Write for Rights, la raccolta firme di Amnesty International

Fino al 22 dicembre si svolgerà anche in Italia Write for Rights, la maratona globale di raccolta firme promossa ogni anno da Amnesty International in favore di persone sottoposte a violazioni dei diritti umani e alla quale prendono parte centinaia di migliaia di soci e simpatizzanti nel mondo.
Nell’edizione 2012 di Write for Rights sono state raccolte e inviate un milione e mezzo di lettere da ogni parte del mondo a sostegno di prigionieri di coscienza e di attivisti per i diritti umani. Grazie a tale pressione, il governo della Repubblica popolare cinese ha concesso alla famiglia di Ghao Zhisheng, avvocato per i diritti umani condannato a tre anni di reclusione per ‘incitamento alla sovversione’, di fargli visita in carcere; il vicepresidente del Guatemala si e’ impegnato pubblicamente ad aprire un’inchiesta sullo stupro e l’omicidio della 15enne Maria Isabel Franco, avvenuto nel 2001.
Write for Rights 2011 aveva ottenuto la scarcerazione di Jabbar Savalan, attivista politico dell’Azerbaigian.

Amnesty International Italia attraverso il messaggio ‘Cosa faresti per salvare un amico’ chiedera’ alle persone di attivarsi online e nelle piazze per questi cinque casi:

Jabeur Mejri (Tunisia), condannato a sette anni e mezzo di carcere per aver pubblicato su Facebook contenuti giudicati ‘offensivi per l’Islam e i musulmani’;
Ihar Tsikchanyuk (Bielorussia), attivista per i diritti umani delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuate, perseguitato, minacciato e picchiato dalla polizia;

Eskinder Nega (Etiopia), giornalista condannato a 18 anni di carcere per ‘terrorismo’, solo per aver criticato il governo in articoli e discorsi pubblici;

Yorm Bopha (Cambogia), un’attivista per il diritto all’alloggio che ha trascorso oltre un anno in carcere per aver preso le difese di una comunita’ sgomberata con la forza; posta in liberta’ provvisoria il 22 novembre, e’ in attesa di una nuova udienza;

Miriam López (Messico), falsamente implicata in reati di droga, torturata e violentata nel 2011 dai militari e ancora in attesa di giustizia.

Testimoni di Write for Rights 2013 saranno due importanti attivisti per i diritti umani: Andrei Mironov (Russia), giornalista e fondatore dell’associazione Memorial. Nel 1985 fu condannato a quattro anni di detenzione e tre di esilio interno per propaganda sovversiva antisovietica. Si batte per denunciare le violazioni dei diritti umani commesse in Cecenia dall’esercito e dai servizi segreti russi. Sarà in Italia fino al 9 dicembre.

Norma Cruz (Guatemala), fondatrice dell’Organizzazione non governativa Fondazione delle sopravvissute di Citta’ del Guatemala. Da anni subisce costanti minacce di morte a causa del suo lavoro in difesa delle donne che hanno subito violenza. Sarà in Italia dal 10 al 20 dicembre. A Milano, il 10 dicembre – in occasione del 65esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani – Amnesty International Italia terrà il concerto ‘Liberi di cantare’. Sul palco, a partire dalle 22, si alterneranno artisti impegnati nella difesa dei diritti umani, come Jamal Ali, cantante dell’Azerbaigian, arrestato e torturato per aver contestato la famiglia del presidente e aver denunciato la corruzione e la mancanza di libertà nel suo paese, e Zanko El arabe blanco, il rapper italo-siriano impegnato contro la discriminazione. Insieme a loro si esibiranno Il Genio, Mondo Marcio e il collettivo Barrio Nacional. Media partner della serata e’ Radio Popolare.

Gli appelli di Write for Rights possono essere firmati su http://www.firmaperunamico.it.

Articolo di Amnesty International Italia

Il Cibo Immaginario. 1950- 1970 Pubblicità e immagini dell’Italia a tavola

Il Cibo Immaginario. 1950- 1970 Pubblicità e   immagini dell’Italia a tavola, mostra ideata e curata da Marco Panella, prodotta da Artix in collaborazione con Coca-Cola Italia, Gruppo   Cremonini e Montana,   racconta venti anni di vita e costume italiani attraverso iconografia, stili   e linguaggi della pubblicità del cibo e dei riti del mangiare.

Oltre 300   immagini rendono fruibile, per la prima volta al grande pubblico, un percorso   ragionato che recupera un giacimento culturale che ha segnato la modernità   italiana; immagini da osservare una ad una, cogliendone l’evoluzione dei   paradigmi di comunicazione e, soprattutto, la portata evocativa ed   emozionale; una storia visiva suggestiva, nella quale rintracciare i segni   del cambiamento di un’Italia che corre veloce dalla Ricostruzione fino   all’Austerity e che, nel cibo e nei modi del mangiare, trova un media   fortissimo e misura il suo affrancamento sociale.

“Il punto di osservazione scelto per il racconto de Il Cibo Immaginario”,   dichiara Marco Panella “è quello della   memoria e del linguaggio estetico delle pubblicità del cibo che hanno sorriso   agli italiani dalle pagine dei rotocalchi, testate con milioni di copie   vendute a settimana e che offrivano ai lettori una straordinaria sintesi tra   informazione e lettura popolare d’evasione. Da quelle pagine, le pubblicità   del cibo precorrevano i tempi, ne esaltavano le tendenze, alimentavano un   sistema di ambizione e di rincorsa sociale e, viste oggi, a distanza di   decenni, ci restituiscono intatta l’immagine di una Nazione che aveva fiducia   in se stessa e che, pur con tutti i suoi tratti d’ingenuità, era in cammino   verso la modernità”.

Il   linguaggio espositivo de Il Cibo   Immaginario è quello dei materiali cartacei sopravvissuti e   recuperati dalla dispersione, cercati e trovati nelle case e nelle cantine,   nei mercatini del piccolo modernariato e sui siti di aste telematiche,   materiale povero e al tempo stesso ricco di vita vissuta: riviste, dalle   quali sono state tratte le inserzioni pubblicitarie, e poi depliant,   cataloghi premio, agende per la casa, calendari, locandine, cartoline   illustrate, fotografie, figurine, fumetti e, a completamento della memoria   cartacea, una selezione di piccole latte pubblicitarie, oggetti ed utensili   promozionali di quando la parola gadget non era ancora entrata nell’uso   quotidiano.

L’impianto   culturale della mostra ha raccolto le immagini in dodici grandi temi:   dall’Italia che cambia il suo paesaggio domestico con nuove forme, oggetti e   colori all’Italia dei baby boomer, dall’Italia del tempo libero all’Italia   degli intenditori, dall’Italia che sogna con i concorsi a premio all’Italia   che scopre il risparmio e le offerte speciali, dall’Italia che seduce   all’Italia in famiglia.
In ultimo, a fine percorso, 28 fotografie restituiscono l’immagine dal vivo   di com’era l’Italia alla quale quelle pubblicità parlavano e che, anche   attraverso quelle pubblicità, sognava il suo futuro.

“Dal punto di vista pubblicitario, venti anni significano una produzione   iconografica sterminata e l’evoluzione di stili completamente diversi. La   scelta finale delle immagini è stata faticosa e spesso cambiata sino   all’ultimo minuto utile, facendo prevalere a volte la logica ed altre la   passione” continua Marco Panella   “e il tempo passato a cercarle ed a sceglierle è stato un tempo scandito   dall’incontro con la creatività degli illustratori, dei grafici, dei   pubblicitari che hanno saputo inventare linguaggi e suscitare emozioni.   Grandi firme alcuni, meno noti altri e sconosciuti altri ancora, tutti, però,   veri artisti dell’immaginario ai quali va indistintamente il tributo di   questo lavoro, che ha la pretesa di raccontare un po’ d’Italia e l’ambizione   di far sorridere”.
Un lavoro che è stato accolto, recepito e sostenuto da due protagonisti   dell’immaginario del cibo, Coca-Cola   Italia e il Gruppo Cremonini.

“Coca-Cola è un’azienda internazionale fortemente radicata sul territorio   italiano, e per questo siamo orgogliosi di partecipare al progetto di Cibo   Immaginario” dichiara Vittorio Cino, Direttore Comunicazione e   Relazioni Istituzionali di Coca-Cola Italia “Attraverso le   pubblicità, questa mostra celebra due decenni di storia e di valori del   nostro bellissimo Paese. Anni di grande fermento, di cambiamenti sociali e di   fiducia nel futuro, che Coca-Cola ha accompagnato con i valori positivi che   da sempre contraddistinguono la marca. Siamo una delle più grandi aziende al   mondo, e siamo consapevoli del ruolo che possiamo e dobbiamo ricoprire nelle   comunità nelle quali operiamo. Per questo, oggi come allora, con le nostre   pubblicità e tutte le nostre azioni, desideriamo condividere la nostra   visione del mondo, promuovendo un cambiamento positivo nelle persone”.

“Il marchio Montana è stato un protagonista assoluto nella storia della   comunicazione d’impresa in Italia” dichiara Luigi Scordamaglia, Amministratore Delegato In.al.ca (Gruppo Cremonini)   “dalle iniziali campagne alla fine degli anni ’50, al primo spot tv curato   da Paul Campani, fino alla nascita del “Gringo”, nel 1966, un   personaggio entrato profondamente nell’immaginario collettivo, al punto da   tornare protagonista anche nelle campagne pubblicitarie più recenti. Per   questo riteniamo che la mostra sul “Cibo immaginario”, oltre ad   avere un forte significato storico, offre alle aziende nuovi spunti e   incoraggiamenti creativi per portare oggi le eccellenze alimentari italiane   nel mondo in un mercato che è diventato globale”.

La mostra è aperta fino al 6 gennaio 2014 presso il Palazzo delle   Esposizione di Roma.

Elisabetta   Castiglioni

 

 

Passione al Teatro Sociale di Brescia

Nell’ambito della Rassegna Altri Percorsi, TIB Teatro, I Teatri del Sacro, Fondazione Teatro delle Dolomiti, ha presentato a Brescia, al Teatro Sociale, “Passione”, tratto dal romanzo “Passio Laetitiae et Filicitatis” di Giovanni Testori; un progetto di Daniela Nicosia che ha curato anche l’ottima regia. Protagonisti Maddalena Crippa per la prima volta in scena con il fratello Giovanni. Un’ora e mezza di attenzione per un testo interessante, spesso, carico di pathos e mai pesante, scadente, volgare. I due attori in scena, trovandosi anche a rappresentare fratello e sorella, ma poi uomo e donna, uomo che impone il volere ad una donna e la condanna, ma anche la esalta provandone pena ed un insospettabile rispetto, proprio quando sembrava destinata solo alla condanna eterna, sono stati di rara bravura.

La scena è piena di vita, di amore, di pena, di voglia di vivere e tutto questo grazie ad una superba interpretazione dei due Crippa, mentre una serie di corde permette un cambio scena inusuale, che poi diventerà la croce, da portare da parte dei protagonisti, della protagonista o dell’umanità, tutta in uno.

Affermava Testori: “In qualunque rapporto d’amore c’è una tristezza sconfinata, tuttavia, se questa tristezza viene accettata e accolta con carità, in primis come parte della coscienza di sé, allora diventa dramma, e può offrire qualcosa agli altri”. E questo per una ragazzina che si invaghisce del fratello, fantasticando sulle loro differenze sessuali e sulla sua modalità di scoprirsi adulto, mentre piano piano si rende conto della Duità che la contrappone al maschile, lei Felicita senza l’accento sulla a, ma che vuole mettercelo, trovando la sua strada di persona, l’amore, la realizzazione, la comprensione per quello che è dentro.

La disaccentuata è, infatti, alla disperata ricerca di un amore che non sa cosa sia davvero, ma lo sente dentro, nascere a poco a poco, crescere, mutare. Prima è l’infatuazione per il fratello, l’unico maschio che avesse come esempio e specchio, la persona che amava e le voleva bene, o almeno così credeva. Poi l’amore per un altro da lui e da lei, disilluso da una violenza; poi l’amore per l’Altro, il Cristo, e la decisione di farsi suora. Prendere i voti voleva dire sublimare il ricordo del fratello tanto amato e morto in un incidente di moto, schiantato a soli diciotto anni, come i suoi sogni di ragazzina. E quel fratello tanto assomigliava all’uomo in croce, mentre le tensioni sessuali si mescolano ad atteggiamenti devoti e a vera, spontanea per quanto inconscia ricerca di se stessa, anche attraverso l’amore per Dio. E proprio tra le mura dedite a Dio, ecco l’amore vero, carnale. Per un’altra monaca. E allora la perdizione, la condanna, e la schiacciante verità: malgrado le botte, le condanne, il senso di disprezzo, le due si amavano davvero. E davanti a quell’amore, non si poté fare altro, in un freddo mattino di caccia, che piegare le ginocchia e riflettere.

Un testo interessante, difficile e così carico di emotività che il pubblico si è fermato sospeso ad osservare, in un silenzio irreale, in un vortice nel quale è stato condotto per mano dai Crippa, così come condividevano le corde a guidare i pezzi di una croce che si è andata formando in noi e davanti ai nostri occhi di astanti, per portare a compimento un disegno che esula dalla normale capacità di comprensione razionale. Il dramma della solitudine interiore si materializza nella a accentata quando Felicita incontra Letizia e la gioia e la pienezza dello spirito diventano una tragedia. Pochi istanti di felicità per un lungo inferno, forse eterno. La vita è una Via Crucis che si staglia tra l’orizzonte e la croce che impera sempre, sul tavolino come nelle coscienze, mentre il gergo si fa mistico e blasfemo, dissacratorio e delicato, in una costante preghiera che rende Felicita e Letizia tanto più vicine a Dio quanto meno gli altri lo credono possibile.

I cacciatori che saranno testimoni del dramma delle due povere donne, quindi, saranno come i pastori davanti alla Grotta di Betlemme che, umili davanti all’Insondabile, si fermano e tacciono, non lasciando alle loro misere menti umane di commentare o rovinare il segreto immane dell’Amore racchiuso in un sonno ormai eterno.

Gli interrogativi posti da Testori sono tanti, mentre è evidente che l’abisso tra la grandezza divina e dell’Amore e gli esseri umani è così grande, da essere tangibile solo con il sentimento, non con la ragione. Il dialetto misto al latino rende il dialogato interessante, intrigante e tanto più vero di quanto il solo italiano avrebbe potuto essere. Maddalena Crippa ancora una volta impersona una, più voci; una, più donne, tanto da sintetizzarle tutte e non rappresentarne nessuna, perché ognuna può essere Felicita e il suo opposto. Comune a tutte il destino che le porta a dover sempre lottare per se stesse ed il proprio posto nel mondo, in una riflessione che diventa un lungo applauso a fine spettacolo.

La miseria della Brianza del tempo viene elevata a spirito così come si eleva la croce, e anche il concetto stesso di povertà diventa un’icona sulla quale pensare, senza moralismi e senza sentenze, aspetto più bello ed interessante dell’opera.

Da vedere.

Alessia Biasiolo

Barock meets Baroque

Martedì 10 dicembre alle 20.30 nell’Aula Magna della Sapienza si terrà il concerto della European Community Baroque Orchestra per la stagione della IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti).

Il titolo trilingue “Barock meets Baroque” significa che saranno messi a  confronto il barocco declinato in tedesco da Johann Sebastian Bach e quello alla francese di Jean-Philippe Rameau e Jean-Marie Leclair, riuniti sotto il segno dell’Europa, perché ad eseguirli è la European Union Baroque Orchestra, che mette insieme il meglio dei giovani musicisti dei paesi dell’unione specializzati nella musica barocca. Un ritorno molto atteso dopo il grande successo dello scorso anno. Sul podio il direttore artistico dell’orchestra, il danese Lars Ulrik Mortensen. Partecipano i solisti Bojan Čičić (violino) e Anne Freitag (flauto). Si ascolteranno dunque musiche e musicisti che provengono dai quattro angoli dell’Europa.

Sono in programma due delle quattro Suites per orchestra di Bach, precisamente la prima e la seconda. L’epoca della loro composizione è collocabile nei primi anni Venti del Settecento, cioè agli ultimi anni trascorsi dal compositore a Köthen o ai primi a Lipsia: è musica profana e galante, lontana dallo strereotipo del  Bach severo e luterano. Qui l’incontro tra Barock e Baroque è strettissimo, perché in questi lavori Bach prese come modello Jean-Baptiste Lully, che in realtà era un italiano (il suo vero nome era Giovanni Battista Lulli) emigrato in Francia e divenuto il musicista favorito di Luigi XIV.

Nella Francia del Re Sole visse anche Jen-Philippe Rameau, il più grande musicista francese del Settecento, qui rappresentato da una Suite tratta dalla “pastorale eroica” Acanthe et Céphise rappresentata Versailles nel 1751, che mette in scena  personaggi della mitologia classica, rivolgendo però l’attenzione soprattutto a un intrigo amoroso trasportato in atmosfere arcadiche.

Se Rameau fu considerato il più puro esponente dello stile francese, gli intrecci fra le diverse scuole musicali diventano intricati con Jean-Marie Leclair, la cui formazione si svolse in gran parte in Italia. Oggi si sta riscoprendo il vero valore di questo musicista, finora ricordato più che altro per la sua macabra fine: fu assassinato nella sua casa parigina, in cui viveva in completo isolamento, e ritrovato soltanto due mesi dopo, con il suo violino ancora stretto tra le mani. Di Leclair sarà eseguito il Concerto per flauto e orchestra in do maggiore op. 7 n. 3.

La European Union Baroque Orchestra (EUBO) è stata fondata nel 1985, come maggiore iniziativa dell’Anno Europeo della Musica e sostenuta generosamente dalla Commissione Europea. L’EUBO è un’orchestra di giovani, che tutti gli anni si rinnova completamente. Infatti cento giovani musicisti provenienti da tutti i paesi dell’Unione Europea sono scelti ogni anno per prendere parte alle selezioni, da cui escono i venticinque strumentisti, dell’età media di 24 anni, che trascorreranno sei mesi nell’EUBO, prima studiando e poi compiendo tournées attraverso tutta l’Europa, insieme ai maggiori specialisti della musica barocca, come Lars Ulrik Mortensen, Ton Koopman, Andrew Manze, Alfredo Bernardini, Chiara Banchini, Roy Goodman, Enrico Onofri, Paul Goodwin, Rachel Podger e Marc Minkowski. Questo progetto ha dato e continua a dare ottimi frutti e oggi non vi è famoso ensemble di musica barocca che non annoveri tra i suoi musicisti almeno un ex componente dell’EUBO. Quest’orchestra dunque non è solo una valida esperienza di formazione ma anche un prezioso serbatoio di giovani musicisti, cui attingono i migliori ensemble europei per mantenere alto il loro standard esecutivo.

Articolo di Mauro Mariani