“Impossibili ma non troppo”. Un libro per ricominciare la scuola

Settimana di rientro scolastico per tutte le regioni italiane, dopo l’inizio trentino, e di focalizzare l’attenzione su approfondimenti didattici adatti ai nostri ragazzi. Ho tra le mani, dopo una lettura facile, un libretto edito da Elledici, scritto da Federica Storace, di cui già ho avuto modo di scrivere per i suoi precedenti lavori, e Anna Maria Frison.

Il libretto, perché è di piccolo formato e di poche pagine, si presenta elegantemente colorato, con immagini e disegni che accompagnano la lettura a bordo pagina, tra le righe, all’inizio, alla fine, popolando di magia le lettere. Alle quali viene dato spazio dopo un’accurata selezione di emozioni. Il volumetto, infatti, dal titolo “Impossibili ma non troppo”, propone storie di fantasia che trovano radice nella letteratura italiana e mondiale. Ci sono rivisitazioni di Pinocchio e del Piccolo Principe, ci sono volpi, grilli, stelle, castelli, incantesimi, pescatori solitari e tempeste, topini, lumache e un sacco di altri personaggi che parlano, agiscono e soddisfano ogni genitore voglia adoperare questo simpatico libro per intrattenere alcuni momenti con i propri figli. Bambini, preadolescenti e, direi, anche adolescenti. Infatti, il testo propone riflessioni che, se per i più piccoli sono simpatiche storie educative, per i ragazzi diventano anche materiale didattico, dal momento che le autrici propongono di cambiare il finale di ogni storia e di inviarglielo, per giungere al prossimo volume con le nuove storie dai finali diversi.

Per maestre ed insegnanti, il libro potrebbe diventare un valido strumento educativo adatto a tutti i propri discenti, sia che tra i banchi si aggirino scrittori in erba, sia che ci siano svogliati che non aprirebbero mai un libro, sia che ci siano soltanto i nostri curiosi studenti. Le immagini, infatti, sono vicine ai più popolari linguaggi informatici, ma senza scordare le emozioni che dà la carta stampata, la sua lucidità, il suo odore e, soprattutto, la possibilità di “toccare” storie su misura per ciascuno dei lettori.

Il confronto con la letteratura, la lettura in genere, è basilare per tutti, perché abbiamo sempre più bisogno di lasciare librare la mente tra parole che non siano la solita realtà dei social, delle news, della realtà. Quindi, ecco una bellissima occasione che diventa anche veicolo per conoscere, o far conoscere, realtà altre.

Senza pensare che la validità del lavoro dipenda solo da questo, Anna Maria Frison, suora Figlia di Maria Ausiliatrice dal 1958, è affetta dal morbo di Parkinson che l’ha costretta a lasciare l’attività scolastica. I racconti, quindi, sono anche un modo per tramandare la sua esperienza e per continuare a vivere con e per i giovani, per dare loro la lezione che potrà portarli a crescere dentro, non soltanto in età e altezza. L’esperienza tra le cattedre è anche di Federica Storace che, in collaborazione con Anna Maria, ha portato nero su bianco un percorso condiviso con la collega, per tracciare una linea che possa aiutare i ragazzi, ma anche i genitori e gli insegnanti, nell’affascinate esercizio dell’educazione che non è mai finito, per noi e per gli altri di cui abbiamo cura.

Da leggere.

Federica Storace, Anna Maria Frison: “Impossibili ma non troppo”, Elledici, Torino, 2017, pagg. 112; euro 6,90.

 

Alessia Biasiolo

 

TOCAT​Ì. Festival Internazionale dei Giochi in Strada a Verona

Dal 14 al 17 settembre 2017 si terrà a Verona “Tocatì. Festival Internazionale dei Giochi in Strada”, organizzato da Associazione Giochi Antichi in collaborazione con il Comune di Verona Area Cultura e Turismo e il sostegno della Regione Veneto.

Giunto alla XV edizione il Festival permette, come ogni anno, di scoprire le tradizioni culturali riconosciute dall’UNESCO come parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità (Convenzione del 2003).

Inoltre con questa edizione il Festival comincia un impegnativo percorso di candidatura per essere riconosciuto come “Buona Pratica” per la salvaguardia del patrimonio immateriale. Questa la grande sfida che AGA condivide con il partenariato europeo di AEJEST e con Simbdea: due associazioni non governative accreditate presso l’UNESCO. Simbdea riunisce professionisti, studiosi e volontari attivi nell’ambito dei beni demoetnoantropologici dei musei e del patrimonio culturale materiale e immateriale, a livello nazionale. AEJEST è l’Associazione Europea Giochi e Sport Tradizionali, la grande famiglia internazionale di AGA.

L’immagine coordinata del Festival è stata realizzata nello spirito del progetto di candidatura: 9 simboli, che sintetizzano e rappresentano graficamente i tanti significati del Gioco, si alterneranno nelle prossime tre edizioni. Per il 2017 protagonisti il tema della Comunità, Incontro e Appartenenza, nel 2018 il focus sarà sul Territorio, Confronto e Patrimonio, mentre nel 2019 Salvaguardia, Evoluzione e Impegno.

Tra i temi significativi di questa edizione del Festival troviamo l’​Europa delle lotte tradizionali, che vede la lotta come pratica ludica in crescita nei contesti tradizionali come nelle società complesse, potenti strumenti di gestione del conflitto e di integrazione dei giovani.

Il centro storico di Verona, come sempre chiuso al traffico, farà da cornice a più di 40 giochi praticati da una dozzina di comunità europee e italiane. Lottatori provenienti dalla Grecia​​, dalla ​Romania​, dalla ​Bulgaria​, dalla ​Spagna ​e dalla ​Serbia​, attivamente coinvolgeranno il pubblico illustrando le regole e i dettagli del gioco e raccontando aneddoti riguardanti i loro territori e il loro modo di giocare. Un’esperienza unica che trasforma la città e trasmette una visione del mondo fatta di dialogo, confronto e rispetto attraverso il gioco.

Tra i giochi italiani di questa edizione il Fiolet (Valle d’Aosta), il tiro con il bastone (Puglia), la Borella (Veneto), il Ruzzolone (Umbria) e S’istrumpa (Sardegna). Non mancheranno i giochi urbani, come Kendama, Graffiti Game, Parkour, Ultimate Frisbee e Skateboard. Durante il Festival si svolgerà il ​Torneo Internazionale della Lippa​, che, oltre alle squadre di Verona, Milano e Mede (PV), ospiterà giocatori provenienti da ​Croazia, Francia, Spagna, Romania, Slovenia e Ungheria.

In piazza dei Signori, denominata Piazza Europa, troveranno sede i gruppi di musica, danza popolare e teatro provenienti dalle regioni europee ospiti, pronti a coinvolgere e ad affascinare il pubblico, mentre sul palco in Lungadige San Giorgio si avvicenderanno i gruppi musicali italiani con le melodie della tradizione italiana.

Gli spazi della Provianda di Santa Marta, nel cuore del nuovo campus dell’Università di

Verona, ospiteranno la mostra​ curata da Monica​ Monachesi​, dedicata alle illustrazioni originali realizzate da ​Viola Niccolai per il libro “Per gioco: l’arte di divertirsi” della collana ​PIPPO – Piccola Pinacoteca Portatile​, edito​ da​​Topipittori per​​AGA​.

Grande attenzione sarà dedicata al tema dell’​Azzardopatia​, venerdì 15 e sabato 16 settembre, dalle 09.00 alle 12.00 si susseguiranno diversi incontri e iniziative tese a coinvolgere il pubblico, anche quello più giovane. Nel pomeriggio, Maurizio Fiasco, sociologo della Consulta Nazionale Antiusura, e Marco Aime, autore del “L’Umanità in gioco” e antropologo, interverranno sul tema.

Festival nel festival è la sezione denominata “Riflessioni”: incontri autobiografici con personaggi del mondo della cultura, ​conferenze, approfondimenti sui temi ludici nella quotidianità, laboratori e tanto altro. Saranno ospiti dell’edizione 2017 personaggi di assoluto rilievo, come Edoardo​ Albinati​, premio Strega nel 2016, in questo intervento presenterà il suo libro “Un adulterio”, e il filosofo ​Ermanno Bencivenga​, che si dedica da tempo ad una ricerca di interesse assoluto sul ruolo del gioco nella società moderna, non più come intrattenimento attivo e creativo ma come divertimento imposto e passivo.

All’interno della biblioteca Civica, in collaborazione con Fondazione Sanzeno, il pubblico avrà la possibilità di leggere “libri viventi”, ovvero persone che, partendo dal proprio vissuto di pregiudizi e discriminazione, si assegnano un titolo e si raccontano dialogando a tu per tu con il “lettore”.

Riconfermato anche nel 2017 lo “spazio bambini” in Piazza Nogara, dove, alla già solida collaborazione con associazioni e istituzioni che si occupano di gioco per professione (ludoteche, ludobus, animatori, esperti di didattica museale, ecc.), quest’anno si affianca il supporto della filiale veronese dell’UNICEF.

Come l’edizione scorsa l’area di lettura per i bambini sarà allestita, a cura di Nati per leggere Verona, alla Latteria Ludica, dove si potrà far merenda con prodotti genuini delle malghe della Lessinia.

Sul Lungadige San Giorgio, punto d’incontro ormai consolidato delle serate del Festival, nell’area Cucine, si potranno gustare vini e specialità veronesi,mentre all’Osteria del Gioco si troveranno vini della zona e menù a Chilometro Zero grazie alla storica collaborazione dei piccoli produttori locali e di Coldiretti.

Il Tocatì, che già nel 2015 ha ottenuto l’importante certificazione internazionale ISO 20121 per la gestione sostenibile degli eventi, riconferma in piazza Bra il punto Play Smart: il futuro degli agglomerati urbani, le smart city, le tecnologie rinnovabili, la sharing economy trovano in questo punto il presidio ideale e gli interlocutori più autorevoli in materia.

RICORDIAMO CHE:

  • I giochi saranno praticati ogni giorno per sei ore come spettacolo per il pubblico. Chi desidera partecipare e imparare gli antichi gesti ludici verrà accolto da giocatori pronti a trasmettere con passione la loro sapienza.
  • Agli spettacoli si aggiungeranno vari momenti conviviali, con concerti per strada e aperitivi nelle osterie.
  • Un servizio speciale di imbarcazioni istituito per il Festival consentirà di visitare Verona navigando l’Adige.
  • INFO SUL FESTIVAL
  • Nato nel 2003, il Festival ha avuto subito successo. Dal 2006 viene dedicato ogni anno ad un diverso Paese che viene rappresentato da giochi, musiche, danze caratteristiche e specialità gastronomiche (2006 Spagna, 2007 Croazia, 2008 Scozia, 2009 Grecia, 2010 Svizzera, 2011 vari Paesi del mondo in occasione del congresso mondiale degli esperti di gioco ITSGA – International Traditional Sports and Games Association, 2012 tutti i Paesi Ospiti in precedenza hanno inviato una rappresentanza per celebrare il decennale del Tocatì, 2013 Ungheria, 2014 Messico, 2015 Catalunya, 2016 Cina).
  • Il Festival è da sempre attento a sostenibilità e ambiente ed utilizza solo energia proveniente da fonti rinnovabili. Dal 2015 ha ottenuto la certificazione internazionale ISO 20121 come evento sostenibile.
  • Dal 2016 riceve il patrocinio dell’UNESCO associato al Logo della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

Tocatì è organizzato da Associazione Giochi Antichi (AGA), in collaborazione con Comune di Verona.

L’Associazione Europea Sport e Giochi Tradizionali (AEJEST) è partner del festival, che ha il patrocinio del MIBACT, dell’Unicef, del Touring Club Italiano, della Regione Veneto, dell’Università degli Studi di Verona, dell’UNESCO. Tra gli Sponsor: Banco Popolare.

In caso di pioggia il festival si tiene in spazi al coperto ed è gratuito.

È  prevista un’accoglienza particolare per garantire ai disabili l’accesso ad alcuni giochi.

Segreteria del Festival e Associazione Giochi Antichi

 

Spin Cycling Festival Roma

L’uso quotidiano della bicicletta è oggi il sintomo più attendibile della salute di una città: un’area metropolitana che mostri equilibrio tra i diversi mezzi di trasporto è efficiente e produttiva, sostenibile, sana: più bella.

L’Italia è un Paese ancora molto arretrato sulle politiche di mobilità sostenibile e di rinnovamento dello spazio pubblico, ma il cambiamento a livello globale è ormai innescato, e il traffico ciclistico cresce visibilmente anche in una città come Roma.

Su questa linea di pensiero nasce lo Spin Cycling Festival, una tre giorni dedicata alla cultura della ciclabilità, per aiutare il cambiamento e offrire confronto e informazione, in programma il 22, 23 e 24 settembre negli spazi del Guido Reni District (quartiere Flaminio, accanto al Museo MAXXI).

Nato a Londra e diventato evento di successo internazionale, Spin (uno dei modi per dire pedalare) è un festival dove i cittadini potranno provare biciclette dei migliori produttori, nelle apposite piste prova; partecipare a pedalate in città (sull’itinerario del GRAB, il Grande Raccordo Anulare delle Biciclette); ascoltare i protagonisti dell’attivismo nell’area talk; guardare la programmazione di video e film sulla cultura della bicicletta, senza farsi mancare buon cibo e spazi per la socialità.

Tre giorni di festa pensati anche per celebrare i 200 anni (1817-2017) della bicicletta, il “veicolo perfetto”: in tale ambito verrà esposto in primis il prototipo di bicicletta carenata PulsaR record italiano di velocità, progettata dal team Policumbent del Politecnico di Torino e sarà possibile esplorare nel dettaglio i prodotti di noti marchi internazionali come Brompton, Moustache Bikes, Tokyobike, Giant, Askoll, Specialized, Brooks, Closca e tanti altri. Ampio spazio verrà dato alle biciclette elettriche, al ciclo-turismo e alle innovazione di start-up e giovani designer.

Il ricco programma dell’area “Spin talk” prevede, tra gli altri, la presenza di Sio (Simone Albrigi), esponente dei più noti YouTuber e fumettisti italiani, di ritorno da un giro in bici al Circolo Polare Artico (unCOMMON:Arctic); Gianluca Santilli, presidente della Granfondo Campagnolo Roma, Alberto Fiorillo, responsabile Aree Metropolitane di Legambiente, portavoce progetto GRAB; Anna Becchi, vicepresidente Salvaiciclisti Roma e referente del progetto BikeToSchool Roma; Lamberto Mancini, Direttore Generale del Touring Club Italiano; lo scrittore e musicista Andrea Satta e numerosi altri stakeholder che dibatteranno sui temi piste ciclabili,  sicurezza stradale, innovazione tecnologica, bike economy e cicloturismo. Gli incontri saranno intervallati da una rassegna di video, clip musicali dedicati, documentari di viaggio e film tra cui la proiezione di Bikes Vs. Cars, di F. Gertten. Nello spazio arte, saranno presenti alcuni spettacoli teatrali e laboratori per bambini sull’educazione stradale e una mostra collettiva dei migliori illustratori nazionali ed internazionali che hanno dedicato la loro produzione al mondo della bicicletta, tra cui Riccardo Guasco, Emilio Rubione, Toni Demuro e Roberta Mistretta.

Sarà infine attivo un Ciclo Club con biblioteca, ciclofficina, bar, proiezioni di video, DJ set e interventi musicali dedicati a tutti i bikers, tra cui il concerto di Têtes de Bois, domenica 24, a chiusura della manifestazione.

Guido Reni District Via Guido Reni 7, 00196 Roma Apertura h 10-19 e 19-24 Ingresso: € 10; ridotto € 8; bambini e ragazzi sino a 12 anni ingresso gratuito.

 

Elisabetta Castiglioni

Museo delle Navi Romane di Nemi

Il Museo delle Navi Romane fu costruito fra il 1934 e il 1940 su progetto dell’architetto Vittorio Ballio Morpurgo. La funzione originaria, come si evince dal nome, consisteva nel conservare e mettere a disposizione del pubblico quel che rimaneva di due grandi navi realizzate al tempo dell’imperatore Caligola (37-41), riportate alla luce fra il 1929 e il 1931. Ironicamente, nella loro nuova sistemazione le navi ebbero vita breve: entrambe sarebbero perite difatti in un incendio del 1944.

Vittorio Ballio Morpurgo (1890-1966), laureatosi in ingegneria civile nel 1914, allievo di Gustavo Giovannoni, fu uno dei più raffinati esponenti della scuola romana del razionalismo. Basti ricordare l’attuale sede del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana, la cosiddetta Farnesina, realizzata con Enrico Del Debbio e Arnaldo Foschini dal 1935 e in origine concepita come sede a Roma del Partito Nazionale Fascista. Morpurgo raggiunse risultati d’eccellenza particolarmente in ambito museologico. Nel 1921, assieme a Giovannoni e a Marcello Piacentini, organizzò la Mostra d’arte per il cinquantenario di Roma capitale. Alla metà degli anni Trenta, Morpurgo realizzò la sistemazione urbana di piazza Augusto Imperatore, la quale comprendeva la teca in vetro e cemento per l’Ara Pacis Augustae. Com’è noto, la teca di Morpurgo sarebbe stata sostituita nel 2003 dal Museo dell’Ara Pacis progettato dall’americano Richard Meier.

Dal 1944, il Museo di Nemi divenne sostanzialmente il Museo del contenitore di Vittorio Ballio Morpurgo. Il Museo, tornato una prima volta in funzione tra il 1953 e il 1962, riaprì definitivamente le porte nel 1988. Nel maggio 2015 è in gestione del Polo Museale del Lazio, diretto da Edith Gabrielli. Oltre a due modelli in scala ridotta delle navi originali di Caligola, i due corpi rettangolari a doppia serie di archi, uniti da una galleria centrale, accolgono attualmente una sezione archeologica sulla protostoria e una seconda sezione, centrata sugli insediamenti nel territorio lacustre in età repubblicana e imperiale.

Dallo scorso agosto ha attivato i  “Nuovi percorsi museologici”, progetto dell’architetto Gabriella Musto, in forza al Polo Museale del Lazio, fra l’altro, come direttrice del Vittoriano. Il progetto si pone all’interno di una precisa linea del Polo Museale del Lazio e della direttrice Edith Gabrielli, volta sinteticamente a valorizzare non soltanto i contenuti, ma anche i contenitori, cioè gli edifici – talora davvero rimarchevoli – dei 43 fra musei, istituti e luoghi di cultura che il Polo stesso ha in gestione.

A Nemi, l’obiettivo consiste nel recupero della spazialità e, fin dove possibile, anche degli equilibri concepiti da Ballio Morpurgo. La perdita della funzione originaria, appunto per via del rogo delle navi imperiali, aprì la strada a una serie di manomissioni dell’edificio, talora assai pesanti, che aveva finito per comprometterne la lettura. In concreto, il progetto di recupero si è strutturato in due fasi successive. La prima fase si è svolta attraverso una fitta serie di piccoli interventi di ‘ricucitura’, volti all’eliminazione dei fenomeni di degrado più vistosi. La seconda fase ha puntato a ridefinire gli spazi e i percorsi del Museo, anche attraverso un opportuno progetto di riallestimento. Il risultato è il recupero di un’importante edificio e con esso di un’intera fase del razionalismo italiano in chiave romana.

Museo Nazionale delle Navi Romane Via del Tempio di Diana 13 00040 nemi (RM) Tel. 06 9398040

Orario di visita:  tutti i giorni ore 9.00-19.00

Chiusura: il 1 gennaio, il 1 maggio e il 25 dicembre, salvo aperture straordinarie su progetto MiBACT

Biglietto intero € 3,00, ridotto € 1,50, fatte salve le agevolazioni previste dal regolamento di ingresso ai luoghi della cultura italiani, consultabili nel sito web del MiBACT. Apertura gratis la prima domenica del mese.

 

Marco Sala

Oscar Romero e i martiri di El Salvador

L’occasione del viaggio papale in America Latina ci offre l’idea di approfondire tematiche relative alla situazione in zone del mondo considerate da tutti bellissime, eppure travagliate da profondi conflitti interni. Spesso, e per lungo tempo, patrimonio di dittature o di regimi di stampo dittatoriale, i Paesi latinoamericani ancora oggi mostrano i segni di una sofferenza che potrà essere superata soltanto con l’ausilio di tutti.

Coloro che, spesso, detengono il potere sono i bianchi, eredi degli spagnoli e delle famiglie spagnole, oppure di origine francese o inglese. Questi si ritengono superiori agli indios e a coloro che, pur vantando “maggiori” diritti, sono tuttavia “mezzosangue”.

Le grandi famiglie salvadoregne hanno appoggiato a lungo, nei decenni scorsi, militari o politici conservatori, che potessero pensare di mantenere nella zona lo status quo, legato in modo particolare al possesso della terra. Privare i grandi proprietari terrieri delle loro terre per consegnarne degli appezzamenti ai campesinos era impossibile, perché avrebbe significato spezzettare anche se di poco quel latifondo produttivo. Le coltivazioni di canna da zucchero, caffè e cotone, prevalenti nel territorio, non possono pensarsi redditizie se sparse nelle mani di piccoli proprietari, o almeno così pensavano (e in alcuni casi ancora pensano) i “ricchi”.

Così ogni elemento di rivolta alla situazione, ogni possibilità di diffusione di idee di stampo socialista, venivano bollate come comuniste o marxiste in senso dispregiativo; chiunque parlasse di diritti, di appoggio ai più deboli era un sovversivo. Anche i bambini potevano essere uccisi in esecuzioni extragiudiziali vere e proprie se si permettevano di minare la supremazia di coloro che l’avevano. E che erano direttamente legati alle multinazionali e alle grandi aziende fuori dal Paese.

Una situazione che ha accomunato, e in alcuni casi ancora accomuna, molti Paesi, dall’Argentina a Cuba, per citare gli esempi più noti.

Per lungo tempo la Chiesa cattolica, alla quale le grandi famiglie di El Salvador appartenevano, ha protetto i potenti, accusando di cattiva condotta, addirittura di blasfemia o eresia coloro che volevano solo il diritto alla vita: mangiare, studiare, avere un tetto appena dignitoso e un lavoro, la propria terra da coltivare anche solo per sfamare la famiglia.

Poi sono arrivati dei sacerdoti illuminati e poi è stato eletto papa Giovanni XXIII. Il suo Concilio Vaticano II ha posto le basi affinché a El Salvador e in altri luoghi dell’America Latina, come in altre parti del mondo, la Chiesa diventasse davvero pastore e baluardo per coloro che avevano solo la fede per capire di appartenere al genere umano. Quindi la situazione è cambiata, pian piano, attraverso il sacrificio di molti che, capendo come non si potesse servire Dio e Mammona, hanno scelto i poveri. Preti, suore, suore laiche, laici che hanno visto da vicino la crudeltà, la violenza continua e senza altro scopo e senso se non perpetuare il diritto di prevaricare il prossimo, di vessare chi era più sfortunato. Alcune voci sono diventate famose per la propria tenacia. Una di queste quella di Oscar Romero, assassinato mentre celebrava la messa nella sua chiesa. Un arcivescovo contestato dai suoi stessi vescovi, dai suoi amici, perché considerato “rosso”, perché si rifiutò ad un certo punto di portare avanti la ripetutamente tentata la strada del dialogo e non si prestò più a partecipare, ad esempio, alle cerimonie pubbliche a fianco di quei potenti ai quali cercava di aprire il cuore. Il risultato erano costanti omicidi anche di intere famiglie, la tortura, la distruzione di interi villaggi solo per dare un esempio. I martiri, con il loro sangue sparso per la terra salvadoregna hanno dato origine a consapevolizzazione, cultura, sforzi affinché si potesse cambiare quello che sembrava statico, insormontabile, inarrestabile.

I nomi, oltre a quello del ben noto Romero, sono tanti: Rutilio Grande, Marianella Garcia Villas, Ita Ford, Maura Clarke, Dorothy Kazel, Jean Donovan. L’elenco purtroppo è lungo. Oggi, per ricordarlo, a San Salvador c’è un muro di granito di settanta metri di lunghezza e tre di altezza chiamato Monumento alla Memoria e alla Verità. Sul muro sono stati incisi i nomi di circa trecentomila vittime della repressione. La situazione è cominciata a cambiare con l’elezione, nel 2009, di Mauricio Funes. Prima di andare all’Assemblea Legislativa per l’insediamento, Funes si recò in cattedrale a pregare sulla tomba di Oscar Romero, al quale dedicò l’aeroporto della capitale. Il segno era chiaro: si doveva finire con la gestione Arena, con l’amnistia generale del 1993, con l’ingiustizia dilagante. Nel 2016, la Corte Suprema di El Salvador ha dichiarato incostituzionale la legge per l’amnistia e tutti coloro che si sono macchiati di crimini durante il periodo di repressione dovranno essere processati. Tutto questo e molti altri dati, dettagli, quadri storico-politici, è stato trattato da Anselmo Palini nel libro “Oscar Romero e i martiri di El Salvador”, un testo lineare, con molti spunti di riflessione e di ricerca storica in grado di fare il punto su vicende sconosciute a molti o nei ricordi nebulosi per altri. Palini alterna la trattazione storica in forma cronachistica, con la spiegazione dei fatti di stampo giornalistico senza alterarli per edulcorarli. Il lettore è reso partecipe del percorso di cambiamento in America Latina e, anche con eventi ripetuti nel racconto per cercare di mantenere chiaro il filo che legava persone e fatti, diventa in grado di comprendere il clima del momento, le ragioni dei più, la necessità di partecipazione emotiva a situazioni altrimenti non degne di finire nel novero della memoria.

Lo scrittore ha il merito di sottolineate il processo di modifica delle proprie convinzioni maturato a contatto con la realtà, con le esigenze e le opinioni degli altri. Una lezione di vita che ci arriva ancora dai martiri dei tempi trascorsi dei quali Oscar Romero è stato l’esempio più noto.

Da leggere.

Anselmo Palini: “Oscar Romero e i martiri di El Salvador”, Paoline, Milano, 2017

Alessia Biasiolo

 

Fang Zhaolin e la cerimonia cinese del tè domani a Milano

 

In occasione della chiusura della mostra “Fang Zhaolin. Signora del Celeste Impero” (apertura al pubblico sino al 10 settembre) giovedì 7 settembre alle ore 16.30 e alle ore 18.00 si svolgerà al Museo della Permanente una doppia straordinaria “Cerimonia cinese del tè” secondo il metodo Gong Fu Cha tenute dal prof. Marco Bertona con la possibilità di degustare due pregiatissimi tè cinesi, in particolare un Dian Hong, tè rosso cinese dello Yunnan (raccolto aprile 2017) e un Bai Hao Yin Zhen, tè bianco di sole gemme (raccolto marzo 2017).

Essendoci solo 70 posti disponibili per ogni Cerimonia, per poter partecipare è obbligatorio prenotarsi con un sms al numero 345 7190941 specificando orario, nome e cognome, e aspettare la conferma.

Il costo per partecipare è di euro 3 a persona.

Il doppio appuntamento è stato reso possibile grazie alla partnership con l’Associazione Italiana Degustatori e Maestri di Thè (ADeMaThè Italia) presieduta dal prof. Marco Bertona,  tea taster professionista diplomato in Cina presso l’Università di Scienze Agrarie di Canton, dove ha ottenuto il diploma statale di “Advanced Tea Taster”. Bertona è inoltre membro del Consiglio Direttivo del World Tea Organization di Pechino e Delegato presso il Gruppo Intergovernativo sul Tè della FAO (IGG/Tea).

IL METODO GONG FU CHA

La Cina è stato il primo Paese al mondo a coltivare la pianta del tè e a creare dei veri e propri cerimoniali per preparare e servire questa bevanda.

Numerosi sono i metodi di preparazione e di servizio del tè in Cina, che variano,  da regione a regione, ma anche da famiglia a famiglia.

Tutte però riconducono al metodo principale: quello del Gong Fu Cha.

Per questo metodo di preparazione si usa un tradizionale tavolino sul quale sono appoggiati tutti gli accessori utili a preparare e servire il tè.

L’infusione avviene in piccole teiere di terracotta, dalle dimensioni di un’arancia, e viene poi versata in minuscole tazzine per essere poi servite agli ospiti.

Marco Bertona è Tea Taster professionista diplomato in Cina presso il “Tea Research Institute of the Guangdong Academy of Agriculture Sciences” di Guangzhou (Canton). Nel 2006 ha ottenuto l’attestazione di qualificazione professionale nazionale di “Advanced Tea Taster” rilasciata dal Ministero del Lavoro della Repubblica Popolare di Cina. Bertona è presidente dell’Associazione Italiana Degustatori e Maestri di Thè (ADeMaThè Italia), è membro professionale dell’International Society of Tea Science di New Delhi (India), è membro del Consiglio Direttivo e rappresentante per l’Italia presso il World Tea Organization di Pechino, nonché Delegato presso il Gruppo Intergovernativo sul Tè della FAO (IGG/Tea).

 

de Angelis (anche per credit fotografico)

 

 

“Give a Home”, evento in musica nelle case di tutto il mondo

Il compositore italiano di fama mondiale Ludovico Einaudi è tra i 1000 artisti che hanno aderito a “Give a Home”, l’evento mondiale organizzato da Amnesty International e Sofar Sounds in solidarietà con i rifugiati. Tra gli altri artisti che parteciperanno figurano il cantautore britannico Ed Sheeran, l’irlandese Hozier, il duo statunitense-messicano Jesse & Joy, la band indie libanese Mashrou’Leila e ancora Fossils, Freshly Ground, Daughter e Kate Tempest.

L’elenco completo è sul sito on sofarsounds.com/giveahome, dove fino al 10 settembre i fan potranno registrarsi per vincere due biglietti per il concerto in programma nella loro città. Lanciato il 20 giugno in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, l’evento “Give a Home” chiede alle persone di unirsi solidalmente a coloro che sono costretti a lasciare le loro case e di far conoscere le soluzioni per affrontare la crisi dei rifugiati. Sono previsti oltre 300 eventi in oltre 200 città dei cinque continenti. Artisti di fama mondiale, ma anche artisti rifugiati e attivisti terranno i concerti nelle case dei loro fan. Compositori e band di rifugiati saranno coinvolti nei concerti. Tra loro, il rifugiato siriano di origine palestinese Basel Zaraa, l’Orchestra dei musicisti siriani e il duo Faarrow, composto dalle sorelle Iman e Siham Hashi, nate in Somalia e rifugiate politiche in Canada.

I concerti sostengono la campagna “IWelcome”, lanciata da Amnesty International nel 2015 per mobilitare l’opinione pubblica a chiedere ai governi di promuovere l’accoglienza dei rifugiati.

Le ricerche di Amnesty International mostrano che l’80 per cento delle persone è pronta a dare il benvenuto ai rifugiati mentre sono i governi a non fare la loro parte. I concerti di “Give a Home” nascono dalla collaborazione tra Amnesty International e Sofar Sounds, un’agenzia londinese specializzata nell’organizzazione di concerti a sorpresa all’interno delle case in ogni parte del mondo. L’iniziativa è sostenuta da VICE e Facebook Live, che promuoverà i concerti a livello globale e li trasmetterà in live-streaming. La crisi globale dei rifugiati colpisce attualmente 22 milioni di persone, quasi tutte ospitate in paesi diversi da quelli più ricchi che non stanno facendo minimamente la loro parte dal punto di vista dell’accoglienza. Oltre la metà dei rifugiati si trova in appena 10 dei 193 paesi della comunità internazionale. La campagna “IWelcome” di Amnesty International chiede ai governi di fare di più per assicurare che i rifugiati siano protetti e possano vedere rispettati i loro diritti umani. La campagna promuove iniziative di solidarietà con i rifugiati, chiedendo tra l’altro alle comunità locali di proporsi come sponsor per l’accoglienza dei rifugiati.

Amnesty International Italia

All’Italia il nono titolo mondiale nel deltaplano

La nazionale italiana di deltaplano vince il suo nono titolo mondiale e quinto consecutivo.

Accrescono l’impresa degli azzurri la medaglia d’argento di Alessandro Ploner di San Cassiano (Bolzano) ed il bronzo di Christian Ciech, nato in Trentino e varesino d’adozione, nell’individuale.

Il nuovo campione del mondo è Petr Benes, pilota della Repubblica Ceca che raccoglie il testimone dal nostro Alessandro Ploner e solo nel corso dell’ultima giornata. Infatti, Ploner ha quasi ininterrottamente tenuto la testa della graduatoria nei nove giorni di gara e il divario tra i due nella classifica finale è assolutamente esiguo. Quarto un altro pilota della Repubblica Ceca, Dan Vyhnalik e quinto Filippo Oppici, pilota di Parma. Ottime le prestazioni del ciociaro ed esordiente Marco Laurenzi e del resto del team azzurro, Davide Guiducci di Villa Minozzo (Reggio Emilia) e il padovano Valentino Bau che hanno contribuito al successo collettivo. Dirigeva la nazionale Flavio Tebaldi di Venegono Inferiore (Varese).

La supremazia degli azzurri come squadra non è mai stata in discussione. Ha iniziato e chiuso in testa davanti alle nazionali della Repubblica Ceca, Germania, USA, Australia, Brasile, e Giappone. 26 i paesi presenti per un totale di 131 piloti.

Le classifiche sono stilate in base ai risultati di ogni volo con assegnazione di un punteggio a ciascun pilota secondo l’ordine di arrivo al traguardo. La somma dei punteggi di tutti i voli determina la graduatoria individuale e quella di tutti i voli dei piloti di ogni nazionale quella a squadre.

Teatro dell’impresa, avvenuta nel corso del 21° Campionato del Mondo volato sotto l’egida della FAI (Fédération Aéronautique Internationale), la Valle di Paraná in Brasile. Dalle sue pendici a circa 1000 metri di quota, nelle vicinanze di Formosa, comune dello Stato del Goiàs a 92 km dalla capitale federale, per nove giorni sono decollati i volatori alla volta dell’atterraggio nella Esplanada dos Ministérios a Brasilia. La valle gode di un clima secco e vento costante, ma talvolta i piloti hanno incontrato anche condizioni difficili.

I percorsi assegnati dalla direzione di gara misuravano tra i 100 ed i 135 chilometri e contrassegnati da boe aeree in corrispondenza di punti salienti del territorio che i piloti dovevano obbligatoriamente aggirare prima di raggiungere la meta. Il tempo impiegato mediamente dai migliori è stato tra poco meno delle due ore e le tre ore e mezza, secondo le condizioni meteo della giornata. Alle stesse si sono subordinate le velocità medie, aggirate tra i 35 ed i 53 km/h, ma questi mezzi sono idonei a raggiungere velocità massime oltre i 100 km/h. Il tutto sfruttando un motore che non consuma e non emette nulla, vale a dire quello dell’irraggiamento solare del territorio e le correnti ascensionali che esso provoca.

 

Gustavo Vitali

“Nemici dello Stato”. La situazione dei difensori dei DD.UU. in Iran secondo A.I.

Da quando nel 2013 Hassan Rouhani è stato eletto alla presidenza dell’Iran, gli organismi di sicurezza e il potere giudiziario del paese stanno portando avanti una feroce repressione contro i difensori dei diritti umani, demonizzando e imprigionando chi ha il coraggio di stare dalla parte dei diritti. Lo ha denunciato Amnesty International nel rapporto “Nella ragnatela della repressione: difensori dei diritti umani sotto attacco in Iran”.

Le speranze che le riforme annunciate da Rouhani nella prima campagna elettorale fossero sono state deluse: decine di attiviste e attivisti per i diritti umani, spesso etichettati come “agenti stranieri” e “traditori” dai mezzi d’informazione statali, sono stati processati e condannati per false accuse di reati contro la “sicurezza nazionale”. Alcuni di loro sono stati condannati a oltre 10 anni di carcere solo per aver preso contatti con le Nazioni Unite, l’Unione europea od organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International. “È amaramente ironico constatare che mentre le autorità iraniane vanno fiere del miglioramento delle relazioni con l’Onu e l’Unione europea, soprattutto a seguito dell’accordo sul nucleare, i difensori dei diritti umani che contattano quelle stesse istituzioni vengono trattati come criminali”, ha dichiarato Philip Luther, direttore di Amnesty International per la ricerca e l’advocacy su Medio Oriente e Africa del Nord. “Invece di diffondere il pericoloso mito che i difensori dei diritti umani costituiscono una minaccia per la sicurezza nazionale, le autorità iraniane dovrebbero prendere in considerazione i legittimi problemi che quelle donne e quegli uomini sollevano. Si tratta di persone che hanno rischiato tutto per costruire una società più umana ed equa ed è agghiacciante che siano state punite in modo così feroce per questo coraggio”, ha aggiunto Luther. Amnesty International ha chiesto all’Unione europea, che nel 2016 aveva annunciato l’intenzione di rilanciare il dialogo bilaterale con l’Iran sui diritti umani, di denunciare nel modo più netto la persecuzione ai danni dei difensori dei diritti umani nel paese. “La comunità internazionale, e soprattutto l’Unione europea, non deve rimanere in silenzio rispetto all’oltraggioso trattamento dei difensori dei diritti umani in Iran”, ha sottolineato Luther. “Invece di blandire le autorità iraniane, l’Unione europea dovrebbe chiedere in maniera ferma il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone in carcere per il loro pacifico impegno in favore dei diritti umani e la cessazione del ricorso al potere giudiziario per ridurle al silenzio”, ha proseguito Luther. Il rapporto di Amnesty International fornisce un quadro completo della repressione che ha preso di mira difensori dei diritti umani impegnati in campagne fondamentali e descrive 45 storie di attivisti contro la pena di morte, per i diritti delle donne e quelli delle minoranze, avvocati, sindacalisti e persone che chiedono verità, giustizia e riparazione per le esecuzioni extragiudiziali di massa e le sparizioni forzate degli anni Ottanta.

La stretta finale nei confronti dei difensori dei diritti umani Negli ultimi quattro anni le autorità giudiziarie iraniane hanno sempre più spesso applicato le vaghe e ampiamente generiche norme sulla sicurezza nazionale e, allo stesso tempo, aumentato profondamente l’entità delle condanne inflitte ai difensori dei diritti umani. Il capo della magistratura è nominato dalla Guida suprema. Di caso in caso, molte persone sono state condannate a lunghi periodi di carcere, a volte di oltre 10 anni, per azioni che neanche avrebbero dovuto essere considerate reati: aver preso contatti con le Nazioni Unite, l’Unione europea, organi d’informazione, organizzazioni sindacali internazionali o gruppi per i diritti umani all’estero, tra cui Amnesty International. Uno dei casi più emblematici, anche perché si trova in gravi condizioni di salute, è quello di Arash Sadeghi, un attivista per i diritti umani che sta scontando una condanna a 19 anni di carcere per “reati” quali aver comunicato con Amnesty International e aver inviato informazioni al Relatore speciale delle Nazioni Unite sull’Iran e a parlamentari europei sulla situazione dei diritti umani nel paese. Nonostante le sue critiche condizioni di salute, le autorità gli negano il trasferimento in un ospedale esterno al carcere per rappresaglia contro uno sciopero della fame che Sadeghi ha portato avanti tra ottobre 2016 e gennaio 2017 per protestare contro la detenzione di sua moglie, Golrokh Ebrahimi Iraee, “colpevole” di aver scritto un racconto sulla lapidazione. La nota difensora dei diritti umani Narges Mohammadi, già direttrice del Centro per i difensori dei diritti umani in Iran, sta scontando una condanna a 16 anni di carcere per il suo lavoro in favore dei diritti umani. Il procedimento giudiziario nei suoi confronti è stato avviato dopo che aveva incontrato, in occasione della Giornata internazionale delle donne del 2014, l’allora responsabile della politica estera europea, Catherine Ashton. Raheleh Rahemipour è stata condannata a un anno di carcere dopo che le Nazioni Unite avevano chiesto alle autorità iraniane informazioni sulla sparizione forzata del fratello e della nipote durante gli anni Ottanta. “Siamo di fronte al minaccioso e deliberato tentativo delle autorità iraniane di isolare i difensori dei diritti umani dal mondo esterno e d’impedir loro di contrastare la narrativa ufficiale sulla situazione dei diritti umani nel paese”, ha sottolineato Luther. Anche i sindacalisti, come Esmail Abdi e Davoud Razavi, hanno subito intimidazioni e il carcere per aver preso contatti con organismi internazionali, tra cui l’Organizzazione internazionale del lavoro. Non va meglio ai difensori dei diritti delle minoranze. Alireza Farshi, esponente della minoranza azera, è stato condannato a 15 anni di carcere per “reati” tra cui aver scritto all’Unesco per chiedere l’organizzazione di un evento in occasione della Giornata internazionale della lingua madre.

Processi gravemente irregolari Tutti i difensori dei diritti umani le cui storie sono illustrate nel rapporto di Amnesty International sono stati condannati al termine di processi gravemente irregolari celebrati dai tribunali rivoluzionari. Spesso, i processi sono estremamente brevi. Nel marzo 2015 Atena Daemi e Omid Alishenas, due attivisti per l’abolizione della pena di morte, sono stati condannati, rispettivamente, lei a 14 anni e lui a 10 anni di carcere al termine di un processo durato 45 minuti. In appello entrambe le condanne sono state ridotte a sette anni. I processi nei confronti dei difensori dei diritti umani si svolgono generalmente in un clima di paura di cui fanno le spese anche gli avvocati, limitati nelle visite o nella corrispondenza riservata coi loro clienti e ostacolati nell’accesso agli atti giudiziari. Difensori dei diritti umani che hanno osato denunciare le torture e i processi irregolari hanno a loro volta subito intimidazioni, radiazioni e condanne. Il noto avvocato per i diritti umani Abdolfattah Soltani è stato condannato a 13 anni di carcere, nel 2011, a causa del suo coraggioso impegno, anche col Centro per i difensori dei diritti umani.

Il rapporto “Nella ragnatela della repressione: difensori dei diritti umani sotto attacco in Iran” è disponibile all’indirizzo: www.amnesty.it/nemici-dello-stato-in-un-rapporto-di-amnesty-international-laccanimento-delliran-contro-i-difensori-dei-diritti-umani

Amnesty International Italia