome da qui, dalla funzione per la quale è stata costruita nel XIV secolo come parte del sistema difensivo.

È forse l’unico edificio storico rimasto intatto e integro durante i secoli, l’unico che ha resistito alle distruzioni e ai bombardamenti delle guerre mondiali. Uno stato di conservazione che ha quasi dell’incredibile, se si pensa che ad ogni piena dell’Adige viene parzialmente sommerso. Lo stato di salute di Torre della Catena è oggetto di analisi e verifiche da parte degli uffici dell’Edilizia monumentale. Dal dicembre 2019, infatti, a seguito dell’accordo di valorizzazione stipulato con l’Agenzia del Demanio, il manufatto è diventato a tutti gli effetti di proprietà del Comune, che può disporne liberamente l’utilizzo.

Un’opportunità che l’Amministrazione è intenzionata a cogliere e valorizzare, rendendo Torre della Catena fruibile e facendola conoscere a cittadini e turisti.

Ciò anche in virtù del masterplan per la valorizzazione del sistema difensivo cittadino che sarà redatto nei prossimi mesi e che sarà inserito nella Variante 29, di cui mura, forti e bastioni rappresentano un tassello qualificante.

Si procede per step. È stato verificato lo stato di salute dell’edificio, con il sopralluogo organizzato sul posto con i gommoni del Canoa Club, che si è reso disponibile a traghettare il gruppo di lavoro. Sul mezzo acquatico sono saliti gli assessori all’Edilizia Monumentale Luca Zanotto e alla Pianificazione urbanistica Ilaria Segala, insieme ad alcuni tecnici degli uffici muniti degli strumenti per effettuare i rilievi necessari.

Ma già da un primo esame ad occhio nudo è emerso che Torre della Catena gode di buona salute, a livello strutturale come di conservazione. Le reti apposte una decina di anni fa dal Genio Civile lo hanno riparato dal degrado, salvaguardandone anche la stanza interna. Le uniche criticità sono rappresentate dai grossi rami che si sono depositati sul fiume e che potrebbero danneggiare le fondamenta, e la mancanza di un attracco sicuro e agevole, che andrà certamente studiato e concordato con la Soprintendenza in base alle progettualità che verranno studiate per riqualificare la struttura.

Soddisfatti di ciò che hanno visto durante il sopralluogo gli assessori Zanotto e Segala.

È stata davvero una piacevole sorpresa vedere il buono stato di conservazione in cui si trova la Torre – ha detto Zanotto -. Sono secoli che questo piccolo edificio militare sopporta la piena dell’Adige, con le acque che ogni volta ne invadono la stanza interna. Una resistenza davvero notevole, tanto che è forse uno dei pochi beni originali che si è conservato intatto nel corso dei secoli. Il passaggio definitivo dal Demanio al Comune ci permette di poterlo valorizzare, prima era però necessario capirne lo stato di conservazione e valutare eventuali interventi di manutenzione. Il sopralluogo ha certificato che l’edifico è a posto, faremo altri rilievi ma i dati raccolti sono sufficienti per iniziare a progettarne la valorizzazione. Tenerlo fermo vuol dire lasciarlo al deterioramento del tempo, un’ipotesi che non vogliamo contemplare. Valuteremo come renderlo fruibile al meglio, tenendo conto delle sue caratteristiche e delle potenzialità dal punto di vista turistico”.

“Torre della Catena rientra nel sistema fortificato di Verona per il quale l’Amministrazione ha intrapreso un importante processo di valorizzazione – ha aggiunto l’assessore Segala -. Anche questo edificio militare sarà quindi inserito nella Variante 29 e nello specifico masterplan che approfondirà i dettagli e le nuove destinazioni d’uso per valorizzare al meglio questi elementi storici e renderli fruibili ai cittadini, molti dei quali ne ignorano ancora l’esistenza o l’esatta collocazione all’interno del tessuto cittadino. Valuteremo insieme alla Soprintendenza quali finalità si addicono meglio per Torre della Catena, di sicuro va studiato un attracco più agevole, che permetterebbe di usare l’edificio a scopi dimostrativi e turistici”.

Cenni storici

La Torre della Catena è un edificio militare costruito nel corso del XIV secolo sul letto dell’Adige come parte del sistema difensivo scaligero della città di Verona. La torre, ora in disuso, si trova tra il ponte Catena e il ponte Risorgimento.

Tra il 1321 e il 1325 il principe veronese Cangrande della Scala commissionò al maestro Calzaro l’edificazione della cinta muraria di destra Adige, che si attestava sul fiume in prossimità di una più antica cortina che proteggeva il borgo di San Zeno, lungo la quale si apriva tra l’altro, in prossimità del fiume, l’antica porta Fura.

Pochi metri all’esterno della porta, la cortina turrita scaligera si protende ad angolo per formare lo sperone sporgente sulla riva fluviale, che sosteneva un capo della catena di sbarramento a monte della città. Una torre costruita nel mezzo del fiume, sosteneva gli altri capi della catena. Questa, che serviva per il controllo militare e doganale, garantiva lo sbarramento alle imbarcazioni che navigavano sull’Adige provenienti da nord: poteva essere alzata a filo d’acqua, quando di notte non si voleva che le merci entrassero in città. Il sistema di catene era ancora in funzione durante l’amministrazione della Repubblica i Venezia, per impedire il contrabbando o per evitare atti militari ostili. L’assetto definitivo venne raggiunto nel 1840.

Roberto Bolis (anche per le fotografie)

“Voci per la Libertà-Una canzone per Amnesty”

L’anno di “Voci per la libertà – Una canzone per Amnesty” si apre con molte importanti novità, a partire dalla media partnership con Rai Radio1, una delle più seguite radio italiane, che affiancherà il festival nella nuova edizione, la 24a, prevista dal 23 al 25 luglio a Rosolina Mare (Rovigo), e nei vari altri appuntamenti precedenti e successivi.

Grande soddisfazione del direttore artistico Michele Lionello che dichiara: “siamo davvero orgogliosi per questa significativa partnership che accompagnerà il festival 2021, Rai Radio1 seguirà la manifestazione con un’importante copertura mediatica che darà ancora più prestigio al lavoro di promozione della musica e dei diritti umani”.

È una nuova media partnership – dice Simona Sala, direttrice di Radio 1 e dei GR – che accende un riflettore importante sul festival musicale di Amnesty International. Un tema, quello dei diritti umani, che Radio 1 considera sempre più centrale nella sua programmazione. Risulta dunque naturale instaurare un legame con una manifestazione che da 24 anni se ne occupa attraverso la cultura musicale di qualità e l’aggregazione giovanile”.

Mentre si avviano i lavori per le prime fasi del Premio Amnesty International Italia 2021 nelle sezioni emergenti e big (riservate a canzoni che trattino di diritti umani), il 5 febbraio uscirà la versione in vinile ad edizione limitata e numerata della raccolta della 23a edizione, che raccoglie i brani dei protagonisti del festival 2020, dai vincitori Niccolò Fabi e H.E.R. ai nomi affermati come Marina Rei, Margherita Vicario e Meganoidi, fino alle finaliste del contest per emergenti, Agnese Valle, Adriana, Assia Fiorillo, Micaela Tempesta e agli ospiti Grace N Kaos e The Boylers. Il lavoro, pubblicato da Ala Bianca, è già disponibile nella versione in digitale (questo il multilink: vocixlaliberta.lnk.to/2020 ).

Numerose poi le iniziative online che vedranno il festival come protagonista. Voci per la Liberà è tra i promotori del Rainbow FreeDay (www.rainbowfreeday.com), un’iniziativa nata da una cordata di operatori della cultura e dello spettacolo per mettere al centro dell’attenzione la creatività più creativa che c’è, quella dei lavoratori indipendenti. Dal 15 al 30 gennaio si alterneranno musica, cinema, arte letteratura e molto altro. Voci per la Libertà sarà presente il 17 alle 15 con i finalisti dell’ultima edizione, il 23 alle 18 con Michele Lionello che assieme alla Rete dei festival farà un focus sui contest per emergenti e il 26 alle 21 con H.E.R., che sarà ospite di Red Ronnie TV.

Il 5 febbraio invece, sui canali social del festival, alle 21 ci sarà la presentazione ufficiale dell’album in vinile, “Voci x la Libertà – Una canzone per Amnesty 23a edizione”, con molti dei protagonisti della raccolta e la conduzione di Savino Zaba.

Per quanto riguarda i Premi Amnesty International Italia 2021, nella sezione dedicata ad un big della musica italiana tutti possono segnalare all’indirizzo info@vociperlaliberta.it, entro il 28 febbraio, brani che siano stati pubblicati tra il 1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020, che siano interpretati da un artista italiano noto e che trattino appunto temi legati alla Dichiarazione universale dei diritti umani.

Uno staff composto da esponenti di Amnesty International Italia e di Voci per la Libertà ne selezionerà dieci. Le nomination verranno quindi sottoposte a una giuria di importanti addetti ai lavori (giornalisti, conduttori radiofonici e televisivi, docenti universitari, studiosi, intellettuali, referenti di Amnesty International Italia e di Voci per la Libertà), che eleggerà tra le canzoni candidate il Premio Amnesty International Italia, sezione Big, 2021.

Negli anni hanno vinto questo premio: Daniele Silvestri, Ivano Fossati, Modena City Ramblers, Paola Turci, Samuele Bersani, Subsonica, Vinicio Capossela, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Fiorella Mannoia e Frankie Hi-Nrg, Enzo Avitabile e Francesco Guccini, Max e Francesco Gazzè, Mannarino, Edoardo Bennato, Nada Malanima, Brunori Sas, Roy Paci e Niccolò Fabi.

Nel frattempo è partito anche il concorso per il premio riservato agli artisti emergenti con il nuovo bando, a cui possono partecipare cantautori e band con un brano sui diritti umani, in qualsiasi lingua o dialetto e di qualsiasi genere musicale. La scadenza del bando è fissata per lunedì 3 maggio, ma gli artisti che si iscriveranno entro il 15 marzo avranno inoltre la possibilità di partecipare al Premio WEB. Il bando e ulteriori informazioni sono disponibili su: http://www.vociperlaliberta.it/festival/premio-amnesty-emergenti

Monferr’Autore (anche per l’immagine)

In restauro il monumento a Dante di Verona


Per la prima volta dalla sua collocazione in piazza dei Signori, avvenuta nel maggio del 1865, la statua di Dante sarà oggetto di un complessivo intervento di restauro. I lavori, che avranno una durata di circa due mesi, rientrano fra i progetti realizzati nel 2021 in occasione delle celebrazioni per il 700° anniversario della morte del sommo poeta.

L’intervento conservativo è a cura del Comune di Verona – Edilizia Monumentale e Direzione dei Musei Civici, ed è realizzato grazie al generoso contributo dello sponsor Zalando, che ha sostenuto interamente il costo dell’opera. Per tutta la durata dei lavori la piazza resterà accessibile. In fase di valutazione la realizzazione di una sorta di percorso di visita al cantiere, che consentirà di mostrare al pubblico le diverse e particolari fasi dell’intervento.

L’ultimazione è prevista per la metà di aprile, in concomitanza con l’avvio della grande esposizione “Tra Dante e Shakespeare: il mito di Verona”, in programma alla GAM dal 23 aprile al 3 ottobre 2021. Il restaurato monumento rappresenta infatti il simbolo delle celebrazioni dantesche e il punto di partenza dell’ampia programmazione di eventi previsti nel corso di quest’anno nella città scaligera. Tra questi l’articolato progetto artistico di ‘mostra diffusa’, i cui fulcri espositivi sono collocati alla Galleria d’Arte Moderna – GAM Achille Forti di Palazzo della Ragione e al Museo di Castelvecchio.

Monumento a Dante. Realizzato nel 1865 dal giovane scultore Ugo Zannoni, che vinse il concorso indetto dalla Società di Belle Arti dell’Accademia di Agricoltura e Scienze in occasione delle celebrazioni del sesto centenario della nascita di Dante Alighieri. La statua fu inaugurata alle quattro del mattino, nella notte tra il 13 e il 14 maggio del 1865, per scongiurare la reazione degli Austriaci, allora al governo della città scaligera, che vedevano in questo monumento il valore simbolico di italianità e di agognata libertà dallo straniero. Il monumento è realizzato in marmo di Carrara su basamento di “marmo rosso di Verona”. L’altezza totale dell’opera è di circa 6,80 m., mentre la sola scultura è di circa 3 m. Il bozzetto in bronzo della scultura è attualmente esposto alla GAM nella mostra “La mano che crea. La galleria pubblica di Ugo Zannoni (1836-1919) scultore, collezionista e mecenate”. Il bozzetto originale in gesso, invece, è ancora oggi conservato nell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona.

Fra i simboli della nostra città – spiega il sindaco – la statua necessitava da tempo di un completo intervento di restauro conservativo. Un’opera molto attesa dalla cittadinanza, che si colloca fra i progetti simbolo dell’ampio programma di eventi realizzato a Verona in occasione del 700° anniversario della morte del sommo poeta. Una statua storica, che rappresenta simbolicamente l’identità nazionale e veronese della città scaligera, posta in una delle nostre piazze più belle. Per questo ringraziamo Zalando, per la sensibilità dimostrata nei confronti della nostra città”.

Si tratta di lavori di particolare rilevanza – dichiara l’assessore Zanotto –, che andranno a risistemare complessivamente la statua, oggi in uno stato conservativo alterato, con fenomeni erosivi e di cambiamento del colore, visibili su tutta la superficie marmorea del monumento. L’intervento avrà una durata complessiva di circa 90 giorni, con un fine lavori programmato per la metà del prossimo mese di aprile”.

L’intervento vuole essere un momento simbolico di apertura delle celebrazioni – precisa l’assessore Briani –. Puntiamo, compatibilmente con le necessarie limitazioni dovute all’area di cantiere, di rendere visibile al pubblico le diverse fasi dell’intervento. Una sorta di evento nell’evento che, già in altre occasioni di restauro, si è dimostrato un’opportunità apprezzata dal pubblico. I lavori sono il frutto della generosa donazione del gruppo internazionale Zalando, che ne ha interamente finanziato i lavori. Una preziosa partnership, che consente al Comune di effettuare un’opera conservativa su un monumento simbolo della città”.

Riccardo Vola, Director Southern Europe & Gift Cards, commenta: “siamo felici di essere lo sponsor ufficiale per il restauro della statua di Dante Alighieri a Verona e ridare vita ad un’opera unica della cultura italiana. Con ‘Zalando celebra Dante, uno stile senza tempo’ per la città di Verona, abbiamo pensato a come trasformare i pannelli coprenti in un mezzo di comunicazione che invece di scoprire, svela”. Riccardo Vola, aggiunge: “Questa attività permette inoltre alle persone di ripensare al lavoro di Dante e scoprirlo sotto una nuova luce, utilizzando dei soggetti della nostra campagna ‘Torneremo ad abbracciarci’, che vengono per l’occasione arricchiti con i versi tratti dalle principali opere del Poeta fiorentino. Infatti, i suoi versi di 700 anni fa sono sempre contemporanei e si adattano alla difficile situazione che stiamo vivendo, diffondendo positività, speranza e amore”.

Attuale stato conservativo del monumento. Le due diverse tipologie di pietra utilizzata presentano i danni tipici che si riscontrano sui manufatti esposti all’aperto. Tra questi, fenomeni di erosione derivanti dall’acqua piovana combinata con i gas inquinanti dell’atmosfera; piccole crepe dovute a sollecitazioni fisiche conseguenti le escursioni termiche, con perdita macroscopica di materiale e aumento della porosità superficiale; formazione di incrostazioni carboniose nei sottosquadri. Il colore appare oggi fortemente alterato, quasi bianco mentre originariamente poteva assumere toni di rosso anche molto intenso. Il marmo di Carrara invece manifesta la propria vulnerabilità allo scorrimento dell’acqua, con l’opacizzazione delle superfici maggiormente esposte, che acquisiscono il tipico aspetto “saccaroide”, dato dall’esposizione dei cristalli di calcite.

Roberto Bolis (anche per la fotografia)

Madri per sempre

Il nuovo libro di Federica Storace, scrittrice che vive e lavora a Genova, denota uno spessore linguistico e di contenuti alla quale l’Autrice è arrivata in questi anni, dopo i suoi “La famiglia non è una malattia grave”, “Banchi di squola” e “Impossibili ma non troppo”. In questo nuovo lavoro si nota una capacità narrativa densa, con uno stile fresco, ma con una padronanza dell’estro davvero matura. L’argomento è attuale e originale, malgrado tratti ciò di cui si parla e discute da sempre: la maternità. Infatti, Federica propone differenti modi di vivere la maternità a partire dalla dicotomia donne/madri che è insita nel femminile, causa di riflessioni personali anche profonde, conflitti tra sé e con la figura di riferimento materna, conflitti sociali e antropologici. Storace analizza Antigone, cita la silente donna che compare nel Vangelo di Luca quando Gesù partecipa ad un banchetto; troviamo Rosa Parks e Rosanna Benzi; le Madri di Plaza de Mayo e Rachele; Anna, Rut, Elisabetta, Santa Brigida di Svezia, Caterina da Siena, Edith Stein, Iacopa dei Settesoli. Donne che hanno a che fare con la maternità e si interrogano su essa, mentre Federica si chiede che cosa provassero, che cosa pensassero. La gestazione è lunga, per qualsiasi cosa, dalle più piccole alla più grande, la vita. E anche un libro è un figlio, si diventa madri quando lo si scrive, con una lunga gestazione e un parto finale. Dunque la maternità si circoscrive all’avere figli, oppure è qualcosa di diverso, di più alto, che da sempre è stato reso soltanto una faccenda anatomica e di progressione della specie umana? Federica Storace affronta la maternità con una profonda autoanalisi rispetto alla sua amicizia con Anna Maria Frison, superiora di una comunità e malata di Parkinson con cui ha condiviso parte della propria vita, la stesura di un libro, una crescita personale che costituisce un punto di non ritorno nella vita personale e professionale della nostra.

Il confronto tra chi non ha generato una vita ma ne ha create tante, con la necessità di stendere un bilancio delle proprie motivazioni e con la malattia che interroga sul senso del vivere e su cosa si è dato, costruito, realizzato, e la nostra Autrice, ha portato a un percorso intimo con se stesse tale da dare al senso materno, della maternità e della madre, che sono concetti differenti e non per forza derivati, un significato proprio ma anche universale. Dall’esperienza del Sé si arriva, quindi, ad una riflessione che travalica le pagine e le singole identità, per farsi costruzione di un significato nuovo e diverso, sempre nuovo e sempre diverso, di quell’essere madri che è sempre stato iscritto alla donna come un dovere, una necessità intrinseca, biologica; un orologio dal quale non prescindere; una sorta di nevrosi imposta che diventava un’isteria davvero e che, in quanto tale, in quanto uterina, è da donna per forza. Una situazione sulla quale le donne non si sono mai interrogate abbastanza, in un mondo al maschile, e che diventava una pecca. Perché interrogarsi sull’essere madri, se madri lo si era dalla nascita per una questione anatomica, diventava il simbolo del peccato, un abominio personale ingiustificato e, soprattutto, ingiustificabile. Imperdonabile. Per la società, per la Chiesa, per la donna. Se la donna non diventava madre, doveva per forza farsi suora. Allora ecco che Storace racconta anche di donne attuali che hanno dedicato la vita ad una maternità differente e “per sempre”, eterna, atto d’amore. Sono suor Alessandra Smerilli, madre Maria Emmanuel Corradini, suor Gabriella Bottani, suor Caterina Cangià che Federica intervista e delle quali racconta la vita. Interessante questa scelta, non tanto per l’intervista in sé, quanto per avere dato voce ad una maternità che non si vede e la società non vive come tale. Certo, oggigiorno si accettano donne non sposate, donne con relazioni omosessuali che non possono intrinsecamente diventare madri (non affrontiamo altre considerazioni in questa sede), donne che vivono da sole, anche donne sposate che non vogliono figli. Ma di esse la maternità non si considera. Sono madri? Possono essere madri comunque? Una suora, allora, è madre? Può essere madre in modo differente dall’appellativo “madre” che le viene conferito dall’ordine di appartenenza? L’interrogativo viene posto intrinsecamente e suggerisco a ciascun lettore di trovare una risposta, se lo ritiene necessario, ma nell’ottica di chiedersi cosa sia la maternità e soprattutto che ruolo abbia nella società d’oggi.

Ho trovato il libro molto buono, scritto molto bene, facilmente leggibile e denso di spunti di pensiero. Oggi la società è scarsa di maternità. Sembra che a pochi interessi l’essere “madri” della realtà, della società, della propria vita, del prossimo. Si è abdicato al ruolo materno al di là del dover generare, non ci si prende cura degli altri se non per dovere e, talvolta, per sbandierata appartenenza al volontariato. Certo, quest’ultimo è carico di motivazioni e per la maggioranza di persone che davvero si prodigano, non è ciò che intendo, ma che manca in generale il senso di creazione, di generazione di ciò che scaturisce da noi e diventa altro, da parte di uomini e donne, al di là che si tratti di un figlio o di altra creatura. Dare voce alle suore è molto importante, non soltanto un gesto editoriale utile. È dare voce a chi scompare dietro alla propria scelta, questo è basilare tenerlo presente. Tuttavia dà voce a quell’essere donna ed essere donna-madre importantissima per plasmare una società carica di significati che sta perdendo.

Assolutamente da leggere.

Federica Storace: “Madri per sempre. Donne raccontano maternità possibili”, Erga edizioni, Genova, 2020

Alessia Biasiolo

Free Patrick Zaki, maratona musicale

L’8 febbraio sarà il primo triste anniversario dell’arresto di Patrick Zaki. In quell’occasione Amnesty International Italia, MEI – Meeting delle Etichette Indipendenti e Voci per la Libertà organizzano “Voci X Patrick – Maratona musicale per chiedere la liberazione di Patrick Zaki”, un evento in streaming per chiedere l’immediato rilascio dello studente egiziano, che è detenuto in carcere come prigioniero di coscienza a causa del suo lavoro per i diritti umani e per le sue opinioni politiche espresse sui social media.

Fino al 31 gennaio 2021 è aperta la call per aderire all’evento, un invito a tutti i musicisti a sostenere con la propria musica la campagna per la liberazione di Patrick e più in generale di tutti i prigionieri di coscienza rapiti, torturati e reclusi ingiustamente.

Dicono i promotori: “l’8 febbraio sarà il momento di farci sentire compatti e più determinati che mai. Patrick Zaki deve tornare ai suoi studi a Bologna. Proprio per questo invitiamo alla mobilitazione il mondo della musica. Dedichiamo questa iniziativa a tutte quelle giovani donne e uomini che viaggiano per il mondo per studiare, ricercare, condividere e costruire una società migliore”.

Voci X Patrick – Maratona musicale per chiedere la liberazione di Patrick Zaki”

Tutti gli artisti sono invitati ad aderire con un video di una performance musicale di qualche minuto dedicata a Free Patrick Zaki ed appositamente realizzata.

Per adesioni e maggiori informazioni scrivere a vocixpatrick@gmail.com entro e non oltre il 31 gennaio

Nella maratona musicale, che verrà trasmessa in streaming su numerosi canali grazie a molteplici partner, si alterneranno video e interventi in diretta.

Cronologia degli eventi

Il 7 febbraio 2020 Patrick Zaki, studente del Master in Studi di genere dell’Università “Alma Mater” di Bologna, è stato fermato all’aeroporto del Cairo, la capitale dell’Egitto.

Dopo diverse ore di sparizione forzata, è ricomparso il giorno dopo di fronte alla Procura della città di Mansura, dove è stato convalidato l’arresto, sulla base di un mandato di cattura contenente le accuse di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo.

Dopo estenuanti rinvii, le prime due udienze del processo si sono tenute solo a luglio. Nella seconda, il 26 di quel mese, Patrick Zaki ha potuto vedere per la prima volta i suoi avvocati dal 7 marzo. In quell’occasione è apparso visibilmente dimagrito. Il 25 agosto, sempre per la prima volta da marzo, ha potuto avere un breve incontro con sua madre. Il 7 dicembre il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del tribunale del Cairo ha annunciato il rinnovo per 45 giorni della custodia cautelare.

Dopo una prima fase di cinque mesi di rinnovi quindicinali ritardati dall’emergenza Covid, per Patrick Zaki è iniziata quella dei prolungamenti di 45 giorni che può protrarsi fino a un tempo massimo di due anni, come previsto dalla legge egiziana. Le accuse a suo carico sono basate su dieci post di un account Facebook che i suoi legali considerano fake, a differenza dei procuratori, ma che hanno configurato i reati di diffusione di notizie false, incitamento alla protesta e istigazione alla violenza e ai crimini terroristici. Reati che gli fanno rischiare fino a 25 anni di carcere. “L’obiettivo della detenzione preventiva prolungata è di consegnare un prigioniero all’oblio. Per questo, è fondamentale che in vista dell’udienza di sabato prossimo, e di quelle che eventualmente seguiranno, non si disperdano l’entusiasmo, l’emozione e la solidarietà dell’ultimo mese e che ognuno continui a fare la sua parte”, ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Il 19 dicembre Patrick Zaki ha potuto incontrare nuovamente la madre nel carcere di Tora. Le ha detto queste parole: “Sono fisicamente e mentalmente esausto, non ne posso più di stare qui e mi deprimo a ogni tappa dell’anno accademico mentre sono qui invece che con i miei amici a Bologna”.

In questi mesi la famiglia aveva ricevuto da Patrick Zaki solo due brevi lettere a fronte delle almeno 20 che aveva scritto e inviato.

Ulteriori informazioni su http://www.vociperlaliberta.it

Monferr’Autore