Riascoltare Carmelo Bene in “Hyperion” alla Sapienza

La voce di Carmelo Bene tornerà a risuonare nell’Aula Magna della Sapienza martedì 4 febbraio alle 20.30, a quasi diciotto anni dalla morte di questo geniale attore: un miracolo reso possibile dal ritrovamento e dal restauro di un nastro inedito registrato dalla Rai nel 1981 in vista di un’incisione discografica mai realizzata. In quel nastro Bene interpretava il protagonista di “Hyperion”, l’opera con cui la IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti onorerà il centenario della nascita di Bruno Maderna, il compositore veneziano che fu un protagonista dell’avanguardia musicale della seconda metà del Novecento, così come Carmelo Bene fu il protagonista dell’avanguardia teatrale.

A oltre cinquant’anni dalla prima rappresentazione “Hyperion” resta uno dei più affascinanti ed enigmatici lavori musicali del secondo Novecento. A dirigerlo in quest’occasione sarà Marcello Panni, che partecipò giovanissimo alle avanguardie artistiche di quegli anni ed è ora uno dei pochi in grado di riprodurre fedelmente lo spirito della complessa partitura di Maderna.

In questo concerto romano Marcello Panni dirige la suite di Hyperion nella versione di Berlino preparata da Maderna nel 1969 e riproposta da Panni stesso nel 1980 all’Accademia di Santa Cecilia e nel 1981 alla Rai di Milano. In entrambe queste esecuzioni la voce recitante era quella di Carmelo Bene, che aveva preparato un suo adattamento e una sua traduzione del testo di Hölderlin.

Anche in questa nuova esecuzione romana di “Hyperion” sarà Carmelo Bene “in absentia” a dare voce al protagonista. “Negli anni ’80 – spiega il direttore artistico Giovanni D’Alò – a partire dal “Manfred” ebbe inizio la svolta sinfonica di Carmelo Bene, ripetuta poi con “Egmont” e “Hyperion”. Fu molto più che un avvicinamento alla musica, già ampiamente presente nei suoi allestimenti e nel suo cinema. Fu una vera e propria irruzione nella prassi concertistica, al punto che definiva il suo ruolo non “voce recitante”, ma “voce solista”. Riascoltare Carmelo Bene in un testo praticamente inedito e lasciar risuonare la sua ineguagliabile voce nello spazio, in assenza del corpo, come fosse uno strumento musicale, oltre che una grande emozione credo sia il modo migliore di rendergli omaggio rimanendo fedeli alla sua personale ricerca teatrale”.

Hyperion” può essere avvicinato all’estetica dell’ “opera aperta”, perché Maderna lasciava agli interpreti la possibilità di smontarlo e rimontarlo liberamente, creando ogni volta un nuovo Hyperion. La prima versione, definita “lirica in forma di spettacolo”, era nata dalla collaborazione di Maderna col regista Virginio Puecher, il quale aveva dato forma scenica a un insieme di materiali musicali già autonomamente composti dal musicista veneziano, adattandovi alcuni brani di “Hyperion”, un romanzo del grande scrittore protoromantico tedesco Friedrich Hölderlin. In tal veste fu rappresentato al Teatro La Fenice in occasione della Biennale di Venezia del 1964. In seguito Maderna continuò a lavorarci, preparandone personalmente altri due allestimenti scenici (Bruxelles e Bologna, entrambi nel 1968), nonché quattro versioni da concerto e due suite (Berlino 1969 e Vienna 1970). Ma se ne sono avute tante altre versioni, anche senza l’intervento diretto dell’autore. Insomma un work in progress che tra aggiunte e tagli cambiava ad ogni esecuzione in maniera anche radicale.

Circa ottanta, tra esecutori vocali e strumentali, i musicisti richiesti dalla partitura di “Hyperion”: i solisti Gianni Trovalusci (flauto, ottavino, flauto in sol) e Christian Schmitt (oboe, musetta, oboe d’amore), le percussioni dell’Ensemble Ars Ludi, il coro da camera Ready-made Ensemble (maestro del coro Giuliano Mazzini) e l’Orchestra Sinfonica Abruzzese. Tutti sotto la direzione di Marcello Panni.

Il concerto è in collaborazione con Istituzione Sinfonica Abruzzese.

Si ringrazia Rai Com.

Mauro Mariani

Jazz alla Sapienza con il Quartetto Ebène

Martedì 6 novembre alle 20.30 la IUC ospita nell’Aula Magna della Sapienza il Quartetto Ebène, uno dei migliori quartetti francesi, noto in tutto il mondo non solo per le sue impeccabili ed eleganti esecuzioni dei classici ma anche per le sue incursioni in altri generi, specialmente nel jazz.

“Un quartetto d’archi che può facilmente trasformarsi in una jazz band”: con queste parole il New York Times ha descritto come il Quartetto avesse iniziato con Haydn e Debussy per poi proporre i suoi arrangiamenti della colonna sonora di Pulp Fiction e Spain di Chick Corea e chiudere infine con un bis per quattro voci a cappella.

Questi quattro artisti hanno portato una ventata di novità nel panorama della musica da camera con il loro approccio diretto e la loro prospettiva aperta a tutte le esperienze musicali. Passano da uno stile all’altro senza snaturare loro stessi né le musiche che interpretano. I loro concerti sono contraddistinti da uno slancio particolare e dalla capacità di unire la tradizione a nuove forme musicali, raggiungendo e coinvolgendo un ampio pubblico di giovani. Le loro incisioni spaziano da Haydn e Mozart a Bartók, Debussy e Fauré. Inoltre nel loro catalogo figurano l’album “Fiction” dedicato al jazz, con cui hanno vinto l’Echo Award e conquistato i primi posti nelle più importanti classifiche mondiali, e il cd crossover “Brazil”. 

Il Quartetto Ebène collabora spesso con solisti del calibro di Mitsuko Ushida e Gautier Capuçon. Tra i suoi più recenti concerti quelli alla Berliner Philharmonie, al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, alla Philharmonie de Paris, alla Konzerthaus di Vienna, alla Konserthus di Stoccolma ed alla Carnegie Hall di New York.

A Roma sono in programma due caposaldi del repertorio classico, il Quartetto in la maggiore op. 18 n. 5 di Ludwig van Beethoven e il Quartetto in do minore op. 51 n. 1 di Johannes Brahms. Il Quartetto di Beethoven, composto nel 1800, segna il passaggio tra due secoli e vi si intrecciano la grande eredità di Haydn e Mozart e il nuovo spirito del giovane Beethoven. Nella seconda metà del secolo Brahms sente la grande responsabilità di raccogliere l’eredità di Beethoven, tanto da comporre e distruggere diversi quartetti prima di sentirsi finalmente sicuro di sé e presentare al pubblico nel 1873 questo suo primo Quartetto, che unisce stile classico e spirito romantico. Tra i due compositori tedeschi il Quartetto Ebène inserisce un brano di musica francese, di cui è considerato interprete oggi forse insuperabile: è il Quartetto di Maurice Ravel, che è stato composto a ventotto anni nel 1903: il giovane autore guarda inequivocabilmente a Debussy, ma d’altra parte rivela già una completa maturità e realizza la sua prima grande opera. Delle interpretazioni di Ravel e in generale della musica francese da parte di questi quattro musicisti The Gramophon ha scritto: “Danno l’impressione di essere nati in questa musica, respirando la sua aria rarefatta, e sono in grado di rendere ogni lavoro un’unica, avvincente esperienza di ascolto”.

Martedì 6 novembre 2018 . ore 20.30

Quartetto Ebène

Beethoven Quartetto in la maggiore op. 18 n. 5

Ravel Quartetto in fa maggiore

Brahms Quartetto in do minore op. 51 n. 1

Aula Magna dell’Università La Sapienza, Città Universitaria – Palazzo del Rettorato

Piazzale Aldo Moro 5, Roma

 

Mauro Mariani

 

Pietro De Maria alla Sapienza suona Schumann e Chopin

De Maria 2013 3Martedì 1 dicembre alle 20.30 nell’Aula Magna della Sapienza (Piazzale Aldo Moro 5) concerto del pianista Pietro De Maria per la stagione della IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti. In programma musiche di Robert Schumann, Frédéric Chopin e György Ligeti.

Dopo aver ricevuto il Premio della Critica al Concorso Ciajkovskjj di Mosca nel 1990, Pietro De Maria ha vinto il Primo Premio al Concorso Internazionale Dino Ciani di Milano (1990 e al Géza Anda di Zurigo (1994). Da allora la sua intensa attività concertistica lo vede solista con prestigiose orchestre e con direttori quali Roberto Abbado, Myung-Whun Chung, Daniele Gatti e Alan Gilbert. La critica ha detto di lui: “un poeta del suono e un mago della tastiera” (Süddeutsche Zeitung), “ha sbalordito per la sua tecnica infallibile e un senso innato del respiro musicale” (Le Monde de la Musique), “un vero virtuoso, che ha le risorse pianistiche per fare qualunque cosa voglia, senza esibire la sua tecnica” (Boston Globe)), “un’incredibile lucidità e una così compiuta maestria nel tocco che ci hanno ricordato il giovane Pollini” (Frankfurter Allgemeine Zeitung).

Nel 2010, anno del bicentenario di Chopin, è stato invitato a suonare la musica del compositore polacco nelle più importanti sedi internazionali, come Berlino, Parigi, Varsavia, Zurigo, Roma, Pechino e Singapore. È l’unico italiano ad aver inciso l’integrale di Chopin (affidatagli da Decca), che ha ricevuto importanti riconoscimenti dalla critica internazionale, tra cui i premi di Diapason, International Piano e Pianiste. Dal 2012 è impegnato in un progetto bachiano con l’esecuzione e la registrazione delle Variazioni Goldberg e dei due libri del Clavicembalo ben temperato.

Il concerto si apre con Schumann, di cui De Maria esegue la rara prima versione del 1838 di Kreisleriana, uno dei capolavori del più romantico dei musicisti romantici, che per quest’opera si ispirò ad un personaggio del suo scrittore più amato, E.T.A. Hoffmann.

Naturalmente Chopin, l’autore di culto di De Maria, ha una parte da protagonista, con tre Mazurke (in fa minore op. 7 n. 3, in do maggiore op. 24 n. 3 e in do diesis minore op. 63 n. 3) e lo Scherzo n. 2 in si bemolle maggiore op. 31.

Completano il programma – pensato per mettere in rilievo tutte le qualità del pianista veneziano – tre brani dell’ungherese György Ligeti (1923-2006), tra i più significativi compositori della seconda metà del ventesimo secolo. Sono tre Studi, intitolati rispettivamente Fém, Arc-en-ciel e L’escalier du diable: quest’ultimo è un pezzo di alto virtuosismo ed è uno dei rari casi di musica contemporanea per pianoforte ad avere immancabilmente un grande effetto sul pubblico.

 

Mauro Mariani

Il Quartetto di Cremona porta Beethoven alla Sapienza

Quart. Cremona credit Damiano RosaIl ciclo completo dei Quartetti di Ludwig van Beethoven – diciassette geniali e straordinari capolavori, che costituiscono uno di più grandi monumenti della musica di tutti tempi – è da anni l’obiettivo cui lavora il Quartetto di Cremona, che li sta eseguendo per la IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti nell’Aula Magna della Sapienza (Piazzale Aldo Moro 5): un progetto iniziato due anni fa e che con il concerto di oggi, sabato 21 novembre alle 17.30, giunge al quinto appuntamento. Il sesto avrà luogo il 13 febbraio, il settimo e ultimo nella stagione 2016-2017. Chi ha sentito i precedenti concerti di questo ciclo o i cd con i Quartetti di Beethoven da loro incisi, sa che non deve assolutamente perdere quest’appuntamento.

Con quest’impresa, che si svolge sul doppio binario della sala da concerto e della sala d’incisione, il Quartetto di Cremona si sta imponendo come uno dei migliori quartetti a livello internazionale. Prima di loro l’unico altro gruppo italiano ad incidere l’integrale quartettistica beethoveniana, negli anni intorno al 1970, era stato il grande Quartetto Italiano, per molti il migliore in assoluto nel secolo scorso. Essere stati paragonati dalla critica internazionale proprio a quei loro ormai mitici predecessori è un motivo di grande orgoglio per il Quartetto di Cremona.

Indubbiamente il confronto con i capolavori di Beethoven è stato un passaggio molto importante per la maturazione di questi quattro giovani, che hanno formato il loro quartetto nel 2000, quand’erano ancora studenti dell’Accademia Stauffer di Cremona. Gli ascoltatori restano particolarmente colpiti dall’equilibrio da loro raggiunto tra intenso coinvolgimento personale e massimo rispetto delle intenzioni dell’autore. E la critica non lesina le lodi: “un’esperienza rara ed appagante”, “la trasparenza delle trame contrappuntistiche, (…) la pregnanza e la forza espressiva (…) ricercate e felicemente conseguite”. Sono stati perfino paragonati ad Armani: “Elegante e patinato quanto un vestito di Armani, ha cucito la musica a perfezione” (The Strad Magazine).

Questa volta – secondo l’impostazione di questi loro concerti alla IUC, non a caso intitolati “Esplorando Beethoven” – mettono a confronto due opere molto diverse per epoca e stile, il giovanile Quartetto op 18 n. 1 e il Quartetto op. 130, che appartiene agli anni estremi di Beethoven. Il primo è del 1799: per un verso è ancora settecentesco e non ripudia i grandi modelli di Haydn e Mozart, ma l’atmosfera comincia ad essere più drammatica, soprattutto nell’ Adagio affettuoso ed appassionato, ispirato a Beethoven – così si dice – dalla scena presso la tomba del Romeo e Giulietta di Shakespeare. L’op. 130 è invece del 1825 e alla prima esecuzione il suo stile innovativo e geniale fu giudicato bizzarro e capriccioso, probabilmente perché la costruzione è molto complessa (sei movimenti, la cui forma è difficilmente riconducibile ai soliti schemi): Eppure il carattere di questa musica è prevalentemente sereno lieto. Il movimento più famoso è la Cavatina, che Beethoven stesso giudicava la pagina più bella dei suoi Quartetti. Un suo amico riferì: “L’aveva composta piangendo, nell’estate del 1825 e mi confessò che mai, prima di allora, la sua musica lo aveva così profondamente commosso, e che al solo ricordare quel pezzo gli venivano le lacrime”.

Il concerto fa parte della rassegna “Sapienza in musica” con il sostegno della Regione Lazio.

 

Mauro Mariani

 

Leonora Armellini alla Sapienza

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Negli ultimi anni i giovani concertisti italiani che si sono imposti in campo internazionale sono in maggioranza donne, più brave dei loro colleghi maschi, più moderne nel rapporto con i social networks e con i mass media, più spigliate nel proporre un’immagine meno seriosa del musicista classico.

Leonora Armellini è la pianista più rappresentativa di questa nuova generazione. Ha dimostrato tempra di lottatrice in quella massacrante competizione che è il Concorso Pianistico Internazionale “F. Chopin” di Varsavia, ottenendo una bellissima affermazione nell’edizione del  bicentenario, quella del 2010, dove ha vinto il Premio Janina Nawrocka, per “la straordinaria musicalità e la bellezza del suono”. Si è poi mostrata totalmente a suo agio nella ben diversa atmosfera di Sanremo, suonando Chopin davanti al pubblico del festival della canzone italiana e a 155 milioni di spettatori collegati in mondovisione.

È chiaro che Frédéric Chopin è il suo autore prediletto e infatti è interamente dedicato al compositore polacco il suo concerto di sabato 15 marzo alle 17.30 nell’Aula Magna della Sapienza per la stagione della IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti.

A poco più di vent’anni Leonora si è già esibita nelle sale da concerto più prestigiose d’Europa e inoltre nella Weill Recital Carnegie Hall di New York, nella Musashino Concert Hall di Tokyo, nello Stein Auditorium di New Delhi. Martha Argerich l’ha invitata al suo festival di Lugano, dalle mani di Zubin Mehta ha ricevuto il Premio Internazionale Galileo, l’Associazione Nazionale Critici Musicali ha assegnato il premio “Piero Farulli” al trio da lei costituito insieme al fratello Ludovico e a Laura Marzadori.

Aprirà il suo concerto col virtuosismo tecnico dell’Andante spianato e Grande polacca brillante op. 22 e prosegue con i due Notturni op.48 e il Notturno op. postuma, opere semplici e commoventi che richiedono qualcosa di ancor più difficile, un virtuosismo interpretativo che si raggiunge solo con una grande maturità artistica. Infine una delle più ampie e complesse raccolte di Chopin, i dodici Studi op. 25: qui Chopin lavora sugli aspetti tecnici dell’esecuzione ma nello stesso tempo realizza immagini poetiche di grande intensità e di toccante forza emotiva.

Musiche in programma:

Chopin Andante spianato e Grande polacca brillante op. 22

Chopin 2 Notturni op. 48

Chopin Allegro di concerto in la maggiore op. 46

Chopin Notturno in do diesis minore op. postuma

Chopin 12 Studi op. 25

 

Mauro Mariani