Prosegue fino al 21 aprile alla Bipielle Arte di Lodi (Via Polenghi Lombardo, Spazio Tiziano Zalli, Lodi) con ottimo riscontro di pubblico la mostra di Roberto Rampinelli Sguardi.
Organizzata dalla Fondazione Banca Popolare di Lodi e curata da Simona Bartolena, con il patrocinio della Provincia e del Comune di Lodi, la mostra include oltre ottanta opere che coprono un arco di quarant’anni di ricerca, dal 1985 al 2025, che evidenzia il ruolo centrale della grafica nell’opera di Rampinelli. L’artista ha trovato nella carta un potente strumento espressivo, utilizzando una combinazione di disegno, tecniche di stampa e pittura per creare opere che si pongono come spazi metafisici, in cui il segno, la luce e il colore non riflettono semplicemente la realtà, ma la trasformano, coinvolgendo lo spettatore a un livello emotivo profondo.

Le opere di Rampinelli non sono solo rappresentazioni visive, ma anche espressioni di un’intensa ricerca psicologica e emotiva. La tecnica incisoria, a lui particolarmente cara, gli consente di fissare l’impronta del gesto, dando vita a immagini che sembrano emergere da una tensione interiore. Ogni segno e incavo nella matrice è studiato per costruire una trama visiva che parli direttamente alla sensibilità del pubblico.
La mostra, che si apre con alcune opere giovanili realizzate negli anni Ottanta e si conclude con un lavoro del 2025, evidenzia come la ricerca di Rampinelli si ispiri a grandi maestri come Piero della Francesca, De Chirico, Carrà e Morandi, e ha due temi preponderanti, la natura morta e i paesaggi.
Le composizioni di natura morta, che includono oggetti, fiori e frutti, raccontano le motivazioni più profonde della sua ricerca artistica, con opere che, pur immersi nella realtà quotidiana, sfuggono alla banalità e acquisiscono una dimensione, metafisica, magica. La rigorosità stilistica delle opere riflette la sua formazione a Urbino con i maestri Renato Bruscaglia e Carlo Ceci, e un esempio di questa influenza è la serie delle Urne (2020), in cui il rigore delle prospettive e l’armonia geometrica delle forme si uniscono a un calore tattile nelle superfici.
Accanto alle nature morte, i paesaggi rivestono un’importanza fondamentale nel lavoro di Rampinelli. Per l’artista, il paesaggio è una visione interiore, un sogno, una poesia che richiama la tradizione romantica, ma che trova anche un parallelo con il pensiero del filosofo americano Henry David Thoreau. Il paesaggio, per Rampinelli, non è solo una rappresentazione della natura, ma una riflessione sul rapporto tra l’uomo e il mondo naturale, una meditazione sul silenzio e sull’osservazione.
Le opere di Rampinelli non si limitano a raccontare una storia, ma evocano un’emozione profonda che coinvolge chi le osserva. La sua ricerca è fortemente identitaria, con l’artista che cerca di portare lo spettatore dentro un percorso riflessivo e creativo che sfida le convenzioni. Come scrive Patrizia Foglia nel catalogo della mostra, le opere di Rampinelli hanno l’obiettivo di “dare senso alle cose”, di liberarle dal loro significato strumentale, e di farci guardare oltre, nel profondo, verso ciò che si cela oltre l’apparenza.
Gli Sguardi di Roberto Rampinelli offrono uno spunto per riflettere sul valore dell’arte come mezzo per comprendere la vita, per fermarsi a osservare e per trasformare gli oggetti e le situazioni quotidiane in simboli di una realtà più profonda e misteriosa. Rampinelli, con la sua straordinaria capacità di mescolare tecnica e poesia, invita lo spettatore a guardare oltre la superficie, a cercare il significato nascosto dietro le cose e a scoprire una visione del mondo che trascende il quotidiano.
Sguardi si presenta come un’antologica con oltre ottanta opere che coprono quarant’anni di ricerca, dal 1985 al 2025. La grafica riveste un ruolo centrale nell’opera di questo artista raffinato, complesso e coerente, che ha trovato nella carta un alleato prezioso, utilizzandola come strumento di espressione creativa. Su di essa, ha saputo mescolare con grande libertà e maestria disegno, tecniche di stampa e pittura, mettendole in dialogo tra loro.
Le opere di Rampinelli non si limitano a rappresentare il mondo visibile, ma si trasformano in spazi metafisici, dove nulla è lasciato al caso e dove si manifesta un’intensa indagine psicologica ed emotiva. Luce, colore e segno sono i protagonisti di un dialogo che non riflette semplicemente la realtà, ma la trasforma, offrendo una visione che coinvolge lo spettatore a un livello più profondo.
La tecnica incisoria, campo privilegiato di esplorazione per l’artista, con la sua capacità di fissare l’impronta del gesto, gli consente di dar vita a immagini che sembrano emergere da una tensione interiore. Qui il segno si fa più deciso, pur mantenendo una ricerca di equilibrio: ogni incavo nella matrice è pensato per costruire una trama visiva che parli direttamente alla sensibilità di chi osserva.
Simona Bartolena, nel suo testo in catalogo, sottolinea: “C’è una continuità esemplare nella ricerca di Rampinelli, un filo rosso che unisce tutti i lavori, rendendoli, pur essendo figli di stagioni diverse, frammenti di un unico grande paesaggio: il paesaggio dell’anima di un artista poetico e profondo, che sfiora le piccole cose quotidiane e le trasforma in icone silenziose, avvolte da un’aura di magia. Roberto entra ed esce dalle diverse tecniche, le mescola, le sovrappone, le confonde. Non importa se si tratta di tempera, olio, matita o inchiostro da stampa: la scelta della tecnica (o delle tecniche) è finalizzata esclusivamente all’esito che egli desidera ottenere, con la massima libertà e una totale confidenza con gli strumenti”.
L’esposizione si apre con due opere giovanili, realizzate nella seconda metà degli anni Ottanta, e si chiude con un lavoro del 2025. In tutti e tre i casi compare la figura umana, un elemento raro nelle opere di Rampinelli: Impronta (1985) e Angeli (1990), entrambe a tecnica mista su base litografica, e L’uomo e la montagna (2025), in tecnica mista su carta antica.
Nel mezzo, venticinque anni di lavori che evidenziano come la ricerca di Rampinelli, tanto nelle incisioni quanto nei dipinti, sia esteticamente ispirata a Piero della Francesca e alla pittura quattrocentesca italiana, ma anche alla lirica metafisica di De Chirico, Carrà e Morandi.
La natura morta è uno dei temi predominanti nell’opera di Rampinelli. Le sue composizioni con oggetti, frutti e fiori raccontano le ragioni più profonde della sua ricerca artistica, che scorre sempre attraverso la vita. Opere che mantengono atmosfere silenziose e sospese, pur immergendosi nella realtà quotidiana, ma che riescono a sfuggire alla banalità del quotidiano, arricchendosi di una dimensione magica e, talvolta, metafisica. Gli spazi che ospitano questi oggetti e il rigore con cui sono realizzate le opere riflettono la formazione dell’artista a Urbino, sotto la guida dei maestri Renato Bruscaglia e Carlo Ceci.
Un esempio di questa influenza è la serie delle Urne (2020), in cui il rigore matematico delle prospettive e l’armonia geometrica delle forme sono accompagnati dal calore tattile delle superfici. Altre opere, come Ciotola nera e vasi (2023) e Conchiglie remote (2016), mostrano lo stesso approccio formale e di sintesi, mentre la serie Classico (2024), con la testa marmorea, suggerisce una continuità con la figurazione classica e una dimensione senza tempo.
Accanto alle nature morte, i paesaggi sono altrettanto significativi nella produzione di Rampinelli. Per lui, il paesaggio è una visione interiore, un sogno, una poesia che attinge alla tradizione romantica, trovando il suo alter ego nel filosofo americano Henry David Thoreau, la cui riflessione sulla natura, pur romantica, conserva una straordinaria attualità, sospesa nel tempo, dove l’uomo è solo sottinteso, osservatore silenzioso.
Di fronte alle nature morte e ai paesaggi di Roberto Rampinelli, si percepisce che la leggibilità della sua opera risiede in una pittura d’emozione, non di soggetto, e che la dimensione straniante di solitudine nella quale l’artista si muove liberamente rappresenta lo spazio privilegiato della sua pittura e della sua poesia.
La ricerca di Roberto Rampinelli, tanto semantica quanto tecnica, è fortemente identitaria. Egli cerca di coinvolgere lo spettatore in un percorso riflessivo e creativo non convenzionale, cercando di suscitare stupore e, al contempo, disagio. Come scrive Patrizia Foglia nel suo testo in catalogo dal titolo L’ermeneutica della visione, le opere proposte da Rampinelli rispondono a un principio preciso: “Dare senso alle cose è dare senso alla nostra vita, non permettere che tutto passi in un istante fugace, ma consentire a esse di vivere a lungo, di partecipare della nostra contemporaneità. Non siamo abituati a ‘guardare’, non siamo abituati a fermarci incantati davanti alla natura e alla vita. Liberare gli oggetti, ma anche gli esseri umani, dal loro mero significato strumentale è un’operazione impegnativa. Ci viene allora in aiuto l’arte, ci soccorrono le opere di Rampinelli e la sua capacità ermeneutica di farci comprendere cosa si cela oltre le cose, al di là dell’orizzonte, oltre lo sguardo, dentro la visione”.
De Angelis (anche per la fotografia)




