La Vedova allegra debutta al Carlo Felice di Genova

Giovedì 30 dicembre 2021, con repliche il 31 dicembre e l’1, 2, 5 gennaio 2022 il Teatro Carlo Felice di Genova si prepara all’arrivo del 2022 con un nuovo allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice de La vedova allegra di Franz Lehár. Asher Fisch dirige l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice, preparato da Francesco Aliberti. Luca Micheletti, oltre a curare la regia dell’allestimento e a essere tra i protagonisti in scena, presenta la sua nuova traduzione in italiano del libretto nella versione ritmica realizzata assieme a Elisa Balbo. Le scene e i costumi sono di Leila Fteita, il progetto luci è di Luciano Novelli nella realizzazione di Fabrizio Ballini, le coreografie sono firmate da Fabrizio Angelini.

Foto di scena de La Vedova allegra: Hanna Glawari (Elisa Balbo)

Al fianco di Luca Micheletti/Michele Patti nella parte del Conte Danilo Danilowitsch  e di Elisa Balbo/Valentina Mastrangelo in quella di Hanna Glawari, Francesca Benitez/Luisa Kurtz (Valencienne), Pietro Adaini/Emanuele D’Aguanno (Camille de Rossillon), Filippo Morace (Barone Mirko Zeta), Ciro Masella (Njegus), Claudio Ottino (Visconte de Cascada), Manuel Pierattelli (Raoul de St. Brioche), Giuseppe Palasciano (Kromow), Francesca Zaira Tripaldi (Olga), Luigi Maria Barilone (Bogdanowitsch), Kamelia Kader  (Sylviane), Alessandro Busi (Pritschitsch), Letizia Bertoldi (Praskowia), Valter Schiavone (Maître Chez Maxim), Federica Sardella (Zozo). Completano il cast Les Grisettes Michela Delle Chiaie, Ginevra Grossi, Erika Marinello, Marta Melchiorre, Matilde Pellegri, Monica Ruggeri e i danzatori Samuel Moretti, Giovanni Ernani Di Tizio, Tiziano Edini, Robert Ediogu, Matteo Francia, Andrea Spata.

«A sei anni dalla sua ultima rappresentazione al Teatro Carlo Felice, torna in teatro La vedova allegra ad accompagnare il pubblico verso il 2022 – commenta l’assessore alle Politiche culturali Barbara Grosso – Sulle note dell’operetta più amata e conosciuta al mondo, che andrà in scena in una sala finalmente a piena capienza, salutiamo il nuovo anno con il sorriso che la Vedova allegra sa regalare ai suoi spettatori».

«Per celebrare l’arrivo del nuovo anno assieme al nostro pubblico, dichiara il Sovrintendente Claudio Orazi, che dopo l’inizio di una campagna abbonamenti per il 2022 partita a ritmi sostenuti ritroviamo sempre più numeroso in sala, il Teatro Carlo Felice ha scelto La vedova allegra, l’operetta in assoluto più amata e rappresentata nel mondo, che torna a Genova a circa 113 anni dalla sua prima esecuzione in città, e a 6 anni dalla sua ultima rappresentazione in Teatro. Sin dal suo debutto, il 30 dicembre del 1905 al Theater an der Wien di Vienna con la direzione dello stesso Lehár, cui seguiranno ben 400 repliche, La vedova allegra si profilava quale titolo destinato a garantire al suo autore una gloria immortale. Il suo irresistibile mix di elementi teatrali e musicali, incardinati in un meccanismo a orologeria dal tempismo perfetto, riuscì a sedurre persino i palati più raffinati, come quelli di Alma e Gustav Mahler. La nuova versione ritmica del suo libretto realizzata in italiano da Luca Micheletti, assieme ad Elisa Balbo che debutta in prima assoluta al Teatro Carlo Felice regalerà al pubblico il piacere dei giochi di parole, dei calembour e dei doppi sensi originali in italiano. »

Foto di scena de La Vedova allegra

«La vedova allegra è un titolo che, con il suo fascino “d’altri tempi”, mi ha accompagnato ovunque nel mondo, dal Teatro alla Scala di Milano al Metropolitan di New York, racconta il direttore Asher Fisch. La morbidezza del suono, una certa rilassatezza tipicamente viennese è quanto, dai miei anni alla Volksoper di Vienna, porto nel cuore e cerco di trasmettere ogni qual volta la dirigo, per poter ricreare quello che doveva essere il suono originale del lavoro. Uno spirito sornione, che faccia “da pendant” alla comicità irresistibile del suo testo: è questo il lato che amo sfoderare per contribuire a fare affiorare il sorriso sul volto del pubblico che, immancabilmente, la Vedova allegra sa regalare».

Nelle sue note di regia Luca Micheletti anticipa: «Lo spettacolo si impernia su due assi portanti dalle molteplici declinazioni: da un lato, il “giro di valzer” come simbolo di un’epoca; dall’altro, il tema del teatro come scintillante rifugio fuori dal mondo. Siamo in un universo in cui, innanzitutto, ogni cosa gira costantemente: una società-carillon che celebra se stessa nel rituale girotondo che Schnitzler elevò a simbolo dell’intero secolo dando alle stampe il suo Reigen proprio nel 1900. Non ci si può fermare: c’è una legge che condanna alla leggerezza. Allo stesso modo, non si può far sul serio: ed ecco il tema del teatro, del continuo mutare e scambiarsi ruolo, maschera, status, opinione.»  

«L’operetta più in generale, prosegue l’artista, e la Vedova allegra in particolare, creano un ponte tra due mondi, dove  il teatro d’opera e il teatro di prosa si incontrano. La Vedova allegra, disse Bergman, è come una sorta di antico meccanismo, una lampada a olio, di cui bisogna rispettare il funzionamento: deve rilucere della sua luce speciale. La mia sarà perciò una Vedova allegra attenta allo spirito profondo che ha mosso i suoi primi creatori. D’altra parte, un approccio “filologico” credo sia adeguato solo fino a un certo punto di fronte ad una tale quantità di varianti, avallate dallo stesso Lehár e fin dapprincipio (in particolare sui dialoghi parlati, che qui ho tradotto e adattato liberamente incrociando diverse soluzioni drammaturgiche). Sulla tradizionale versione italiana delle parti musicali, poi, si erano accumulate e stratificate nel tempo molte inesattezze e incongruenze: abbiamo così pensato, com’è costume che ciclicamente avvenga per le operette, ad una nuova versione ritmica italiana, firmata da me e da Elisa Balbo. In essa conserviamo alcune traduzioni celebri di numeri ormai entrati nell’inconscio collettivo (da “tace il labbro” a “è scabroso le donne studiar…”), ma ritraduciamo ex novo tutto il resto, ricostruendo nella nostra lingua il sistema metrico e rimico dell’originale, restaurando spesso anche il testo musicale corrottosi nel tempo con l’adattarvi parole forzate. Ogni grande classico, del resto, si perpetua attraverso la somma delle sue varianti: e lo spettacolo ne terrà conto non solo dal punto di vista drammaturgico, ma anche teatrale, omaggiando e citando, con ironia e levità, più d’un secolo di rappresentazioni. Perché La Vedova allegra non è solo un’operetta, ma un sistema teatrale a sé stante, scintillante, autoironico e appena venato d’una sublime malinconia».

Teatro Carlo Felice di Genova

Giovedì 30 dicembre 2021

Venerdì 31 dicembre 2021

Sabato  1 gennaio 2022 ore 16.00

Domenica 2 gennaio 2022 ore 15.00

Mercoledì 5 gennaio2022 ore 20.00

Per info di biglietteria e promozioni, http://www.teatrocarlofelice.com

Personaggi e interpreti

Hanna Glawari Elisa Balbo, Valentina Mastrangelo (1.01)
Conte Danilo Danilowitsch Luca Micheletti/Michele Patti (1.01)
Valencienne Francesca Benitez/Luisa Kurtz (1.01)
Camille de Rossillon Pietro Adaìni/Emanuele D’Aguanno (1.01)
Barone Mirko Zeta Filippo Morace
Njegus Ciro Masella
Visconte de Cascada Claudio Ottino
Raoul de St. Brioche Manuel Pierattelli
Kromow Giuseppe Palasciano
Olga Francesca Zaira Tripaldi
Bogdanowitsch Luigi Maria Barilone
Sylviane Kamelia Kader
Pritschitsch Alessandro Busi
Praskowia Letizia Bertoldi
Maître Chez Maxim Valter Schiavone
Zozo Federica Sardella

Les Grisettes: Michela Delle Chiaie, Ginevra Grossi, Erika Marinello, Marta Melchiorre, Matilde Pellegri, Monica Ruggeri.  Danzatori:  Samuel Moretti, Giovanni Ernani Di Tizio, Tiziano Edini, Robert Ediogu, Matteo Francia, Andrea Spata

Nicoletta Tassan Solet (anche per le fotografie)

Elliott Erwitt. Family

Fino al 3 aprile 2022, Riccione celebra uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea con la retrospettiva Elliott Erwitt. Family curata da Biba Giacchetti, promossa dal Comune di Riccione, e organizzata e prodotta da Civita Mostre e Musei e Maggioli Cultura in collaborazione con SudEst57 nei rinnovati spazi di Villa Mussolini.

Una mostra di altissimo livello dedicata ad uno dei mostri sacri della fotografia in una delle ville storiche della città – commenta il sindaco Renata Tosi – mi rende particolarmente orgogliosa perché ci consente di offrire ai riccionesi e ai turisti una proposta culturale prestigiosa nei periodi invernale e primaverile. Oggi presentiamo una esposizione di caratura internazionale a dimostrazione che la progettualità dell’amministrazione non si è mai fermata anche con la pandemia. Possiamo guardare con fiducia alle sfide che abbiamo davanti perchè c’è tantissimo interesse da parte del pubblico di tornare a vivere, con le giuste precauzioni, i nostri luoghi di cultura. Ringrazio per il lavoro di squadra gli uffici comunali preposti, gli organizzatori Civita Mostre e Musei e Maggioli Cultura per aver abbracciato questa splendida iniziativa”.

USA. New York City. 2000.

Ospitare a Riccione grandi mostre fotografiche  – afferma l’assessore a Cultura Turismo Eventi Stefano Caldari –  in un luogo finalmente adatto come Villa Mussolini con impianti e locali consoni  e adeguati, rappresenta un grande traguardo raggiunto. Investire in cultura e in spazi belli e attrezzati è un ulteriore tassello del mosaico articolato che stiamo realizzando per rendere la nostra città sempre più attrattiva. L’evidente successo del Riccione Christmas Star è sotto gli occhi di tutti per la bellezza e la gioiosità che riesce a trasmettere alle persone, sia adulti che bambini, come evidenziato peraltro dalle innumerevoli foto sui social. Con la mostra di Elliott Erwitt offriamo il massimo con un’attenzione rivolta sia alla comunità locale che all’internazionalizzazione del nostro territorio. E non finisce qui, perché a seguire avremo Steve McCurry, un altro grandissimo fotografo del Novecento”.

Niente è più assoluto e relativo, mutevole, universale e altrettanto particolare come il tema della famiglia. Mai come oggi “famiglia” è tutto e il suo contrario: a che fare con la genetica, il sociale, il diritto, la sicurezza, la protezione e l’abuso, la felicità e l’infelicità; niente è capace di scaldare di più gli animi, accendere polemiche, unire e dividere come il senso da attribuire alla parola “famiglia”.

Là dove la parola si ferma o si espande a dismisura, può intervenire a tentare di interpretarla lo sguardo della fotografia, da sempre molto legata a questo tema.

Il diffondersi infatti di questo “mezzo di documentazione” nelle classi sociali della media borghesia ha accompagnato il desiderio di un racconto privato e personale degli eventi che ne segnavano le tappe: i ritratti degli avi, le nascite, i matrimoni, le ricorrenze, tutto condensato in quei volumi che nelle prime decadi dello scorso secolo arredavano il “salotto buono”: gli album di famiglia.

La curatrice della mostra Biba Giacchetti ha chiesto a uno dei più importanti maestri della fotografia di creare un album personale e pubblico, storico e contemporaneo, serissimo e ironico. È nata così la mostra “Elliott Erwitt. Family”.

La mostra raccoglie circa sessanta dei suoi scatti più famosi, in grado di offrire al visitatore una panoramica sulla storia e il costume del Novecento, attraverso la tipica ironia di Erwitt, pervasa da una vena surreale e romantica, alternando immagini ironiche a spaccati sociali, matrimoni nudisti, famiglie allargate o molto singolari, metafore e finali “aperti”, come la famosissima fotografia del matrimonio di Bratsk.

Accompagna la mostra un catalogo a cura di Sudest57.

La programmazione espositiva proseguirà con la mostra Steve McCurry Icons, in programma dal 14 aprile 2022: conservando e presentando il biglietto della mostra di Elliott Erwitt si avrà diritto alla tariffa ridotta sul biglietto di ingresso della mostra Icons.

Orari: dalle 9,30 alle 13 e dalle 14,30 alle 19. Lunedì chiuso

24 dicembre aperto dalle 9,30 alle 13

25 dicembre chiuso

26, 27,28,29,30 dicembre aperto dalle 9,30 alle 19

31 dicembre dalle 9,30 alle 13

1° gennaio dalle 14,30 alle 19

2,3,4,5,6 gennaio aperto dalle 9,30 alle 19

La mostra prevede ingresso con biglietto. Informazioni e prenotazioni: sito della mostra

Ombretta Roverselli (anche per la fotografia)

Concerto di Natale stasera al Camploy

La colonna sonora di questo Natale sarà con la musica di Frank Zappa. Oggi, 23 dicembre, alle 21.15 si svolgerà al Teatro Camploy “Anteprima di Natale con Frank Zappa”, concerto della Big-Band Ritmo-Sinfonica Città di Verona, tradizionale appuntamento di dicembre giunto alla 24^ edizione. Dopo l’evento in streaming nel 2020, si ritorna in presenza con una serata che coniugherà musica e arte a 360°. Il repertorio scelto quest’anno infatti spazierà attraverso tutti i generi musicali, dal momento che Frank Zappa, nato nel 1940 e morto nel 1993, scrisse un importante capitolo artistico grazie ad una produzione enorme, eterogenea e ricca di influenze stilistiche, mettendosi in competizione, ironicamente, con qualsiasi genere musicale. Per questo motivo ad affiancare la Big-Band ci sarà anche il cantante e chitarrista bresciano Daniele “Dan” Martinazzi, vero esperto vocale e strumentale del repertorio zappiano e Michele Pachera con la marimba per proporre brani rock, jazz, rhythm & blues, anni ’50 e perfino di musica colta.

Ad arricchire la serata, che si inserisce nella 7^ edizione della rassegna La Città del Jazz al via al Teatro Camploy da aprile 2022, ci sarà Stephanie “Ocean” Ghizzoni, cantante e pittrice diplomata all’Accademia di Brera che, durante il concerto, dipingerà dal vivo il volto del compositore italoamericano.

Per partecipare si dovranno ritirare degli inviti disponibili, fino ad esaurimento, presso gli uffici dell’URP – Relazioni con il Pubblico – via Adigetto, 10. Sarà obbligatorio essere in possesso di super green pass. Informazioni:https://www.comune.verona.it/teatrocamploy http://www.bigband.vr.it/eventi.htm

Roberto Bolis

Herat. Ora nona

Un Cristo sulla croce privato delle braccia, al suo capezzale donne velate dal burqa blu. È di forte impatto l’installazione artistica che da domani fino al 18 dicembre viene ospitata in municipio, nella sala al primo piano collegata all’atrio.

Si tratta di “Herat. Ora Nona”, opera del maestro scultore Ernesto Lamagna, accademico pontificio dei Virtuosi al Pantheon. L’Opera – che di recente è stata esposta al Mart di Trento e Rovereto su invito di Vittorio Sgarbi – arriva a Verona con la curatela dello stesso Vittorio Sgarbi, di Alessandro Carone e Federico Martinelli, quest’ultimo organizzatore dell’evento ed editore della pubblicazione tramite la casa editrice Quinta Parete.

Il progetto espositivo, che gode del patrocinio del Comune di Verona, è una riflessione sulla situazione dell’Afghanistan e sulla condizione delle donne che vi abitano, una realtà a dir poco drammatica che l’artista ha potuto constatare personalmente durante un viaggio ad Herat. Proprio nella città afgana, infatti, Lamagna tenne qualche anno fa un corso a studenti della scuola d’arte, dove giunse per tramite del veronese tenente colonnello Alessandro Scarone, all’epoca in missione con l’Esercito proprio ad Herat.

Fino al 18 dicembre la mostra sarà aperta tutte le mattine, festivi esclusi, dalle 10 alle 13. L’ingresso è libero con green pass e mascherina.

“E’ con grande piacere che ospitiamo questa installazione – ha detto Briani -. Un’opera il cui messaggio ci coinvolge in modo particolare e che rientra a pieno titolo tra le tante iniziative organizzate dall’Amministrazione in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il burqa che le donne afgane sono costrette ad indossare, non solo impedisce loro di vedere il mondo, ma vieta anche di parlare, una violenza psicologica oltre che fisica che non tutte, come ci dicono i dati, riescono a sopportare, preferendo il suicidio a tale condizione”.

“Una mostra dal forte impatto emotivo, che farà certamente riflettere chi verrà a visitarla – ha aggiunto Padovani -. Ringrazio quanti hanno collaborato per il suo allestimento, in tempi davvero veloci, ma l’obiettivo era inaugurarla ai primi di dicembre”.

“L’opera è nata da una forte esperienza di Lamagna in Afghanistan- aggiunge  Martinelli -. L’intensità e lo strazio del Cristo, con il suo viso che gronda disperazione, diventa messaggio universale di immedesimazione nella sofferenza dell’Umanità tutta. Una lacerazione che contorce il costato, in un corpo macerato che, pur sembrando impossibilitato ad abbracciare l’Umanità in quanto raffigurato privo di braccia, avvolge tutti nel suo Piano della Salvezza”.

“Ero in Afghanistan come maggiore degli Alpini quando Lamagna fu invitato, su mia richiesta, dal Ministero degli Esteri, per tenere un corso di pittura ai giovani studenti dell’Università di Herat. L’arte nasce da eventi intensi e da esperienze, come questa, che lasciano il segno” ha concluso Carone.

Roberto Bolis (anche per la fotografia)

Monica Guerritore chiude l’anno dantesco

Monica Guerritore a chiude l’anno dantesco al Nuovo. Il Grande Teatro, storica rassegna del Comune di Verona organizzata in collaborazione con il Teatro Stabile, propone, per l’ultimo appuntamento del 2021, ‘Dall’inferno all’infinito’. Lo spettacolo, su testi di Dante Alighieri, Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Patrizia Valduga, Gustave Flaubert, Victor Hugo, Giacomo Leopardi e Cesare Pavese, rientra negli eventi di “Dante a Verona 1321-2021”. La prima dello spettacolo è stata ieri. In occasione del debutto, è stato consegnato il premio Renato Simoni 2020/2021 a Isa Danieli. Dopo chiusure e incertezze dettate dalla pandemia, il mosaico della ripartenza si completa con il ritorno dello storico riconoscimento, giunto alla 63esima edizione. Una versione straordinaria su due annualità. La giuria, presieduta dal sindaco Federico Sboarina, e composta dai critici di teatro Claudia Cannella, Roberto Canziani, Masolino D’Amico, Rodolfo Di Giammarco e Katia Ippaso, ha scelto di accendere i riflettori su una grande donna di teatro.

Monica Guerritore

Isa Danieli, in palcoscenico a 14 anni, ha affrontato un po’ tutti i generi del mondo dello spettacolo, ha ricevuto la prima accoglienza teatrale da Eduardo De Filippo (andando poi in scena una quindicina di volta con sue commedie), ma è stata anche esemplare per intraprendenti cambi di ribalte, di compagnie, di modalità recitative, di drammaturgie, di scelte culturali e popolari, di energiche riletture del classico e di impagabili nuovi rischi. Un’attrice generosa e solida. Artista di cui viene ora teatralmente premiato l’intuito, la tenacia, la forza, il lirismo, la bellezza d’animo, e la conquistante interpretazione della vita.

“Abbiamo spostato eccezionalmente la premiazione al Teatro Nuovo – precisa l’assessore alla Cultura Francesca Briani – perché la forte incertezza e le riaperture a singhiozzo che hanno attraversato il biennio 2020/21 non hanno permesso di svolgere, prima della scorsa estate, un lavoro sistematico e accorto come quello che richiede l’organizzazione del Premio. Oggi finalmente siamo in grado di annunciarlo e la cosa mi rende doppiamente felice perché la scelta è ricaduta su una donna di grande temperamento, che per oltre 60 anni ininterrotti ha continuato a salire sul palcoscenico, regalando al pubblico la sua forza e la sua sensibilità”.

Isa Danieli

“Tra gli obiettivi che mi sono posto in questi anni – sottolinea il direttore artistico degli Spettacoli del Comune di Verona Carlo Mangolini –, c’è anche la necessità di aprire una riflessione sul senso di un premio alla carriera oggi. Un riconoscimento nato per omaggiare un grande artista e intellettuale come Renato Simoni, all’avanguardia per il suo tempo, capace di visioni e slanci che appoggiavano saldamente sulle radici ma aprivano al futuro. Penso che ai giorni nostri debba essere arricchito da un confronto tra artisti, critici, operatori e intellettuali, che abbia anche un valore intergenerazionale, per un passaggio dei saperi. Portare alla ribalta personalità a tutto tondo, capaci di definire pezzi di storia del teatro, impone che la loro testimonianza non resti lettera morta, ma diventi patrimonio condiviso dal pubblico e dalle nuove generazioni di artisti”.

Dopo la prima del 14 dicembre, lo spettacolo, prodotto dalla Compagnia Orsini, replica dal 15 al 19 dicembre. Giovedì 16 dicembre, alle 18, al Teatro Nuovo, Monica Guerritore incontra il pubblico e gli studenti. L’appuntamento, organizzato con l’Università di Verona, è intitolato Il viaggio della poesia, tra inferno ed infinito. Interverranno all’incontro la giornalista Alessandra Galetto, il docente Nicola Pasqualicchio e il direttore artistico Carlo Mangolini. Sei i canti dell’Inferno alla base dello spettacolo: I e II (Incontro con Virgilio/Beatrice), III (Ingresso nell’Inferno), V (Paolo e Francesca), XXXIII (Conte Ugolino) e XXXIV (uscita dall’Inferno). Nello spettacolo anche testi di Pier Paolo Pasolini (“Supplica a mia madre”), Elsa Morante (“Menzogna e sortilegio”), Patrizia Valduga (“Cento quartine” e “La tentazione”), Gustave Flaubert (“Madame Bovary”), Victor Hugo (“Pathmo”), Giacomo Leopardi (“L’infinito”) e Cesare Pavese (“Ultimo scritto”).

“La potente forza creativa dell’immaginazione delle pagine di Hillmann e Citati – dice Monica Guerritore – accompagnano e forse spiegano la discesa nel nero, nell’intima natura umana, che Dante mette in versi nei canti iniziali dell’Inferno: la sua ricerca e il suo incontro con le parti del sé. Nelle bellissime parole di Wagner, la forza della musica (che accompagna tutta la performance) diventa motore emotivo e precede, accompagna e amplifica il tormento delle passioni amorose (Paolo e Francesca), di abbandono (“La tentazione” di Patrizia Valduga), di ferocia come nel canto del conte Ugolino. Di abissi naturali che portano in scena anche figure materne e paterne: Pasolini e Morante. Tutto rende la ricerca e il racconto interiore e poetico di Maestri lontani tra loro per epoca, un’unica grande anima che racconta le infinite vie della testimonianza del Sé. Le parole di Umberto Eco e del grande psicanalista Galimberti accompagnano, noi uomini di oggi, nella comprensione del nostro Inferno interiore e dell’Infinito intuito. Nella mia intenzione c’è il desiderio forte di sradicare parole, testi, versi altissimi dalla loro collocazione “conosciuta” per restituirgli un “senso” originario e potente”.

Roberto Bolis (anche per le fotografie)

Restauro della Cappella Espiatoria di Monza

La Cappella Espiatoria è il monumento voluto da Vittorio Emanuele III, figlio e successore di Umberto I, a Monza per commemorare il luogo in cui il padre venne ucciso dall’anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio 1900. Un edificio che racconta un momento importante della storia del Novecento, e che oggi è nuovamente oggetto di interventi che puntano a migliorane la conservazione e ad ampliarne la fruizione da parte della cittadinanza.

Sul luogo del regicidio, Giuseppe Sacconi, l’architetto cui Casa Savoia aveva commissionato l’Altare della Patria a Roma ed anche la Tomba di Re Umberto al Pantheon, progettò un monumento visibile da lontano, che ad ogni 29 luglio doveva illuminarsi, come ricordo e monito.

In basso una cripta a croce greca, ricca di preziosi marmi e mosaici. Questi ultimi, sul modello del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, raffigurano cieli stellati su cui si stagliano i vari stemmi dei Savoia. Alle pareti sono ancora poste le corone in bronzo inviate da tutto il mondo come omaggio al re defunto. Al centro, un cippo in marmo nero commemora il punto esatto in cui avvenne l’attentato. Anche la Cappella, sovrastante, è decorata da mosaici raffiguranti angeli, busti di santi e beati della dinastia dei Savoia, mentre il pavimento è realizzato con marmi colorati antichi.

A coronamento è una stele in pietra d’Oggiono, alta 35 metri, poggiata su un colossale basamento circolare.  Nella sua parte bassa si ammira una Pietà in bronzo dello scultore Ludovico Pogliaghi, voluta dalla Regina Margherita mentre alla sommità è conclusa da un cuscino bronzeo sul quale poggiano lo scettro, il Collare dell’Annunziata, la corona dei Savoia, oggetti tutti fortemente legati alla dinastia.

La Cappella Espiatoria – ricordo di un evento che segnò la storia d’Italia ma anche importante testimonianza dell’architettura italiana del primo ‘900 – ha da subito mostrato problemi di conservazione ma, caduti i Savoia, non ha più ricevuto le cure costanti di cui necessitava. Datano a partire dagli anni Ottanta gli interventi più sistematici, voluti dalla allora Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia. Proprio le fragilità strutturali, legate sia alle modalità costruttive che ai materiali scelti, hanno imposto però una nuova revisione complessiva, che prelude ad un progetto di costante manutenzione programmata.

“L’anno della svolta è il 2015, quando il museo viene affidato all’allora Polo Museale della Lombardia (ora Direzione regionale Musei della Lombardia del Ministero alla Cultura), ribadendone la vocazione museale. Questo ha significato lavorare in contemporanea per la salvaguardia conservativa e per una migliore fruizione da parte del pubblico” sottolinea Emanuela Daffra, Direttore Regionale.

“Gli interventi di “pronto soccorso” hanno coinvolto la cancellata di ingresso e l’Esedra, mentre un cantiere studio dal 2018 ha posto sotto la lente di ingrandimento il paramento murario esterno in pietra di Oggiono, da sempre una delle fragilità maggiori dell’edificio. Contestualmente – continua la dottoressa Daffra – si è affrontato il nodo cruciale dell’accessibilità e dell’abbattimento- per quanto possibile – delle barriere architettoniche, con la realizzazione di servizi per i visitatori, di corrimano per le scalinate che portano alla cripta e al giardino, dove una rampa accompagna il visitatore all’interno dell’area verde”.

L’attenzione si è concentrata sulle parti decorative esterne a mosaico di ciottoli bicromi, bianchi e neri, e sulla pietra di rivestimento. In sequenza sono state restaurate sette campate dell’esedra e attualmente è in allestimento un nuovo cantiere che permetterà di concludere l’intera area nord della struttura.

“Con Barbara Galli, allora direttrice del museo, si è posta anche attenzione al parco-giardino, protagonista di un progetto di riallestimento che ha interessato gli arredi, i percorsi e le essenze vegetali. Mi preme sottolineare la messa a disposizione di panchine, con l’inserimento, nel 2020, di una seduta rossa, per sottolineare l’impegno della Direzione sugli obiettivi posti dall’agenda 2030 dell’Onu e, nello specifico, per la campagna contro la violenza sulle donne. L’area è stata inoltre dotata di un sistema di telecamere per mettere in sicurezza l’intero complesso museale”.

“Oggi, grazie anche alla piena collaborazione del Comune di Monza e di associazioni presenti sul territorio– conclude la Direttrice – possiamo affermare che l’intero Complesso Monumentale della Cappella Espiatoria è monitorato, che era l’aspetto che più ci premeva e – azione altrettanto importante – è stato reso accessibile e più aperto alla cittadinanza, riconosciuto come partner di iniziative variegate.

“La relazione con le attività commerciali e le industrie presenti sul territorio, oltre che con enti ed associazioni, è stata una chiave fondamentale per radicare la presenza del complesso nell’area monzese e per avvicinare la cittadinanza tutta al Cappella Espiatoria”, conferma Barbara Galli, che dal 2019 al novembre 2021 è stata direttrice del complesso.

“Ne è prova il costante favore del pubblico che è passato dai 1025 ingressi del 2015 ai 12.137 del 2019. E quest’anno, pur con le chiusure e il contingentamento, contiamo già oltre quattromila presenze. È il segno che la direzione imboccata è corretta e che non dobbiamo fermarci. Per questo abbiamo già programmato e finanziato – annuncia ancora la Dott.ssa Emanuela Daffra – passi ulteriori. Innanzitutto il restauro del cancello e, più avanti, del magnifico complesso musivo interno della Cappella, possibile perché è stato mitigato il problema delle infiltrazioni di acque meteoriche, causa dei danni. Anche sull’insieme delle corone bronzee, oggetto di una sistematica campagna fotografica e di inventariazione, è partito il progetto conservativo, e sugli spazi verdi prevediamo ulteriori messe a punto ed il loro inserimento in un più ampio progetto educativo”.

Ora il compito di portare avanti questi progetti e continuare nella direzione imboccata spetta a Giuseppina Di Gangi, architetto che già ha prestato servizio presso Pinacoteca di Brera e Biblioteca Braidense come responsabile di progetti architettonici e di restauro e allestimenti, dal mese di novembre subentrata a Barbara Galli nella direzione del Complesso Monumentale della Cappella Espiatoria.

I prossimi obiettivi riguarderanno l’avvio del cantiere di restauro sul paramento murario dell’edificio che prenda le mosse dal cantiere studio già citato, l’ulteriore miglioramento dell’accessibilità che intende rimuovere anche le barriere percettive e cognitive, il miglioramento del sistema di illuminazione dell’area esterna e interna, lo studio e il restauro del patrimonio mobile.

“La Cappella Espiatoria è un monumento che deve diventare centrale nei percorsi turistici della città. spiega il Sindaco Dario Allevi. È un luogo che racconta una parte importante della nostra storia, una testimonianza che abbiamo il dovere di far conoscere ai turisti e agli stessi monzesi, soprattutto ai più giovani. L’obiettivo è costruire un « sistema» attorno alla Cappella Espiatoria formato da enti e associazioni in grado di rafforzare il legame tra il museo e il territorio e aumentarne, in questo modo, il suo appeal. Per questo condividiamo con entusiasmo il progetto di restauro promosso e sviluppato dalla Direzione Regionale Musei Lombardia. Oggi, per sostenere la cultura e sviluppare il turismo, è fondamentale fare rete”.

S.E.

Per il centenario di Magagnato, gli acquarelli di Arduini

Nuovo allestimento nella sala Boggian del Museo di Castelvecchio. In esposizione i 60 acquarelli donati quest’anno da Francesco Arduini per il Gabinetto Disegni e Stampe del Museo scaligero. Una mostra speciale, in visione al pubblico fino a 6 marzo 2022, realizzata in occasione delle celebrare del centenario della nascita di Licisco Magagnato. L’esposizione dossier, dal titolo ‘Ritorno alla rappresentazione. Gli acquerelli di Francesco Arduini. Una donazione al Museo di Castelvecchio, è a cura di Francesca Rossi e Ketty Bertolaso. In mostra opere di delicata suggestione, che costituiscono una ripresa della rappresentazione, dopo l’astrattismo degli esordi, e che trovano nell’acquerello il medium ideale per restituire una “densità cromatica e tattile inusitata in rapporto alla traduzione consolidata di questa tecnica”, come sottolinea l’artista. La coincidenza della donazione con il centenario della nascita di Magagnato evidenzia il lungo sodalizio di amicizia e di collaborazione che legò il direttore dei Musei e Gallerie d’Arte di Verona al pittore. Tra gli anni Sessanta e Settanta, Magagnato acquisì alcune opere di Arduini per la Galleria d’Arte Moderna e dedicò molte pagine in cataloghi di mostre monografiche e collettive alla produzione pittorica e grafica all’artista. Gli acquerelli sono accostati in sala Boggian a lavori giovanili, dipinti e incisioni delle collezioni del Museo di Castelvecchio e della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, che documentano gli esordi dell’artista e la stagione dei suoi rapporti con Magagnato.

Nelle opere di Arduini, Magagnato coglieva “un tranquillo e distaccato inseguire le analogie e le costanti profonde tra le forme naturali ed organiche, l’ordine segreto (non geometrico ma ritmico) dei profili delle linee, delle masse” e avvertiva “la presenza di uno scambio continuo tra una certa scala interiore di ritmi e andamenti stilistici, e la scoperta sempre rinnovata di aspetti della morfologia naturale consonanti con quel suo a priori formale” (Magagnato 1966).

“I Musei Civici veronesi – spiega l’Assessore alla Cultura – hanno scelto di celebrare con un fitto programma di appuntamenti il centenario della nascita di Licisco Magagnato. storico dell’arte e direttore dei Musei e delle Gallerie veronesi dal 1955 al 1986, tra le figure intellettuali più rappresentative dello sviluppo del sistema museale cittadino. Questa mostra, oltre ad esporre al pubblico opere di particolare fascino artistico, è l’occasione per ricordare il legame di amicizia che, per lungo tempo, ha legato Magagnato ad Arduini”.

Francesco Arduini, dopo la maturità artistica conseguita nel 1951 a Venezia, si iscrive alla Facoltà di Architettura a Venezia e Firenze. Inizia ad esporre nel 1951 e nel 1961 succede ad Orazio Pigato nella cattedra di Composizione all’Istituto Statale d’Arte N. Nani di Verona, in cui insegna per vent’anni. Dopo l’esordio, espone a tutte le edizioni della Biennale di Verona dal 1953 al 1967; nella 57a edizione della mostra viene premiato. Contemporaneamente partecipa a rassegne nazionali ed internazionali giovanili a Milano, Gorizia, Roma, Lubiana, ecc. Ottiene nel 1962 il Premio Diomira a Milano; un premio all’VIII Premio Mestre nel 1964; vine premiato alla XV Biennale nazionale di Lucca nel 1968.

Nel 1963 partecipa alla XV Triveneta di Padova e al Premio San Fedele a Milano. Nel 1965, presentato da Gian Lorenzo Mellini, incontra lo storico dell’arte Ludovico Ragghianti, che propone una sua antologica di grafica all’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pisa (Fondazione Timpanaro), che diventerà itinerante nelle principali città della Toscana e della Liguria. Sempre nel 1965 viene invitato per la grafica alla XXXIII Biennale Internazionale di Venezia, con un gruppo di opere: gli Stendardi.

Partecipa a numerose collettive in Italia e all’estero, a Bolzano, Genova, Firenze, San Martino di Lupari, Montebelluna, Trento, San Giminiano, Nagahama, Piazzola sul Brenta, Trissino, Teheran, Salisburgo, Ferrara, Maniago, Termoli, ecc.

Roberto Bolis (anche per la fotografia)

Va in scena la vera storia di Santa Lucia

Si alza il sipario. Nonna Ida racconta la vera storia di Santa Lucia. Curiosità e dettagli svelati attraverso poesie e filastrocche. Torna anche quest’anno la full immersion di Modus Spazio Cultura dedicata alla santa più amata dai veronesi. Un appuntamento adatto a tutti, grandi e piccini, in replica per più giorni. Nello spazio teatrale di piazza Orti di Spagna si andrà in scena oggi alle 16 e alle 18.45 e domani, domenica 12 dicembre, giorno della vigilia, sempre alle 16 e alle 18.45. L’ingresso sarà gratuito per tutti, grazie alla collaborazione e al contributo della Prima Circoscrizione. La vita di Lucia, prima terrena, poi in cielo ed infine nel mito e nell’immaginario collettivo diventa così uno spettacolo che racconta la tradizione celebrata a Verona ma anche in tanti altri angoli del mondo, Svezia compresa. Un modo per sensibilizzare i bimbi anche alla scelta di doni consapevoli e meno consumistici.
“Una bella iniziativa per ripercorrere la storia della Santa e del mito, per farla conoscere alle nuove generazioni – ha detto Dusi, presidente della Commissione Cultura della Prima Circoscrizione -. Si tratta di una delle tradizioni veronesi più sentite e attese, dai piccoli così come dagli adulti. Per questo non vogliamo vada persa”.

“Nello spettacolo non ci sarà Santa Lucia – ha spiegato Castelletti, direttore artistico -, perchè nell’immaginario dei piccoli la figura mitica deve rimanere non rivelata, sempre e solo evocata, presenza percepita col cuore. In scena vi sarà Nonna Ida, una cara amica della Santa che racconterà una bellissima storia, accompagnata da Pennelletto, un maldestro pittore che, armato di tavolozza e pennello, dipingerà sul suo cavalletto i personaggi e le cose narrate. Aspettiamo tutti”. Tutte le informazioni sul sito https://modusverona.it

Roberto Bolis

Concerto in stile Blues Brothers a Ferrara

Un concerto annunciato come occasione di divertimento coinvolgente e con finalità benefiche quello di “The Big Solidal Band” in programma per stasera, sabato 11 dicembre, alle 21.15 nella Sala Estense (piazza Municipio 14, Ferrara) tutto a favore della Fondazione Ado onlus che si occupa di assistenza domiciliare oncologica.

“Un’iniziativa che l’amministrazione comunale ha voluto sostenere anche con il patrocinio – ha sottolineato l’assessore Cristina Coletti – in segno di vicinanza all’importante azione di Ado sul nostro territorio a sostegno di coloro che soffrono di gravi malattie e dei loro familiari”.

“Ottima musica e una nobile causa – ha spiegato la presidente di Ado Gisella Rossi – con un gruppo consolidato che ci ha sostenuto fin dal debutto e che offre uno spettacolo davvero entusiasmante”.

“Il nostro gruppo – hanno quindi raccontato Carlo Merighi e Luca Sacchetti, rispettivamente voce e pianista della band – è nato nel 2009 come tributo ai Blues Brothers, ma poi si è arricchito con pezzi di rhythm and blues ed altro. In scena ci presentiamo con le due voci maschili in abito scuro e camicia bianca alla John Belushi e Dan Aykroyd, due voci femminili e altri nove componenti ai fiati, chitarre, basso, batteria, piano elettrico e organo”.
L’ingresso è a offerta libera, con un minimo di 12 euro. Per info e prenotazioni: tel. 0532 977531 e ufficio.iniziative@adohtf.it,  biglietti in vendita nelle sedi Ado (via Veneziani 54 e via Ripagrande 13, Ferrara) e la sera stessa nella biglietteria della sala Estense.
Per la partecipazione al concerto è richiesta l’esibizione del super Green Pass nel rispetto della normativa anti-Covid.

Quando la solidarietà incontra l’ottima musica, una nobile causa e lo spirito natalizio, il successo è garantito. È il caso del concerto della The Big Solidal Band che, dopo due anni di stop a causa dell’emergenza coronavirus, torna sabato 11 dicembre 2021 alle 21.15 sul palco della Sala Estense di Ferrara, a sostegno della Fondazione ADO. Un nuovo pirotecnico concerto natalizio che, con lo stop dovuto alla pandemia, si presenta arricchito di nuovi brani, in quel solco di soul e R&B che da sempre contraddistingue la band.

Un live show, patrocinato da Comune di Ferrara che merita senz’altro di essere visto, anche per il fine solidale: il ricavato verrà devoluto a favore delle attività di assistenza garantite dalla Fondazione ADO, che nel territorio ferrarese assiste i malati e al tempo stesso dà sollievo alle loro famiglie, sia a domicilio che in hospice.
Una serata in puro stile Blues Brothers. Una pellicola che dopo oltre quarant’anni (il film uscì nel novembre del 1980) pare non conoscere tramonto. Indubbiamente anche per merito di una strepitosa colonna sonora, che ha riportato a fasti al tempo inaspettati, brani musicali con arrangiamenti che sono stati consacrati nel Gotha non solo delle colonne sonore, ma della musica in generale. Riproponendo molti dei brani originali del film, The Big Solidal Band cerca di riportare anche il feeling della pellicola: un clima indubbiamente adrenalinico, grazie al quale il pubblico quasi stenta a rimanere fermo nella propria posizione, rispondendo al fremito positivo di una musica trascinante e coinvolgente come poche altre situazioni live. Blues Brothers e non solo: doverosa citazione anche per i brani della migliore tradizione R&B americana che completano la serata. Indimenticabili canzoni portate al successo da artisti di prim’ordine, quali Arehtha Franklin, Etta James, Sam and Dave, Otis Redding, solo per citarne alcuni.

Ed è proprio questa “reazione a catena” che porta i componenti della band a dare il meglio di sè: Marco Griguolo (batteria), Alessandro Gessi (basso), Luca Sacchetti (pianoforte e hammond), Danny Ghedini e Paolo Zangirolami (chitarre), Gabriele “Lele” Casoni (trombone), Antonello Del Sordo (tromba), Stefania Bindini (sax contralto), Paolo Santini (sax tenore e armonica) formano la colonna sonora dei concerti, coadiuvando i vocalist del gruppo, ovvero Silvia Veronesi, Anidia Villani, Cristiano “Kriss” Gentile e Carlo “Megus” Merighi. Tredici elementi, una vera e propria Big Band con una ritmica da urlo e una sezione fiati che dona un grande valore aggiunto al sound risultante. Quarant’anni del film, dodici di attività della band: numeri da non sottovalutare e che pongono la compagine come una delle migliori realtà musicali a cavallo tra Veneto ed Emilia Romagna.
Tutto questo in un connubio con l’ADO che ormai dura da oltre dieci anni, anni durante i quali ad ogni appello della Fondazione di volontariato ferrarese, The Big Solidal Band ha sempre prontamente risposto, ben consapevole degli sforzi volti a favore delle persone che si trovano nelle condizioni di doversi rivolgere all’associazione stessa.
E come dare il proprio contributo, se non nel settore in cui The Big Solidal Band opera? E quindi… su il sipario, la musica suona per solidarietà!

Alessandro Zangara

Concerto di Natale 2021 a Terni

Stasera, alle ore 21, nella Chiesa di San Francesco a Terni Kharkiv Symphony Orchestra

Programma

Ernest Chausson (1855-1899)

Poème op. 25

per violino e orchestra

Maurice Ravel (1875-1937)

Tzigane

per violino e orchestra

Pablo de Sarasate (1844-1908)

Zigeunerweisen op. 20

per violino e orchestra

– Intervallo –

Antonin Dvorák (1841-1904)

Suite ceca op. 39

Sergey Prokofiev (1891-1953)

Sinfonia n. 1 op. 25 “Classica”

Ingresso libero con prenotazione obbligatoria dei posti da effettuare entro il 9 dicembre 2021 telefonando al numero +39 0744 432714 dalle ore 10:00 alle ore 12:00, giorni festivi esclusi.

Per esigenze legate alle misure anti Covid-19, è necessario che il pubblico si presenti all’ingresso della Chiesa entro e non oltre 30 minuti prima dell’inizio del concerto.
Entrata riservata ai soli possessori del Super Green Pass.

Torna “in presenza” il tradizionale Concerto di Natale che Visioninmusica organizza in occasione delle festività a Terni, con il sostegno di Fondazione Carit, promotrice dell’iniziativa da sedici anni, e Banco Desio. Quest’anno il concerto, in programma sabato 11 dicembre alle ore 21:00 presso la Chiesa di San Francesco, è dedicato ai capolavori del virtuosismo violinistico tardo romantico e avrà per protagonisti una grande orchestra sinfonica, la Kharkiv Symphony Orchestra diretta da Yuriy Yanko, e un solista di assoluta eccellenza, il violinista Pavel Berman. Il calendario degli eventi culturali della città di Terni per il periodo natalizio si arricchisce ancora una volta con l’appuntamento che è da sempre tra i più attesi e partecipati e che nel 2021, dopo un anno di assenza causa pandemia, si terrà dal vivo, nello scrupoloso rispetto di tutte le norme in vigore attualmente. Aprirà il programma Poème di Ernest Chausson (1855-1899): considerata uno dei capisaldi del repertorio violinistico è anche l’opera più celebrata ed eseguita del suo autore. Il carattere del brano musicale è malinconico e introspettivo: la sua natura è assimilabile alla rapsodia con il suo alternarsi di tensione crescente e calante.

Quest’ultima caratteristica è tipica anche della Tzigane op. 76 di Maurice Ravel (1875-1937), composta originariamente per violino e pianoforte, tra il 1922 e il 1924, che costituisce il secondo pezzo in cartellone. Con tale brano, in un unico movimento e dall’esplicito sottotitolo rapsodie de concert, Ravel riproduce abilmente il virtuosismo incarnato dai compositori delle generazioni precedenti come Paganini e Liszt.

Il pezzo intitolato Zigeunerweisen ー Zingaresca ー, op. 20 del compositore e violinista spagnolo Pablo de Sarasate (1844-1908), si inserisce in questo contesto come ennesimo esercizio di virtuosismo, costruito questa volta su temi musicali del folklore ungherese ー non propriamente gitani, dunque, ー con cui Sarasate era venuto a contatto durante un suo soggiorno a Budapest, per una tournée, nel 1877.

La Suite ceca op. 39 di Antonin Dvorák (1841-1904) fu composta nel 1879 ed è una caleidoscopica rappresentazione della musica popolare boema: vi si riconoscono le melodie in ostinato che richiamano il suono delle cornamuse nel primo movimento, echi di canzoni popolari si fanno strada nel quarto; mentre negli altri movimenti vengono evocate danze popolari.

La Sinfonia classica di Sergey Prokofiev (1891-1953) fu composta negli anni 1916-1917 con l’impiego di stilemi tipicamente classici ー da qui il suo titolo ー che vengono però modificati o ricombinanti dall’autore: proporzioni e strutture tradizionali sono alterate e vengono inserite asimmetrie ritmiche e arditezze armoniche.

Pavel Berman è nato a Mosca e da giovanissimo viene ammesso alla Scuola centrale del Conservatorio di Mosca e successivamente al Conservatorio Tchaikovsky. All’età di soli diciassette anni conquista il secondo premio al “Concorso violinistico internazionale Paganini” di Genova (1987). Da quel momento acquisisce familiarità con un vasto repertorio, esibendosi in Unione Sovietica con l’Orchestra di Stato e la Filarmonica di Mosca. Berman prosegue i suoi studi con Dorothy DeLay nel 1992 alla Juilliard School di New York e poco dopo con Isaac Stern, che segnerà in profondità la sua creatività musicale. Pavel Berman vanta collaborazioni con prestigiose orchestre quali la Dresden Staatskapelle, la Indianapolis Symphony Orchestra, la Praga Symphony, la Royal Philarmonic di Liverpool, la Beijing Philharmonic, i Berliner Sinfoniker ecc. Ha collaborato con i direttori Eliahu Inbal, Petr Altrihter, Vasiliy Sinayskiy, Andrei Boreiko ecc. Ha tenuto concerti alla Carnegie Hall di New York, al Théâtre des Champs Elysées e alla Salle Gaveau di Parigi, alla Herkulessaal di Monaco, all’Auditorio Nacional di Madrid, al Bunka Kaikan di Tokyo, al Teatro alla Scala, al Conservatorio Verdi di Milano, al Parco della Musica di Roma, al Palais des Beaux Arts di Bruxelles. Dal 2005 Berman insegna all’Accademia Internazionale “Incontri col Maestro” di Imola. Ha inciso per Koch International, Audiofon, Discover, Supraphon e Phoenix Classics. Pavel Berman suona lo Stradivari “Berthier, Franz von Vecsey” del 1716, di proprietà della Fondazione Pro Canale di Milano.

Nato a Kharkiv, Yuriy Yanko ha completato la prima parte degli studi musicali nella sua città natale. Successivamente ha frequentato la Kharkiv University of Arts e il Conservatorio di Kiev, per perfezionarsi in direzione d’orchestra, operistica e sinfonica, con Stefan Turchak e Vakhtang Jordania. Yanko è stato direttore dell’Orchestra Filarmonica Accademica di Zaporizhzhya (1991–1994) e direttore musicale dell’Orchestra da camera della Scuola speciale di musica di Kharkiv (1999–2004). Dal 1994 dirige al Kharkiv Opera House, dove ha messo in scena numerose produzioni operistiche e di balletto. Dal 2001 Yanko ha lavorato come direttore musicale e direttore principale dell’Academic Symphony Orchestra della Kharkiv Philharmonic e nel 2004 è stato nominato direttore della Kharkiv Philharmonic (istituzione che contempla diverse formazioni strumentali, tra cui l’orchestra principale). Ha diretto praticamente in tutto il mondo: in Austria, Paesi Bassi, Egitto, Spagna, Italia, Germania, Corea del Sud, Repubblica Ceca, Polonia, Bulgaria, Russia, Stati Uniti, Francia e Svizzera. In anni recenti si è esibito al Musikverein di Vienna, con i Berliner Symphoniker, con la Budapest Symphony Orchestra, con l’Orquesta Sinfónica Nacional de México, con la Prague Radio Symphony Orchestra, con la Kammerphilharmonie di Monaco di Baviera, con la Kärntner Sinfonieorchester di Klagenfurt, con la North Czech Philharmonic di Teplice e con i Nürnberger Symphoniker. Yanko ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti come quello del governo locale e regionale di Kharkiv (nel 2002, 2004 e 2006) ed è vincitore di numerosi premi e onorificenze, tra cui l’ordine al merito nazionale del presidente dell’Ucraina.

La Kharkiv Symphony Orchestra , con più di novant’anni di attività alle spalle, è una delle più rinomate orchestre ucraine. Fondata nel 1928 da Jacob Rosenstein, personalità culturale di spicco e professore del Conservatorio di Kharkiv, l’orchestra è stata in seguito diretta da Paul Kletzki ed ha poi collaborato con celebri direttori come Kurt Sanderling, Guido Adler, Fritz Stiedry e Eugen Szenkar. Straordinari musicisti del calibro di Nathan Rachlin e David Oistrakh hanno intrapreso la loro carriera suonando con questa orchestra. Nel corso della sua storia la Kharkiv Symphony Orchestra ha inoltre accompagnato interpreti di fama mondiale come Anton Rubinstein, Sviatoslav Richter, Emil Gilels, Aram Khachaturian, Mstislav Rostropovich, Dmitri Shostakovich, Mikhail Pletnev, Daniel Kramer, Sergey Stadler, Anton Sorokow, Alexander Gavrylyuk, Krzysztof Penderecki e molti altri. Nel 1986, diretta da Alexander Alexeev, la Kharkiv Symphony Orchestra ha ottenuto un prestigioso riconoscimento fra le orchestre delle repubbliche sovietiche. Nel 2001, Yuriy Yanko, detentore di una delle massime onorificenze artistiche ucraine e vincitore del concorso internazionale per direttori d’orchestra intitolato a Vakhtang Jordania, è stato nominato direttore musicale nonché direttore principale della Kharkiv Symphony Orchestra. Oltre ad essere protagonista di alcuni dei maggiori festival musicali europei, l’orchestra ha anche una intensa attività di tournée, immancabilmente coronata da successi. Nell’ottobre 2006 l’orchestra ha anche ottenuto lo status di Orchestra Accademica. Le registrazioni audio delle sue performance sono conservate negli archivi della Compagnia Televisiva e Radio Nazionale dell’Ucraina e i suoi concerti sono regolarmente trasmessi dalle emittenti nazionali.

Elisabetta Castiglioni