
Andrà in scena ancora oggi pomeriggio, alle ore 15.30, al Teatro Sociale di Brescia, “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, adattato da Valter Malosti per il Teatro di Dioniso e con il sostegno del Sistema Teatro di Torino. Una delle commedie più amate del genio di Girgenti e, ancora una volta, la commedia sulla verità e la convenienza o meno di dirla. Perché chi dice la verità viene passato per pazzo, legato, rinchiuso, come il matto più matto della città e di tutti i tempi. La verità deve restare nascosta, conosciuta da tutti eppure negata, edulcorata, semplificata come si fa con i bambini quando si deve spiegare loro un concetto da grandi. Ecco in scena, anche regista, Valter Malosti stesso nel ruolo di Ciampa, il fedele servitore dedito al suo padrone che, per l’interpretazione di Malosti, non è il succube arrendevole alla tragicità dei fatti, bensì colui che si ribella e che mette in atto una sua personale guerra alle convenzioni, interpretando il reale con il metro del suo adattamento. Scritta in dialetto siciliano, la commedia “A birritta ccu ‘i ciancianeddi” viene recitata ancora nella commedia del Teatro di Dioniso in siciliano, per lasciarle la musicalità e la tragicità comica che il dialetto rende vividamente. Bravissima Roberta Caronia nella parte della moglie tradita che, è vero, assolutamente ed eccessivamente gelosa, crede alle parole della malvagia pettegola del paese, e ordisce una trama per smascherare l’adultero. La tresca è con la moglie di Ciampa, bella, giovane, ma rozza, popolana e ben segregata in casa da Ciampa stesso. Il quale si comporta da bravo marito, chiude casa bene a chiave con tanto di catenaccio e se, come gli viene fatto notare, lascia aperta la comoda finestra, beh, questo le convenzioni non lo prevedono. Si dice di chiudere dentro casa a chiave la moglie e tanto fa, indifferente al fatto che tutto il paese chiacchiera sulle corna che la moglie gli mette proprio con il suo padrone il quale, tra l’altro, ha le chiavi del catenaccio.
Recitato originariamente da Angelo Musco, attore di grande successo, il testo in dialetto siciliano originario di Pirandello, del 1916, non fu mai pubblicato, fino alla versione ritrovata nel 1965 e pubblicata solo nel 1988. Di grande successo attuale, molto applaudita al Teatro Sociale di Brescia con ripetute uscite degli attori, la commedia assume tinte fosche, grottesche e spassosissime quando si incontrano il Delegato, che si deve preoccupare di redigere il verbale necessario all’arresto del traditore e della sua amante; la madre di questa, il fratello, la serva e lei stessa, ben presto in preda ad una crisi isterica. Infatti, il marito è stato arrestato quasi in flagranza di reato, ma le fanno tutti notare che non avrebbe dovuto creare lo scandalo che l’avrebbe liberata dall’ossessione di essere tradita, le avrebbe autorizzato la separazione e le avrebbe garantito una vita dignitosa con i soldi del mantenimento che il marito le avrebbe dovuto a vita. Se non ché, l’arresto non l’aveva messo in atto il Delegato, siciliano e rispettoso della tradizione non scritta di comportamento, ma un suo sottoposto “calabrese”. Il calabro, ignaro che a volte è meglio sistemare un po’ la verità, aveva permesso di palesare una realtà a tutti ben nota, ma che doveva necessariamente essere taciuta. Inutile ripetere che le convenzioni volevano la donna sempre “al suo posto”, ma in realtà non è di lei che si parla. È di Ciampa, il quale, scoperto che avevano arrestato anche sue moglie, si chiede perché lui, poveraccio, dovesse subire tutto questo. Lui che non era ricco, che avrebbe dovuto vivere in un paese sbeffeggiato per sempre, non era stato preso in considerazione da nessuno. Tutti a pensare al signore e alla signora, al processo, alla sistemazione dei propri fatti e lui? “Becco” per sempre. Insomma, la verità resa ufficiale doveva per forza prendere un’altra strada, quella molto amata da Pirandello: la follia. Solo la pazzia permette agli esseri umani di esprimersi come desiderano e credono giusto, altrimenti vengono additati al pubblico ludibrio e finiscono la vita sociale per sempre. Il mite e saggio Ciampa, sottolinea come si poteva risolvere il misfatto parlandone, chiarendo l’equivoco oppure anche l’adulterio tra di loro, in faccia, non tramando dietro le spalle. Forse ci sarebbe stata un’altra soluzione, lui avrebbe preso moglie e bagagli e se ne sarebbe andato, avrebbe chiuso meglio a chiave il catenaccio, insomma, avrebbe potuto salvare l’onore senza per questo lasciare la sua signora nel dolore dell’essere tradita. Ma così, adesso? Cosa si sarebbe potuto fare per rendere la verità più docile se non ricoverare per pazzia proprio la vittima di tutta la tragicommedia?
Personaggi riusciti, perfettamente diretti, dalle movenze che sottolineavano tanto quanto il dialetto siciliano della recitazione, caratteri e formalismi (con Malosti e Caronia, in scena Paola Pace, Vito Di Bella, Paolo Giangrasso, Cristina Arnone e Federica Quartana), su e giù per le interessanti scene di Carmelo Giammello. Giammello ha interpretato altrettanto bene di Malosti Pirandello, coprendo le pareti di specchi riflettenti in modo impreciso, a volte distorto, le persone di passaggio davanti a loro e, guarda caso, raramente propense a specchiarsi. Molto belli anche i costumi di Alessio Rosati, adatti alle scene di frenesia e di agitazione della brava Roberta Caronia, sotto le luci di Francesco Dell’Elba, fino al sacro cuore dell’abito della serva che non smetteva mai di ricordare come si dovesse essere timorati di Dio, lasciando che il marito avesse le sue scappatelle! Assolutamente da non perdere.
Foto di scena di Tommaso Le Pera.
Alessia Biasiolo