Brassaï. L’occhio di Parigi

Dal 23 febbraio al 2 giugno Palazzo Reale (Piazza Duomo 12, Milano) presenta la mostra “Brassaï. L’occhio di Parigi”, promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Silvana Editoriale, realizzata in collaborazione con l’Estate Brassaï Succession.

La retrospettiva è curata da Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo che detiene un’inestimabile collezione di stampe di Brassaï e un’estesa documentazione relativa al suo lavoro di artista.

La mostra presenterà più di 200 stampe d’epoca, oltre a sculture, documenti e oggetti appartenuti al fotografo, per un approfondito e inedito sguardo sull’opera di Brassaï, con particolare attenzione alle celebri immagini dedicate alla capitale francese e alla sua vita.

Le sue fotografie dedicate alla vita della Ville Lumière – dai quartieri operai ai grandi monumenti simbolo, dalla moda ai ritratti degli amici artisti, fino ai graffiti e alla vita notturna – sono oggi immagini iconiche che nell’immaginario collettivo identificano immediatamente il volto di Parigi.

Ungherese di nascita – il suo vero nome è Gyula Halász, sostituito dallo pseudonimo Brassaï in onore di Brassó, la sua città natale -, ma parigino d’adozione, Brassaï è stato uno dei protagonisti della fotografia del XX secolo, definito dall’amico Henry Miller “l’occhio vivo” della fotografia.

In stretta relazione con artisti quali Picasso, Dalí e Matisse, e vicino al movimento surrealista, a partire dal 1924 fu partecipe del grande fermento culturale che investì Parigi in quegli anni.

Brassaï è stato tra i primi fotografi, in grado di catturare l’atmosfera notturna della Parigi dell’epoca e il suo popolo: lavoratori, prostitute, clochard, artisti, girovaghi solitari.

Nelle sue passeggiate, il fotografo non si limitava alla rappresentazione del paesaggio o alle vedute architettoniche, ma si avventurava anche in spazi interni più intimi e confinati, dove la società si incontrava e si divertiva.

È del 1933 il suo volume Paris de Nuit (Parigi di notte), un’opera fondamentale nella storia della fotografia francese.

Le sue fotografie furono anche pubblicate sulla rivista surrealista “Minotaure”, di cui Brassaï divenne collaboratore e attraverso la quale conobbe scrittori e poeti surrealisti come Breton, Éluard, Desnos, Benjamin Péret e Man Ray.

“Esporre oggi Brassaï significa – afferma Philippe Ribeyrolles, curatore della mostra – rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici; significa immergersi nell’atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si incontravano numerosi artisti e scrittori, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’Est, come il suo connazionale André Kertész. Quest’ultimo esercitò una notevole influenza sui fotografi che lo circondavano, tra cui lo stesso Brassaï e Robert Doisneau.”

Brassaï appartiene a quella “scuola” francese di fotografia che fu definita “umanista”, per la grande attenzione che l’artista riservò ai protagonisti di gran parte dei suoi scatti.  In realtà, l’arte di Brassaï andò ben oltre la “fotografia di soggetto”: la sua esplorazione dei muri di Parigi e dei loro innumerevoli graffiti, ad esempio, testimonia il suo legame con le arti marginali e l’art brut di Jean Dubuffet.

Nel corso della sua carriera il suo originale lavoro viene notato da Edward Steichen, che lo invita a esporre al Museum of Modern Art (MoMA) di New York nel 1956: la mostra “Language of the Wall. Parisian Graffiti Photographed by Brassaï” riscuote un enorme successo.

I legami di Brassaï con l’America si concretizzano anche in una assidua collaborazione con la rivista “Harper’s Bazaar”, di cui Aleksej Brodovič fu il rivoluzionario direttore artistico dal 1934 al 1958. Per “Harper’s Bazaar” il fotografo ritrae molti protagonisti della vita artistica e letteraria francese, con i quali era solito socializzare. I soggetti ritratti in quest’occasione saranno pubblicati nel volume Les artistes de ma vie, del 1982, due anni prima della sua morte.

Brassaï scompare il 7 luglio 1984, subito dopo aver terminato la redazione di un libro su Proust al quale aveva dedicato diversi anni della sua vita.

È sepolto nel cimitero di Montparnasse, nel cuore della Parigi che ha celebrato per mezzo secolo.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale e curato dallo stesso Philippe Ribeyrolles, con un testo introduttivo di Silvia Paoli.

Brassaï. L’occhio di Parigi, Milano, Palazzo Reale Piazza Duomo 12 dal 23 febbraio al 2 giugno 2024, da martedì a domenica 10:00 -19:30; giovedì chiusura alle 22:30, lunedì chiuso.

Biglietti. Open: € 17,00 Intero: € 15,00 Ridotto: € 13,00

Per informazioni: palazzorealemilano.it; mostrabrassaimilano.it

S.E.

Straordinarie arriva a Milano

Dopo il successo al MAXXI di Roma la mostra Straordinarie arriva a Milano, alla Fabbrica del Vapore.

Gli spazi della Cattedrale ospiteranno dal 14 febbraio al 17 marzo il progetto promosso da Terre des Hommes e curato da Renata Ferri con le fotografie di Ilaria Magliocchetti Lombi, che raccoglie 110 ritratti e voci di donne italiane provenienti da molteplici ambiti della società contemporanea. Professioniste che con il loro percorso testimoniano tanti modi diversi, tutti possibili, di affermarsi e realizzare le proprie ambizioni oltre pregiudizi e discriminazioni.

La mostra, realizzata grazie al sostegno di Deloitte con il patrocinio di Fondazione Deloitte, è parte della campagna #indifesa che Terre des Hommes porta avanti ormai dal 2012 per promuovere i diritti delle bambine e delle ragazze in Italia e nel mondo, attraverso progetti concreti sul campo, ma anche iniziative di sensibilizzazione come Straordinarie, e campagne di advocacy per costruire una cultura del rispetto e dell’inclusione contro ogni pregiudizio e discriminazione di genere.

Nei giorni di esposizione gli spazi della Cattedrale ospiteranno un ricco palinsesto di incontri dedicati alle scuole e alla cittadinanza, talk con le donne ritratte, proiezioni e performance artistiche, per approfondire i temi proposti dalla mostra.

Come afferma Renata Ferri, “Straordinarie è una sfida agli stereotipi di genere che trasforma il paradigma della donna- vittima in modello di riferimento culturale e politico. Protagoniste del nostro presente, hanno accolto l’invito alla messa in scena del ritratto fotografico per fare di questo progetto un corpo unico di volti e voci, una tessitura di memorie, confidenze e dediche.”

Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura Comune di Milano: “Quando parliamo di questioni di genere, la cultura può e deve avere un ruolo fondamentale per ispirare il cambiamento della nostra società. È con questa consapevolezza che il Comune di Milano ha promosso il palinsesto “Milano Città delle donne”, che durante tutto il 2024 proporrà appuntamenti, talk e mostre legate al tema, e che si apre oggi con la mostra Straordinarie. Un progetto rivolto soprattutto alle ragazze e ai ragazzi, per mostrare loro gli infiniti modi che le donne hanno di esprimere sé stesse e realizzarsi. Un invito a conoscere la storia di queste donne straordinarie e crescere libere e liberi di realizzare i propri sogni. “

“La campagna indifesa di Terre des Hommes Italia da oltre 12 anni denuncia la disparità di genere che intrappola bambine e ragazze in un ciclo di discriminazioni, stereotipi, povertà e violenza. Nella diversità e nella forza delle donne che compongono Straordinarie speriamo che ogni bambina o ragazza riesca a intravedere un riflesso delle proprie potenzialità, rincorrendo i propri sogni e lottando per superare queste disparità. Se visitando la mostra, anche una sola bambina potrà sentirsi più libera di scegliere del proprio futuro, avremo raggiunto il nostro obiettivo. E se saremo riusciti a coinvolgere in questo racconto, anche i maschi, forse potremo davvero dire di aver piantato i semi di un Paese più aperto, inclusivo e giusto”, afferma Paolo Ferrara, Direttore Generale Terre des Hommes Italia. “Siamo onorati di aver costruito con il Comune di Milano un grande palinsesto che parte con Straordinarie e continuerà nei prossimi mesi facendo della città meneghina un esempio unico per offerta culturale con una serie di progetti innovativi che racconteranno la questione di genere da molteplici punti di vista, anche attraverso altre mostre, come Appunti G, che chiuderà il palinsesto il prossimo autunno”.

“Straordinarie” è realizzata in collaborazione con Fabbrica del Vapore e fa parte, infatti, dell’iniziativa del Comune di Milano “Milano città delle Donne, delle ragazze e delle bambine” che propone alla cittadinanza un anno di eventi e appuntamenti culturali dedicati alle questioni di genere.

“La mostra Straordinarie, così come tutti gli eventi e le occasioni di dibattito ad essa collegati che si svolgeranno in Fabbrica del Vapore in tutto il 2024, dicono della volontà del Comune di Milano di costruire una città a misura di donne e uomini, inclusiva e rispettosa, collaborando con le tante associazioni e fondazioni che hanno a cuore la vita culturale, sociale, economica e politica della città. “Milano città delle donne” non è uno slogan ma la volontà quotidiana di costruire una città più sicura e accogliente per donne e uomini, rinnovando l’impegno affinché tutte e tutti abbiano pari opportunità nelle professioni così come nelle proprie aspirazioni di vita.” Elena Lattuada, Delegata del Sindaco alle Pari opportunità di genere.

La mostra è stata realizzata grazie al sostegno di Deloitte con il patrocinio di Fondazione Deloitte, che ha sposato i valori promossi dal progetto ed è main partner dell’iniziativa.

Deloitte e Fondazione Deloitte sostengono con convinzione “Straordinarie”, un’iniziativa culturale di altissimo livello capace di veicolare con forza l’importanza del contributo delle donne in tutti gli ambiti professionali e riconoscere il loro valore”, spiega Guido Borsani, Presidente di Fondazione Deloitte e Partner di Deloitte. Con questo progetto prosegue l’impegno di Fondazione Deloitte a sostegno di modelli di riferimento inclusivi, capaci di ispirare le nuove generazioni e di stimolare le ragazze e i ragazzi ad andare oltre gli stereotipi di genere”.

In questa edizione la mostra si accompagna con un libro ad essa dedicato che sarà disponibile durante la mostra e sul sito di Silvana Editoriale (www.silvanaeditoriale.it) e che è stato realizzato grazie a Fondazione Bracco.

“Come imprenditrice ho sempre creduto nelle competenze femminili e il women empowerment è da sempre al centro del mio impegno nel business, nella responsabilità sociale e nelle istituzioni”, afferma Diana Bracco, Presidente di Fondazione Bracco, che ha reso possibile la realizzazione del catalogo della Mostra. “Il tema della parità di genere è anche nella mission della nostra Fondazione. Sul fronte della formazione, abbiamo dato vita al Manifesto Mind the STEM Gap contro gli stereotipi di genere e all’iniziativa pluriennale #100esperte, per dar voce a personalità femminili in tanti settori. Per tutti questi motivi ci è sembrato naturale essere al fianco di Terres des Hommes in questo progetto espositivo. Le oltre cento donne ritratte in questa mostra, di cui sono molto felice di fare parte, sono artefici della loro libertà di pensiero e azione. Mi auguro che questa esposizione sia visitata da tante bambine e ragazze. E a loro rivolgo un appello: non smettete di coltivare i vostri sogni. Abbiatene cura, teneteli stretti, fateli fiorire. Il potere trasformativo dei desideri è inestimabile”.

L’appuntamento è stato inserito nel calendario delle Olimpiadi Culturali (Cultural Olympiad), il programma multidisciplinare, plurale e diffuso, realizzato dalla Fondazione Milano Cortina 2026, che mira a promuovere i Valori Olimpici e Paralimpici attraverso la cultura, il patrimonio e lo sport, nel percorso di avvicinamento ai prossimi Giochi Invernali.

Questa importante iniziativa dona un valore aggiunto all’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026”. Ha dichiarato Diana Bianchedi Chief Strategy Planning and Legacy Officer di Milano Cortina 2026. “I prossimi Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali lasceranno al Paese e alle generazioni di domani un’eredità intangibile duratura: la Fondazione Milano Cortina 2026 ha infatti attivato una serie di programmi, tra cui quello culturale, che puntano a coinvolgere e avvicinare le persone a valori quali inclusione, uguaglianza e rispetto. Progetti come questo, nato a sostegno delle donne, permettono di rafforzare il lavoro intrapreso a favore della parità di genere nel mondo dello sport e di una corretta rappresentazione delle donne”

“Questa straordinaria raccolta fotografica, realizzata dalle donne per le donne e per la difesa dei loro diritti – afferma Arianna Ferrini, HR Director di Canon Italia – rappresenta un’importante occasione per tenere alta l’attenzione sui temi legati alle disparità e ai pregiudizi nei confronti dell’universo femminile. E’ per noi un onore collaborare come partner a un progetto al quale ci sentiamo particolarmente vicini, poiché l’equità e l’inclusione sono valori fondamentali. Il nostro impegno è infatti quello di creare un’organizzazione sempre più inclusiva, all’interno della quale ciascun talento possa esprimersi e migliorarsi, rispecchiando la diversità della società in cui viviamo”.

Inoltre, altri numerosi partner che sono a fianco di Terre des Hommes per i diritti delle bambine e delle ragazze supportano l’iniziativa, tra cui: Rai per la Sostenibilità ESG, Canon, Gramma, partner Culturale, Cotril, che ha curato lo styling hair delle protagoniste, Neutralia, partner tecnici, Corriere della sera, iO Donna, La27esimaOra, Urban Vision media partner.

Straordinarie sarà aperta al pubblico gratuitamente dal 14 febbraio dalle 10.00 alle 19.00, fino a domenica 17 marzo.

S.E.

Oggi al MAF la cultura e le tradizioni nelle campagne tra Ferrara e Bologna

Riprendono al MAF di San Bartolomeo in Bosco (Ferrara) gli ormai tradizionali incontri culturali domenicali. Oggi dalle ore 15, si tratterà di cultura, paesaggio e tradizioni nelle campagne tra Ferrara e Bologna, con un programma che si prospetta ricco di novità e di valenza culturale. Il tema sarà introdotto dalla presentazione di due libri.

I volumi al centro dell’incontro sono: “Saluti da… Le cartoline illustrate del territorio comunale di Malalbergo”, di Giulio Reggiani e Dino Chiarini (Anima Altedi, 2023) e “La banda di Malalbergo. Una storia ultra-secolare”, di Giulio Reggiani, Dino Chiarini e Enrico Neri (Banda Filarmonica Primo Carlini, Malalbergo, 2023). Gli autori ne parleranno con Gian Paolo Borghi. Le due recenti pubblicazioni rimarcano interessanti connotazioni paesaggistiche e aspetti musicali legati a questo territorio di confine, “dietro casa”, che farà scoprire tanti tesori nascosti.

E proprio a proposito di “tesori”, gli spettatori avranno anche l’opportunità di conoscere (e di assaggiare!) tre dolci tipici malalberghesi: “Il biscotto del re”, “La Pastolaccia” (particolare ciambella) e “La Micca” (torta povera natalizia). Particolarmente attesi saranno gli interventi “ad hoc” di Enrico Grimandi, Dino Chiarini e Giulio Reggiani.

Il pomeriggio sarà inoltre vivacizzato dalla presenza del gruppo musicale “Le Note di ieri”, composto da un appassionato gruppo di amici che, a invito, si esibisce gratuitamente nelle strutture sociali per anziani. “Le Note di ieri” presenteranno una selezione dal loro repertorio, rivolto a un pubblico di una certa età.

I visitatori avranno infine l’opportunità di visitare la mostra “Itinerando per Ferrara e le sue campagne: venditori, artisti e artigiani ambulanti tra Otto e Novecento”, in parete fino al 31 gennaio 2024, allestita in collaborazione con il Centro Etnografico del Comune di Ferrara.
L’ormai consolidato e apprezzato buffet chiuderà l’intenso pomeriggio culturale, promosso dal Comune di Ferrara, dal MAF e dall’associazione omonima. L’ingresso è libero e gratuito.

Per info: MAF-Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese, via Imperiale 263, San Bartolomeo in Bosco (Ferrara), tel. 0532 725294

sito web www.mondoagricoloferrarese.it.

Alessandro Zangara

L’antropologo Marco Aime racconta il tema dei Dialoghi 2024

Giovedì 18 gennaio, ore 11, teatro Bolognini | live-streaming dalle 11.15

Aspettando la XV edizione dei Dialoghi di Pistoia giovedì 18 gennaio alle ore 11, al teatro Bolognini, l’antropologo culturale Marco Aime approfondirà il tema di quest’anno: Siamo ciò che mangiamo? Nutrire il corpo e la mente. Come da tradizione lelezioni introduttive al festival di antropologia del contemporaneo si rivolgono a ragazzi e ragazze, insegnanti e appassionati di Pistoia ma sono seguite da un pubblico molto vasto grazie allo streaming, sui canali Facebook e YouTube del festival, che consente di raggiungere ogni angolo del Paese.
L’incontro prende avvio da un’analisi delle modalità con cui ogni comunità costruisce una propria idea di gusto condiviso: scegliamo per tabù religiosi, per motivazioni ecologiche, per norme sociali o mode e, nel tempo, ogni società costruisce una propria “commestibilità culturale”.
«Non ci cibiamo solo per nutrirci, ma siamo anche mangiatori sociali – spiega Marco Aime. Dobbiamo ribaltare il rapporto tra il gusto e l’abitudine a mangiare un determinato alimento: non è vero che non mangiamo una cosa perché non ci piace, non ci piace perché non la mangiamo. Il gusto collettivo non nasce quindi da un’attitudine innata, ma da una scelta».

L’abitudine al consumo è anche l’elemento che determina la “tipicità” di un piatto, che se da un lato appaga il gusto – costruito e modellato proprio sulla consuetudine – su un piano simbolico si trasforma in una sorta di marchio d’identità.

Il cibo è anche un grande viaggiatore, e tutte le cucine “tradizionali” sono in realtà meticce. Ogni tradizione culinaria è multiculturale: i commerci, le scoperte, le esplorazioni hanno sempre portato cose nuove sulle tavole della gente. «Il nostro panorama alimentare dopo l’arrivo di Colombo nelle Americhe si è modificato. Alimenti come la patata, il pomodoro erano sconosciuti in Europa. Il mais non esisteva in quelle vallate alpine, dove la polenta viene oggi considerata il più autentico dei piatti, tanto da far pensare che sia sempre esistita – racconta Aime. La polenta è “tradizionale” non perché autoctona o perché storicamente legata a un territorio, lo è perché viene pensata così. La tradizione è spesso il prodotto di una proiezione del presente sul passato, piuttosto che il prodotto di una continuità storica profonda. Il cibo, in quanto risultato di una lunghissima serie di scambi, mescolamenti e rielaborazioni, è un’ottima metafora della cultura, con buona pace di chi si affanna a ricercarne i confini netti e la “purezza”».

«Con questo incontro – dice Lorenzo Zogheri, presidente della Fondazione Caript – comincia il percorso verso le giornate del festival di maggio. È un avvio dedicato agli studenti, cioè una delle platee che più siamo interessati a coinvolgere. In particolare quest’anno, perché i Dialoghi sviluppano un tema che, a esempio per le implicazioni sulla sostenibilità, è molto vicino alla sensibilità delle nuove generazioni».

Alla lezione di Aime seguirà martedì 5 marzo quella dell’antropologa Elisabetta Moro, dal titolo Mangiare come Dio comanda.

Delos (anche per la fotografia)

Fotografia Europea 2024 “La natura ama nascondersi” a Reggio Emilia

Fotografia Europea sta per tornare. Il festival internazionale di Reggio Emilia, che in 18 edizioni ha esposto alcuni tra i più grandi maestri della fotografia e scoperto nuovi talenti richiamando migliaia di appassionati e professionisti da tutto il mondo, ritorna in città dal 26 aprile al 9 giugno 2024 con mostre, eventi e spettacoli dedicati ad un tema che non può non riguardarci tutti: la Natura.

La natura ama nascondersi è il titolo scelto dalla direzione artistica del Festival composta da Tim Clark (editor 1000 Words & curator Photo London Discovery), Walter Guadagnini (storico della fotografia e Direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia) e Luce Lebart (storica della fotografia, curatrice di mostre e ricercatrice sia per la Collezione dell’Archive of Modern Conflict che in modo indipendente) per la XIX edizione di Fotografia Europea.

La natura cela la sua essenza ai nostri sensi, ma rivela la sua potenza in modi talvolta delicati, talvolta distruttivi, in un processo continuo che può essere inteso come un’oscillazione tra l’essere e il divenire. L’essere umano, che è parte della natura, ricerca l’essenza delle cose che lo circondano, siano esse piante, animali, rocce, fiumi e sistemi meteorologici, nel tentativo di scoprirne la natura e contemporaneamente di capire se stesso.

Tutti gli esseri viventi sono collegati fra loro in un “corpo globale”, i cui confini si dissolvono o si compenetrano. Tuttavia, ciascuna creatura percepisce la realtà come molteplice e mutevole, frammentata e limitata, perché i sensi sono diversi e dipendono dall’istinto di sopravvivenza di ognuno. La mente umana ha persino la capacità di nascondere la verità a se stessa, alla propria vera natura, tranne, forse, nel momento in cui sogna.

Eraclito ha indicato questo comportamento paradossale nel celebre frammento: “La natura ama nascondersi”.

Fotografia Europea 2024 si propone di esplorare, dunque, le interconnessioni fra occultamento e scoperta: le tante, prestigiose mostre personali e collettive di questa edizione tematizzeranno il senso del doppio o della interdipendenza come parte essenziale della vita sulla terra, evocando anche le azioni positive o di trasformazione che gli esseri umani possono intraprendere, al di fuori dall’atteggiamento di controllo dominante che la nostra specie esercita. In questo processo si rivela l’individuo e, insieme, si celebra una coscienza ecocentrica, immaginando nuove narrazioni, forme e interpretazioni, presentando i vari modi in cui i concetti di natura si manifestano attraverso la fotografia e il cinema contemporanei.

S. P.

Otium a Sirmione

All’interno del Museo archeologico delle Grotte di Catullo a Sirmione è visitabile la mostra Otium di Arianna Arcara.

Le fotografie in mostra, visibili fino al 26 maggio 2024, nascono all’interno del progetto Tredici fotografi per tredici musei: un percorso di esplorazione e interpretazione dei tredici musei statali lombardi affidato ad altrettanti giovani artisti italiani, grazie alla committenza pubblica della Direzione regionale Musei Lombardia diretta da Emanuela Daffra e in collaborazione con il Museo di Fotografia Contemporanea di Milano-Cinisello Balsamo.

I progetti hanno dato voce ai visitatori, al personale, agli oggetti, ai paesaggi e offerto chiavi di lettura legate all’oggi, dimostrando ancora una volta che il museo è un luogo di stupore, pensiero, coinvolgimento personale.

La mostra Tre-di-ci. Sguardi sui musei di Lombardia, che si è tenuta a Palazzo Reale a Milano dal 3 marzo al 2 aprile 2023, ha esposto una sintesi di tutti i lavori. La sala centrale del Museo Archeologico ospita ora il lavoro ideato da Arianna Arcara per le Grotte di Catullo.

Il sito delle Grotte di Catullo, con il Museo Archeologico, è uno dei tredici musei statali in territorio lombardo che la Direzione regionale Musei Lombardia tutela e valorizza in un’unica rete dal 2015.

Il nome “Grotte” risale probabilmente al Quattrocento, quando i viaggiatori che si imbattono nelle rovine di questo luogo, coperte da vegetazione, le scambiano per grotte naturali. Si tratta in realtà dei resti di una lussuosa villa romana affacciata sul lago di Garda, costruita in epoca augustea, tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del nuovo secolo.

La villa si espande per circa due ettari fino a protendersi sulla spiaggia del lago. Possiamo immaginare la vita nei secoli dentro e fuori le sue mura attraverso i materiali costruttivi, le suppellettili per la cucina o la cura personale, i ritrovamenti nelle sepolture, conservati nelle vetrine del museo. Costituita da terrazze, portici, belvedere, doveva certamente essere la meta ideale per fuggire dalla città e praticare l’otium, il tempo libero creativo lontano dalle occupazioni della vita politica e dagli affari.

A partire da questa funzione Arianna Arcara si concentra sulla pratica dell’otium contemporaneo. Sulla spiaggia che si estende alle pendici della villa, nota con il nome evocativo di Giamaica, si radunano oggi persone di ogni età e nazionalità. Ciascuno entra in rapporto personale con la natura, il paesaggio e le rovine, interpretando il momento del riposo in modo profondamente diverso dallo svago costruttivo dei romani.

Il lavoro fotografico alterna alcuni ritratti realizzati ai frequentatori della spiaggia a immagini dell’incantevole paesaggio circostante e a frammenti della struttura archeologica, mettendo idealmente in connessione i nuovi frequentatori della villa con la storia delle sue rovine.

Arianna Arcara, Otium – Museo archeologico delle Grotte di Catullo, Sirmione fino al 26 maggio 2024 parte del Progetto “Tredici fotografi per tredici musei”.

Gli artisti di “Tredici fotografi per tredici musei”:

Arianna Arcara, Fabio Barile, Claudio Beorchia, Roberto Boccaccino, Alessandro Calabrese, Marina Caneve, Federico Clavarino, Rachele Maistrello, Caterina Morigi, Flavia Rossi, Alessandro Sambini, Delfino Sisto Legnani, Vaste Programme.

I musei:

Museo del Cenacolo Vinciano, Milano; Cappella Reale Espiatoria, Monza; Certosa e Museo della Certosa, Certosa di Pavia; Parco Archeologico e Antiquarium, Castelseprio; Museo Archeologico Nazionale della Lomellina, Vigevano; Palazzo Besta, Teglio; Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, Capo di Ponte, loc. Naquane; Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Cemmo, Capo di ponte; MUPRE – Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica, Capo di Ponte; Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica, Cividate Camuno; Grotte di Catullo e Museo Archeologico, Sirmione; Villa Romana e Antiquarium, Desenzano del Garda; Castello Scaligero, Sirmione.

S.E.

La “Disputa sulle indulgenze”

Avrà per tema la “Disputa sulle indulgenze. Una sfida accademico-teologica dal 1517 a oggi” la conferenza a cura di Guido Dall’Olio e Marco Pellegrini in programma lunedì 15 gennaio 2024 alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea (via Scienze 17 Ferrara). L’appuntamento, che rientra nel ciclo “Incontri con la Spiritualità Applicata”, sarà introdotto da Marcello Girone Daloli e potrà essere seguito anche in diretta video sul canale youtube Archibiblio web.

La pubblicazione delle Novantacinque Tesi di Lutero nel 1517 gettò tutta la Germania in un subbuglio di cui sono ben afferrabili gli echi ancor oggi. Ecco perché è possibile a un gruppetto di storici di qualificata competenza provare a rievocare l’atmosfera di infuocato dibattito che si scatenò fra avversari e difensori della Chiesa tradizionale, quando a Wittenberg il frate contestatore osò esporre con lucida nettezza tutte le ragioni per cui le indulgenze dovevano essere considerate una truffa da rispedire al mittente. Crollò di colpo tutta l’impalcatura pastorale e teologica della vecchia Chiesa medievale, mentre si fece largo un nuovo modo di concepire il rapporto uomo-Dio, specialmente nella sua connessione con il problema della salvezza.

Guido Dall’Olio insegna storia moderna all’Università di Urbino Carlo Bo; è autore di studi su eresia e inquisizione nell’Italia del Cinquecento, oltre che su esorcistica e caccia alle streghe. Con Carocci editore ha pubblicato Martin Lutero (2017) e Nella valle di Giosafat. Giustizia di Dio e giustizia degli uomini nella prima età moderna (2021).

Marco Pellegrini è professore ordinario di Storia rinascimentale e moderna all’Università di Bergamo. Specialista di Umanesimo e di Rinascimento, è autore di numerosi studi tra cui: Religione e umanesimo nel primo Rinascimento (Firenze, Le Lettere, 2012); Umanesimo. Il lato incompiuto della modernità (Brescia, Morcelliana, 2015); Nella terra del genio. Il Rinascimento, un fenomeno italiano (Roma, Salerno Editrice, 2021). Si è occupato anche di storia della Chiesa, pubblicando Savonarola (Roma, Salerno Editrice, 2020) e Il papato nel Rinascimento (Bologna, Il Mulino, 2023).

Alessandro Zangara

“Archi e frecce” per Visioninmusica

Visioninmusica si accinge a celebrare due anniversari di rilievo: il ventennale dell’omonima rassegna musicale organizzata a Terni con la direzione artistica di Silvia Alunni e il trentennale della carriera di Francesco Baccini che inaugurerà la stagione 2024 dei concerti all’Auditorium Gazzoli di Terni venerdì 19 gennaio, alle ore 21, con il progetto Archi e frecce.

In tale occasione, il celebre cantautore genovese rileggerà in chiave cameristica i suoi classici più famosi, accompagnato dagli archi delle Alter Echo String Quartet, formazione crossover femminile, e dal chitarrista e bassista Michele Cusato.

“Nella mia carriera ho sempre avuto delle band rock. Per questo progetto dedicato ai trent’anni di musica mi sono regalato un quartetto d’archi” dichiara Francesco Baccini. Uno spettacolo unplugged ironico e al tempo stesso intimista che unisce due mondi musicali: la vena rock del Baccini che tutti conoscono e il lato classico della sua formazione musicale giovanile.

Il repertorio in programma conta numerosi brani, dagli immancabili Le Donne di Modena e Ho voglia di Innamorarmi alle composizioni meno conosciute e raramente eseguite dal vivo, oltre a due omaggi, per Fabrizio De André e  Luigi Tenco, e a un brano inedito.

Con Baccini sul palco saliranno Michele Cusato (chitarre, basso e arrangiamenti) e le affascinanti e talentuosissime componenti dell’Alter Echo String Quartet, formazione che nasce sui palchi prestigiosi della lunga tournée Opera Seconda dei Pooh e collabora con grandi artisti come Andrea Bocelli, Sting, Mario Biondi, Roby Fachinetti, Francesco De Gregori, Giovanni Allevi, Morgan, Francesco Renga, Raphael Gualazzi, Baustelle, PFM, Massimo Ranieri, Gianni Ciardo, Jerry Calà, Gigi Proietti, Andrea Griminelli. Il quartetto, che in passato è stato anche diretto da Andrea Morricone ed è stato ospite d’onore in prestigiosi eventi di moda (Dolce&Gabbana, Gucci Italia, Bulgari, Porsche, Mercedes) e spot (TIM 2017), è composto da Marta Taddei (primo violino), Neoemi Kamaras (secondo violino), Roberta Ardito (viola) e Rachele Rebaudengo (violoncello).

I biglietti per il concerto sono acquistabili in prevendita sul circuito Vivaticket.it

Visioninmusica 2024 proseguirà il 2 febbraio con il quartetto di Claudio Filippini; il 23 febbraio sarà di scena il chitarrista britannico Mike Dawes; il 7 marzo protagonisti saranno i Dock in Absolute; il 22 marzo Remo Anzovino con l’album Don’t Forget to Fly miglior disco 2023 per Sky tg24 (in apertura al concerto un omaggio teatral-musicale a Raffaella Carrà con l’attrice Cecilia Di Giuli e i pianisti Denis Zardi e Lucrezia Proietti); Venerdì 5 aprile Ana Carla Maza, emergente cantante e violoncellista cubana; infine, il 19 aprile, il jazz spagnolo di Daniel García.

Elisabetta Castiglioni

Madama Butterfly

Venerdì 19 gennaio, alle ore 20.00, si terrà la prima rappresentazione di Madama Butterfly, il quarto titolo della Stagione Lirica 2023-2024 dell’Opera Carlo Felice Genova. La direzione è affidata a Fabio Luisi, direttore onorario del Teatro, per la regia e le scene di Alvis Hermanis e con i costumi di Kristìne Jurjàne, le coreografie di Alla Sigalova, le luci di Gleb Filshtinsky e i video di Ineta Sipunova. Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice. Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice, Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS.

Madama Butterfly sarà in replica sabato 20 gennaio alle ore 15.00, domenica 21 gennaio alle ore 15.00, venerdì 26 gennaio alle ore 20.00, sabato 27 gennaio alle ore 20.00 e domenica 28 gennaio alle ore 15.00.

A dare vita ai protagonisti dell’opera: Lianna Haroutounian / Jennifer Rowley (Cio-Cio-San), Manuela Custer / Caterina Piva (Suzuki), Alena Sautier (Kate Pinkerton), Fabio Sartori / Matteo Lippi (F. B. Pinkerton), Vladimir Stoyanov / Alessandro Luongo (Sharpless), Manuel Pierattelli (Goro), Paolo Orecchia (Il Principe Yamadori), Luciano Leoni (Lo Zio Bonzo), Claudio Ottino (Il Commissario imperiale), Franco Rios Castro (L’ufficiale del registro), Luca Romano (Yakusidé), Maria Letizia Poltini / Daniela Aloisi (La madre di Cio-Cio-San), Mariasole Mainini / Lucia Scilipoti (La zia), Eleonora Ronconi / Adelaide Minnone (La cugina).

Madama Butterfly è la sesta opera di Giacomo Puccini. Il compositore si ispirò all’omonima tragedia del drammaturgo David Belasco, alla quale aveva assistito a Londra nel giugno del 1900. Il soggetto era particolarmente interessante, ma il processo compositivo durò diversi anni, ciò si deve anche alla approfondita ricerca attorno alla cultura giapponese che il compositore svolse per dipingere con accuratezza personaggi, luoghi e tradizioni insieme ai librettisti Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. La prima rappresentazione si tenne al Teatro alla Scala nel febbraio del 1904, e fu un insuccesso. Oggi è difficile capire quali siano state le ragioni, soprattutto considerando che sin dalla prima ripresa avvenuta qualche mese dopo a Brescia, Madama Butterfly venne immediatamente consacrata come uno dei più grandi capolavori pucciniani.

Dell’opera viene in questa occasione rappresentata la cosiddetta “quinta versione”, ovvero l’ultima, che raccoglie tutte le modifiche introdotte dal compositore dopo le prime rappresentazioni (tra le quali la suddivisione in tre atti, l’introduzione dell’aria «Addio fiorito asil» e significative varianti nella caratterizzazione di alcuni personaggi). Fabio Luisi, che torna all’Opera Carlo Felice dopo i successi della Stagione 2022-2023 con Die Fledermaus di Johann Strauss II e con i concerti sinfonici Ciclo Bruckner, Mitteleuropa e Novecenti, commenta così gli elementi di maggior rilievo nell’interpretazione dell’opera: «Mentre nella versione primitiva, soprattutto nel primo atto, c’è un’attenzione al milieu sociale, ipocrita e crudele, attorno a Butterfly, nella versione “tradizionale” questo angolo viene smussato, senza però abbandonarlo. Pinkerton rimane un personaggio spregevole, e l’unica umanità che Butterfly incontra nella sua storia è quella vera di Suzuki e quella, anch’essa tutto sommato un po’ ipocrita, di Sharpless. Diciamo che la tragicità di Butterfly la avvertiamo nella sua solitudine e nel suo inappagato e sincero amore per un uomo che non la merita. Puccini non rende sempre la vita facile ai suoi esecutori: il segreto sta nel non trasformare dolcezze in sdolcinamenti e sentimento in sentimentalismi. Il suo linguaggio musicale è sempre sincero, e va ripulito da retaggi kitsch. Una particolare attenzione va data alla scelta dei tempi ed al fraseggio, che devono rimanere al servizio di ritmi teatrali.»

La regia di Alvis Hermanis si ispira al Kabuki, genere teatrale tradizionale giapponese, incentrato sulla retorica del gesto come espressione del testo. Gestualità e movimento sul palcoscenico diventano così elementi centrali, e rivelano nel profondo la complessa psicologia di ciascun personaggio. Proprio per questo motivo, ampio spazio è dato alla danza come amplificatore della dimensione gestuale. La ricerca attorno al Kabuki è inoltre sostenuta da una particolare attenzione all’uso di riferimenti storici rigorosi, che emergono chiaramente anche grazie all’uso delle luci e dei video proiettati. Nel saggio Alvis Hermanis e Madama Butterfly: il gesto della fragilità, pubblicato dal Teatro alla Scala, Olivier Lexa evidenzia alcuni degli elementi scenici creati dal regista: «Come una farfalla, Cio-Cio-San è fragile, vulnerabile. L’universo che la circonda lo è altrettanto. La carta di riso dei pannelli scorrevoli rappresentativi della casa tradizionale giapponese rinforza questa impressione di fragilità e di delicatezza, così come le sete dei kimoni e i loro effetti di movimenti così speciali, che prolungano il ritmo e la coreografia ispirati dal Kabuki. Il minimalismo giapponese è presente dappertutto, testimoniato dal lavoro svolto sulla luce e sull’uso di colori particolarmente teneri e sottili. Questi evocano l’acquerello e sono presenti nelle riproduzioni di grande formato dei ritratti ispirati alle stampe giapponesi tradizionali, così come nei più piccoli dettagli dei costumi».

Fabio Luisi è direttore musicale della Dallas Symphony Orchestra, direttore principale della Danish National Symphony, direttore emerito dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, direttore principale della NHK Symphony Orchestra di Tokyo e direttore onorario dell’Opera Carlo Felice Genova. Dirige le orchestre più prestigiose del mondo. Nella stagione 22/23 il Maestro Luisi dirigerà una nuova produzione di Vespri Siciliani al Teatro alla Scala, continuerà la registrazione dell’integrale di Carl Nielsen con la Danish National Symphony Orchestra per la Deutsche Grammophon e presenterà nel 2024 il ciclo completo Der Ring des Nibelungen di Wagner in forma di concerto, con la Dallas Symphony Orchestra. È stato premiato con la Medaglia d’Oro e l’Anello d’Oro dedicati a Bruckner. Luisi ha ricevuto un Grammy Award per la sua direzione delle ultime due opere dell’Anello del Nibelungo e il DVD dello stesso ciclo, registrato dal vivo al Metropolitan e pubblicato dalla Deutsche Grammophon, è stato nominato come migliore registrazione operistica nel 2012. La sua vasta discografia comprende un vastissimo repertorio. Fabio Luisi è stato insignito il Grifo d’oro per il suo contributo alla notorietà della città di Genova.

Alvis Hermanis ha studiato recitazione al Conservatorio Nazionale della Lettonia. Dal 1997 è direttore artistico del New Riga Theatre, la cui programmazione è dedicata al repertorio classico, in particolare ad opere di scrittori tedeschi e russi, e al repertorio contemporaneo. Le sue produzioni sono state viste in oltre 40 paesi, e hanno partecipato a numerosi importanti festival, con molti riconoscimenti. Nel 2012 la rivista culturale svizzera Du, che riunisce esperti del mondo del teatro provenienti da venti paesi, lo ha nominato una delle dieci personalità più influenti del teatro europeo contemporaneo. Dal 2012, si dedica anche al teatro musicale.

Biglietti

I settore: 100,00 euro

II settore: 80,00 euro

III settore: 60,00 euro

IV settore: 50,00 euro

V settore: 35,00 euro

Under 30*: 25,00 euro

Under 18*: 15,00 euro *tutti i settori

Per ulteriori informazioni: www.operacarlofelicegenova.it

R. (anche per le fotografie)

Dialoghi di Pistoia.Siamo ciò che mangiamo? Nutrire il corpo e la mente

La XV edizione dei Dialoghi di Pistoia, festival di antropologia del contemporaneo promosso dalla Fondazione Caript e dal Comune di Pistoia, ideato e diretto da Giulia Cogoli, si svolgerà da venerdì 24 a domenica 26 maggio 2024.

Quest’anno, il tema scelto è: Siamo ciò che mangiamo? Nutrire il corpo e la mente (www.dialoghidipistoia.it).

«Siamo ciò che mangiamo» ha scritto Ludwig Feuerbach, un’affermazione in apparenza cinica, ma che in realtà non è così distante dal vero. Non basta, infatti, che una pianta o un animale siano commestibili per annoverarli nella lista dei cibi che ogni società ritiene buoni da mangiare: scegliamo per tabù religiosi, per motivazioni ecologiche, per norme sociali o mode e, nel tempo, ogni comunità umana costruisce una propria idea di gusto condiviso.

Siamo anche, quando è possibile, consumatori “culturali” di cibo, che, come diceva Claude Lévi-Strauss, deve essere “buono da pensare” oltre che capace di sfamare il corpo: infatti non nutriamo il corpo solo con cibo, acqua, vino… ma anche con la cultura, le passioni e il gioco.

«Mangiare, cucinare e produrre cibo sono esperienze sociali, espressioni culturali di collettività e frutti di scambi, che alimentano la nostra mente e il nostro vivere comune. Sono attività inserite nel dinamismo del pianeta, tra l’alternarsi delle stagioni e l’unicità di specie e territori, profondamente legate all’ecologia della Terra – riflette Giulia Cogoli. Il cibo è anche un grande viaggiatore, e tutte le cucine “tradizionali” sono in realtà meticce: ogni tradizione culinaria è multiculturale e, in questo, il cibo è un’ottima metafora della cultura».

La scelta del cibo è anche indicativa di gusti, ideologie, mode e persino di prospettive sul futuro. Oltre a dividerci in “tribù” alimentari – vegetariani, vegani, fruttariani, strenui difensori dell’onnivoro – il ricorso a cibi tradizionali o innovativi è oggi più che mai causa di fratture politiche.

Ecologia, cibo e politica si intrecciano più di quanto non si immagini, visto che la produzione di cibo è la maggiore responsabile di emissioni di Co2 nell’atmosfera. Nonostante ciò, milioni di persone soffrono ancora di denutrizione o di malnutrizione, mentre in alcune parti del mondo si spreca e si getta via il cibo in abbondanza, e le malattie legate all’alimentazione sono sempre più frequenti.

Fin dalla loro prima edizione, i Dialoghi hanno sempre riservato grande attenzione ai giovani.

Per stimolarli all’approfondimento del tema del festival, è stato ideato un ciclo di incontri per le scuole, che ha coinvolto finora circa 34.000 studenti di Pistoia e della provincia e che, grazie allo streaming, negli ultimi anni è stato seguito anche da studenti e insegnanti di tutta Italia.

Anche quest’anno sono due le lezioni in programma per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, in presenza, al teatro Bolognini di Pistoia, e in diretta streaming: giovedì 18 gennaio alle ore 11 l’antropologo Marco Aime introdurrà e analizzerà il tema del 2024.

Seguirà, martedì 5 marzo, sempre alle 11, una lezione dell’antropologa Elisabetta Moro, dal titolo Mangiare come Dio comanda.

Le prime 14 edizioni i Dialoghi hanno ospitato 400 relatori e visto la partecipazione di 250.000 persone. Sono stati circa 4.700 i volontari coinvolti; 700 le registrazioni video e audio disponibili gratuitamente sul sito e sulle principali piattaforme audio e video; 3,5 milioni sul canale YouTube dedicato; 23 i libri della serie Dialoghi di Pistoia – UTET, di cui l’ultimo in uscita a febbraio.

Delos (anche per la fotografia della direttrice Giulia Cogoli, foto di Mattia Modica)