Il programma di Parma Capitale Italiana della Cultura 2021

Parma Capitale Italiana della Cultura 2021 propone un ampio palinsesto di eventi e iniziative. Tra riaperture e nuove produzioni, turisti e cittadini di tutte le età potranno trovare appuntamenti di ogni genere, tra mostre e installazioni, rassegne, eventi e passeggiate.

Di seguito un calendario degli highlights, con eventi in corso e prossime aperture.

Informazioni e prenotazioni obbligatorie su www.parma2020.it

Antelami a Fidenza. Rivivere la passio di San Donnino
Fino a giugno 2021 | Cattedrale di Fidenza

Un nuovo percorso di visita per valorizzare la presenza di Benedetto Antelami nella Cattedrale di San Donnino collega il museo in cui è conservata la preziosa Maestà Mariana con il matroneo nord della cattedrale. Il museo racconta la storia del monumento attraverso ricostruzioni 3D e sezioni interattive dei principali manufatti esposti, mentre, nel matroneo, San Donnino torna in vita grazie all’animazione digitale delle sculture in facciata.

Ligabue e Vitaloni – Dare voce alla natura

Fino al 04.07.2021 | Palazzo Tarasconi

Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma dedica una mostra, a cura di Augusto Agosta Tota, Marzio Dall’Acqua e Vittorio Sgarbi, ad Antonio Ligabue e Michele Vitaloni: due artisti che traggono la loro potenza rappresentativa da quella parte istintuale e primordiale che accosta la sfera umana a quella animale.

Dalle ceramiche persiane alle maioliche rinascimentali italiane

Fino al 4.07.2021 | Palazzo Bossi Bocchi – Collezioni d’Arte Fondazione Cariparma – Parma

La mostra è il frutto del lavoro di catalogazione sui fondi di ceramica e maiolica di Fondazione Cariparma. Si articola sull’esposizione di alcune delle ceramiche conservate nelle collezioni Garbarino, Braibanti e Cozza, con focus sulle tecniche e l’iconografia della ceramica persiana e mesopotamica e sui contatti e le influenze sulle produzioni italiane del Medioevo e del Rinascimento, per arrivare alle ceramiche rinvenute durante i lavori edili alla filiale dell’allora Ag. 3 della Cassa di Risparmio a Barriera Repubblica, anticamente zona di botteghe e fornaci di cottura di materiale inerte.

Attraverso le Avanguardie. Giuseppe Niccoli / visione e coraggio di una Galleria

Fino al 18.07.2021 | APE Parma Museo

La Fondazione Monteparma ricorda la figura di Giuseppe Niccoli, la sua straordinaria attività di scoperta e valorizzazione di talenti e la storia della Galleria fondata negli anni ’70. La mostra, curata da Bruno Corà, Roberto e Marco Niccoli, presenta opere di artisti internazionali, tra cui, per citarne alcuni, Afro, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Alik Cavaliere, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Conrad Marca-Relli, Fausto Melotti, Angelo Savelli, Salvatore Scarpitta, Mario Schifano, in rappresentanza delle correnti artistiche che la Galleria Niccoli ha seguito, esposto e sostenuto nel corso degli ultimi 50 anni.

Modigliani Opere dal Musée de Grenoble
Fino al 18.07.2021 | Fondazione Magnani Rocca – Villa dei Capolavori

L’esposizione, grazie alla collaborazione col Musée de Grenoble, di sei opere di Modigliani, fra pittura e disegno, consente di analizzare il rapporto fra grafica e pittura e di cogliere i principali riferimenti culturali nel suo lavoro di ritrattista. Vengono esposti il dipinto Femme au col blanc, olio su tela del 1917, raffigurante Lunia Czechowska, moglie dell’amico d’infanzia di Léopold Zborowski, mercante d’arte e mecenate di Modigliani, e cinque ritratti a matita di personaggi della capitale francese degli anni Dieci, dove egli fu al centro della scena artistica, al tempo all’avanguardia internazionale.

Fornasetti. Theatrum Mundi

Fino al 25.07.2021 | Complesso Monumentale della Pilotta

Una mostra, a cura diBarnaba Fornasetti, Valeria Manzi e Simone Verde, che fa dialogare le forme classiche del Complesso della Pilotta con il design contemporaneo di Piero Fornasetti. Una produzione di Complesso Monumentale della Pilotta, in collaborazione con Associazione Fornasetti Cult.

Design! Oggetti, processi, esperienze – Through Time

Fino al 25.07.2021 | Palazzo Pigorini
Fino al 29.08.2021 | Abbazia di Valserena

Gli archivi dello CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione, custodi di un immenso patrimonio di conoscenze dei designer che hanno definito la cultura del progetto italiano nel Novecento, si aprono raccontando così i temi centrali del design. All’Abbazia di Valserena la parte centrale della mostra, a Palazzo Pigorini la sezione dedicata alla moda, in collaborazione con GIA, Imprese Settore Moda.

Abecedario d’artista. Mostra Giovani Artisti dell’Emilia-Romagna
Fino al 25.07.2021 | Palazzo del Governatore di Comune di Parma e GAER
Durante l’estate, trentacinque tra i più talentuosi artisti under 35, provenienti da tutte le province del territorio regionale dell’Emilia Romagna, selezionati da una giuria di esperti del mondo dell’arte, esporranno le proprie opere in una mostra dedicata al tempo e al paesaggio, curata dall’Associazione Culturale TØRØ con il sostegno del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Associazione GA/ER, Giovani Artisti Emilia-Romagna e Comune di Parma.

Parma la città del profumo
Fino al 01.08.2021 | APE Parma Museo

La mostra nasce da due importanti realtà: CNA Parma, Associazione che pone al centro il saper fare, il lavoro e la creatività artigiana, e Mouillettes & Co, una realtà unica in Italia che sviluppa percorsi di formazione e consulenza legati al mondo dell’olfatto. Il profumo a Parma è una vera eccellenza che nel corso del tempo ha portato allo sviluppo della filiera completa, dalle aziende produttrici di fragranze alle nuove realtà specializzate nella vetreria, nella stampa, nella cartotecnica e negli imballaggi. Sono previsti percorsi olfattivi dedicati alle fioriture nel centro storico della città, in collaborazione con alcune guide turistiche locali formate sul tema, con l’obiettivo di valorizzare i luoghi come l’Orto botanico, l’Antica Farmacia San Filippo Neri e le Profumerie storiche. Ogni mese è dedicato a una fioritura diversa e questo permette al visitatore di immergersi nelle diverse fragranze e note olfattive.

La via delle forme. Viaggio nei mestieri di Parma
Fino al 08.08.2021 | Galleria San Ludovico

Il progetto multimediale, ideato da PARMA 360 Festival della creatività contemporanea in collaborazione con il Gruppo Imprese Artigiane di Parma, e realizzato da Antica Proietteria, ripercorre l’evoluzione dei mestieri cittadini attraverso immagini storiche e racconti del presente, con il coinvolgimento delle realtà professionali che vivono nel territorio. Nella mostra, curata da Chiara Canali, Camilla Mineo e Giancarlo Gonizzi, il tessuto imprenditoriale parmigiano è raccontato, attraverso proiezioni multimediali, da personaggi di riferimento della storia cittadina suddivisi in sei macro-categorie (enogastronomia, costruzioni, editoria, trasporti e logistica, lavorazioni tecnologiche, meccanica e innovation): il pittore manierista Parmigianino, l’architetto di Corte Ennemond Alexandre Petitot, il re dei tipografi Giambattista Bodoni, il compositore Giuseppe Verdi, il regista Bernardo Bertolucci,le stiliste Sorelle Fontana.

Tribes. The last breath on earth
Fino al 30.08.2021 | Museo d’arte cinese ed etnografico di Parma
Il fotografo Arturo Delle Donne ha dato vita a una mostra in cui i corpi sono come le tele degli artisti. Attraverso i disegni sulla pelle, gli uomini hanno trasmesso per millenni preziose informazioni, ma il progresso sta cancellando dal pianeta questa nobile forma di linguaggio corporale. L’artista recupera potenti stilemi tribali da Papua Nuova Guinea, Amazzonia, Australia, Etiopia, Perù, Burkina Faso, Nuova Caledonia, riproducendoli con scrupolo e precisione sui volti di studenti, operai, giovani laureati, gente presa a prestito dalla quotidianità di massa occidentale.

Antelami a Parma – Il lavoro dell’uomo, il tempo della Terra

Fino al 31.08.2021 | Battistero, Duomo e Museo Diocesano

Le statue dei Mesi e delle Stagioni di Benedetto Antelami, collocate sul loggiato interno del Battistero, sono occasionalmente poste a terra permettendo così al visitatore una fruizione più che mai ravvicinata. Una produzione di Diocesi di Parma, in collaborazione con Capitolo della Basilica Cattedrale, Fabbriceria della Basilica Cattedrale, Fondazione Cariparma e Conservatorio di Musica Arrigo Boito di Parma.

Florilegium

Tutta l’estate 2021 | Oratorio di San Tiburzio

Nell’Oratorio di San Tiburzio – parte del complesso che include anche l’Antica Farmacia San Filippo Neri – si trova la prima personale italiana di Rebecca Louise Law: un Florilegium di nome e di fatto, capace di inondare con la sua colorata e profonda brezza d’estate la città di Parma. Florilegium è l’evento di punta di Pharmacopea, progetto di riscoperta dell’identità chimico-farmaceutica della Piccola Parigi, promosso dal Gruppo Chiesi e Davines. L’installazione è letteralmente una cascata naturale in costante e organico mutamento, composta dalla coabitazione di 200mila fiori.

Porcellane dei Duchi di Parma. Capolavori delle grandi manifatture del ‘700 europeo

Fino al 19.09.2021 | Reggia di Colorno

Dal Quirinale e da altre sedi (Gallerie degli Uffizi, Museo della Villa Medicea di Poggio a Caiano, Musei Reali di Torino) tornano in Reggia le porcellane di Meissen, Sèvres, Vincennes, Chantilly e Doccia, tesori dei Duchi di Parma, accompagnate da documenti concessi dall’Archivio di Stato. Un lavoro condotto negli Archivi, che ha consentito a Giovanni Godi e un gruppo di esperti, di individuare le sedi dove i tesori parmensi sono stati collocati. Queste opere raffinate e di qualità altissima evidenziano come il gusto alla corte dei duchi di Parma si fosse plasmato in pieno accordo con i modelli francesi sviluppati nel Settecento, quando ricchezza decorativa e desiderio di ostentazione accompagnavano l’allestimento delle tavole del vecchio continente.

Umberto Eco, Franco Maria Ricci. LABIRINTI. Storia di un segno
Fino al 26.09.2021 | Labirinto della Masone, Fontanellato

Grazie a innovativi allestimenti multimediali a cura di NEO [Narrative Environments Operas], il Labirinto di Franco Maria Ricci si trasforma in un vero e proprio metalabirinto, introducendo i visitatori in un percorso, articolato in tre sale, di parole e pensieri, tra allestimenti scenografici e digitali e prestiti di rilievo, alla scoperta della storia e del significato di uno dei simboli più antichi al mondo, accompagnati dalla guida di ombre nobili e sapienti legate alla storia di Ricci – non solo Umberto Eco ma anche Jorge Luis Borges.

Napoleone 1821 La morte di Bonaparte

Fino al 26.09.2021 | Museo Glauco Lombardi
Nel bicentenario dalla morte dell’imperatore, una mostra per ricostruire le conseguenze che il luttuoso evento di Sant’Elena ebbe nel contesto parmense, dove la notizia della morte, comunicata alla duchessa Maria Luigia, sua vedova, mise in moto una complicata macchina organizzativa che andò a incidere anche sull’equilibrio politico europeo. Nelle due stanze espositive, circa 120 pezzi permettono di ripercorrere le tappe di quest’evento attraverso opere d’arte, inediti documenti e perfette ricostruzioni storiche del letto dell’imperatore, dei suoi abiti e dei suoi accessori, proponendo un palpabile esempio della glorificazione postuma di Bonaparte attraverso la curiosa storia della lastra del San Napoleone Martire.

Renato Brozzi e la scultura animalista italiana tra Otto e Novecento
Fino al 30.09.2021 |Museo Renato Brozzi di Traversetolo La mostra è incentrata sul tema dell’animalismo e sulla figura di Renato Brozzi (Traversetolo 1885-1963). Presenti con oltre 100 opere, molte poco conosciute o del tutto inedite perché appartenenti a collezioni private, più di 50 artisti animalieri, tra cui: Rembrandt Bugatti, Duilio Cambellotti, Guido Cacciapuoti, Antonio Ligabue, Guido Righetti, Sirio Tofanari, Felice Tosalli. L’esposizione è promossa dal Comune di Traversetolo e dal museo Renato Brozzi.

I quadri di Pietro. Capolavori della Collezione Barilla d’Arte Moderna

Fino al 27.12.2021 | Pinacoteca Stuard

Il progetto espositivo a cura di Giancarlo Gonizzi, organizzato dal Comune di Parma e dalla Famiglia Barilla, mette in mostra – un quadro al mese – alcune delle più interessanti opere della Collezione Barilla di Arte Moderna, non esposte al pubblico da più di 25 anni: quadri di James Ensor, Alberto Savinio, Atanasio Soldati, Filippo De Pisis, Chaim Soutine, Max Ernst, Giorgio Morandi, Fernand Léger, Ennio Morlotti, Renato Guttuso, Jean Dubuffet, Lucio Fontana e Pablo Picasso.

L’Ottocento e il mito di Correggio

Permanente | Galleria Nazionale – Palazzo della Pilotta

Un virtuoso allestimento della Rocchetta, all’interno del Complesso Monumentale della Pilotta, dedicato a due figure fondamentali della storia parmense: Maria Luigia d’Asburgo, Duchessa di Parma, e l’incisore Paolo Toschi.

Sentiero d’arte – Langhirano Torrechiara

Installazioni artistiche permanenti | Da Langhirano a Torrechiara

Da un’idea di F.lli Galloni Spa nasce questa passeggiata di bellezza e contemplazione che collega i principali luoghi dell’area del Comune di Langhirano: un itinerario attraverso prati e colline, boschetti e vigneti, in un ambiente naturale rimasto immutato nei secoli. Il progetto è a cura di Associazione Sentiero d’arte Langhirano Torrechiara Odv, in collaborazione con il Comune di Langhirano.

Delos

Cene in Cava con gli chef Faccani, Agostini e Teverini

Cena in Cava” è il titolo dell’originale appuntamento in programma a San Giovanni in Galilea, frazione del Comune di Borghi (FC). Originale perché la location che ospiterà i tre appuntamenti (29 giugno, 13 e 27 luglio) è unica: la Cava di Ripa Calbana, della CABE s.r.l., che ha concesso questo luogo di grande fascino per l’iniziativa. A rendere ancora più preziose le serate saranno tre dei migliori chef emiliano-romagnoli chiamati ad allestire le cene, rispettivamente Alberto Faccani del Ristorante Magnolia di Cesenatico (2 Stelle Michelin), Riccardo Agostini del Ristorante Piastrino di Pennabilli (1 Stella Michelin) e Paolo Teverini, dell’omonimo ristorante di Bagno di Romagna, uno dei massimi esponenti della cucina d’autore.

«Cena in Cava nasce come pensiero, poi trasformatosi in realtà, per la valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti», spiega Carla Brigliadori, ideatrice e organizzatrice in prima persona dell’appuntamento. «In collaborazione con CheftoChef e i produttori della Valle dell’Uso, i menù delle tre serate avranno come protagonisti alcune delle eccellenze gastronomiche di questo spicchio di Romagna. Ovviamente, il luogo che ospiterà le cene è fondamentale. La Cava si trova all’inizio dell’alta valle e per anni ha fatto e continua a fare parte integrante del territorio e della sua economia. Un’importante opera di integrazione con il territorio circostante e gestione attenta alla sostenibilità, permette ai visitatori, restando nella parte alta e verde, di potere usufruirne per passeggiate e raccolta di erbe spontanee. Le cene a buffet avranno luogo sul prato verdeggiante all’esterno della casa colonica sopra la cava, dovei sotto le stelle si potrà godere il panorama che arriva fino al mare».

Lungo la Valle dell’Uso si trovano prodotti di eccellenza e conosciuti come la Piadina cotta con le Teglie di Montetiffi, il Formaggio di Fossa Dop di Sogliano al Rubicone, la Mora Romagnola (già Presidio Slow Food), ma anche prodotti locali meno noti come farine biologiche, quindi produzione di pane e biscotti, formaggio di pecora, il Savor cui è dedicata una Sagra di Montegelli. Non mancano produttori di vino, carne e olio.

Il programma delle serate prevede alle 18.30 la visita guidata alla Cava (informazioni e prenotazioni allo 0541 626787), mentre le cene inizieranno alle ore 20 (prenotazione obbligatoria

www.cheftochef.eu/cenaincava). Per informazioni: cell. 339 1728172.

Il menù della prima serata con lo Chef Alberto Faccani prevede: aperitivo di benvenuto con le eccellenze della Valle dell’Uso; panzanella, mazzancolle, orto e brace; risotto Riviera Adriatica; ricciola alla Parmigiana; Uovo Tropicale come dessert.

Il menù del 13 Luglio con lo Chef Riccardo Agostini: aperitivo di benvenuto con le eccellenze della Valle dell’Uso; malfattini con sfilacci di Mora Romagnola, melanzane e fumo; galletto farcito, scarola, alici e tartufo nero; frutti Rossovivo, cioccolato bianco e grano saraceno come dessert.

Il menù del 27 Luglio con lo Chef Paolo Teverini: aperitivo di benvenuto con le eccellenze della Valle dell’Uso; strozzapreti di pasta lievitata con stridoli, guanciale di Mora Romagnola e Formaggio di Fossa Dop di Sogliano; filetto di Mora Romagnola arrostito con salsa Savor e pomodorini confit al pesto; dolce Torino 649 di memoria artusiana, con gelato fior di latte e frutti di bosco.

Tutti i menù saranno accompagnati da pane e piadina ottenuti da farine biologiche e vino locale. Costo della cena: Euro 60.

Pierluigi Papi (anche per le fotografie)

In cammino con Dante a Verona: mostra diffusa

Nell’ambito delle celebrazioni veronesi in onore diDante, il Comune di Verona presenta il cuore del programma artistico ideato per onorare l’Alighieri e il suo rapporto strettissimo con la città: un’inedita mostra diffusa, realizzata dai Musei Civici, con il patrocinio e il contributo del Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, in collaborazione con Università di Verona e Diocesi di Verona, con il contributo di Fondazione Banca Popolare di Verona.

Il progetto veronese prevede un duplice omaggio: a Dante e alla città di Verona, che lo accolse dopo l’esilio da Firenze, e ne diventò seconda patria. Il legame con la città e con gli Scaligeri fu forte e duraturo e Verona stessa ne offre molteplici testimonianze: sono numerosi i luoghi legati alla presenza di Dante, fonti di ispirazione per la Divina Commedia, e oggi è possibile, grazie alle tracce contenute nelle sue opere, ricostruire passaggi cruciali della vicenda veronese.

Un indizio certo è rintracciabile nel canto XVII del Paradiso. Dante scrive che il primo a offrirgli ospitalità fu il «gran lombardo / che ’n su la scala porta il santo uccello»: Bartolomeo della Scala, morto nel 1304, unico tra gli Scaligeri a esibire sulla tomba l’aquila. Dante visse ancora a Verona, ospite e protetto di Cangrande, tra il 1312 – anno in cui una missiva di Cangrande all’Imperatore sembra rivelare elementi stilistici della penna del Poeta – e il 1320. Il rapporto tra Dante e Cangrande fu lungo e saldo: ne sono testimoni l’elogio di Cangrande nel canto XVII del Paradiso e la celebre Epistola XIII con cui Dante gli dedicò la terza Cantica.

La città non è quindi mero sfondo alla vicenda dantesca, ma ne diventa, essa stessa, protagonista e ispiratrice: come? Verona ha scelto di valorizzare la sua singolarità, rispetto alle altre città dell’esilio, ideando una mostra diffusa, un itinerario che si snoda nei luoghi della presenza e della tradizione dantesca. Verona, infatti, ci parla ancora dell’epoca di Dante: ripercorrendo le stesse strade, contemplando un paesaggio, entrando nei palazzi, visitando le chiese, osservando le immagini dipinte e scolpite che, oltre settecento anni fa, il Poeta stesso poté scoprire e ammirare.

Il percorso e le tappe della mostra diffusa sono contenuti e illustrati in un’agile mappa cartacea, preziosa guida che conduce i visitatori alla scoperta dei luoghi direttamente legati alla presenza di Dante; dei suoi figli e dei suoi eredi, che ancora oggi risiedono a Gargagnago in Valpolicella; delle suggestioni che Dante traspose nelle sue opere; della tradizione dantesca, che nei secoli continuò ad alimentarsi e a crescere, fino a diventare, nell’Ottocento, punto di riferimento per l’identità nazionale.

La mappa non è stata pensata solo per i turisti: ogni cittadino veronese potrà riscoprire, come portato per mano dal Poeta, il piacere di essere visitatore attento e privilegiato della propria città, alla riscoperta di chiese, piazze, strade, palazzi, parchi, e di tutto quel patrimonio straordinario, eredità per le future generazioni.

Ogni luogo dantesco della mappa è segnalato in situ con un apposito pannello; con un semplice tocco sul proprio cellulare tramite QRcode, il visitatore potrà accedere a un’espansione digitale dei contenuti della mappa, ulteriore approfondimento del proprio itinerario.

I luoghi di Dante: prima tappa è Piazza dei Signori, centro del potere, sia durante la Signoria scaligera che dopo la sua caduta. Al centro vi è collocata una statua del Poeta, in marmo di Carrara, opera emblematica della Verona risorgimentale. Realizzata dallo scultore Ugo Zannoni nel 1865, in occasione del sesto centenario dalla nascita, fu inaugurata la notte tra il 13 e il 14 maggio alle 4 del mattino per scongiurare la censura degli austriaci, allora al governo della città scaligera. Quest’anno, per le celebrazioni dantesche, il monumento è stato sottoposto a un accurato restauro (grazie alla sponsorizzazione di Zalando) e restituito nella sua intera bellezza alla città.

Si prosegue con Palazzo della Ragione, edificato verso la fine del XII secolo quale palazzo comunale, uno tra i primi in Italia, che oggi ospita la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. Qui, la mostra diffusa trova un prezioso raccordo e ulteriori sviluppi tematici a carattere storico-artistico nelle esposizioni in programma: La mano che crea. La galleria pubblica di Ugo Zannoni (fino al 5 ottobre 2021, a cura di Francesca Rossi), un tributo allo scultore Zannoni, noto come uno dei protagonisti dell’esplosione del mito di Dante nelle arti figurative dell’Ottocento, ricordato per la lunga carriera animata dall’impegno civile a favore della cultura e dei musei cittadini. E Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona (11 giugno–3 ottobre 2021, a cura di Francesca Rossi, Tiziana Franco, Fausta Piccoli), realizzata con il contributo e il patrocinio del Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, vero e proprio snodo della mostra diffusa che presenta una significativa selezione di opere d’arte e testimonianze storiche dal Trecento all’Ottocento, per approfondire due precisi fulcri tematici. Il primo riguarda il rapporto tra Dante e la Verona di Cangrande della Scala e il successivo revival sette-ottocentesco della Divina Commedia e di un Medioevo ideale; il secondo, strettamente connesso al precedente, dedicato al mito, tutto scaligero e shakespeariano, di Giulietta e Romeo. Temi sui quali si fonda, ancora oggi, la fama di Verona.

Le tappe successive sono: Palazzo del Capitanio, inizialmente residenza scaligera e costruzione recente ai tempi di Dante, quindi sede, sotto il dominio della Serenissima (1405-1796), del Capitano veneto – da qui il nome attuale – e poi, dal tardo Ottocento, degli uffici giudiziari; Palazzo della Provincia, oggi Prefettura, dimora che si fece costruire Cangrande della Scala; le Arche Scaligere, sepolcro della famiglia della Scala, costruite presso la chiesa di Santa Maria Antica. Sono sepolti qui alcuni dei personaggi citati da Dante: Alberto I (morto nel 1301) e i suoi figli Bartolomeo I (1304), Alboino (1311) e Cangrande (1329). L’arca di Bartolomeo si distingue per l’insegna della scala sormontata da un’aquila; di Cangrande restano sia il primo sarcofago, dove fu deposto subito dopo la morte improvvisa e misteriosa (l’enigma sarà svelato prossimamente dall’indagine sul DNA condotto dalle Università di Verona e di Firenze in collaborazione con il Civico Museo di Storia Naturale di Verona), sia il sontuoso monumento che gli fece realizzare Mastino II, suo nipote, sopra la porta della chiesa, quando diede avvio alla trasformazione monumentale e dinastica del cimitero.

Sempre sulle orme dell’Alighieri, si arriva poi alla chiesa di San Zeno Maggiore, capolavoro del romanico lombardo. Dante, nel XVIII canto del Purgatorio, incontra Gerardo, abate di San Zeno vissuto al tempo del Barbarossa e gli fa esprimere un giudizio pessimo su Giuseppe, figlio illegittimo di Alberto I della Scala e abate di San Zeno dal 1292 al 1313. Il nostro Poeta potrebbe essere stato ispirato, per la figura dell’abate, dall’epigrafe incisa sul fianco sud della chiesa, che ricorda l’abate Gerardo e le opere da lui promosse al tempo del sovrano svevo.

Di qui si prosegue per Sant’Elena, adiacente alla Cattedrale, che conserva in buona parte la sua compagine altomedievale. Il 20 gennaio 1320, Dante vi tenne una lezione pubblica per spiegare il fenomeno dell’emersione delle terre sopra la superficie dell’acqua. Forse sperava di conquistare così l’ammissione all’insegnamento nello Studio, la scuola superiore di Verona che stava diventando una rinomata Università, ma gli venne preferito il maestro di logica Artemisio. Alla fine del testo della Questio de aqua et terra si legge: «[…] definita da me, Dante Alighieri, il minimo dei filosofi, durante il dominio dell’invitto Signore messer Cangrande della Scala, Vicario del Sacro Romano Impero, nell’inclita città di Verona, nel tempietto della gloriosa Elena […]».

Durante il suo primo soggiorno veronese Dante frequentò quasi certamente anche la Biblioteca Capitolare, una delle più antiche del mondo, il cui scriptorium era attivo forse già dal VI secolo. La Capitolare ospitava, già allora, antichi manoscritti di alcuni fra i classici meno noti al Medioevo, come la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, le Historiae di Livio, Catullo. In un breve passaggio del De vulgari eloquentia, scritto tra il 1303 e il 1305, Dante cita una lista di autori classici – tra i quali «Titum Livium, Plinium, Frontinum, Paulum Orosium, et multos alios» – e rivela che una «amichevole insistenza» lo invitava a consultarli («Quos amica sollicitudo nos visitare invitat»).

La Biblioteca Capitolare ospita il LaMeDan (Laboratorio di Studi Medievali e Danteschi dell’Università di Verona), nato con l’obiettivo principale di studiare e digitalizzare i manoscritti della Capitolare dal nucleo più antico all’epoca di Dante, con la speranza ultima di ritrovare un manoscritto autografo dell’Alighieri.

La mappa ci conduce poi a tre chiese: Sant’Anastasia, solo un cantiere durante i soggiorni danteschi a Verona, che un tempo ospitava nel suo primo chiostro la più antica tomba veronese di famiglia degli Alighieri; San Fermo Maggiore – anch’essa in costruzione negli anni in cui Dante era presente a Verona – che nel transetto destro della chiesa conserva l’elegante cappella funeraria che Pietro IV e Ludovico Alighieri, discendenti del Poeta, fecero allestire a metà del Cinquecento. Quindi Sant’Eufemia, legata a Dante solo per via indiretta: il teologo Egidio Romano espose nel suo De regimine principum – opera composta prima del 1285 – alcune teorie cosmologiche che il Poeta avrebbe affrontato nella Questio de aqua et terra. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la Questio fosse un falso composto da qualche teologo di Sant’Eufemia e attribuito a Dante per avvalorare le dottrine del Romano. A Sant’Eufemia, inoltre, furono sepolti i figli di Guido Novello da Polenta, che ospitò Dante a Ravenna e che il Poeta menziona nella sua Egloga a Giovanni del Virgilio.

In mappa anche luoghi legati ai discendenti del Poeta: Piazza delle Erbe, dove, secondo l’umanista Moggio Moggi, Pietro Alighieri, figlio di Dante, recitò un capitolo in terzine sulla Commedia; Palazzo Bevilacqua, abitazione del figlio di Dante, di fronte alla chiesa di Sant’Anastasia; San Michele Arcangelo a San Michele Extra, monastero di una comunità religiosa femminile benedettina dove presero i voti anche Alighiera, Gemma e Lucia, figlie di Pietro Alighieri e di Jacopa Salerni.

A metà del Quattrocento Pietro III Alighieri trasferì la propria residenza nella contrada di San Fermo, dove su via Leoncino sorge Palazzo Serego Alighieri, dal caratteristico prospetto neoclassico, che al suo interno custodisce una statua di Dante, opera di Francesco Zoppi. E ancora: tra Tre e Quattrocento, Pietro, il figlio di Dante, acquistò una serie di terreni a Gargagnago di Valpolicella: fu il primo passo verso la costituzione di un ampio patrimonio fondiario e oggi vi sorge Villa Serego Alighieri, tuttora proprietà e residenza (non visitabile) dei discendenti di Dante Alighieri.

L’ultima parte del percorso è una passeggiata tra i luoghi della tradizione dantesca.

Il trecentesco Palazzo Marogna vantava, nel Cinquecento, un’articolata decorazione ad affresco – oggi purtroppo appena visibile – che, secondo il pittore ottocentesco Pietro Nanin, raffigurava due scene della Commedia: Dante che corre verso Virgilio, inseguito dalle fiere, e Beatrice su un carro, dipinta nell’atto di svelarsi il volto, secondo quanto riporta il XXXI canto del Purgatorio. È questa l’unica figura che appena si distingue oggi.

A fine Ottocento, il dantista tedesco Alfred Bassermann, in un libro sul Poeta, dedicò ampio spazio a Verona e ai luoghi danteschi: tra questi, il Ponte di Veja, un poderoso arco naturale a Sant’Anna d’Alfaedo, la cui conformazione rimanda ai ponti in pietra del cerchio VIII dell’Inferno, Malebolge.

«Vieni a veder Montecchi e Cappelletti, / Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura: / color già tristi, e questi con sospetti!» (Purgatorio, VI): come non pensare che Dante ispirò il mito degli infelici amanti? Nell’Ottocento si iniziò a identificare la Casa di Romeo in un complesso affacciato su via Arche Scaligere, con un alto muro coronato da merli. La Casa di Giulietta, era al tempo una locanda detta “Stallo del Cappello”, per via dello stemma raffigurante un cappello scolpito sull’arco che affaccia sul cortile interno. Tra il Trecento e il Seicento lo stabile appartenne alla famiglia veronese dei Cappello; il legame con Giulietta, personaggio reso celebre da Shakespeare, ha quindi un esclusivo carattere letterario. Nessuna relazione esiste, infatti, con i Cappelletti del canto VI del Purgatorio, che fino al XIX secolo furono creduti veronesi, ma che già il figlio di Dante, Pietro Alighieri, nel suo commento alla Commedia confermava essere originari di Cremona. I Montecchi erano, invece, un’antica famiglia ghibellina veronese.

Tappa finale della mostra diffusa è Castelvecchio, che Dante non vide (fu costruito a partire dal 1354 per iniziativa di Cangrande II della Scala) ma che oggi accoglie, come sede museale, importanti testimonianze della Verona dell’età di Dante: sculture del Maestro di Sant’Anastasia, dipinti di stretta influenza giottesca, parte del corredo funerario della tomba di Cangrande della Scala e gli originali delle statue equestri di Cangrande e Mastino II, provenienti dalle Arche Scaligere.

In occasione dell’anno dantesco, altro fulcro della mostra diffusa è l’esposizione, in sala Boggian, Dante negli archivi. L’Inferno di Mazur (fino al 3 ottobre, a cura di Francesca Rossi, Daniela Brunelli, Donatella Boni): 41 acqueforti e acquetinte che Michael Mazur produsse ispirandosi alla prima cantica della Divina Commedia. L’opera grafica è accompagnata dalla traduzione del poeta Robert Pinsky, amico dell’artista.

L’immagine coordinata della mostra diffusa è stata elaborata a partire dal disegno di Sandro Botticelli Dante e Beatrice. ParadisoII. L’opera è stata resa disponibile, eccezionalmente, per la sola sede di Verona, assieme ad altri due disegni botticelliani per Paradiso IV, Paradiso XVII, dal Kupferstichkabinett dei Musei Statali di Berlino. I tre disegni saranno esposti alla mostra Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti.

Informazioni: www.danteaverona.it

Delos (anche per la fotografia di Daniela Bertasini: Statua di Dante del 1865 di Ugo Zannoni, a Verona))

Il trionfo del tempo e del disinganno

Nell’ambito di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21 gli straordinari spazi dell’Abbazia di San Giovanni Evangelista di Parma, celeberrimi per gli affreschi del Correggio, diventano teatro della nuova produzione di Fondazione Teatro Due: l’allestimento in forma scenica, nei giorni 26 giugno alle ore 19.30 e il 28 giugno alle ore 20.30, dell’Oratorio Il trionfo del Tempo e del Disinganno, libretto di Benedetto Pamphilj, musica di Georg Friedrich Händel.

Il M° Fabio Biondi, violinista e direttore d’orchestra di fama mondiale dirigerà l’Orchestra Europa Galante e un ensemble di solisti d’eccezione composto da Francesco Marsiglia, Francesca Lombardi Mazzulli, Vivica Genaux e Arianna Rinaldi con la direzione teatrale di Walter Le Moli.

Per chi ama la musica antica, Europa Galante è leggenda. Da quando Fabio Biondi l’ha fondata, l’Orchestra ha dato una scossa sismica a un mondo filologicamente blando e musicalmente inamidato; sicuramente si tratta dell’ensemble italiano di musica antica più famoso e premiato in campo internazionale. In pochi anni ha venduto quasi un milione di dischi e Le quattro Stagioni Vivaldiane incise per Opus 111 sono diventate un vero caso internazionale.

Walter Le Moli, regista di prosa e di opera e fondatore del Teatro Due di Parma, ha curato importanti progetti teatrali fra i quali la riapertura del Colosseo in occasione del Giubileo del 2000 a Roma e, insieme a Luca Ronconi, il Progetto Domani in occasione delle Olimpiadi di Torino del 2006.

La collaborazione fra queste due eccellenze creative confluirà nella realizzazione di uno spettacolo unico, concepito per essere rappresentato nello splendido spazio dell’Abbazia di San Giovanni a Parma, esaltato per l’occasione da un impianto scenico curato da Tiziano Santi, con le luci di Claudio Coloretti. I costumi dei cantanti solisti sono a cura di Gabriele Mayer che nella sua lunga carriera ha vestito le più grandi dive del cinema, quali Anna Magnani, Monica Vitti, Sophia Loren e Silvana Mangano, e firmato molti spettacoli televisivi, cinematografici e teatrali.

Il tema dell’oratorio Il Trionfo del Tempo e del Disinganno si inserisce nella ricchissima produzione poetica, pittorica, musicale e teatrale che attraversa tutti i secoli, solo nel Rinascimento si pensi ai Sonetti e le Canzoni di Lorenzo de’ Medici e alla Rappresentatione di Anima, et di Corpo di Emilio de’ Cavalieri. Il Cardinal Benedetto Pamphilj-Aldobrandini, di famiglia patrizia romana, collezionista coltissimo, Bibliotecario Vaticano, scrive il poemetto seguendo il più raffinato modello umanistico del contrasto tra Tempo e Bellezza cui affianca Disinganno e Piacere, loro conseguenti effetti, sviluppando con elegante maestria la complessità teologica dell’argomento, lui non ignaro delle umane debolezze…

Il poemetto del Cardinale viene affidato al giovanissimo compositore tedesco Georg Friederich Händel che lo musicherà in forma di oratorio, mentre era ospite nella Città Eterna. In quel momento, ogni altra forma di musica, a parte quella sacra, era interdetta in Roma. La scelta di drammatizzare l’oratorio, tradizionalmente solo cantato, permette al ventiduenne compositore di superare la dimensione puramente recitativa in favore di quella rappresentativa – suggerita proprio dal fondamento del teatro: la forma dialogica del contrasto – e consegnarci, con un’operazione innovativa per la stessa storia del teatro e della musica, la rivisitazione d’un tema che da sempre ha ossessionato l’essere umano.

Questo legame tra musica e teatro rimarca pertanto la necessità e l’importanza della collaborazione tra l’Orchestra Europa Galante e la Fondazione Teatro Due e contemporaneamente apre la questione dello spazio. Il luogo, in accordo col genere dell’oratorio, non poteva esser risolto sic et simpliciter dall’edificio teatrale bensì da uno preposto al culto, nel caso specifico, eccezionale: la Chiesa di San Giovanni, del complesso benedettino, risalente alla fine del IX secolo, ricostruita dopo una lunga decadenza alla fine del ‘400 secondo un emergente spirito umanistico e affrescata dal Correggio (con interventi ben identificabili d’un giovanissimo Parmigianino). Questo monumento, scampato miracolosamente ai disastri della guerra, rappresenta con la sua complessa stratificazione culturale lo specchio ideale per il poema del cardinale Benedetto Pamphilj messo in musica da Georg Friederich Händel.

Straordinario effetto di luce e talento, questo lavoro del giovane Händel alla sua prima esperienza in Italia, è punto d’incontro tra la vita musicale più eletta e rappresentativa del nostro paese e la prorompente personalità di ciò che sarà definito da tutti come il principe della musica vocale nei primi cinquant’anni del settecento. Saranno Alessandro Scarlatti, Bernardo Pasquini, il grande mecenate Ottoboni, e naturalmente il re del violino Arcangelo Corelli a sostenere e partecipare nella Roma del 1707 a questo evento straordinario, che determinerà per sempre un cambio di visione tra drammaturgia e tessuto musicale tale da influenzare tutto il repertorio successivo. Fabio Biondi

Per un affondo nelle problematiche storiche, musicologiche, teologiche e teatrali sollevate dall’oratorio di Händel, domenica 27 giugno alle ore 17.30 presso la Biblioteca dell’Abbazia di San Giovanni Evangelista avrà luogo Voglio Tempo! Conversazione intorno all’oratorio del Cardinal Pamphilj musicato dal caro Sassone con Fabio Biondi, Walter Le Moli, Luca Della Libera e Lorenzo Montenz.

Due sole date, 26 giugno ore 19.30 e 28 giugno 2021 ore 20.30, per godere di una occasione davvero esclusiva.

Informazioni: biglietteria@teatrodue.org – tel. 0521.230242 – http://www.teatrodue.org

Delos (anche per la fotografia)

La vita è sogno di Lenz all’Abbazia di Valserena

Dal 19 al 25 giugno il perimetro esterno dell’Abbazia di Valserena alle porte di Parma sarà lo scenario monumentale de La vita è sogno di Lenz Fondazione, creazione site-specific di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto a conclusione del progetto quadriennale Il Passato imminente realizzato per Parma Capitale Italiana della Cultura 2021.

Il Passato imminente consiste nell’installazione performativa contemporanea di opere di Pedro Calderón de La Barca: i grandi autos sacramentales Il grande teatro del mondo (2018) e La vida es sueño (2019) allestiti negli spazi del Complesso Monumentale della Pilotta di Parma; i tre soli Flowers like stars?, Hipógrifo violento e Altro stato (invitato alla Biennale Teatro di Venezia 2021) ambientati nei magnifici spazi di origine industriale di Lenz Teatro e infine nel 2021 La vita è sogno, che verrà installata nel paesaggio storico-rurale dell’Abbazia di Valserena, nota comunemente come Certosa di Paradigna, monumentale abbazia cistercense fondata nel 1298, dal 2007 sede dello CSAC – Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma.

La vita è sogno sarà agita scenicamente dall’ensemble di attori sensibili che Lenz ha reso da molti anni protagonisti del proprio linguaggio: Barbara Voghera, Paolo Maccini, Carlotta Spaggiari, Tiziana Cappella, interpreti della creazione insieme a Sandra Soncini, Valentina Barbarini, Antonio Bocchi, ai performer adolescenti Lorenzo Davini, Daniel Gianlupi, Agata Pelosi, e ai cantanti Debora Tresanini (soprano), Eva Maria Ruggieri (contralto), Davide Zaccherini (tenore) impegnati vocalmente nei corali e nelle arie della Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach, in dialogo con il paesaggio sonoro creato dal compositore elettronico Claudio Rocchetti. Le lunghe fasi laboratoriali preparatorie alla messa in scena hanno visto impegnati nei percorsi formativi utenti dei Gruppi di Automutuoaiuto e del SERD servizio dedicato alle dipendenze e giovani della Casa della Salute del Bambino e dell’Adolescente dell’AUSL di Parma.

La vita è sogno sarà al centro della sezione estiva della venticinquesima edizione del Festival Natura Dèi Teatri, la prima delle molte a venire totalmente interpretata dalle opere performative e visuali di artiste di diverse generazioni e provenienze e dalle riflessioni di curatrici e studiose della scena contemporanea.

Ingresso La vita è sogno:
Intero € 15 (€ 5 + 5 + 5, come i tre lati dell’Abbazia che saranno attraversati)
Ridotto € 12 (€4 +4 + 4)
Speciale Università (studenti e personale) € 9 (€ 3 + 3 + 3)

L’Abbazia di Valserena si trova in via Viazza di Paradigna 1, Paradigna (PR).

Posti numerati, distanziati, mascherina obbligatoria. Si provvederà dalla misurazione della temperatura prima dell’ingresso nello spazio.

Info e prenotazione (obbligatoria): 0521 270141, 335 6096220, info@lenzfondazione.it, www.lenzfondazione.it.

Michele Pascarella (anche per la fotografia dell’Abbazia di Valserena dall’Archivio Lenz)

L’elisir d’amore al Carlo Felice di Genova

La produzione de L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti conclude la Stagione 2020-2021 del Teatro Carlo Felice di Genova con un omaggio nel centenario della nascita a Emanuele Luzzati, di cui propone una delle scenografie più celebri, realizzata nel 1994 per l’allora “Teatro dell’Opera di Genova”, con gli storici costumi di Santuzza Calì.

L’allestimento, per la nuova regia di Davide Garattini vede Alessandro Cadario, maestro concertatore e direttore salire sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro Carlo Felice, preparato da Francesco Aliberti, protagonisti in scena i solisti dell’Accademia di alto perfezionamento per cantanti lirici del Teatro Carlo Felice, con la direzione artistica di Francesco Meli.

Melodramma giocoso in due atti scritto da Gaetano Donizetti nel 1832 su libretto del genovese Felice Romani L’elisir d’amore si ispira alla vicenda de Le Philtre di Daniel Auber, su libretto di Eugène Scribe, in voga a Parigi in quegli stessi anni. Nei due soli atti di una vicenda di ispirazione agreste – il semplice Nemorino, innamorato della bella e scaltra Adina, si fa raggirare dal ciarlatano Dulcamare che gli propone un magico filtro d’amore – Donizetti riesce musicalmente condensare gli affetti propri del genere comico e del semiserio. A questi amalgama la dimensione metateatrale, in una commedia degli equivoci e degli intrighi a lieto fine, di grande vitalità melodica, la cui trama, pronta a “scattare” come una trappola, si riavvolge ironicamente attorno al destino dei personaggi.

La vicenda, piena di fantasia, di freschezza, viene esaltata dalla scelta di Luzzati di ambientare l’intera vicenda a cielo aperto, nel quadro di un’ambientazione classica: le quinte, il boccascena, un albero richiamano un’iconografia tipicamente ottocentesca, utilizzando semplici dispositivi (siparietti, al più) per ricreare le ambientazioni intimistiche, e sgombrano il terreno all’arrivo dirompente del carro-armadio di Dulcamara, che assolve al compito di dispiegare “telescopicamente” i diversi interni, in una contemporaneità di spazio e tempo che riporta alle fondamenta illusionistiche e favolistiche del linguaggio dell’opera.

“L’elisir d’amore, nel suo genere è una delle opera più perfette, scriveva Emanuele Luzzati nelle sue note sull’allestimento dello stesso titolo al Carlo Felice nel 2004: una musica leggera, ma senza mai cadute; un libretto spiritoso, frasi orecchiabili e poi punti di forza: uno nel primo atto con la cavatina di Dulcamara e l’altro nella celebre romanza, cavallo di battaglia di tutti i tenori leggeri “una furtiva lagrima”. Ed è con leggerezza e semplice efficacia che Luzzati risolve una mise en scène nata strutturata in una serie di tableaux vivants caleidoscopici, tra cui si insinuano riferimenti alla dimensione meta-teatrale, come attraverso la presenza in scena di una poltrona: quella su cui sedeva il nonno dello stesso Luzzati, per narrargli la storia di Nemorino e Adina, quella su cui si siederanno gli innamorati per condividere, oggi, i loro progetti e, un domani, i loro racconti e ricordi.

Note di regia di Davide Garattini

I cent’anni dalla nascita di Emanuele Luzzati sono un anniversario che non può passare inosservato, soprattutto da parte della città che l’ha visto nascere e morire, lui stesso ha da sempre mostrato un forte attaccamento verso la città di Genova come sua grande ispiratrice : “ Genova, dove si entra dai tetti delle case e si esce giù per le strade ripide, labirintica come un bosco, è la mia migliore musa. Tutte le volte che esco dall’ascensore del quartiere di Castelletto e guardo fuori mi stupisco, perché vedo sempre qualcosa di nuovo.”. Proprio da queste parole ho iniziato il mio viaggio in questo bellissimo Elisir d’amore firmato Luzzati-Calì. Ci si ritrova magicamente immersi in un caleidoscopio di colori che inebria e come in un labirinto ci si perde piacevolmente in una visione fantastica.

Purtroppo non ho mai conosciuto Lele Luzzati, ammetto che mi sarebbe piaciuto molto fare una conversazione con lui perché avrei mille domande da fargli a cui sicuramente risponderebbe mostrandomi tutte le sue immagini. Sono stato da sempre affascinato dalla sua arte, mi divertiva e mi incuriosiva; ho da sempre osservato i suoi lavori e ho sempre accolto con entusiasmo le sue proposte artistiche, soprattutto quando affrontava i classici più conosciuti. Mi lascio graffiare, con molto piacere, dalle sue immagini così vibranti dove, a ogni sguardo, veniamo catturati da nuovi dettagli, esattamente come accade con la città di Genova, un labirinto di diverse possibilità e molteplici sfaccettature.

La felicità è sicuramente stata la mia prima reazione quando ho ricevuto la proposta di firmare una nuova regia dell’opera con le scene di Luzzati, poi lentamente l’entusiasmo si è placato e si è trasformato in uno sguardo più guardingo. Ho da subito cercato di esaltare la forma estetica, ma sicuramente, entrare in un progetto come questo con una nuova regia, non è cosa facile, ci vuole molto rispetto e attenzione. Anche in questo caso una frase di Luzzati mi è venuta in aiuto: “La memoria è una cosa fredda, il racconto invece è caldo: è tutta la vita che racconto, io che sono così avaro di parole.” Per cui inutile pensare alla memoria, dovevo mettermi a raccontare; così che ho cominciato a farmi guidare in questo caleidoscopio di colori cercando un modo nuovo: vivo e caldo e al tempo stesso di rispettare il lavoro esistente.

Siamo in un periodo storico molto particolare, che ci condiziona notevolmente sulle scelte da portare in scena, con regole e distanze di sicurezza che indicano “nuove strade, diverse”, non voglio chiamarli “limiti”; ma, senza dubbio, sono percorsi nuovi da affrontare. L’elisir d’amore sarà la prima opera del Teatro Carlo Felice di Genova a pieno organico. Un’impresa notevole che oggi i teatri italiani sono chiamati ad affrontare per dimostrare, ancora una volta, la loro professionalità e serietà. Noi artisti fermi da più di un anno accettiamo questa chiamata alle armi con determinazione e felicità, in qualunque situazione, ci si rimbocca le maniche, si mettono da parte vecchi metodi e si ricomincia tutto da capo per andare in scena.

Ho cercato di proporre fin da subito una regia dinamica e divertente, frizzante e attiva come la grafica dell’allestimento suggerisce, la freschezza dei giovani interpreti dell’Accademia di Canto del Teatro Carlo Felice ha sicuramente aiutato. Affrontare un’opera come questo capolavoro donizettiano può trarre in inganno; a prima vista può apparire facile ma non lo è affatto. Si tratta di un’opera buffa ma non minore, anzi esattamente il contrario, è il titolo perfetto per la crescita di un giovane cantante, per sviluppare la sua parte artistica e interpretativa. I cantanti sono portati a mettere in scena personaggi con molte sfaccettature, risvolti psicologici e di sentimenti; così l’artista deve misurarsi e raccontare sul palco ogni momento. Una bella sfida per il suo percorso. Fortunatamente la musica aiuta moltissimo, favorisce anche dei simpatici “a parte” che ricordano le pagine più divertenti del teatro goldoniano. In questi momenti il pubblico ascolta quello che il personaggio nasconde agli altri, come una confessione all’audience rendendola parte attiva della storia. La musica di Gaetano Donizetti poi, magistralmente, conduce e sviluppa la trama!

A colpire la mia fantasia registica, più di tutto, è stato il Carro di Dulcamara. Un capolavoro! Potrei fare quest’opera solo con questo elemento e togliere tutto il resto, purtroppo a causa delle restrizioni anto Covid, posso usarlo limitatamente; ma mi piacerebbe molto fare un Elisir d’amore usando, unicamente, tutte le diverse sfaccettature di questo carro. Il carro di Dulcamara, per me, è senza dubbio l’espressione perfetta di Luzzati e la mia idea di questo Elisir, un grande carro colorato, tipico dell’arte dell’artista genovese, pieno di immagini vive e sorridenti, di profili e pennellate veloci. Un affresco intimo e grazioso che si apre piano piano fino a mostrarsi nella sua totalità, così è il mio Elisir, si sviluppa in modo da poter raccontare la storia e infine mostrare una conclusione piena d’amore e musica.

Credo che sia davvero bello ri-iniziare la vita sul palco da questo spettacolo, raccontiamo di un Elisir che fa innamorare; ma io vedo la metafora della musica e dell’arte come “balsamico liquore” che fa innamorare dell’arte e fa dimenticare il tempo delle restrizioni e della lontananza dalle scene. Auguro a tutti di bere questo Elisir fino all’ultima goccia di musica.

L’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale per cantanti lirici del Teatro Carlo Felice nasce nel 2021. Il teatro ne ha affidato la direzione artistica al tenore genovese Francesco Meli, tra le massime personalità del panorama lirico internazionale.

L’Accademia ha lo scopo di offrire un ciclo formativo completo, così da valorizzare le nuove generazioni di cantanti anche attraverso il debutto nelle stagioni liriche genovesi. Il Teatro Carlo Felice, i docenti dell’Accademia e il direttore artistico credono fermamente nel progetto di dare concrete opportunità professionali alle nuove leve e credono nel futuro dell’Opera. I docenti dell’Accademia sono Vittorio Terranova, Elizabeth Norberg-Schulz, Giulio Zappa, Roberto De Candia, Antonella D’Amico, Serena Gamberoni, Silvia Paoli, Daniele Callegari, Antonella Giusti, Francesco Meli.

Nicoletta Tassan Solet (anche per la fotografia di un modellino di Luzzati de L’Elisir D’Amore)