Mondiale di volo in deltaplano ancora all’Italia?

Si avvicina il 21 febbraio, quando a Losanna in Svizzera la FAI (Federazione Aeronautica Internazionale) deciderà a quale nazione assegnare il 22° Campionato Mondiale di volo in deltaplano che si disputerà nel 2019. Tra le candidature quella italiana fa volare le speranze del Friuli Venezia Giulia che si propone con un progetto articolato in un’area di gara che includerebbe territori estremamente variegati, estesa anche a Slovenia ed Austria. Ad avanzare la proposta l’Aero Club Lega Piloti insieme all’associazione Volo Libero Carnia, delegati dall’Aero Club d’Italia.
Nel caso in cui la proposta italiana risultasse vincente, i piloti si sfideranno in una zona conosciuta ed apprezzata a livello internazionale
dagli appassionati di questa disciplina, favorita da zone climatiche con condizioni di volo diversificate, che spazia dai monti alla pianura,
dall’Adriatico alle Dolomiti. Il centro operativo sarebbe dislocato a Tolmezzo (Udine) ed il comitato organizzatore sta lavorando per offrire
un progetto unico e spettacolare. L’intento è di coinvolgere gli appassionati di volo libero, cioè senza motore, e per far conoscere il patrimonio naturale e turistico della regione. Scenderebbe in campo una squadra di oltre 100 volontari per caricarsi in spalla la complessa organizzazione.
Alla scorsa edizione dei mondiali di deltaplano, marzo 2015 in Messico, parteciparono 95 piloti rappresentanti 20 nazioni oltre ad
accompagnatori e dirigenti. La gara fu seguita da qualsiasi computer grazie alla tecnologia Live Tracking, divenuta ormai indispensabile.
L’Italia può vantare ottimi precedenti organizzativi e sportivi. Per tre volte, 1999, 2008 e 2011, i campionati del mondo furono ospitati a
Sigillo (Perugia) con ottimo successo di partecipazione. Incredibile il palmare sportivo del team azzurro: otto volte campione del mondo, le ultime quattro consecutive; individualmente Alessandro Ploner ha vinto 4 medaglie d’oro e 3 d’argento; Christian Ciech 3 d’oro e tre d’argento. Si aggiungono la medaglia d’oro di Andrea Iemma ai mondiali d’acrobazia e quelle di Elio Cataldi e Gaetano Matrella agli Europei più numerosi piazzamenti.
L’Italia ha già ottenuto l’assegnazione di campionati del mondo di volo in parapendio, l’altra disciplina di volo libero. Si terranno nel 2017
a Feltre (Belluno) nella cornice del Monte Avena.


Gustavo Vitali

 

Illuminazione B Light in Algeria

Nella splendida cornice di Constantine, prende vita il nuovo progetto illuminotecnico realizzato tramite prodotti B LIGHT, leader nella produzione di apparecchi d’illuminazione: l’illuminazione del nuovissimo e lussuoso hotel Marriott Constantine.

Nella suggestiva città dei ponti sospesi, B LIGHT contribuisce a creare ambientazioni da sogno in un complesso esclusivo, curato in ogni minimo dettaglio dei suoi 40.500 metri quadrati di superficie.

Per questo progetto, realizzato dallo studio di architettura Fabris & Partners, sono stati accuratamente selezionati alcuni apparecchi illuminanti B LIGHT per ottenere specifici effetti luminosi in diverse zone della struttura.

A MAIA X1 DUO e MAIA X2 DUO, proiettori dal design sobrio e pulito, il compito di illuminare in radenza le ampie facciate esterne dell’edificio, creando un gioco di luci ed ombre con le sporgenze e le rientranze architettoniche, e le curve delle finestre ad arco a ferro di cavallo. Inoltre, i proiettori da esterno MAIA X1 DUO sono stati realizzati in versione CUSTOM, rendendo così possibile la bi-emissione di luce up and down sulle facciate esterne.

Onde valorizzare ulteriormente questo progetto, ai precedenti è stato affiancato un altro apparecchio dal design estremamente pulito e minimale: OKKIO 55W, apparecchio architetturale per installazione a parete.

L’interno della maestosa volta, che sormonta le confortevoli zone comuni, è stato sottolineato grazie a LINEAR TUBE HP WALL, un apparecchio lineare modulare dall’elevato flusso luminoso, in grado di fornire un effetto lavaggio della parete; in questo caso, LINEAR TUBE HP WALL è stato montato in versione CUSTOM, pilotata in Dali.

Inoltre, grazie alla discreta ma efficace presenza di INSIDE 60 SQ – un apparecchio quadrato minimale perfetto per l’incasso a soffitto a cartongesso e dal minimo impatto visivo, le zone comuni hanno potuto beneficiare di un’integrazione totale dell’impianto d’illuminazione con l’architettura.

B LIGHT ha illuminato anche uno degli spazi più suggestivi di questo meraviglioso hotel: la rilassante piscina coperta, caratterizzata da un ambiente che richiama gli stilemi dell’architettura locale. Con la sua distribuzione luminosa perfettamente omogenea, INSERTO MINI CL – apparecchio lineare compatto, modulare e dimmerabile – ha saputo valorizzare ogni particolare di questo luogo dedicato al relax.

 

Margherita Milini

La tragedia di Oreste, la carriera delle Erinni

 

SPETTACOLI BRESCIA CENTRO TRATRALE BRESCIANO EUMENIDI NELLA FOTO SCENA   25/01/2016 REPORTER FAVRETTO

Il nuovo allestimento di “Eumenidi”, messo in scena dal CTB di Brescia in collaborazione con il 68° Festival del Teatro Classico di Vicenza, riprende la versione realizzata nel 2004 per la Biennale di Venezia sempre dal CTB (in collaborazione con la Biennale di Venezia, il Teatro di Roma e Fondazione Orestiadi di Gibellina) e testi, regia e costumi di Vincenzo Pirrotta che è anche l’interprete principale. Premio dell’Associazione Nazionale Critici nel 2005, lo spettacolo si arricchisce ora di ricerche su testi e musiche, rendendo lo spettacolo ancor più un vero incanto. La bravura di Pirrotta, per la maggior parte del tempo impegnato in un monologo a più voci, trascina lo spettatore in una riflessione su come va il mondo e come è sempre andato, se anche le terribili Erinni accettano di diventare Eumenidi per “sistemare” le cose e fare in modo che tutti, da profondamente arrabbiati, diventino sereni e felici. La storia è nota: Oreste ha ucciso la madre Clitennestra perché si era macchiata dell’omicidio di Agamennone, suo padre. Ossessionato dalla necessità di eliminare quella profonda colpa eliminando la colpevole, Oreste è consapevole di caricare su di sé il delitto dei delitti: l’uccisione della sua stessa madre. Per questo motivo, le Erinni lo perseguitano, come il rimorso si è impossessato di lui e lo perseguita, chiedendo un tributo di sangue a loro volta per cancellare la terribile colpa. Oreste si recherà nell’Aeropago per essere giudicato in presenza di Atena e, dopo discussioni e lamenti, dialoghi tesissimi, monologhi ipnotici in un ritmo frenetico che ricorda la corsa delle Erinni dietro il malcapitato, ma anche l’ossessione che non ha fine con l’omicidio, ecco che si trova la soluzione. Oreste non può essere ucciso perché protetto da Apollo, quindi bisogna accontentare il dio e, allo stesso tempo, soddisfare le dee antiche degli Inferi tramutandole in benevole Eumenidi appunto. Non è così anche ora, propone nella riflessione Pirrotta? Nel testo sono stati inseriti ricerche personali, vocalità, sfumature di dialetto siciliano e tanta fisicità degli attori. Pirrotta, in primo luogo, che impersona Oreste, l’ombra di Clitennestra e la Pitia, ma anche Giovanni Calcagno, Marcello Montalto, Salvatore Ragusa ed Enrico Vicinanza. Le musiche sono di Ramberto Ciammarughi e le scene di Pasquale De Cristofaro; mentre la musica è eseguita dal vivo da Luca Mauceri alle tastiere e strumenti elettronici, Michele Marsella alla chitarra elettrica e Govanni Parrinello alla tamorra e alle percussioni. Gli attori maschi interpretano anche ruoli femminili, come tradizione nel teatro greco classico, recuperando il dialetto della zona di Alcamo, culla della lingua italiana. Abbiamo, quindi, interessanti argot della malavita siciliana, ma anche il baccàghiu che viene reso magistralmente da Pirrotta. Allievo di Mimmo Cuticchio, Pirrotta si avvia a diventare uno dei grandi del teatro contemporaneo, portando avanti ricerche sulle tradizioni popolari e una personale sperimentazione. Particolarmente riuscita in questo spettacolo coinvolgente, emozionante, capace di scuotere lo spettatore e di farlo ridere a distanza di poche battute. Interessante la ripresa del cunto abbinato al blues arcaico che, però, non dimentica i ritmi mediterranei, di tutto il bacino di mare che avvicinava le sponde africane alle italiane e greche forse più un tempo che oggi.

(nella foto: CTB, Brescia, foto di scena di “EUMENIDI” 25/01/2016, Reporter Favretto, per gentile concessione del CTB)

Alessia Biasiolo

 

Insegnare la Pasqua ai bambini

Bello il libretto “Gesù è risorto” con illustrazioni di Fabrizio Zubani e testi di Andrea Oldoni, giovane sacerdote della diocesi di Cremona. Appassionato di catechesi, Oldoni crea una nuova storia con protagonista un falegname in pensione che, invece di lavorare statuette per il presepe, crea un giardino di Pasqua. Attraverso la preparazione delle figure da mettere nel giardino, per celebrare la festa più importante della cristianità, l’anziano signore realizza un sogno dell’anima e coinvolge dei giovani amici. Nonno Eliseo, infatti, racconta la storia degli ultimi giorni della vita di Gesù a Erika, la minore di cinque fratelli che da poco è arrivata ad abitare a poca distanza dalla dimora di Eliseo. Essendo la famiglia di Erika modesta, il “nonno” falegname non aveva voluto nulla per la riparazione e così la piccola, avendolo conosciuto e avendo preso confidenza, spesso passava dalla sua bottega a vedere le realizzazioni in legno. Così nasce il pretesto per il racconto del vecchio alla bambina e di Oldoni a tutti gli altri bambini. Ripresi elementi pedagogici indiscussi, come la fiducia per il prossimo, il riconoscimento dell’importanza dell’incontro tra generazioni, l’importanza dei racconti dei nonni per i piccoli, e non solo per i piccoli. Un valido strumento a casa, in oratorio, al catechismo, per insegnare ai bambini dei valori, oltre che la storia della Pasqua in maniera semplice ed efficace. Ne esce un libretto che potrà interessare varie attività, ma che potrà soprattutto riportare il desiderio di ascoltare i nonni e i loro racconti. Vero, spesso sono sempre gli stessi, ma i bambini si affascinano molto prima di stancarsi. Se non siamo proprio noi adulti ad insegnare loro fastidio e noia.

Un libretto da leggere e da guardare, perché i disegni sono davvero molto belli, ma diventano attività didattica con paginette da colorare e ritagliare per preparare in casa un vero giardino pasquale. 

Andrea Oldoni, Fabrizio Zubani: “Gesù è risorto”, Paoline, Milano, 2016, euro 6,00.

 

Alessia Biasiolo

 

Il 14 luglio, per la prima volta al Vittoriale “An evening with JOAN BAEZ”

Joan Baez

 

Fervono i preparativi per l’edizione 2016 del Festival del Vittoriale Tener-a-mente, la VI a cura di Ripens’arti, con la direzione artistica di Viola Costa. E anche quest’anno le promesse sono quelle di un cartellone internazionale e di altissimo livello. Dopo l’annuncio dell’anteprima nazionale del nuovo progetto di Pat Metheny e Ron Carter, accolto con entusiasmo dal pubblico che ha letteralmente preso d’assalto le prevendite, arriva il nome della prima ospite femminile: Joan Baez, la signora del folk, una delle più belle voci femminili di tutti i tempi, per la prima volta al Vittoriale.

Difficile misurare l’influenza che quest’artista straordinaria ebbe sulla musica mondiale. Firmò alcuni dei brani di maggior successo degli anni ’60, spesso ripresi da band contemporanee (come nel caso di Babe, I’m Gonna Leave You, resa poi celebre dalla versione dei Led Zeppelin, sette anni più tardi); ma soprattutto aprì la porta della scena folk mondiale all’immenso talento di Bob Dylan.

Dopo la celebrazione del suo 50° anniversario dalla leggendaria esibizione al Club 47 di Cambridge, Massachusetts, del 1958 e del successivo storico debutto del 1959 al Festival folk di Newport, negli ultimi 5 anni per la cantautrice statunitense si sono succeduti innumerevoli premi e riconoscimenti.

Oltre a ripetuti tour in USA e nel mondo, il 2011 ha visto l’ingresso del suo primo album (che uscì su Vanguard del 1960) nella prestigiosa Grammy® Hall Of Fame, patrocinato dalla National Recording Academy, e nel 2012 l’attribuzione del riconoscimento per il suo, a dir poco rilevante, apporto alla causa dei diritti Umani, da parte di Amnesty International, in occasione del cinquantenario della fondazione. Sempre nel 2012 Joan ha preso parte ad altri storici avvenimenti e ricorrenze: al concerto di Berkeley per CRO, ovvero Citizenzs Reach Out, una organizzazione no profit per sensibilizzare e aiutare le vite delle vittime di Guerra di tutto il mondo, e al grandioso avvenimento sulla costa di Big Sur in California per il 50° anniversario dell’Istitituto di educazione umanistica e alternativa denominata Esalen.

In precedenza, numerose le sue attività umanitarie e filantropiche: dall’incontro con i reduci dal Vietnam a Idaho Falls nel 2009, al concerto benefico nell’Anfiteatro del Woodland Park Zoo di Seattle, a quello di San Francisco per la Fondazione Seva Foundation, con Steve Earle, David & Tracy Grisman, Tuck & Patti e Wavy Gravy.

A grande richiesta sono stati recentemente ripubblicati i suoi album di successo contenenti note margine della stessa Joan e la sua autobiografia And A Voice To Sing With. In video torna di attualità la sua apparizione a Woodstock del 1969 e la vediamo tra i protagonisti anche nel documentario di Martin Scorsese sulla carriera di Dylan, No Direction Home e in The Other Side Of the Mirror: Bob Dylan Live At the Newport Folk Festival, 1963-1965.

Nel 2010 ha ricevuto l’Ordine delle Arti e delle lettere di Spagna, prestigioso riconoscimento spettante agli artisti stranieri; ha contribuito ad una raccolta fondi al Teatro ZinZanni di San Francisco, per Jenkins Penn Haitian Relief Organization (J/P HRO), fondata da Diana Jenkins e da Sean Penn in favore della popolazione di Haiti; e il premio della Children’s Health Fund di New York, con tanto di esibizione e duetto con Paul Simon, uno dei fondatori.

Nell’ottobre 2011, le è stata conferita la prestigiosa Legion D’Onore, il più alto riconoscimento francese consistente in una medaglia che rappresenta lo status di cavaliere dell’ordine.

Del tutto particolare il suo rapporto con la Francia, dove infatti vanta una serie di storiche performance a Parigi, l’ultima nell’autunno 2014, quando per una serie di serate ha letteralmente gremito il famoso teatro Olympia.

Joan non ha potuto far mancare il suo apporto al movimento di Occupy Wall Street insediatosi a Foley Square, New York City, con una indimenticabile interpretazione di Joe Hill e di due brani mai proposti in precedenza: Salt Of The Earth dei Rolling Stones e la sua originale Where’s My Apple Pie?.

Di rilievo la sua presenza nella raccolta di canzoni di Dylan reinterpretate dai grandi del rock, Chimes Of Freedom – The Songs Of Bob Dylan i cui proventi sono destinati a Amnesty International, cui contribuisce con una sontuosa versione di Seven Curses, così come con We Can’t Make It Here in cui si unisce a Steve Earle per contrassegnare uno dei momenti più alti della raccolta Occupy This Album a favore del movimento degli occupanti di Wall Street.

Nella mostra Changing America: The Emancipation Proclamation, 1863 and the March on Washington, 1963, al centro di storia e cultura afroamericana di Washington DC, dal 2012 al settembre 2013, è rimasta in esposizione la storica chitarra Martin che Joan ha utilizzato nei suoi concerti del 1963.

In occasione della primavera araba del 2011, Joan ha mandato un toccante messaggio di forte incoraggiamento via Facebook, alla popolazione egiziana in lotta per la democrazia.

Da più di 50 anni, Joan ha sempre raccontato tutto ai suoi fan, continuando a rinnovare i suoi concerti con passione, energia e vitalità, sempre alla ricerca di una buona canzone, di una giusta causa da sostenere, confermandosi un tesoro invidiabile per l’umanità.

In questo mondo travagliato, parafrasando Wings, Joan Baez continua a cercare un posto dove essere ascoltata mentre canta.

«E’ un’icona, una donna di grandissima personalità, che ha saputo parlare alla gente senza mai perdere di vista il valore – e la forza – di quello che stava facendo, come artista e come persona», commenta Viola Costa, direttrice artistica del Festival. «La sua carriera è un monito per chiunque abbia a cuore il senso di essere artista, non poteva mancare al Festival del Vittoriale».

M. G.

Gazebo e il suo bellissimo “Reset”

La capacità artistica di Gazebo, l’artista Paul Mazzolini definito un poliglotta girovago alla ricerca di sempre nuove sensazioni ed emozioni, di coniare nuove tracce musicali senza perdere la personalità legata a culture di più luoghi del mondo e di più luoghi dell’anima, si intuisce subito dal primo ascolto delle musiche raccolte nel nuovo cd “Reset” che coniuga l’elettronica degli anni Ottanta alla dance della nuova generazione. Famoso per l’indimenticabile “I like Chopin”, oppure “Masterpiece”, “Lunatic” o “Telephone Mama”, Gazebo torna con un album interessante, intenso, dai mille volti e dalle sonorità decise. Ogni brano ha una personalità indiscussa, ma capace di coinvolgere l’ascoltatore che ben presto fa sue le note e le sfumature emozionali che le sottendono. Molto bella la melodia di “Reverie” in cui le note musicali si stemperano nei colori dei quadri di Monet. Il sound è deciso, e gli argomenti non dimenticano il presente, da raccontare e anche da commentare. “Evil” diventa, allora, chi ci sta vicino e ci fa del male, per la propria cattiveria, per l’invidia e l’incapacità di condividere i cammini verso il reciproco successo, o comunque la reciproca realizzazione di sé. È un demone colui che ci ostacola a volte solo per il gusto di farlo, ma anche quel demone che è in noi e fa di tutto per inciampare le nostre aspirazioni, mantenendoci nella normalità dietro alla quale spesso ci nascondiamo per paura di riuscire oltre i confini della normalità socialmente accettata. Molto interessante anche “Blindness”, l’incapacità, in questo caso, di capire come possono esserci persone diverse da noi, con altri obiettivi e altre aspirazioni, non per questo con minore diritto di esistere. L’incontro deve essere per l’aiuto comune e reciproco, senza paura, senza quei paraocchi che rendono la vita difficile anche quando potrebbe essere soltanto una meravigliosa avventura. Non avere paura di sorridere, di scegliere, recita Gazebo, perché soltanto superando la nostra paura possiamo andare incontro alle paure dell’altro e cercare di superarle insieme per una società migliore. “The secret” è, invece, una canzone dedicata all’outing visto come coraggio di espressione. La musica trascina al movimento, al ritmo che diventa interiore e riesce a portare dentro ciascuno non soltanto i suoni, ma anche le riflessioni che, espresse così, diventano davvero musica con la quale ballare il nostro tempo, in un’esplosione che diventi gioia, vivacità, indipendentemente dall’età, dalla provenienza, dalle particolarità di ciascuno. Questa è la musica, si può obiettare? Sì, certo, è questo che deve essere e che deve fare, cercando l’universalità che non è fatta di barriere, ma di incontri. Un album adatto a varie tipologie di ascoltatori, anche al di là del ritmo e dell’elettronica che potrebbe allontanare di prim’acchito gli amanti di generi più soft, più classicheggianti, più standard. Il fraseggio di Gazebo verte a unire la voglia di danza con la complessità dell’animo umano che si stempera non soltanto nei colori di una tela o di uno spartito, quanto nei colori dell’esplosione di sé: della gioia, della voglia di vivere nei vari aspetti della vita. È il sogno della condivisione che genera “Europa” per poi attraversare la “Queen of Burlesque”, “Temple Bar”, “Wet Wings”, dolcissima, sugli amori impossibili per varie motivazioni: la differenza d’età, le problematiche lavorative, la lontananza, varie situazioni che rendono incompatibile vivere anche con l’amore più grande della vita. In questo caso soprattutto, la canzone diventa una sorta di coccola, una ninna nanna che sottolinea la profondità dell’autore (con Mario Manzani) e la sua volontà di rompere le barriere, raccontando vite e cercando di andare loro incontro. Almeno a metà strada, in un mondo contemporaneo che spesso fa tanto parlare, ma lascia le persone sole non appena smettono di essere una notizia di cronaca, sia che sia condivisa dai mass media, sia che sia una notizia passata di bocca in bocca nel vicinato. Bello il disco e bella la proposta musicale, tutta da ascoltare. E riascoltare. Seguendo il principio che possiamo sempre riavvolgerci e ricominciare daccapo, seguendo la musicalità del momento o reinventando la propria utilizzando l’innovazione senza rinunciare ai propri valori.

 

Alessia Biasiolo

 

Concorso Giovani Artisti

Il tema di quest’anno del Concorso, curato da Angela Tecce in collaborazione con Claudia Borrelli, è Uno sguardo altrove. Relazioni e incontri.

L’istituzione del nuovo Polo museale della Campania fornisce lo spunto per ripensare il ruolo di Castel Sant’Elmo come fulcro di una rete di ‘connessioni’ e luogo geograficamente e morfologicamente privilegiato dal quale osservare e collegare visivamente e idealmente tutti i musei del Polo, fino ai castelli di Baia e di Montesarchio e alle tre Certose di San Martino, Capri e Padula.

Lo sguardo che la fortezza rivolge al vastissimo panorama offre, infatti, la possibilità di rintracciare, concretamente e metaforicamente, nuove relazioni con il territorio circostante. E’ questo il motivo che ha indotto a privilegiare, per il tema di quest’anno, gli spazi da cui si può godere di una visione completa della città di Napoli, del suo golfo e dei dintorni, verso il Vesuvio, i Campi Flegrei e l’entroterra campano: la Piazza d’Armi e i camminamenti sugli spalti, divengono così nodo centrale di una maglia in cui il dialogo tra istituzioni culturali, visitatori e ambiente urbano e contesto paesaggistico è costante e ricco di suggestioni.

L’invito rivolto ai giovani artisti è quello di elaborare un progetto che, partendo dalla realtà del luogo storico che ospita il concorso, attraverso azioni, gesti e segni riveli nuove possibilità di intreccio e connessione con l’altro e, tra le pur estreme differenze che caratterizzano le realtà museali del Polo, instauri un colloquio reale, capace di coinvolgere in prima persona il pubblico del Castello, stimolando il sorgere di relazioni e attivando inedite attribuzioni di senso.

La vocazione al contemporaneo di Castel Sant’Elmo si è consolidata con l’apertura, nel marzo del 2010, della sezione museale Novecento a Napoli. Per un museo in progress, dedicata agli avvenimenti storico-artistici nella città e alla loro costante relazione con lo svolgersi dei movimenti e delle poetiche di riferimento nazionale. L’attività del museo, che si definisce non a caso in progress, è rivolta non solo all’acquisizione di nuove opere d’arte e all’ampliamento dei suoi confini cronologici e tematici, ma anche a un confronto continuo con la storia del Novecento e con l’ampio e variegato panorama delle esperienze creative attuali.

Il concorso Un’Opera per il Castello continua, quindi, un percorso già tracciato da tempo e che, nel più immediato futuro, si propone di trasformare sempre più il Castello in uno spazio in cui le giovani generazioni di artisti possano trovare un legittimo riconoscimento di pubblico e di critica attraverso esperienze innovative e il coinvolgimento di un vasto pubblico e di appassionati.

La partecipazione è libera e gratuita, per tutte le informazioni, l’iscrizione e l’invio del materiale consultare il sito web del concorso: http://www.polonapoli-projects.beniculturali.it . La scadenza del concorso è il 10 MARZO 2016.

Possono partecipare gli artisti di nazionalità italiana o straniera che operano stabilmente sul territorio italiano, di età compresa tra i 21 anni e i 36 anni -singolarmente o in gruppo- che possono aver svolto la loro formazione presso istituti italiani e stranieri ed esposto preferibilmente in una galleria, centro culturale, fondazione, istituzione museale pubblica o privata verificabile e riconosciuta come tale.

I progetti dovranno essere inediti, il vincitore riceverà un premio di 10mila euro, comprensivo della realizzazione dell’opera\progetto.

Il concorso, promosso dal Polo museale della Campania, è stato reso possibile grazie alla collaborazione e al sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane, nell’ambito del Piano per l’Arte Contemporanea; con la collaborazione dell’Associazione Amici di Capodimonte; si avvale del sostegno di Italcoat e Seda.

Supporto tecnico- organizzativo di Civita.

Castel Sant’Elmo è uno dei musei associati all’ AMACI – Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani.

La giuria, che sarà nominata dopo la scadenza dei termini di consegna delle domande, sarà composta da storici dell’arte, professori universitari e dell’Accademia di Belle Arti, galleristi, curatori, collezionisti, esperti del settore e rappresentanti di realtà che interagiscono con le giovani generazioni di artisti, oltre che da un rappresentante della Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane.

E’ prevista, inoltre, l’organizzazione di un evento espositivo finale nel quale sarà presentato il lavoro artistico vincitore, con la possibilità di una mostra dei primi dieci progetti selezionati e un catalogo che documenterà le biografie degli artisti finalisti e i loro lavori. L’opera vincitrice verrà acquisita dal Polo museale della Campania ed entrerà a far parte della collezione permanente di Castel Sant’Elmo. Nel corso delle precedenti edizioni sono state premiate le opere: Anastatica sensibile di Daniela Di Maro – Tempo interiore di Rosy Rox – Le Jardin del collettivo franco-italiano composto da Giulia Beretta, Francesca Borrelli, Francesco Cianciulli, Romain Conduzorgues, Baptiste Furic, Silvia Lacatena, Jule Messau, Carolina Rossi e My dreams, they’ll never surrender di Gian Maria Tosatti.

 

Violenze e sfruttamento per le rifugiate secondo Amnesty International

Secondo una nuova ricerca di Amnesty International, le donne e le ragazze rifugiate vanno incontro a violenze, aggressioni, sfruttamento e molestie sessuali in ogni fase del loro viaggio, anche all’interno del territorio europeo. L’organizzazione per i diritti umani chiama in causa anche i governi e le agenzie umanitarie che non forniscono la minima protezione alle donne in fuga da Siria e Iraq. Lo scorso mese di dicembre, Amnesty International ha incontrato in Germania e Norvegia 40 donne e ragazze rifugiate, al termine di un viaggio che dalla Turchia le aveva portate in Grecia ed era proseguito lungo la “rotta balcanica”. Tutte hanno raccontato di essere state minacciate e di aver provato una costante sensazione d’insicurezza. Molte di loro hanno denunciato che, in quasi tutti i paesi attraversati, hanno subito violenza fisica e sono state sfruttate economicamente, molestate o costrette ad avere rapporti sessuali coi trafficanti, col personale di sicurezza o con altri rifugiati. “Dopo aver vissuto gli orrori della guerra in Siria e in Iraq, queste donne hanno rischiato di tutto per cercare sicurezza per sé e per i loro figli. Ma fin dall’inizio del viaggio, sono di nuovo andate incontro a violenza e sfruttamento, trovando ben poca assistenza e protezione” – ha dichiarato Tirana Hassan, direttrice per le risposte alle crisi di Amnesty International. Le donne e le ragazze, in viaggio da sole o con i loro figli, hanno dichiarato di essersi sentite particolarmente in pericolo nei centri di transito e nei campi dell’Ungheria, della Croazia e della Grecia, obbligate a dormire insieme a centinaia di uomini. In alcuni casi, hanno preferito dormire all’aperto o in spiaggia. Le donne intervistate da Amnesty International hanno anche riferito di aver dovuto usare le stesse docce e gli stessi gabinetti degli uomini. Una di loro ha raccontato che, in un centro d’accoglienza della Germania, i rifugiati le osservavano mentre andavano in bagno. Per evitare quest’esperienza, alcune di loro rinunciavano a bere e mangiare. “Se questa crisi umanitaria si sviluppasse in qualsiasi altra parte del mondo, pretenderemmo immediate misure pratiche per proteggere le persone maggiormente a rischio, come le donne in viaggio da sole o le famiglie guidate dalle donne: come minimo, bagni e dormitori separati. Queste donne e i loro bambini hanno lasciato alcuni dei luoghi più pericolosi del mondo ed è vergognoso che si trovino ancora in pericolo in Europa” – ha commentato Hassan. “I governi e le agenzie che forniscono aiuti ai rifugiati hanno iniziato a fare qualcosa per proteggere le rifugiate, ma occorre essere all’altezza della sfida e fare molto altro per assicurare che le rifugiate, soprattutto quelle maggiormente a rischio, siano subito identificate e vengano loro garantiti diritti fondamentali, incolumità e sicurezza” – ha proseguito Hassan. Amnesty International ha parlato con sette donne in gravidanza, che hanno denunciato di non aver ricevuto cibo e cure mediche durante il viaggio e di essere state schiacciate durante la calca ai confini e ai punti di transito. Una siriana intervistata a Lillestroem (Norvegia), che ha viaggiato col marito, allattando una figlia e in attesa di un’altra, ha raccontato di non aver mangiato per parecchi giorni e di aver avuto il terrore di dormire nei campi della Grecia, circondata da uomini. Più di 10 delle donne intervistate da Amnesty International hanno denunciato di essere state toccate, palpate e guardate in modo volgare nei campi di transito europei. Una irachena di 22 anni ha raccontato che, quando si trovava in Germania, una guardia di sicurezza in divisa le ha offerto dei vestiti in cambio di “un po’ di tempo sola con lui”. “In primo luogo, nessuno dovrebbe essere costretto a intraprendere questi viaggi pericolosi. Il modo migliore per evitare violenze e sfruttamento da parte dei trafficanti è che i governi europei assicurino percorsi legali e sicuri sin dall’inizio. Per coloro che non hanno altra scelta, è del tutto inaccettabile che il viaggio attraverso l’Europa procuri ulteriori umiliazioni, incertezza e insicurezza” – ha concluso Hassan.

Altre testimonianze

Sfruttamento sessuale da parte dei trafficanti I trafficanti prendono di mira le donne che viaggiano sole, sapendo che sono le più vulnerabili. Quelle che non hanno i mezzi economici per pagare il viaggio vengono spesso costrette ad avere rapporti sessuali. Almeno tre delle donne intervistate da Amnesty International hanno denunciato che i trafficanti e i loro collaboratori hanno molestato loro e altre, offrendo uno sconto o un minore tempo di attesa per salpare verso il Mediterraneo in cambio di sesso. Hala, 23 anni, proveniente da Aleppo, Siria: “In un albergo della Turchia, un siriano al servizio dei trafficanti mi ha proposto di passare la notte con lui, così avrei pagato di meno o addirittura avrei viaggiato gratis. Ho rifiutato, era una cosa disgustosa. Lo stesso è capitato a tutte in Giordania. Una mia amica, fuggita anche lei dalla Siria, arrivata in Turchia ha finito i soldi. L’assistente del trafficante le ha proposto di fare sesso e l’avrebbe fatta imbarcare. Lei ovviamente ha rifiutato e non è partita. Ancora adesso si trova in Turchia”. Nahla, 20 anni, proveniente dalla Siria: “Il trafficante mi infastidiva. Ha cercato un paio di volte di toccarmi. Mi stava lontano solo quando ero vicina a mio cugino. Sono molto preoccupata, specialmente quando sento le storie delle donne che non hanno i soldi per pagare i trafficanti e questi le propongono di dormire insieme in cambio di uno sconto”.

Molestie e sensazione di costante pericolo Tutte le donne incontrate da Amnesty International hanno riferito di aver avuto costantemente paura durante il viaggio in Europa. Le donne sole non soltanto erano prese di mira dai trafficanti, ma si sentivano in pericolo anche quando erano costrette a dormire insieme a centinaia di uomini. Alcune di esse hanno denunciato di essere state picchiate o insultate da parte di agenti delle forze di sicurezza in Grecia, Ungheria e Slovenia. Reem, 20 anni, partita dalla Siria con una cugina di 15 anni: “Non ho mai avuto la possibilità di dormire al chiuso, avevo troppa paura che qualcuno mi toccasse. Le tende non erano separate e ho assistito a scene di violenza… Mi sentivo più sicura quando ci muovevamo, soprattutto sui pullman, solo lì sopra riuscivo a chiudere gli occhi e ad addormentarmi. Nei campi è facilissimo essere toccate, non si può denunciare e alla fine ognuna vuole evitare di creare problemi che blocchino il viaggio”. Violenza da parte della polizia e condizioni nei centri di transito Le rifugiate hanno descritto le pessime condizioni dei campi di transito, in alcuni dei quali il cibo era insufficiente e non c’era quasi alcuna forma d’assistenza per le donne incinte. I bagni erano in condizioni squallide e non erano divisi per sesso. In almeno due casi, le donne sono state guardate dagli uomini mentre usavano i bagni. Alcune donne hanno subito violenza da parte di altri rifugiati o da parte di agenti di polizia, specialmente nei momento in cui il sovraffollamento dei centri faceva salire la tensione richiedendo l’intervento delle forze di sicurezza. Rania, 19 anni, incinta, proveniente dalla Siria: “La polizia ungherese ci ha trasferiti in un altro posto, persino peggiore del primo. Era pieno di gabbie e non passava aria. Eravamo come in cella. Ci siamo rimasti per due giorni. CI davano due pasti al giorno. I gabinetti erano peggio degli altri, era come se volessero lasciarli in quelle condizioni per farci soffrire”. “Il secondo giorno la polizia ha picchiato una siriana di Aleppo, solo perché aveva pregato di lasciarla andare via. Sua sorella ha provato a difenderla, lei parla inglese. Ma le hanno detto che se non stava zitta avrebbero picchiato anche lei. La stessa cosa è successa a un’iraniana, che aveva chiesto un po’ di cibo in più per i suoi figli”. Maryan, 16 anni, proveniente dalla Siria: “Eravamo in Grecia. Abbiamo cominciato a piangere e a urlare, così è arrivata la polizia che ha manganellato tutti quanti, anche in testa. Io sono state colpita su un braccio. Picchiavano anche i più piccoli. Ho avuto un capogiro e sono finita a terra, con le persone che mi cadevano sopra. Poi mi sono ripresa. Piangevo, non trovavo più mia madre. Poi hanno chiamato il mio nome e ci siamo ritrovate. Dopo, ho mostrato a un agente di polizia il braccio dove ero stata colpita e quello si è messo a ridere. Allora ho chiesto un dottore e hanno detto a me e a mia madre di andare via”. Per proteggere la reale identità delle donne incontrate da Amnesty International, i loro nomi sono stati cambiati.
Amnesty International Italia
 

Vinitaly 2016: “in cantina” i vini emiliano romagnoli

 

Vinitaly ALTO

Ogni anno per il Vinitaly (Verona, 10-13 aprile 2016), l’appuntamento internazionale più importante per il mondo del vino, Enoteca Regionale Emilia Romagna dedica risorse, tempo ed energia per lasciare ai visitatori il ricordo di un’esperienza unica per la qualità delle degustazioni e per l’atmosfera ospitale del Padiglione 1.

Così, solo per ricordare le ultime edizioni dell’evento veronese: nel 2013 ha organizzato un mega flash mob sulle note di “Libiamo ne’ lieti calici” della “Traviata” per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi; nel 2014 “testimonial” da Oscar è stato Federico Fellini grazie alla presentazione in anteprima del libro di cucina realizzato dalla nipote, Francesca Fabbri, con le ricette del grande regista, proposte poi anche all’interno del ristorante del Padiglione 1; nel 2015 è stato lanciato un nuovo messaggio di comunicazione, che sta accompagnando tutt’ora Enoteca Regionale in giro per il mondo, ossia “via Emilia, dal 187 A.C. un viaggio nel buon gusto”, quella linea che dà continuità e unità a tutta la regione, abbracciando al contempo le peculiarità dei diversi territori che, man mano, attraversa: cultura, gastronomia, paesaggi, tradizioni e, soprattutto, caratteristiche uniche nell’offerta di vini.

E in questo 2016? Enoteca Regionale Emilia Romagna ha messo i vini “in cantina”!

Si tratta, in questo caso, di un gioco di parole: “InCantina” è il nome del ristorante, enoteca, wine-bar di proprietà di Enoteca Regionale, sito a Francoforte, nel quale vengono utilizzati e venduti solamente prodotti enogastronomici regionali. “InCantina” rappresenta un innovativo format di comunicazione per i prodotti dell’Emilia Romagna. Il progetto pilota di Francoforte, dopo alcuni anni di “rodaggio”, è ora pronto per essere diffuso/esportato in Europa e oltre Oceano: i vini, e non solo, emiliano romagnoli trovano e troveranno così un sempre più valido canale diretto per mercati importanti, come avviene attualmente per quello tedesco.

L’intero Padiglione 1 del Vinitaly, gestito e coordinato da Enoteca Regionale Emilia Romagna, si trasformerà quindi in un grande “InCantina” (oltre 4.000 mq di superficie complessiva), nel quale ci saranno: circa 200 tra aziende e consorzi; 7 banchi d’assaggio circolari con quasi 500 tipologie di vini organizzati per aree in modo che ogni visitatore possa percorrere il proprio personale “viaggio nel buongusto” lungo la via Emilia, che unisce tutte le Province della Regione, da Rimini a Piacenza; 1 vero ristorante – con accesso su invito -, che proporrà un menù fortemente legato al territorio nel quale prenderanno vita anche momenti di show cooking con rinomati chef; una brigata di 40 persone fra cuochi e camerieri; 15 sommelier e oltre 15.000 calici per garantire un servizio impeccabile.

«Enoteca Regionale Emilia Romagna crede fermamente nell’importanza di mettere a sistema la promozione turistica della regione, unendo la valorizzazione del patrimonio territoriale a quello gastronomico ed enologico – sottolinea Pierluigi Sciolette, Presidente di Enoteca Regionale -. Stiamo portando avanti un discorso in sintonia con l’assessorato regionale all’Agricoltura – che coinvolge anche gli assessorati al Turismo e alle Attività produttive – che verte sulla pianificazione di una promozione turistica unitaria più incisiva, proprio perché compatta e studiata per mettere a sistema e valorizzare tutte le eccellenze della nostra straordinaria regione, di cui il vino ne è l’ambasciatore. Seguendo il percorso della via Emilia – l’arteria stradale più antica e importante d’Italia – il territorio emiliano romagnolo è, infatti, connotato da alcuni vitigni trainanti: Albana e Sangiovese per la Romagna, Pignoletto per il bolognese, Fortana per il ferrarese, Lambrusco per il modenese e il reggiano, Malvasia per il parmense, Gutturnio per il piacentino».

In merito a quanto accadrà al Vinitaly 2016, precisa il Direttore di Enoteca Regionale, Ambrogio Manzi: «Il Padiglione 1 è anche dotato di ampi soppalchi, nei quali saranno ospitati eventi, degustazioni, incontri, workshop con l’obiettivo di promuovere e valorizzare il patrimonio vitivinicolo regionale, ma anche la cultura e le tradizioni del territorio, lavorando in sinergia con i consorzi di tutela dei prodotti tipici regionali. Non si può dimenticare, infatti, che l’Emilia Romagna è la food valley d’Europa, prima regione europea per numero di prodotti DOP e IGP, da poco saliti a 42». A molte di queste eccellenze sono anche ispirati e dedicati i “Tarocchi di Enologica”, le cui gigantografie comporranno un’originale mostra nella quale sarà possibile ammirare la rivisitazione dei tarocchi in chiave enogastronomica.

 

Pierluigi Papi

Festival Internazionale di Danza Genova 2016

In collaborazione con il Comune di Genova, Assessorato alla Cultura, è stato presentato il progetto per la realizzazione del Festival Internazionale di Danza 2016 che avrà come partner istituzionali al fianco della Fondazione Teatro Carlo Felice molte realtà culturali liguri. Gli eventi che faranno parte del Festival saranno realizzati e presentati da Palazzo Ducale Fondazione per la cultura con la mostra “Serge Lido. Danza con me” a cura di Sabrina Raffaghello, dalla Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, dal Teatro Stabile di Genova con una coreografia di Ater Balletto, con Teatro dell’Opera Giocosa di Savona con “Carmen K” di Monica Casadei nell’ambito della rassegna estiva del Priamar, con il Teatro dell’Archivolto, con l’Associazione Genova Tango oltre che a due eventi organizzati dal Teatro Carlo Felice fuori sede questi ultimi in stretta sinergia con la Porto Antico di Genova SpA.

A corollario degli spettacoli, con la partecipazione del Teatro Akropolis, del Collettivo Augenblick e della Rete Danza Contempoligure, saranno presentati eventi “Fuori Festival” sul tema e sugli artisti del mondo della danza contemporanea.

Prezioso anche il contributo del Goethe-Institut Genua – Centro Culturale Tedesco e del Consolato Generale della Federazione Russa a Genova in particolare per il Gala Zakharova e Balletto Moisseev.

 

Marina Chiappa