TRE-DI-CI. Sguardi sui musei di Lombardia

Tredici musei statali lombardi interpretati da tredici giovani artisti italiani, in una committenza pubblica della Direzione regionale Musei Lombardia (Ministero della Cultura), realizzata con la collaborazione scientifica del Museo di Fotografia Contemporanea di Milano – Cinisello Balsamo.

Un progetto ampio durato oltre dieci mesi, che culmina in una mostra promossa dal MiC (Direzione regionale Musei Lombardia) e dal Museo di Fotografia Contemporanea (MUFOCO) con il Comune di Milano – Cultura, e prodotta insieme a Palazzo Reale in occasione di Milano MuseoCity.

La mostra sarà aperta al pubblico gratuitamente dal 3 marzo al 2 aprile 2023 nelle sale dell’Appartamento dei Principi di Palazzo Reale a Milano.

“La nostra rete di Musei – evidenzia Emanuela Daffra Direttrice della Direzione Regionale Musei Lombardia – è diffusa in tutto il territorio regionale, senza continuità, a macchia di leopardo. Porre le diverse componenti a sistema è una sfida stimolante e ardua, date le distanze, l’esiguità del personale e le diversissime caratteristiche”.

Tra i musei statali in territorio lombardo troviamo infatti monumenti celebrati in tutto il mondo come il Cenacolo Vinciano e la Certosa di Pavia, realtà archeologiche di epoca romana tra le più importanti d’Europa come le Grotte di Catullo a Sirmione, significative testimonianze medievali e rinascimentali (il Castello Scaligero di Sirmione, Palazzo Besta a Teglio), la Valle Camonica delle incisioni rupestri e della romanizzazione. Si tratta di musei, monumenti, palazzi, parchi dislocati in realtà geografiche molto diverse tra loro (sul lago, in valle, in città) che, nel loro insieme, costituiscono il più visitato museo di Lombardia. Da non dimenticare il Parco Archeologico di Castelseprio, aggiunto al gruppo nel dicembre 2021 che, con i siti rupestri della Valle Camonica e il complesso di Santa Maria delle Grazie e Cenacolo a Milano, porta a tre i siti Unesco statali gestiti dalla Direzione regionale Musei Lombardia.

Questi luoghi eterogenei, carichi di storia, possiedono un potenziale ancora in parte da scoprire, capace di suscitare echi molteplici e impensati se li si guarda con attenzione. È nato così il progetto “13 fotografi per 13 musei”, ideato da Emanuela Daffra e condotto insieme a Giulia Valcamonica, con la collaborazione scientifica del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo-Milano. Insieme a Gabriella Guerci e a Matteo Balduzzi del MUFOCO sono stati selezionati tredici professionisti giovani (nati tra il 1979 e il 1991), ma già affermati e più volte premiati: a loro è stata lanciata la sfida di guardare, raccontare o, meglio, interpretare, il museo loro affidato.

La mostra “Tre-di-ci. Sguardi sui musei di Lombardia” è l’esito di questo processo, che vuole dare concretezza al primo passo di una strategia pluriennale intesa da una parte a presentare i tredici siti come insieme imprescindibile per conoscere la storia culturale non solo della regione e dall’altra farne percepire l’attualità, la presenza viva nell’oggi.

Gli artisti coinvolti raccontano i musei in modo libero e personale attraverso i linguaggi e le pratiche più diverse, sollevando interrogativi, scoprendo storie inedite, dando voce ai visitatori, ai custodi, agli oggetti e ai paesaggi. I commenti del pubblico di fronte all’Ultima Cena di Leonardo vanno a comporre un poema. La Cappella Espiatoria di Monza, costruita dove fu assassinato il re Umberto I, diventa luogo immaginario di una missione spaziale che accende la luce sui contrasti della storia. La voce di un adolescente racconta la vita quotidiana nella Villa Romana di Desenzano. Gli abitanti di Teglio danno vita e movimento agli affreschi di Palazzo Besta. Il Castello Scaligero, il più fotografato, si nasconde alla vista per lasciare spazio ai ricordi sommersi dal lago. Sono esempi, che siamo invitati a scoprire insieme agli sguardi e ai racconti dei custodi, alla fauna notturna che popola le incisioni rupestri di Naquane, a una moltitudine di altre storie.

“Tra lo sguardo di un giovane e un museo – afferma Davide Rondoni, Presidente del Museo di Fotografia Contemporanea (MUFOCO) – si crea un vivo cortocircuito. Il tempo cerca la sua inesausta verità, tra senso dell’eterno, durata, attimo dello scatto, tradizione e futuro. L’audace opera messa in campo dalla sapiente rete museale lombarda puntando su validi giovani artisti serve non solo a chi ha passione per arte e musei (e per la nuova fotografia) ma per chiunque si voglia interrogare sul senso del tempo e sul tempo che stiamo vivendo”.

L’esposizione presenta immagini (fotografiche a colori e in bianco e nero, di sintesi, in movimento), lavori video, sculture e altre forme installative, realizzati tra gennaio e luglio 2022. Approcci variegati, a volte sorprendenti, che aprono prospettive nuove, ma compongono un unico percorso: guardare insieme il patrimonio che costituisce la nostra storia e partecipare attivamente – oggi – alla costruzione della sua multiforme identità.

Gli artisti in mostra: Arianna Arcara, Fabio Barile, Claudio Beorchia, Roberto Boccaccino, Alessandro Calabrese, Marina Caneve, Federico Clavarino, Rachele Maistrello, Caterina Morigi, Flavia Rossi, Alessandro Sambini, Delfino Sisto Legnani, Vaste Programme.

I musei: Museo del Cenacolo Vinciano, Milano; Cappella Reale Espiatoria, Monza; Certosa e Museo della Certosa, Certosa di Pavia; Parco Archeologico e Antiquarium, Castelseprio; Museo Archeologico Nazionale della Lomellina, Vigevano; Palazzo Besta, Teglio; Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, Capo di Ponte, loc. Naquane; Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Cemmo, Capo di ponte; MUPRE – Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica, Capo di Ponte; Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica, Cividate Camuno; Grotte di Catullo e Museo Archeologico, Sirmione; Villa Romana e Antiquarium, Desenzano del Garda; Castello Scaligero, Sirmione.

S.E.

Scipione Sangiovanni: un concerto da Bach a Stevie Wonder

Scipione Sangiovanniè uno dei pianisti della sua generazione ad aver ottenuto il maggior numero di riconoscimenti in ambito internazionale ed è regolarmente invitato a tenere concerti in Italia e all’estero, dalla Carnegie Hall di New York alla Sala Verdi dii Milano, dal Mozarteum di Salisburgo alla Salle Cortot di Parigi e ancora a Berlino, Londra, Barcellona, Atene, Oslo, La Havana, Città del Messico e altre capitali della musica. Sarà a Roma mercoledì 1 marzo 2023 alle 18.00 per la stagione di concerti di Roma Sinfonietta all’Auditorium E. Morricone dell’Università di Roma “Tor Vergata” (Macroarea di Lettere e Filosofia, via Columbia 1).Sarà uno dei concerti più originali e attesi della stagione.

Confermando le sue scelte sempre personali e anticonformiste, Sangiovanni presenta un programma in cui i vari brani sono raggruppati sotto il titolo di suite, un termine usato nel Settecento per indicare una successione di vari brani uniti dalla tonalità e altre somiglianze. La prima suite da lui creata raggruppa quattro compositori, iniziando con una Toccata di Girolamo Frescobaldi, figura dominante della musica a Roma nel Seicento, proseguendo col nuevo tango di Primavera Porteña di Astor Piazzolla e con Autumn Leaves di Joseph Kozma, che è diventato uno standard del jazz, per finire con una Passacaglia di Georg Friedrich Haendel, il grande contemporaneo di Bach. La seconda suite accosta due brani famosissimi quali In a sentimental mood di Ellington e la Ciaccona per violino di Bach nella splendida e virtuosistica trascrizione per pianoforte di Busoni.

Nelle altre suites Scipione Sangiovanni ha accostato Domenico Scarlatti a Duke Ellington, Baldassarre Galuppi a Steve Wonder e ancora Bach a George Gershwin e Herbie Hancock. In tutto eseguirà cinque suites, da luiideate raggruppando brani antichi e moderni sulla base della medesima tonalità o di una bilanciata alternanza di affinità e contrasti.

Info: info@romasinfonietta.it – tel. 06 3236104 – http://www.romasinfonietta.it

Suite in sol

  • G. Frescobaldi: Toccata prima in sol
  • A. Piazzolla: Primavera Porteña
  • G. F. Haendel: Passacaglia in sol minore HWV 432

Suite in re

  • D. Ellington: In a sentimental mood
  • J. S. Bach – F. Busoni: Ciaccona in re minore BWV 1004

Suite politonale

  • D. Scarlatti: Sonata K 247 in do diesis minore
  • D. Scarlatti: Sonata K 318 in fa diesis maggiore
  • D. Scarlatti: Sonata K 386 in fa minore
  • D. Ellington: Caravan

Suite in do

  • B. Galuppi: Sonata n. 5 in do maggiore
  • S. Wonder: Pastime Paradise

Suite in fa

  • J. S. Bach – F. Busoni: Corale n. 5 in fa minore
  • G. Gershwin: Someone to watch over me
  • H. Hancock: Cantaloupe Island

Mauro Mariani

Tosca al Carlo Felice di Genova

Il quinto titolo della Stagione Lirica 2022-2023 dell’Opera Carlo Felice Genova sarà Tosca, che andrà in scena con sei recite programmate tra il 24 febbraio e il 5 marzo 2023. Il celebre melodramma composto da Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, tratto dal dramma La Tosca di Victorien Sardou, sarà diretto da Pier Giorgio Morandi che salirà sul podio dell’Orchestra, del Coro (Claudio Marino Moretti è il maestro del coro) e del Coro di voci bianche (Gino Tanasini è il maestro del coro di voci bianche) dell’Opera Carlo Felice Genova. L’allestimento di proprietà della Fondazione Teatro Carlo Felice porta la firma del regista Davide Livermore, che ha curato anche le scene e le luci, mentre i costumi sono di Gianluca Falaschi; la regia sarà ripresa nell’occasione da Alessandra Premoli. Nel cast ricordiamo la presenza di Maria José Siri/Monica Zanettin (Tosca), Riccardo Massi/Sergio Escobar (Mario Cavaradossi), Amartuvshin Enkhbat/Stefano Meo (Scarpia), Donghoo Kim (Angelotti), Matteo Peirone (Sagrestano), Manuel Pierattelli (Spoletta), Claudio Ottino (Sciarrone), Franco Rios Castro/Roberto Conti (Un carceriere). 

Redatto dai fidati collaboratori Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, il libretto di Tosca fu tratto dall’omonima pièce del celebre drammaturgo francese Victorien Sardou (Parigi 1887), che Giacomo Puccini ebbe l’occasione di veder interpretata da Sarah Bernardt a Milano e Torino nel febbraio e marzo del 1889. Il compositore toscano poté lavorare a Tosca tra l’estate 1895 e l’ottobre 1899; l’opera debuttò il 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma. Da allora, la struggente vicenda d’amore e morte di Floria Tosca e Mario Cavaradossi, mirabilmente intrecciata nel contesto politico tardo settecentesco della restaurazione papale, rappresenta uno dei più grandi successi operistici di sempre. Tosca, certamente uno dei titoli del repertorio lirico più amati dal grande pubblico, non fu però accolta altrettanto benevolmente da una parte della critica che ne considerò invece con sospetto il carattere di dramma ‘a forti tinte’, intessuto d’azioni e passioni estreme: amore e gelosia, gioia e prostrazione, commozione e cinismo, tenerezza idilliaca e truce violenza. In verità l’accusa che tuttora più spesso si sente muovere a Tosca – l’essere costantemente esposta al rischio di scadere nel kitsch – è parziale: essa verte solo intorno a taluni aspetti della vicenda e non tiene conto del fatto che, oggi come ieri, questa presenta contenuti non propriamente banali o scontati, come l’equivalenza tra fede bigotta e ipocrisia, potere politico e corruzione.

Muovendo inoltre dall’ovvio assunto che un’opera è non solo un libretto, ma anche e soprattutto una partitura, bisognerebbe saper riconoscere la dirompente e formidabile energia drammatica posseduta dalla musica di Tosca. In essa l’obiettivo di una capillare aderenza all’azione appare assolutamente centrato e la creatività di Puccini – alla ricerca, dopo l’intimismo della Bohème, di nuovi soggetti e nuove situazioni drammatiche – poté conseguire ulteriori traguardi nel coniugare suggestioni desunte dall’opera verista ad un’interpretazione del soggetto storico in chiave realistica. Sul piano musicale ciò dischiuse possibilità d’invenzione inedite che spaziano dal recupero della modalità alla sperimentazione di regimi stilistici radicalmente alternativi a quelli tradizionali, di norma associati dalla musicologia a nomi quali Schoenberg, Stravinskij e Debussy. Proprio l’intensa ammirazione provata per Tosca da compositori quali Arnold Schoenberg e Alban Berg dovrebbe indurre alla riflessione e spingere a considerare l’opera in una prospettiva radicalmente diversa, quella prospettiva che additava Fedele D’Amico: «SalomeElektraWozzeck: si dovrà ben trovare il coraggio, un giorno o l’altro, di nominare Tosca nella lista; cronologicamente verrebbe al primo posto».

U.S. (anche per le fotografie)

‘I colori della conoscenza’

Proporrà una riflessione sulla lingua e sui suoi usi reali la conferenza di Nicola Grandi, docente di Linguistica Unibo, in programma venerdì 17 febbraio 2023 alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea (via Scienze 17 Ferrara).

L’incontro, dal titolo “Una classe, tante lingue. Educare alla diversità attraverso un insegnamento ‘laico’ della grammatica”, rientra nel ciclo “I colori della conoscenza. I linguaggi e le arti” a cura dell’Istituto Gramsci e dell’Istituto di Storia contemporanea di Ferrara e potrà essere seguito anche in diretta video sul canale youtube Archibiblio web.

Quando si parla di classi plurilingui ci si riferisce sempre alla presenza di più lingue. Ma la diversità linguistica si manifesta molto più spesso attraverso la convivenza di varietà della stessa lingua. Infatti, in una stessa classe possono convivere sia persone che parlano lingue differenti, come il cinese, l’arabo, il rumeno, ecc. sia persone che usano varietà diverse della stessa lingua, come un italiano molto vicino al modello colto o un italiano un po’ dialettizzato e apparentemente sgrammaticato. Questa diversità è spesso considerata un problema, ma può in realtà rivelarsi una risorsa preziosissima per stimolare una riflessione sulla lingua che porti a rafforzare la competenza metalinguistica di bambini e ragazzi e a maturare piena consapevolezza sulle ricadute sociali delle scelte linguistiche. In questo contributo cercherò di smontare alcuni pregiudizi grammaticali e di suggerire alcune strategie di riflessione sulla lingua a partire dagli usi reali.


Alessandro Zangara

Le erbe aromatiche nella cucina circolare, un concorso di cucina per appassionati e non

Compie 28 gustose edizioni la rassegna gastronomica “Il Piatto Verde”, che quest’anno sarà dedicata a “Le erbe aromatiche nella cucina circolare” e prevede molte appetitose iniziative pubbliche, tra cui un concorso aperto al pubblico, una cena “tri-stellata” con gli chef Chicco e Bobo Cerea del rinomato ristorante “Da Vittorio” di Brusaporto (BG) e diverse masterclass ovviamente a carattere enogastronomico. Appuntamento dal 22 al 30 marzo a Riolo Terme (RA), fulcro dell’evento, e in diverse location sparse nei comprensori di Imola (BO) e Faenza (RA).

Il concorso per la migliore ricetta rivolto agli appassionati di cucina di tutta Italia, organizzato da IF Imola-Faenza Tourism Company e dall’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione “Pellegrino Artusi” di Riolo Terme, prevede l’utilizzo delle “erbe aromatiche” in un’ottica di economia circolare, dove nulla viene sprecato. Erbe che non devono essere utilizzate solo come guarnizione, ma inserite nella ricetta del piatto come ingredienti a tutti gli effetti.

Le piante selezionate (in rigoroso ordine alfabetico!) sono: acetosella, borragine, crescione, erba cipollina, lepidio, levistico, menta, nepetella, pimpinella, ortica, rafano, senape, tarassaco, timo.

I sei finalisti (selezionati da un’apposita giuria di esperti) verranno ospitati venerdì 24 marzo per la prova finale, che si svolgerà nelle cucine dell’IPSSAR di Riolo Terme, e parteciperanno alla cena di gala nel corso della quale saranno proclamati i 3 vincitori che si aggiudicheranno, rispettivamente dal primo al terzo posto: soggiorno a Brisighella con un pernottamento e colazione per due persone, degustazione dell’Olio extravergine Brisighella DOP, due biglietti del Treno di Dante (https://iltrenodidante.it); bauletto con selezione di prodotti del ristorante San Domenico di Imola (due stelle Michelin); bauletto con selezioni di prodotti del Giardino delle Erbe di Casola Valsenio.

Per partecipare al concorso, occorre inviare la ricetta di un piatto a scelta fra antipasto, primo, secondo o dessert entro il 25 febbraio. Bando e modulo d’iscrizione si possono scaricare al seguente link www.imolafaenza.it/eventi-if/piatto-verde/. Per informazioni tel. 0546 71044, email PiattoVerde23@gmail.com.

Perché realizzare ricette con erbe aromatiche?

Il comprensorio turistico di Imola-Faenza (www.imolafaenza.it) ha nelle eccellenze gastronomiche uno dei suoi punti di maggior valore. In questo spicchio di territorio, “a cavallo” fra Emilia e Romagna, ci sono tanti prodotti che “arrivano” dalla terra unici, come lo Scalogno di Romagna IGP, l’Olio di Brisighella DOP, il Carciofo Moretto, il Marrone di Castel del Rio IGP, l’Albicocca di Casalfiumanese, la Cipolla di Medicina, solo per citarne alcuni. Inoltre, a Casola Valsenio (RA), a pochi chilometri da Riolo Terme, c’è l’importante Giardino delle Erbe “Augusto Rinaldi Ceroni” nel quale vengono coltivate a rotazione quasi 500 specie di piante officinali utilizzate in cucina, nella medicina e nella cosmesi fin dal basso Medioevo.

Cena Stellata, 30 marzo

Saranno Chicco e Bobo Cerea del rinomato ristorante “Da Vittorio” di Brusaporto (BG), tre Stelle Michelin, i protagonisti di questa edizione del Piatto Verde. Gli chef realizzeranno un menù degustazione appositamente studiato per l’occasione, quindi assolutamente esclusivo e inedito. Per informazioni e prenotazioni: tel. 0546 71113 www.alberghieroriolo.edu.it.

I Cerea sono solo gli ultimi di una lunga serie di super chef che hanno partecipato a questo evento. Tra i tanti: Ciccio Sultano, Gaetano Trovato, Giancarlo Perbellini, Mauro Uliassi, Antonino Cannavacciuolo, Gennaro Esposito, Claudio Sadler, Philippe Léveillé, Gianni D’Amato, Valentino Marcattilii, Italo Bassi, Alfonso Caputo, Emanuele Scarello.

Masterclass per tutti gli appassionati

Nei giorni 23, 24 e 30 marzo si svolgeranno delle masterclass di approfondimento e perfezionamento enogastronomico aperte al pubblico, in diverse location fra Faenza e Imola.

Al Molino Naldoni di Faenza è in programma la masterclass “La pizza: l’impasto perfetto, dalla conoscenza delle farine alla corretta lievitazione”; alla Cantina Tre Monti di Imola la “Verticale di Parmigiano Reggiano in abbinamento ai vini della Cantina Tre Monti”; all’Autodromo Enzo di Dino Ferrari di Imola protagoniste daranno “Le proteine vegetali nell’alimentazione di domani”; al laboratorio della sede Ascom di Faenza è prevista la masterclass con gli chef tri-stellati Cerea del Ristorante “Da Vittorio”.

Per informazioni e prenotazioni: tel. 0546 71044 email iat.rioloterme@imolafaenza.it.

Il Piatto Verde gode del Patrocinio della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Ravenna e dei Comuni di Ravenna e Riolo Terme. Sponsor: Cast Alimenti, Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano, Surgital, Natura Nuova, Molino Naldoni, Cantina Tre Monti.

Pierluigi Papi (anche per le fotografie)

A Brescia inaugura il nuovo Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia

Un evento eccezionale firmato da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei segna l’apertura dell’anno in cui Brescia sarà Capitale Italiana della Cultura 2023: l’inaugurazione del nuovo Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia. Completamente rinnovato nei contenuti, nell’allestimento e negli spazi, ha aperto al pubblico domenica 29 gennaio, grazie all’essenziale contributo di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo.

Il nuovo Museo sarà caratterizzato da un approccio fortemente narrativo, orientato alla comprensione degli avvenimenti storici e allo sviluppo dell’historical thinking, allo scopo di leggere e interpretare le questioni della contemporaneità a partire dalla conoscenza del passato. La riscoperta della storia rappresenta, infatti, uno strumento essenziale per custodire la memoria, valorizzare il nostro patrimonio culturale, analizzare il presente e sviluppare il senso critico rispetto all’attualità.

Tre sono i pilastri della trama narrativa del nuovo Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia: i reperti storici, ovvero l’evidenza della cultura materiale del Risorgimento; le opere d’arte, che hanno contribuito a formare il nostro immaginario sull’epopea risorgimentale; infine, la collezione digitale, che permette un approccio esperienziale al Museo, coinvolgendo il pubblico in un percorso di conoscenza ed esplorazione.

Conservare e spiegare oggetti e opere d’arte non è infatti l’unico scopo del Museo di Brescia, che si fa portatore di una nuova concezione di Risorgimento, quale epoca più lunga e complessa di quanto siamo abituati a pensare. Nel nuovo allestimento, il Risorgimento italiano viene letto come parte integrante di fenomeni storici più ampi, che hanno riguardato l’intero continente europeo e la cui forza simbolica non si è esaurita nell’Ottocento.

Raccontando la storia del Risorgimento come un viaggio complesso e fatto di molte voci, il Museo alterna scala locale ed europea, racconto e analisi, contenuti fisici e collezioni digitali, allo scopo di illustrare eventi, luoghi e protagonisti della storia risorgimentale in maniera innovativa. Il percorso museale, inoltre, riconosce e valorizza il fondamentale ruolo svolto dalle donne nel processo di unificazione dell’Italia.

La narrazione parte dalla Repubblica bresciana del 1797, passando attraverso le Guerre d’indipendenza e arriva alle soglie dei nostri giorni. Un focus particolare è riservato all’episodio delle Dieci giornate, che valsero alla città l’appellativo, reso celebre da Aleardo Aleardi e da Giosuè Carducci, di “Leonessa d’Italia”, in ragione dell’eroica resistenza popolare alle forze austriache (1849).

Il Leonessa d’Italia amplia e completa l’offerta museale di Fondazione Brescia Musei, da un punto di vista artistico e iconografico, arricchendo il disegno della pittura bresciana già in la Pinacoteca Tosio Martinengo – che copre l’arco temporale dal Trecento all’Ottocento – con opere di artisti ottocenteschi e novecenteschi quali Angelo Inganni, Jean Adolphe Beaucé, Adolfo Wildt, Giovanni Battista Gigola, Caroline Deby, Eliseo Sala, Faustino Joli. Dal punto di vista storico il Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia si affianca infatti, anche nella posizione interna al Castello, al Museo delle Armi Luigi Marzoli, che racconta la lunghissima e prolifica tradizione armiera bresciana nei secoli. Entrambi i musei sono, non a caso, visitabili con un unico biglietto.

Il nuovo Museo intrattiene con il Castello di Brescia un legame inscindibile: durante l’Ottocento la fortezza – uno dei più affascinanti complessi fortificati d’Italia e il secondo più grande d’Europa – fu sede della guarnigione francese e poi di quella austriaca, che decise di rifunzionalizzare gli edifici e gli acquartieramenti militari, donando al Castello la forma di una grande caserma. Anche nel secolo successivo e fino al termine della Seconda guerra mondiale esso fu luogo di detenzione e tortura fino a diventare, a partire dal dopoguerra, uno dei luoghi più cari ai bresciani.

Negli anni, ospitò anche l’antico Museo del Risorgimento di Brescia, istituito nel 1887, tra i primi ad essere creati in Italia. Fu chiuso nel 2005 per lasciare spazio a esposizioni temporanee. Gravi problemi statici, palesatesi nella sede del Grande Miglio, portarono a una definitiva chiusura degli spazi espositivi nel 2015, finalmente oggi sanata dall’apertura del nuovo museo Leonessa d’Italia.

L’intervento del Comune di Brescia e di Fondazione Brescia Musei, grazie al Bando Emblematici Maggiori di Fondazione Cariplo, ha voluto quindi recuperare e valorizzare un bene storico fondamentale nella storia della città di Brescia. Il progetto di riqualificazione ha interessato non solo la struttura del Grande Miglio – edificio nato come deposito delle vettovaglie del Castello e poi divenuto, in epoca contemporanea, spazio espositivo – ma anche quello del Piccolo Miglio, ulteriore antico deposito che oggi diventa sede dell’accoglienza, della biglietteria e del bookshop; esso contiene al suo interno uno spazio per laboratori e conferenze e, al secondo piano, uno per mostre temporanee e appuntamenti e, in ultimo, l’intero ambito servirà in futuro la Fossa Viscontea all’esterno, palcoscenico di eventi dal vivo.

Il Museo conserva e valorizza una parte consistente del suo patrimonio dedicato alla storia risorgimentale, che è frutto principalmente delle donazioni che la cittadinanza ha destinato ai Civici Musei già a partire dalla fine dell’Ottocento. Cimeli, oggetti, dipinti, memoriali e sculture si sono così sedimentati nel corso di più di un secolo, caratterizzando in maniera peculiare la vicenda collezionistica del Museo. Rispetto agli allestimenti novecenteschi, quello del nuovo Museo prevede una selezione dei pezzi più significativi, tra cui spiccano anche nuove acquisizioni, come il grande dipinto realizzato da Jean Adolphe Beaucé Il generale Niel sul campo di Medole del 1861.

La ricca selezione dei quadri, che include numerose opere mai associate sin qui all’illustrazione del Risorgimento, costituisce una vera e propria galleria della pittura italiana dell’Ottocento. In ottemperanza al proprio mandato, Fondazione Brescia Musei ha provveduto al restauro di gran parte di queste opere, garantendone così una ottimale leggibilità e valorizzandone le qualità estetiche oltre che la rilevanza documentaria.

I nuovi apparati multimediali, invece, nascono non solo per integrare la narrazione, ma anche per fornire strumenti didattici e divulgativi pensati appositamente per un pubblico di tutte le età. Non solo gli adulti e gli appassionati di storia, ma anche bambini, famiglie e scuole potranno, grazie a console interattive, approfondire in modo multimediale reperti e documenti dell’epoca; inoltre, con exhibit digitali e attività didattiche ideate ad hoc da Fondazione Brescia Musei, esplorare la storia e i suoi contenuti in modo divertente e interattivo.

La componente digitale è trattata come una vera e propria collezione, che possiede la stessa dignità estetica, scientifica e narrativa degli oggetti fisici e si compone di slideshow in loop, ovvero delle raccolte di immagini a rotazione che servono ad ampliare il racconto storico; tracce musicali, attivate attraverso sensori di prossimità in determinate aree del Museo, che fungono da soundscape e stimolano l’apprendimento dei contenuti; un Atlante Storico del Risorgimento, supporto didattico finalizzato a ricostruire le vicende storiche che a partire dal Settecento hanno condotto all’attuale configurazione geopolitica europea e infine 6 installazioni multimediali, dislocate in parti differenti del percorso.

Infine, tra gli strumenti digitali disseminati nelle sezioni del nuovo Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, ci saranno le Prove di Risorgimento attivabili alzando una cornetta, in cui importanti documenti e testi letterari del Risorgimento sono interpretati dagli attori della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, in un laboratorio teatrale guidato da Maria Paiato, Daniele Squassina e Gioele Dix (a cura di CTB – Centro Teatrale Bresciano).

Il Museo è articolato in otto sezioni che, oltre a ripercorrere cronologicamente le principali vicende del Risorgimento, utilizzano in successione otto concetti chiave: Rivoluzione; Dissenso; Insurrezione; Guerra; Unità; Partecipazione; Mito; Eredità.

Apre il percorso museale Risorgimenti, un’installazione multimediale in cui delle immagini iconiche del presente sono affiancate dalle definizioni dei concetti chiave in cui si articolano le sezioni.

Nel Museo Leonessa d’Italia sarà possibile utilizzare l’App di visita, realizzata da Fondazione Brescia Musei. La visita dal titolo Le Dieci Giornate: dalle barricate alla memoria prosegue infatti nel tessuto urbano, grazie a un walking tour che offrirà un’inedita prospettiva sugli spazi pubblici urbani, valorizzando epigrafi, vedute e monumenti legati al racconto museale e al Risorgimento. Orari: dal martedì alla domenica, dal 1° ottobre al 30 maggio dalle 10:00 alle 18:00 (chiusura biglietteria 17.15). Dal 1° giugno al 30 settembre dalle 10:00 alle 19:00 (chiusura biglietteria 18.15). è previsto n biglietto d’ingresso a pagamento. Gratuità a tutti i Musei Civici per i residenti a Brescia fino al 31/12/2023

Delos (anche per l’immagine)

Lady Gaga. Applause

Esce finalmente anche in Italia, per Gremese Editore, il ritratto della regina del pop del XXI secolo, LADY GAGA – Applause, scritto dalla pluripremiata autrice e giornalista statunitense Annie Zaleski. Un volume, disponibile in tutte le librerie italiane e sulle piattaforme digitali dal 27 gennaio 2023, che intende celebrare lo stile e la creatività di una delle più controverse artiste del nostro tempo, una vera e propria icona che in ogni ambito ha fatto sempre parlare di sé proprio per la sua originale evoluzione umana e professionale.

Neworchese di origini italiane, Stefani Joanne Angelina Germanotta, percorre un itinerario artistico tanto travagliato a livello personale quanto rivelatore e lungimirante dal punto di vista performativo. Un cammino – dal suo album d’esordio del 2008, The Fame, fino al recente Love for sale, in duetto col leggendario Tony Bennett – segnato dal dettagliato studio della propria immagine, eccentrica e in continua trasformazione.

Talento poliedrico e appassionato, negli anni si è saputa costantemente reinventare dimostrando di essere molto più che una semplice pop star e toccando livelli di eccellenza anche in ambito jazz, rock e disco. La sua versatilità, impegno e volontà di cambiare l’hanno consacrata anche come attrice cinematografica, scelta come protagonista per film di successo quali A star is born (2018) e House of Gucci (2021).

Con più di 124 milioni di dischi venduti e numerosi riconoscimenti di rilievo, tra cui 12 Grammy Awards, 3 Brit Awards e 18 MTV Music Video Awards, il mito “Lady Gaga” continua a stupire: insieme agli Haus of Gaga, il suo team di artisti e creativi, ogni sua nuova ‘creatura’ può essere considerata come un’opera d’arte innovativa e unica che anticipa nuove mode o sviscera problematiche attuali con messaggi semplici e diretti. Attivista per la difesa dei diritti LGBT e della lotta alla violenza sulle donne, è fondatrice della Born this way Foundation, associazione no profit che incoraggia e sostiene i giovani.

Lady Gaga at The Roseland Ballroom New York City, on December 12, 2008 Credit: WENN Rights Ltd / Alamy Stock Photo

Una narrazione che si sviluppa attraverso la verità della sua vita, compresi i non pochi momenti difficili, offrendo molteplici aneddoti e retroscena sconosciuti al pubblico italiano; un volume articolato in 12 sezioni, con ben 170 straordinari scatti fotografici, 1 discografia completa e decine di fonti di riferimento.

Annie Zaleski, autrice, giornalista ed editrice pluripremiata, ha collaborato con le più grandi testate d’Oltreoceano di musica, e non solo, scrivendo profili artistici, interviste e recensioni. Sua la firma su molti articoli di Rolling Stone, NPR Music, The Guardian, Salon, Time, Billboard, The A.V. Club, Vulture, Classic Pop, Record Collector, The Los Angeles Times, Stereogum, Cleveland Plain Dealer e Las Vegas Weekly. Ha contribuito con le note di copertina alla ristampa del 2016 di Out of Time dei R.E.M. e alla raccolta del 2020 di Game Theory Across The Barrier Of Sound: PostScript e ha scritto il saggio dei Duran Duran per il loro ingresso nella Rock & Roll Hall of Fame del 2022.Nel corso della sua carriera ha svolto il ruolo di commentatrice radiofonica su vari argomenti di musica e cultura pop, apparendo su NPR (All Things Considered e stazioni regionali), CBC, Sirius XM Canada e MPR. È stata anche una speaker nel film del 2005 Punk’s Not Dead e in uno speciale omaggio televisivo del 2014 sulla band Blondie. In passato faceva parte della redazione musicale presso “The Riverfront Times” ed era caporedattore presso Alternative Press. Ha lavorato come direttrice editoriale per la serie “33 1/3 Genre” di Bloomsbury. Risiede a Cleveland, Ohio.

Elisabetta Castiglioni (anche per le fotografie della copertina del libro e di Lady Gaga )

Monica Silva. Art Beyond Imagination

Nasce da un desiderio di rilettura e di attualizzazione dell’arte antica la collaborazione tra una delle gallerie più apprezzate nel settore in Italia, la Longari Arte Milano e la fotografa brasiliana Monica Silva. Ne risulta una mostra a tutti gli effetti rivoluzionaria, aperta fino al 31 gennaio prossimo a Palazzo Cicogna: Art beyond imagination, questo il titolo del progetto, riaccende la luce sul passato reinterpretandolo in chiave “extra pop”.

“Ci siamo innamorati del modo di Monica Silva di interpretare i soggetti d’arte, così abbiamo pensato di scegliere cinque opere della nostra collezione e proporli alla sua fantasia” spiega Marco Longari.

Si tratta di opere molto diverse tra loro per tipologia e periodo storico che va dal Quattrocento al Settecento: dalla Maddalena di Barthélémy Chasse di fine XVII secolo a Lo stampatore, una tempera su tavola dell’inizio del XVIII secolo. E ancora una testa femminile in marmo del 1470 circa; una scultura in marmo raffigurante San Lorenzo sulla graticola, realizzato da artista della cerchia di Pietro Bernini e infine un Angelo annunziante, scultura in legno policromato della fine del XIV secolo.

Monica Silva ha raccolto la sfida lanciata dai Longari impiegando un po’ del suo realismo magico e un po’ di humour. I cinque scatti d’autore in mostra vengono affiancati a ogni opera d’arte antica con il risultato di attualizzarle e dare loro una nuova vita, annullando la distanza temporale. Monica Silva integra nella sua ricerca nuovi sviluppi linguistici e tecnologici come ha già fatto in Lux et filum sempre a Milano, una delle sue mostre più sorprendenti in cui ha tradotto l’arte di Caravaggio con un’opulenta scenografia barocca che ha generato stupore nella critica.

“questa mostra è sicuramente una proposta non tradizionale, penso a un collezionista in cerca di qualcosa di speciale, che possa essere interessato all’insieme dell’opera antica e alla sua rilettura per il tramite della fotografia”, spiega Marco Longari titolare della galleria.

Si parte con Angel Gabriels White Light, una scultura lignea senese della fine del XIV secolo 1400 raffigurante un angelo annunziante che nel corso dei secoli ha perso ali, aureola e il giglio che aveva tra le mani, finendo per essere riconoscibile solo dalla sua postura. Queste “mancanze” sono state lo spunto per ritrovare ciò che aveva perso. Intanto, l’artista lo ha impacchettato in un tessuto dorato citando la Venere e l’Enigma dell’Isodore Ducasse di Man Ray e le legature sbalorditive di Christo. Poi lo ha trasformato in un santino avvolto in led fluo che ha moltiplicato in un trittico fotografico in rosso, verde e blu. I colori che mescolati insieme diventano bianco puro, cioè la “white light”, la luce dell’angelo Gabriele. Infine, la tecnologia digitale, gli ha ridato le ali ricostruendole con tessere in resina che ricordano l’effetto mistico delle vetrate delle chiese e che saranno esposte nella mostra fotografica di novembre.

Do androids dream of electric sheep? ha lo stesso titolo del romanzo di Philip K. Dick da cui Ridley Scott ha tratto il film Blade Runner. «Ma gli androidi sognano pecore elettriche?», si è chiesta anche l’artista guardando Lo stampatore, il quadro di un pittore lombardo del Settecento. Ci ha pensato perché sono stati creati robot-artisti, alcuni semplici bracci robotici, altri androidi come Al-DA o Sophia in grado di dipingere addirittura autoritratti. Così, il protagonista dello scatto è uno “stampatore-androide” talmente umanizzato che sta prendendo coscienza di sé. È seduto a un tavolo mentre tiene in mano una macchina fotografica Polaroid da cui sta uscendo una foto che riproduce il quadro antico e, sul piano di lavoro, sono sparse disordinatamente foto identiche. Accanto a lui, in fila, altri androidi e il braccio robotico con cui sono stati realizzati. La Silva fotografa l’attimo di umano stupore dell’androide che, per un istante, fissa lo stampatore e sente un’inattesa e inspiegabile nostalgia per un “essere” che non è più e lo sconcerto per l’”essere” nuovo che sta diventando.

Twilight of Gods reinterpreta una piccola scultura in marmo del ‘600 scolpita nell’ambito di Pietro Bernini (il padre del più famoso Gian Lorenzo: San Lorenzo è raffigurato sdraiato sulla graticola, abbandonato ormai al dolore. Monica Silva si sofferma sul concetto d’estasi traslandolo dall’aspetto mistico a quello profano e fotografa un atleta con in mano un drink, sdraiato nell’atto di brindare a un tramonto ormai radioattivo (il crepuscolo degli dei, appunto). Ma è disteso sui bidoni che raccolgono rifiuti chimici anziché su un lettino e invece degli occhiali da sole indossa un visore da metaverso perché la realtà virtuale è inconsciamente assai più consolatoria.

A-stoned beauty prende spunto da un frammento scultoreo in marmo della Sibilla di Nicolò di Giovanni Fiorentino del 1470. Monica Silva la ritrae di spalle prestandole il corpo di una giovane donna, appena coperta da un panneggio rosso come fosse la Venere allo specchio di Velazquez o La nude concubine di Ingres. L’elaborata acconciatura ricorda quella della testa in marmo riflessa nello specchio, mentre la pelle di un bianco statuario cattura l’occhio quasi ci trovassimo ad ammirare Paolina Borghese Bonaparte del Canova. I testi impilati sul piano rappresentano i Libri sibillini in cui erano trascritte le profezie. Poetessa vergine e profetessa di sciagure, quando viene posseduta da Apollo rivela il futuro: per questo, accanto a lei si scorge un riccio schiuso di castagna, simbolo della sessualità femminile inespressa. Lo scatto mostra una bellezza sensuale vissuta in modo distaccato. E freddamente sprecata.

Modern Prophets

Lo scatto prende spunto da un quadro della fine del ‘600 di Barthélémy Chasse raffigurante Maddalena. Monica Silva affronta il tema della Maddalena, ponendo l’accento sul suo declassamento da portatrice di Rivelazione a quello di peccatrice penitente, sull’ambivalenza fra sacro e profano.  L’iconografia classica la dipinge come una penitente dai lunghi capelli, spesso in atteggiamento estatico, accanto a un teschio (memento mori) e con in mano un libro o uno specchio. Da “rivelatrice” Maddalena diventa oggi un’infelice influencer vittima del suo stesso ruolo, proprio com’è accaduto alla sua antenata. La donna seduta su una poltroncina del ‘700 accarezza distrattamente piume azzurre e non presta alcuna attenzione agli articoli di lusso sparsi sul set che normalmente “pubblicizza”. È scalza, come da tradizione. Morale: nasciamo nudi e col tempo ci carichiamo di sovrastrutture che non sempre rappresentano quello che realmente siamo. Finendo per lasciarci mettere in croce da uno smartphone (inserito proprio in un selfie stick a forma di croce) e da tutto quello che rappresenta.

La mostra ha ottenuto il Patrocinio dal Consolato del Brasile.

S.E.

Collezione Strada, una mostra nella cornice del Museo Archeologico Nazionale della Lomellina

La più antica delle Scuderie del Castello Sforzesco di Vigevano propone, dal 10 febbraio al 4 dicembre 2023, l’esposizione completa della collezione Strada, recentemente acquisita dal Ministero della Cultura e da questo affidata al Museo archeologico nazionale della Lomellina a Vigevano.

Una raccolta importante, costituita da 260 oggetti appartenenti ad un arco cronologico che va dalla preistoria all’età rinascimentale, ma particolarmente ricca in relazione all’età della romanizzazione della Lomellina (II – I secolo a.C.) e alla prima epoca imperiale (I – II secolo d.C.).

A. S.

Domenico Asmone “Milano e i suoi colori”

La Fondazione Luciana Matalon di Milano (Foro Buonaparte 67) in collaborazione con Colonna Arte Contemporanea di Appiano Gentile (CO) inaugura il nuovo anno con la mostra dell’artista toscano Domenico Asmone dal titolo “Milano e i suoi colori”, in programma dal 18 al 28 gennaio 2023 (da martedì a sabato: 10-13; 14-19, ingresso libero) e dedicata interamente al capoluogo lombardo.

Eclettico nello stile e nel linguaggio, nato a Bologna nel 1963 ma trasferitosi sin da bambino a Pistoia dove tutt’oggi vive e lavora, Domenico Asmone ha iniziato a dipingere negli anni Ottanta partendo da un figurativo ragionato e oggettivo, dalle forme delineate e leggibili, per poi avvicinarsi all’informale per un’arte più istintuale e soggettiva caratterizzata dal colore e dalla luce, i due elementi che maggiormente definiscono le sue opere.

Con la sua nuova mostra dedicata Milano e ai suoi colori, Domenico Asmone torna a una pittura figurativa basata su un sottile gioco di bilanciamenti e contrappesi e sull’uso intenso del colore.

Il risultato è sempre una produzione fortemente materica, ricca e densa, dove tuttavia il soggetto dell’opera è in perfetto equilibrio con il senso dello spazio e la capacità dell’artista di amalgamare i colori; un doppio dettaglio di grande importanza, perché proprio nella capacità di accostare i colori chiari con quelli scuri, gli spazi pieni con quelli vuoti, la luce con il buio, il soggetto del quadro prende vita.

Alla Fondazione Luciana Matalon di Milano sono esposte oltre 30 opere tra dipinti ad olio e lavori in ceramica smaltata, tutte realizzate nell’ultimo anno, in decisa dialettica con il suo recente passato.

Tuttavia, come sottolinea lo stesso Domenico Asmone, non si tratta solamente di una proposta di sensazioni ed emozioni attraverso le sintesi cromatiche a lui care, ma di una pittura in linea con la sua ricerca ventennale sullo studio del colore, in pittura e scultura: “Ho pensato che l’unico modo per riuscire nell’intento di segnare un proseguimento in questa mia ricerca nel rispetto del tema dato fosse quello di andare dritto verso una particolare figurazione. Una figurazione che fosse comunque conseguenza ed evoluzione del mio percorso e non un ritorno alle origini. Un gioco di emozioni visive, di creazioni estetiche, un vedo-non vedo che lasciasse ampio spazio alla materia cromatica e alla struttura compositiva caratteristiche della mia produzione recente”.

Le nuove opere di Asmone evidenziano come in lui vi sia la consapevolezza che saper dipingere non può prescindere dal saper disegnare: i lavori in mostra a Milano, che prendono spunto da un’immagine fotografica, ovvero da un dato reale, hanno nel disegno il punto di partenza, dove segni essenziali a carboncino o con pennello delineano l’idea di quello che sarà il soggetto con una particolare cura alla composizione, alle proporzioni e alla prospettiva, senza indugiare nei particolari.

Solo dopo aver impresso l’idea del quadro sulla tela sopraggiunge il colore che cancella il tratto sottostante con pennellate corpose e spatolate generose, rimandi di colore, giustapposizioni tono su tono e contrasti chiaro-scuro, tutte “riflessioni” che restituiscono al componimento pittorico quello che l’artista definisce il ritmo musicale dell’opera.

L’ultima fase realizzativa è un personale “codice” di realizzazione dell’artista con l’utilizzo di velature a esaltare e rinforzare il colore prevalente e a donare un particolare effetto di uniformità cromatica ed emotiva.

Accanto ai quadri ad olio vi sono alcuni lavori in ceramica smaltata, sempre dedicati a Milano e che si caratterizzano per la doppia cottura, prima del corpo ceramico e poi dello smalto che lo ricopre, offrendo un’ulteriore varietà di forme e di effetti cromatici assolutamente inaspettati.

Anche in questo caso la dimensione emotiva è centrale. Tuttavia, sebbene ci sia coerenza di stile e di linguaggio, il risultato percettivo ed emozionale è del tutto diverso perché il medium non sono più i colori a olio stesi a spatola bensì gli smalti ceramici: la lucentezza della smaltatura, i gradienti di intensità cromatico-luminosa variegati, la singolarità delle gamme cromatiche tipiche degli smalti ceramici, nonché la fusione di due o più colori voluta dall’artista, portano a soluzioni dalla singolare efficacia estetica.

Ciò che accomuna le opere informali della produzione precedente a quelle attuali di carattere figurativo esposte alla Fondazione Luciana Matalon è la volontà dell’artista di restituire l’energia viva e palpabile della materia pittorica puntando sulla forza emotiva che scaturisce dal colore e sulle implicazioni percettive che accompagnano la fase emozionale.

De Angelis (anche per l’immagine)