Il radicchio IGP protagonista di una sfida culinaria tra studenti

Studenti tra i fornelli, per vincere il “Radicchio d’argento 2018”. Torna, per la 15esima edizione, il concorso gastronomico che punta a coinvolgere i giovani in un progetto di valorizzazione dei prodotti locali.

Il 27 ottobre, all’hotel Due Torri di Verona, i giovani allievi di 5 scuole alberghiere, 3 del Nord Italia e una austriaca, potranno sfidarsi presentando piatti a base di radicchio di Verona IGP. Le pietanze saranno valutate da una giuria di esperti del settore enogastronomico e non solo, perché saranno giudicati anche l’impiattamento e la creatività. E la ricetta dovrà essere presentata in tre lingue: italiano, inglese e tedesco.

Prima della sfida in cucina si terrà, invece, una tavola rotonda dedicata a “L’arte in tavola, futuro e giovani”. Al convegno, che inizierà alle ore 10, prenderanno parte chef, blogger di settore ed esperti.

Il concorso è organizzato dall’associazione Pro Loco Carpanea Casaleone, in collaborazione con il Consorzio Radicchio IGP Verona, il Consorzio per la tutela formaggio Monte Veronese, la Confraternita del radicchio veneto.

L’appuntamento è stato presentato dall’assessore alle Attività economiche Francesca Toffali, insieme alla presidente del Consorzio per la tutela del radicchio di Verona IGP Cristiana Furiani, al presidente dell’associazione Pro Loco Carpanea Mauro Accordi, al direttore dell’hotel Due Torri Silvano De Rosa e ad alcuni giurati.

“È fondamentale porre l’attenzione e incentivare l’uso dei nostri prodotti locali – ha detto Toffali -, eccellenze del territorio che non solo devono essere valorizzate in cucina ma anche conosciute per poi essere utilizzate. Ecco perché è bello che i giovani siano coinvolti anche in percorsi di formazione che li porti a riscoprire le tradizioni venete e veronesi”.

 

Roberto Bolis

 

 

 

Le Stagioni di Joseph Haydn inaugurano i concerti pomeridiani della IUC del ciclo pomeridiano del sabato nell’Aula Magna della Sapienza

Orchestra del XVIII Secolo, foto Annelies van der Vegt

Questo “oratorio profano” del 1801 è il punto d’arrivo della musica del Settecento ed allo stesso tempo il punto di partenza dell’Ottocento e può essere visto come il simbolico passaggio di testimone tra l’anziano Haydn e il giovane Beethoven. È uno dei massimi esiti del classicismo musicale, ma fu molto amato dai romantici, che vi riconoscevano il loro stesso amore per la natura: “Le stagioni” infatti sono ricche di descrizioni sonore della natura – e in questo ricordano Vivaldi – e soprattutto sono permeate dal senso della comunione dell’uomo con la natura. I protagonisti sono tre contadini: Simon (basso), ricco d’anni e d’esperienza, e i giovani fidanzati Hanne (soprano) e Lukas (tenore). Il coro dà voce di volta in volta ai contadini, ai cacciatori e alla gente del villaggio.

L’inglese Marcus Creed, con la sua esperienza internazionale come direttore d’orchestra e come maestro di coro, è un interprete ideale del repertorio sinfonico-corale. Ha partecipato a tutti i principali festival europei quali Salisburgo, Lucerna ed Edimburgo, collaborando con complessi ed orchestre celeberrimi quali Berliner Philharmoniker, Akademie für Alte Musik, Berlin Staatsoper e Berlin Staatskapelle.

L’Orchestra del XVIII Secolo – fondata nel 1981 dal leggendario Frans Brüggen, che ne fu il direttore principale fino alla sua scomparsa nel 2014 – è uno storico rappresentante del moderno ritorno agli strumenti originali e alle prassi esecutive d’epoca: è tuttora insuperabile nel campo delle esecuzioni storicamente informate. È composta da musicisti di oltre venti nazionalità ed effettua regolarmente tournée in ogni continente. L’orchestra è basata ad Amsterdam, come Cappella Amsterdam, con cui collabora regolarmente: questo coro è rinomato per l’assoluta purezza e la totale omogeneità del suono e per l’intonazione perfetta.

Con loro un cast vocale internazionale, formato da tre dei migliori specialisti di questo repertorio. Il soprano belga Ilse Eerens canta regolarmente nei principali teatri d’opera europei (Vienna, Parigi, Londra, Bruxelles, Roma) e con grandi orchestra sinfoniche (Filarmonica di Berlino, Tokyo Metropolitan Orchestra e praticamente tutte le principali orchestre di Francia e Germania). Il tenore olandese Marcel Beekman ha un repertorio che va dal barocco ai nostri giorni e si esibisce in Europa, Usa, vicino ed estremo oriente e in Sud Africa, con grandi direttori quali William Christie, Frans Brüggen, Christophe Rousset, Sir Simon Rattle e Daniele Gatti. Il basso-baritono tedesco André Morsch è attivo nei principali teatri opera europei e svolge anche un’intensa attività concertistica con prestigiose orchestre sinfoniche ed ensemble di musica antica, tra cui Royal Concertgebouw Orchester di Amsterdam, Gewandhausorchester di Lipsia, Tonhalle Orchester di Zurigo, Beethoven Orchester di Bonn, Les Talens Lyriques e Les Arts Florissants.

Aula Magna dell’Università La Sapienza, Città Universitaria – Palazzo del Rettorato

Piazzale Aldo Moro 5, Roma

 

Mauro Mariani (anche per le foto)

 

KUM! Ad Ancona “Curare, educare, governare”

La Cattedrale di San Ciriaco

La seconda edizione del festival KUM!, che ha la direzione scientifica dello psicoanalista Massimo Recalcati, si svolge ad Ancona da venerdì 19 a domenica 21 ottobre. Organizzato da Comune di Ancona – Assessorato alla Cultura con la collaborazione dell’Assessorato ai servizi sociali e alle Politiche educative – con il contributo della Regione Marche e della Fondazione Cariverona, e il coordinamento organizzativo dell’associazione culturale Esserci, con Jonas Onlus, ha il coordinamento scientifico del filosofo Federico Leoni (www.kumfestival.it).

La manifestazione vuole essere un luogo aperto di riflessione, finora assente in Italia, sul tema della cura e delle sue diverse pratiche. Il sottotitolo Curare, Educare, Governare – i tre mestieri impossibili secondo Freud – amplia il campo della riflessione e sottolinea la difficoltà e l’ambiguità del curare e del prendersi cura. La settecentesca Mole Vanvitelliana di Anconadiviene così palcoscenico per il dialogo non solo di specialisti della clinica – psicoanalisti, psichiatri, medici, pedagogisti – ma anche di filosofi, storici, scrittori, teologi che hanno, in forme diverse, una presa diretta sul tema della cura dei differenti volti della sofferenza: del malato, della Polis, della Terra e di noi stessi. Ancona diviene così la città in cui i temi del welfare, della politica sanitaria, del disagio, della cura e delle sue possibili declinazioni filosofiche e sociali vengono trattati in modo multidisciplinare, con un linguaggio chiaro e accessibile per un pubblico eterogeneo per età e formazione.

La Mole Vanvitelliana

KUM! si lega a doppio filo con la sua location, la Mole Vanvitelliana, che sorge su un’isola artificiale all’interno del porto ed è nata come lazzaretto: una metaforica linea di continuità tra la terraferma e il mare aperto,un luogo nato per la cura, anzi per la sua madre naturale, la prevenzione.

Il tema del 2018 èRisurrezioni.

«Nella parola KUM! è contenuto il grande tema del rinnovamento della vita laddove la vita pare morta, finita, gettata in uno scacco fatale. È la parola che Dio rivolge a Giona e Gesù a Lazzaro: Alzati! Ne abbiamo fatto la parola chiave delle pratiche della cura» spiegano Massimo Recalcati e Federico Leoni «In questo secondo anno di KUM! è il mistero contenuto in questa parola a riunirci: è possibile rialzarsi quando l’esperienza della caduta, della malattia, del fallimento, della catastrofe appare senza rimedio? È possibile una vita dopo la morte, tema caro alle religioni, ma è possibile ridare vita ad una vita che sembrava perduta, ricostruire una città che è stata distrutta, ritrovare un popolo che sembrava privato di ogni forma di identità, restituire un volto umano alla vita dopo l’esperienza dell’orrore? Nella grande metafora cristiana della resurrezione è in gioco la forza della vita che resiste alla tentazione della morte e della distruzione. Ma anche l’evento della sorpresa che accompagna il “miracolo” dell’uscita dal sepolcro. Ebbene non sono proprio questa resistenza e questa sorpresa – intesi laicamente – al centro di ogni avventura di cura? Certamente possono apparire esemplari alcuni casi ritenuti senza speranza che, nel corso di una cura, risorgono contraddicendo i protocolli e le previsioni prognostiche più nefaste. Può accadere con bambini colpiti da malattie rare, con giovani afflitti da patologie mentali gravi, con studenti ritenuti dall’istituzione scuola senza speranza, con territori e città che hanno fatto esperienza – solo apparentemente irreversibile – della distruzione. Ma più in generale la resistenza alla distruzione e la sorpresa della vita che non cede alla morte, accompagnano anche i passi quotidiani della nostra esperienza più comune: testimoniare che non tutto è morte, non tutto è devastazione, non tutto è destinato a finire, che risorgere è un compito della vita».

KUM! 2017

Il festival prevede oltre 40 incontri con più di 60 relatori ed è organizzato in sezioni: le Lectio, con importanti nomi della filosofia,della psicoanalisi, della letteratura edella medicina; i Dialoghie le Conversazionisu temi salienti del mondo della cura; i Ritratti digrandi pensatori; le Letture; Lo sguardo di Ippocrate; la Psicologia da tècon letture e pensieri sui grandi classici della psicoanalisi, davanti a una tazza fumante di infuso; gli Aperitivi filosofici; A cena con l’autore; Cineocchio; la Presentazione.

KUM! si chiude con un evento speciale nel foyer della Mole, per festeggiare questa seconda edizione e scoprire insieme le anticipazioni dell’edizione 2019. In programma musica dal vivo, aperitivo e dance floor.

Tutti gli appuntamenti sono gratuiti e liberi fino ad esaurimento posti, ma per gli incontri più attesi è possibile assicurarsi un posto con una donazione di 20 € al festival, con la quale si riceve una KUM!Card, la fidelity degli amici di KUM!

I possessori della card hanno diritto a prenotare un posto riservato agli incontri che preferiscono tra quelli prenotabili: sul sito www.kumfestival.itla lista degli incontri e le modalità di iscrizione.

 

Delos (anche per le foto)

Biodiversità in fiera e in tavola a Brisighella

Arrosto di Mora romagnola

A Brisighella paesaggio e buon cibo sono un connubio che da sempre caratterizza il Borgo medioevale in provincia di Ravenna, uno dei Borghi più belli d’Italia. Una valorizzazione che passa anche attraverso i tanti eventi di carattere enogastronomico e di valorizzazione del territorio che nel corso dell’anno qui vengono organizzati. A fine ottobre, ad esempio, è in programma un doppio appuntamento che avrà come protagonisti Mora Romagnola, Agnellone e Castrato, ma anche calanchi, gessi ed olivi.

Mora romagnola, foto di Fabio Liverani, allevamento di Mario Guaducci

Si parte domenica 21 ottobre con la Sagra della porchetta di Mora romagnola e Fiera delle biodiversità”. La Mora Romagnola è un pregiato suino nero. Maiale antico, di diretta derivazione dal progenitore di molti maiali europei, il sus celticus, che arrivò da queste parti con le invasioni barbariche nel IV e V secolo d.C adattandosi perfettamente ai nostri habitat, per secoli ha rappresentato un fondamento dell’economia agricola rurale. Basti pensare che le dimensioni dei boschi si misuravano con il numero di suini che erano in grado di nutrire. Purtroppo la richiesta di carni e di razze sempre più precoci portò la Mora Romagnola all’oblio e quasi alla sua estinzione. Comunque il fascino di questa razza e il ricordo della gran qualità e gusto degli insaccati da essa ricavati non cessò mai di battere nel cuore degli uomini di Romagna. Uno di questi, Mario Lazzari di Faenza, all’alba degli anni ’80 si mise in testa di recuperare questa razza e quindi iniziò con passione la ricerca degli ultimi esemplari sperduti. Oggi, grazie a lui, all’APA di Ravenna, al Copaf e agli altri allevatori che hanno saputo apprezzare il valore delle carni e la sua ragione di vita nel contesto territoriale e culturale, la Mora Romagnola è salva ed è conosciuta, diffusa e molto apprezzata per la qualità delle sue carni. Oggi la capitale di questa maiale autoctono è Brisighella, che per tutta la giornata di domenica 21 mette in mostra i suoi esemplari più significativi e dove sarà possibile degustarne i pregiati salumi e le saporite carni nei ristoranti del paese e nello Stand allestito per l’occasione, oltre che a poter fare acquisti nel mercatino dei prodotti tipici.

Salumi di Mora romagnola

La domenica successiva, 28 ottobre, le carni che si potranno assaporare saranno quelle ovine nel corso della “Sagra dell’agnellone e del castrato Q.C.”. Il programma della sagra prevede l’esposizione di ovini e caprini, la mostra-mercato dei prodotti tipici e dell’artigianato locale e l’immancabile stand gastronomico dove sarà possibile degustare prelibate pietanze e grigliate con le carni di agnellone e di castrato. Le carni sono ottenute da agnelloni e castrati prodotti tipici della tradizione contadina locale che oggi sono allevati secondo un Disciplinare di Produzione. Per quanto riguarda l’agnellone, gli animali devono avere un’età compresa tra i 70 e i 180 giorni con peso vivo tra i 25 e i 50 kg. Le carni devono avere un colore rosa o rosa scuro. Il colore del grasso deve essere bianco o bianco crema senza tendere al giallo. Il castrato, invece, ha un’età di macellazione compresa tra i 5 e i 12 mesi di vita, con il peso vivo compreso tra i 40 e i 100 kg. Le carni devono avere un colore rosa scuro. Anche in questo caso il colore del grasso deve essere bianco o bianco crema senza tendere al giallo.

 

Ma visitare Brisighella significa anche scoprire, oltre al Borgo, una terra immersi in uno scenario naturale ancora intatto, fatto di campi coltivati, secolari uliveti, allevamenti allo stato semibrado, aree protette e riserve naturali. Per scoprire tutto il territorio, nelle due domeniche delle sagre sono in programma anche delle escursioni sulle colline con visita guidata tra gli olivi secolari e degustazione di Olio D.O.P. e prodotti tipici. Per gli amanti della Mountain Bike, invece, sempre domenica 21 ci sarà l’E-bike experience Brisighella, una pedalata “turistica escursionistica” adatta a tutti grazie alla messa a disposizione di biciclette mtb con pedalata assistita.

 

Pierluigi Papi (anche per le foto)

“The wife”. Bellissimo film al femminile

Una donna che ha dedicato la vita al marito e alla famiglia, annullandosi per lui. L’amore che giustifica tutto, ma sempre la donna che sopporta e supporta senza troppa considerazione. Prova ne sia che non riceve la giusta riprova dell’amore del marito in pubblico e che viene ripetutamente tradita, estremo gesto di mancanza di rispetto della donna che si ha accanto. E che è fautrice del successo come uomo. In questo caso la moglie è Joan Castleman (Glenn Close), la compagna di vita di Joe (Jonathan Pryce) e madre di David (Max Irons). Joe è uno scrittore del quale, in flashback efficaci e asciutti, Joan si è innamorata quand’era suo professore all’università, sposato e padre di una figlia. Lascerà la famiglia per lei, mentre la ex moglie ringrazierà nel tempo di averla liberata da un peso morto, che aspettava tutto in mano, dalle calze al caffè alle pillole quando sarà più anziano. Un bambinone che, per qualche ideuccia mal spesa, pensa gli sia tutto dovuto. Joan è la vera artefice del suo successo, del suo essere scrittore. Della vittoria del premio più ambito, il Nobel per la Letteratura. Le scene sono magistrali e il copione adatto ad una Glenn Close bravissima, come sempre, ma particolarmente attenta al ruolo attuale. Compassata, seria, ma incapace di nascondere tutte le emozioni; magistrale nella sua rabbia repressa e nello sfogo che ne fa, così come nella chiusa, vera e verosimile. Tra tutti, a cercare di scalzare il muro omertoso familiare, Nathaniel Bone (Christian Slater) che viene pagato dalla sua casa editrice per scrivere la biografia di Castleman e che già ha indagato a lungo su quelle che lui crede verità nascoste e delle quali vorrebbe conferme da Joan e Daniel. Un film equilibrato, sincero, in cui si ha la sensazione ad ogni inquadratura che la donna sia protagonista e a tutto tondo, non a pezzetti, come spesso capita, indagando su un aspetto o su un altro della psicologia femminile. Qui, sono proprio i silenzi e Joan che fanno emergere e mettere in risalto il senso profondo di tutto quanto si ha dentro: scelte, famiglia, timori, timidità, mancanza di un’autostima adatta ad affrontare quelle che una scrittrice le prospetta come sicure disfatte.

Non c’è posto nel panorama editoriale per una donna, si sente ripetere Joan da ragazza, eppure è stata lei a vincere il Nobel.

E il finale del film lo sancisce senza equivoci né scampi.

Da non perdere.

“The wife”, adattato dall’omonimo romanzo di Meg Wolitzer, nei cinema.

 

Alessia Biasiolo

 

 

Passeggiata per santuari 4. Roma

La madre di tutte le chiese è san Giovanni in Laterano, a Roma. Appena viene eletto un nuovo Papa, egli si deve recare in questa bellissima chiesa per prenderne possesso, essendo la cattedrale di Roma, di cui il Papa è vescovo. Accanto alla chiesa c’è il Palazzo del Laterano, sede del vicario del Papa, della curia e degli uffici pastorali della diocesi di Roma. L’interno della basilica è dominato dal ciborio monumentale che sovrasta l’altare maggiore, dietro al quale c’è un mosaico dorato del 1291; il ciborio dovrebbe custodire le reliquie di Pietro e Paolo, mentre per altri, reliquie preziose sono in altri altari. Si tratta di un pezzo della tavola dove san Pietro aveva celebrato la messa e il legno su cui Gesù aveva celebrato l’ultima cena. La chiesa è lunga 130metri, suddivisa in cinque navate. Nella navata centrale sono presenti le statue dei dodici apostoli, con un soffitto dorato a cassettoni. In questa basilica venne aperta la prima porta santa nel 1423, durante il Giubileo di quell’anno, indetto da papa Martino V. Qui c’è anche un frammento di affresco di Giotto che raffigura papa Bonifacio VIII, il papa che indisse il primo Giubileo della storia, nel 1300. L’antica porta trecentesca oggi è chiusa da una lastra di bronzo di Floriano Bodini, discepolo di Messina, collocata tra gli stipiti durante il Giubileo del 2000. La Scala Santa si trova dall’altro lato della Piazza del Laterano: una scala di 28 gradini che si percorre soltanto in ginocchio, secondo la devozione portati a Roma da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, nel 326. Dovrebbero essere i gradini del palazzo di Pilato, percorsi da Cristo durante il suo calvario. Salita la Scala Santa si arriva alla Cappella dei Papi, il Sancta santorum, dove si prega l’immagine del Santissimo, filo conduttore di tutta la visita alla basilica laterana. Bellissima anche la facciata della chiesa realizzata da Alessandro Galilei nel 1732, dove troneggia la statua di Cristo Risorto.

Da San Giovanni in Laterano si può andare a visitare la basilica di San Pietro, ammirando le 284 colonne doriche sormontate da 140 statue di santi che compongono la piazza del Bernini. Lo spazio era stato pensato per le celebrazioni e studiato come un abbraccio a tutti coloro che arrivano nella chiesa madre della cristianità. Splendore del Barocco, l’interno della basilica è ricco di opere d’arte. L’altare della Cattedra di Pietro con la famosa vetrata dello Spirito Santo; il baldacchino con le colonne tortili di Bernini che protegge l’altare delle celebrazioni sopra la tomba di Pietro, raggiungibile scendendo una scalinata. Famosa anche la statua di San Pietro in Cattedra, pare di Arnolfo di Cambio, con il piede consunto dalla devozione dei fedeli che la toccano passandovi davanti. E forse ancor più famosa è la stata della “Pietà” di Michelangelo, completata dallo stesso quando aveva solo 23 anni. Nella chiesa si trova anche la tomba di Giovanni Paolo II. La cupola di San Pietro, detta il cupolone dai romani, è enorme. 42 metri di diametro, 130 di altezza, progettata da Michelangelo che qui lavorò fino alla morte, avvenuta nel 1564. La cupola è stata finita nel 1593.

 

Alessia Biasiolo

“Un organo per Roma”, quinta edizione 2018, dedicato a Liszt

  

Andrea Baggioli 

Sabato 13 ottobre alle ore 19 nella Sala Accademica del Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” in via dei Greci 18 concerto ad ingresso gratuito del Festival “Un Organo per Roma 2018”, organizzato da Camerata Italica, IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti) e Conservatorio “Santa Cecilia”.

Il concerto è interamente dedicato a “Liszt organista e pianista”. Questo leggendario virtuoso del pianoforte fu infatti anche un grande appassionato dell’organo, sia come compositore che come esecutore. Si ascolteranno due sue composizioni, la Fantasia Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen (tratta dal corale che apre una cantata sacra di Bach) e il Preludio (Fantasia) e Fuga su B.A.C.H., il cui soggetto principale è ricavato dalle quattro lettere del cognome del grande Johann Sebastian, che in tedesco indicano le note si bemolle, la, do, si naturale. Entrambe queste composizioni esistono in due versioni, una per pianoforte e una per organo, che si adattano perfettamente alle caratteristiche specifiche dei due strumenti.

Le due composizioni saranno eseguite in entrambe le versioni approntate da Liszt, offrendo così un’opportunità unica di fare un interessantissimo confronto e accorgersi che, nonostante le due versioni siano generate da una simile ispirazione, suonano in maniera profondamente diversa sui due strumenti. Gli interpreti sono l’organista Alberto Pavoni e il pianista Andrea Baggioli.

Alberto Pavoni

Alberto Pavoni, dopo gli studi organistici in Italia, si è perfezionato in Austria e Germania. Ha dato concerti in vari paesi europei, in estermo oriente (Giappone e Corea del sud), negli Usa, in Argentina e in Perù. Ha inciso un disco con musiche organistiche di Max Reger e registrato sue elaborazioni di musiche di Musorgskij e Schumann. Svolge anche un’intensa attività di compositore, sia di musica classica che leggera.

Andrea Baggioli, docente del Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, si dedica particolarmente alle pagine meno note del repertorio pianistico dell’Ottocento, di cui ha anche realizzato varie registrazioni e incisioni. Oltre che a Roma (IUC, Festival Nuovi Spazi Musicali, Università Roma3) e in altre città italiane, ha suonato in Germania, Spagna e Romania.

 

Mauro Mariani

(anche per le fotografie)

Monumenti aperti 2018 a Ferrara sarà dedicata al Novecento cittadino

 

Ferrara, Palazzo dell’Aeronautica

Dopo il successo della prima edizione 2017, che a Ferrara fece registrare oltre quindicimila presenze e che ha visto oltre mille alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado nella veste di giovani guide, “Monumenti Aperti” ritornerà il 13 e 14 ottobre 2018. La manifestazione, patrocinata dal Comune di Ferrara, è coordinata dalla onlus cagliaritana Imago Mundi e organizzata dall’associazione culturale Ferrara Off in collaborazione con Fondazione Ferrara Arte.

Dopo il focus sul Seicento ferrarese della prima edizione, quest’anno la manifestazione sarà dedicata al Novecento cittadino. Un “taglio” di particolare fascino che attraversa la storia recente della città con l’ausilio, tra gli altri, del cinema, della letteratura e dell’architettura in un dialogo costante tra cultura materiale e immateriale, come indicato dalle linee guida dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale e come accolto dal tema generale dell’edizione 2018 della manifestazione Cultura Patrimonio Comune.
Il percorso didattico, legato ai progetti Le parole della bellezza e Lo sguardo che crea ideati per Imago Mundi dallo scrittore Luigi Dal Cin, saranno guidati dallo stesso Dal Cin insieme a Ferrara Off.
Il programma previsto approfondirà l’evoluzione e la nascita delle correnti artistiche e architettoniche del secolo scorso, come espressione visiva degli avvenimenti che lo hanno caratterizzato, oltre ad alcuni edifici che sono stati fondamentali o che hanno raccolto l’eredità di figure culturali ferraresi di spicco come Giorgio Bassani e Michelangelo Antonioni. In questo modo i ragazzi potranno riflettere sull’importanza dell’arte e della cultura come mezzo di espressione e di contrasto rispetto ai forti sentimenti e agli improvvisi cambiamenti che si sono susseguiti nel corso del XX secolo.

Giorgio Bassani

I monumenti scelti per questa edizione sono: la Residenza Municipale, la Sala Estense, il Castello Estense, il Museo della Cattedrale, il quadrivio di Savonuzzi con il Conservatorio “G. Frescobaldi”, Il Museo di Storia Naturale, la Scuola “Alda Costa e la Sala Boldini, l’Ex Mof, l’Acquedotto Monumentale, Palazzo Savonuzzi, il MEIS, il Museo della Risorgimento e della Resistenza e l’apertura straordinaria del Palazzo dell’Aeronautica, di quello delle Poste Centrali, di Casa Minerbi della Cella del Tasso.

I progetti didattici previsti dalla manifestazione vedranno i ragazzi delle classi IV e V della scuola primaria e quelli delle classi II e III della scuola secondaria di primo grado impegnati come piccole guide, ad illustrare ai visitatori i monumenti, facendosi portavoce di un nuovo modo di fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale, mentre i più piccoli, delle classi II e III della scuola primaria produrranno dei lavori sull’immaginazione e sullo sguardo che saranno esposti durante i due giorni dell’evento.
L’iniziativa Ferrara Monumenti Aperti, è completamente gratuita e gode del partenariato tecnico di Tper e Poste Italiane.

“Monumenti Aperti – come dichiara il vicesindaco di Ferrara Massimo Maisto – è un esempio tangibile di ‘cultura diffusa’, che rappresenta la direttrice di fondo per quel che riguarda i progetti che l’Amministrazione comunale realizza direttamente o ai quali assicura il proprio supporto. L’intreccio fra riscoperta e valorizzazione del nostro patrimonio monumentale e artistico – in questo caso meno conosciuto rispetto all’epoca degli Estensi, perché parliamo dei monumenti e delle vicende artistiche del Novecento – e l’appassionata e preziosa opera di divulgazione assicurata dagli studenti delle scuole elementari e secondarie di primo grado, testimoniano di una città nella quale la cultura non è solo ‘vissuta’ ma anche ‘agita’.”

La tematica è fortemente voluta dal Comune di Ferrara che è partner di un progetto europeo, e membro dell’associazione Atrium, il cui obiettivo centrale è la valorizzazione, dal punto di vista turistico, del patrimonio architettonico e culturale del Novecento.

“Monumenti Aperti è stato recentemente insignito del premio dell’Unione Europea per il Patrimonio Culturale ‘Europa Nostra Award 2018′ – dice Fabrizio Frongia, presidente di Imago Mundi onlus – la cui premiazione avverrà il prossimo 22 giugno a Berlino. Proprio all’Europa, e alle linee guide che quest’anno l’hanno portata a designare il 2018 ‘Anno Europeo del Patrimonio Culturale’, si rifà lo spirito che caratterizza Monumenti Aperti. Nella riflessione sul Patrimonio, assume un valore centrale il concetto di diversità, che determina il panorama ricco e variato dei nostri paesi, delle nostre città, dei nostri paesaggi naturali e antropizzati; rappresenta il portato storico di tradizioni che si sono sedimentate, incontrate e mescolate nel tempo; determina il principio sul quale costruire nuovi modi di abitare il pianeta e una più ampia cittadinanza, quella europea, al tempo stesso memoria delle proprie origini e consapevolezza di essere protagonisti del mondo.
Dopo la straordinaria esperienza ferrarese dello scorso anno, è per noi motivo di grande soddisfazione che questa XXII edizione di Monumenti Aperti si chiuda in terra emiliana, prima a Ferrara e la settimana successiva nel comune di Copparo, che partecipa per la prima volta alla manifestazione. Una chiusura nelle terre estensi, da sempre importanti nella cultura italiana, anche contemporanea, e che ben dialoga con l’apertura partita ad aprile in Puglia, a Bitonto, prima del tour sardo che si è svolto in ben sessanta comuni”.
La manifestazione – Nata nel 1997 a Cagliari dalla passione e l’impegno civile di un gruppo di studenti universitari, la manifestazione, organizzata dalla Onlus Imago Mundi, coinvolge ogni anno quasi sessanta amministrazioni comunali e oltre 17mila studenti di tutte le età che per due giorni, nei fine settimana tra aprile e maggio, diventano appassionate guide dei propri territori e degli 800 monumenti aperti al pubblico, visitati da oltre 300mila persone. Negli ultimi anni la manifestazione è sbarcata nelle Langhe piemontesi, nelle terre raccontate da Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, in Emilia Romagna e Puglia.

Per info: scrivere a monumentiaperti@ferraraoff.it

Alessandro Zangara (anche per le foto)

 

Passeggiata per santuari 3. L’abbazia riconsacrata da Paolo VI

L’abbazia di Montecassino sorge su un colle di 500 metri di altitudine in provincia di Frosinone. La chiesa abbaziale è il cuore del complesso, davanti alla quale c’è un chiostro dei benefattori con le statue dei papi che ne sostennero la costruzione. Il chiostro inferiore è del Bramante, collegato con una scala monumentale a quello superiore. La Loggia del Paradiso permette di vedere il panorama della vallata del Liri. Il chiostro d’ingresso sorge dove Benedetto fondò il primo monastero e dove scrisse la sua regola che è alla base del monachesimo occidentale; lì il corpo di Benedetto riposa, sepolto in una cripta. Benedetto giunse a Montecassino dopo aver lasciato Subiaco, dove era scampato ad un tentativo di avvelenamento forse subito da alcuni confratelli, pertanto il monastero risale al 529 e venne distrutto nel 577 dai Longobardi, poi sai Saraceni nell’883 e ancora da un terremoto nel 1349. Malgrado tutto, i resti di san Benedetto e di santa Scolastica non sono mai stati distrutti o traslati. I comandanti alleati durante la seconda guerra mondiale, pensando che l’abbazia fosse nascondiglio dei tedeschi, decisero di raderla al suolo bombardandola. Fu un errore strategico imperdonabile sia per la distruzione dell’abbazia, sia per la tattica militare, dato che l’operazione rallentò l’avanzata verso Roma. Era il 15 febbraio 1944 e tutto venne ridotto in polvere: un ordigno di contraerea si conficcò nei gradini davanti all’urna di bronzo che conserva i resti di san Benedetto e santa Scolastica, sotto l’altare maggiore, ma non esplose e i resti dei santi furono salvati. Dopo la guerra, l’abbazia è rinata dov’era e com’era, riconsacrata da papa Paolo VI il 24 ottobre 1964. Se prima l’interno della chiesa dedicata a Santa Maria Assunta e a San Benedetto era un trionfo del Barocco, la ricostruzione è stata fedele, con l’utilizzo di 80 tipi diversi di marmo compresi i frammenti che si sono riusciti a recuperare dopo il bombardamento. Sono andati perduti gli affreschi delle volte e quello della controfacciata, di Luca Giordano, ma oggi si può ammirare l’affresco “La gloria di San Benedetto” di Pietro Annigoni del 1979. Nella cappella di Maria Assunta, ricostruita con marmi originali, c’è l’unica tela salvatasi dalla distruzione, un dipinto di Paolo De Matteis del 1690. Il coro di legno di noce che chiude la navata, del 1692-1708, è stato riportato all’antico splendore. Le pareti lasciate bianche vogliono ricordare la tragedia della guerra. L’abbazia è aperta tutto l’anno e i monaci la fanno visitare su prenotazione. Il Museo è ricco di opere d’arte e di testimonianze sul bombardamento e la ricostruzione.

 

Alessia Biasiolo

Cesare Picco, Blind Date – Concerto al buio

 

Il buio assoluto che non ti aspetti, capace di sconvolgere l’uso comune dei sensi. Un concerto straordinario, unico nel suo genere, che diventa un viaggio in quella parte di noi stessi con la quale non siamo abituati a confrontarci.

Il “Blind Date – Concerto al buio”, format ideato nel 2009 dal pianista e compositore CESARE PICCO, riparte per la tournée 2018/2019 promossa da CBM Italia Onlus nei principali teatri italiani: come sempre l’appuntamento inaugurale è al CONSERVATORIO di Milano e, come sempre, nel mese di ottobre, in tutto il mondo il mese della vista.

Le poetiche improvvisazioni pianistiche di Cesare Picco ritornano dunque a mostrare l’altra faccia della musica, capace più di altre espressioni artistiche, di trasportare lo spettatore in una dimensione ignota. Il “Blind Date”, che dopo Milano sarà in programma tra ottobre e dicembre a Verona, Siena, Como, Asti, Trento e Genova, non è infatti solo un concerto, ma un’esperienza sensoriale di grande impatto emotivo, che scavalca i confini della musica e non si ferma alla sola melodia, per immergere il pubblico in una realtà sconosciuta ai più: il buio che non lascia spazi, spaventa e angoscia, impedendo di vivere in maniera libera e spensierata, come accade a tutti coloro che hanno il dono della vista. Il concerto inizia infatti in penombra; poco alla volta ogni fonte di luce si spegne, in sala si raggiunge l’oscurità più assoluta per circa mezz’ora, infine la luce riappare come segno di ritorno alla vita.

Cesare Picco – credits Ray Tarantino

Nell’alternanza luce-buio-luce, il Concerto ben interpreta il ritorno alla speranza che vivono le persone cieche aiutate ogni anno da CBM nei Paesi del Sud del mondo. Milioni di persone che, grazie a una semplice operazione chirurgica o a un lavoro di prevenzione, tornano a vedere e a riabbracciare la vita e che saranno beneficiarie della nuova campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi “Fermiamo la cecità. Insieme è possibile”.

Per CBM porre l’arte al servizio dell’uomo significa raccontare attraverso la bellezza della musica ciò che solitamente non è considerato bellezza: il buio della cecità e della disabilità. MASSIMO MAGGIO, Direttore di CBM Italia Onlus: “CBM ogni giorno si impegna nei Paesi del Sud del Mondo affinché il buio ridiventi luce. La tournée con Cesare Picco, così come tutte le nostre iniziative, sono volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su cosa significa per una persona, adulto o bambino che sia, riacquistare la vista. Ecco perché il ‘Blind Date’ è un viaggio sensoriale unico, un’emozione intensa, un’esperienza che non può fermarsi, esattamente come non si ferma il nostro lavoro sul campo: essere ciechi in un Paese povero significa rischiare la vita ogni giorno”.

Presente al Blind Date di Milano anche l’illustratore catalano ROGER OLMOS, autore del libro LUCIA edito da CBM e #logosedizioni. Il concerto sarà l’occasione per ascoltare dall’autore stesso come è nata l’idea di raccontare la quotidianità di Lucia, una bambina non vedente che vive in un mondo colorato e sincero, perché libero dalla tirannia dell’immagine.

Dopo Milano, il “Blind Date” arriverà entro la fine del 2018 nelle seguenti città: VERONA venerdì 19 ottobre (Teatro Ristori), SIENA mercoledì 7 novembre (Teatro dei Rinnovati), TRENTO (mercoledì 14 novembre, Teatro Sociale), COMO martedì 27 novembre (Teatro Sociale), GENOVA martedì 11 dicembre (Teatro della Corte) e ASTI giovedì 13 dicembre (Teatro Alfieri). Nel 2019 sono previste altre 5 tappe.

Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano

Via Conservatorio 12, Milano

Domenica 7 ottobre 2018, ore 21.00

Il concerto è gratuito con prenotazione obbligatoria:  https://www.cbmitalia.org/blind-date/tour/

Consigliata la donazione a favore dei progetti di CBM nei Paesi del Sud del mondo.

LA CAMPAGNA – Nei Paesi del Sud del mondo essere ciechi significa rischiare di morire, ogni giorno. “Fermiamo la cecità. Insieme è possibile” è la nuova campagna di raccolta fondi di CBM Italia Onlus che ha l’obiettivo di salvare dalla cecità 2.6 milioni di bambini, donne e uomini che vivono in Africa, Asia e America Latina attraverso progetti di prevenzione e cura. Screening visivi nelle scuole e nei villaggi, visite oculistiche, operazioni chirurgiche, percorsi di riabilitazione, allestimento di cliniche mobili oftalmiche, distribuzione di antibiotici, costruzione di pozzi, attività di formazione professionale di medici e operatori e sensibilizzazione le attività previste dai progetti.

Il 2018, inoltre, è un anno importante per CBM: ricorrono infatti i 110 anni dalla fondazione. Era il 1908 quando il dottor Ernst Christoffel iniziò a lavorare con passione e dedizione per le persone cieche e ipovedenti. Dai primi passi della casa per non vedenti a Malatia, in Turchia, a oggi sono trascorsi 110 anni; anni in cui l’impegno di CBM si è esteso e rafforzato. Nell’ultimo anno le persone raggiunte e curate da CBM sono state oltre 35 milioni, nei Paesi più poveri di Africa, Asia e America Latina. Un impegno che rinnoviamo ogni anno in occasione della Giornata Mondiale della Vista, che quest’anno cade l’11 ottobre.

A sostenere CBM, in questa nuova tournée del Blind Date, GrandVision Italy e La Feltrinelli.

CBM è la più grande organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella cura e prevenzione della cecità e disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo. CBM Italia fa parte di CBM, organizzazione attiva dal 1908 composta da 10 associazioni nazionali (Australia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Kenya, Nuova Zelanda, USA, Sud Africa e Svizzera) e che insieme sostengono progetti e interventi di tipo medico-sanitario, di sviluppo ed educativo.  Dal 1989 CBM è partner dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella lotta contro la cecità prevenibile e la sordità. CBM opera nei Paesi nel Sud del mondo in sinergia con i partner locali in un’ottica di crescita e sviluppo locale. Lo scorso anno abbiamo raggiunto oltre 35 milioni di persone attraverso 530 progetti in 54 Paesi di tutto il mondo. Info: www.cbmitalia.org

Cesare Picco pianista e compositore di fama internazionale. La sua musica unisce elementi della musica classica con quelli del jazz e della musica contemporanea. Nel 2009 ha creato il “Blind Date – Concerto al Buio” e da qui è nata la collaborazione con CBM che ad oggi ha portato questa performance nelle principali città italiane, tra cui Milano, Padova, Roma, Napoli, Palermo e Bari. Cesare ha visitato sul campo i progetti oculistici di CBM.

 

de Angelis