Un restauro con sorpresa all’Isola Bella

Che nel grandioso Ritratto di Margherita Medici di Marignano con i figli Federico II, Vitaliano V e Carlo, qualcosa non quadrasse, gli storici dell’arte lo avevano capito da molto.

L’opera, bellissima, è collocata in una delle Sale più importanti di Palazzo Borromeo all’Isola Bella, sala cui dà anche il nome.

Raffigura la contessa Margherita, madre di San Carlo e sorella di Papa Pio IV e del condottiero Gian Giacomo de’ Medici detto il Medeghino. Margherita aveva sposato Giberto II Borromeo nel 1529 e gli aveva dato tre figli. Nel ritratto la nobildonna indossa un abito riccamente ricamato con un grande collare a lattuga di influenza spagnola e maniche lunghe ed aperte. Il dipinto, agli occhi degli esperti, sembrava opera di due pittori diversi, entrambi eccellenti, ma con evidenti differenze di stile e pennellata.

Il grande Ritratto si presenta come opera “prossima a Panfilo Nuvolone, pittore manierista lombardo nato nel 1581 e vissuto sino al 1651.

In alcune zone del dipinto però, come la figura del figlio più giovane in secondo piano a destra, la scrittura pittorica più sciolta e fluida rimanda a Carlo Francesco Nuvolone (1609-1662), figlio di Panfilo. Carlo Francesco frequentò l’accademia Ambrosiana di Cerano e si distinse come confermato in questo brano del dipinto, per la morbidezza e leggerezza del tocco.

Il restauro cui i Principi Borromeo hanno voluto sottoporre questa grande tela ha risolto il mistero: la figura di San Carlo fanciullo non era prevista nel quadro originale ma vi è stata aggiunta in seguito. E ad aggiungerla, i Borromeo hanno chiamato verosimilmente il figlio dell’artista che aveva dipinto il Ritratto nella stesura originale.

Le riflettografie cui Carlotta Beccaria e la sua equipe di restauratori hanno sottoposto l’opera, dimostrano che là dove oggi vediamo il San Carlo fanciullo, proseguiva la raffigurazione del tendaggio che inquadra le figure. Il restauro di questa grande tela si è dimostrato decisamente complesso. Ma il risultato, che dal 18 marzo i visitatori del Palazzo e dell’Isola Bella possono ammirare, è veramente notevole.

S.E.

 

Festival “Un Organo per Roma”

Ideato da Giorgio Carnini e promosso dall’Associazione Camerata Italica, in collaborazione con l’Accademia Filarmonica Romana, il Conservatorio “Santa Cecilia” e, da quest’anno, l’Istituzione Universitaria dei Concerti (IUC), il Festival è parte integrante di un progetto più ampio che tende a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Istituzioni sul grave problema della mancanza di un organo da concerto al Parco della Musica, organo progettato, arrivato alla gara d’appalto e mai realizzato.

“Le prime due edizioni del Festival “Un Organo per Roma” – spiega Giorgio Carnini – hanno risvegliato nella nostra città, dopo anni di letargo, l’interesse del pubblico verso la musica d’organo, tanto che oggi possiamo affermare che il concertismo organistico a Roma si identifica con “Un Organo per Roma”.

Il grande successo dell’iniziativa è stato decretato dalla scelta dei programmi mirata a sottolineare l’universalità del linguaggio organistico attraverso il dialogo con strumenti insoliti (la marimba, le percussioni…) e forme musicali diversissime che hanno coinvolto musicisti e spettatori ignari delle infinite possibilità dell’organo. Non si può inoltre tacere la grande disponibilità a partecipare di artisti di riconosciuta qualità artistica fra i quali molti docenti del Conservatorio. Anche la musica contemporanea è risultata significativamente presente nella programmazione con varie prime esecuzioni commissionate dal Festival che hanno riscosso l’approvazione del sempre più numeroso pubblico, compreso quello dello streaming fornito da Radiocemat.

Per la terza edizione, ferme restando le caratteristiche delle edizioni precedenti, il Festival ha incrementato – oltre a quella dei docenti – la partecipazione degli allievi del Conservatorio che si sono distinti per le loro qualità musicali.

Due concerti del Festival sono stati dedicati a due Maestri del recente passato, Ferruccio Vignanelli e Fernando Germani, figure storiche della musica del ‘900, grandi strumentisti e grandi docenti, pilastri del Conservatorio romano.

L’organo si abbina alla voce e al pianoforte nel concerto del prossimo 2 aprile, intitolato “La tradizione europea”: quattro secoli di grande musica, da Frescobaldi e Bach a György Ligeti e Arvo Pärt.

L’ideatore del festival Giorgio Carnini e l’Orchestra del Conservatorio “Santa Cecilia” diretta da Rinaldo Muratori sono i protagonisti del concerto del 9 aprile, dedicato a “L’Organo in Italia al tempo di Verdi”, in cui accanto ad alcune trascrizioni per organo di brani operistici di Verdi spicca il Concerto in la minore per organo, archi, 4 corni e timpani op. 100 di Marco Enrico Bossi, che fece parte di quel piccolo gruppo di compositori da cui negli ultimi anni dell’Ottocento prese l’avvio la rinascita della musica strumentale in Italia. Il concerto sarà introdotto da Raffaele Pozzi.

Mauro Mariani

“I Rusteghi” al Teatro Sociale di Brescia

I Rusteghi - da sin. Maria Grazia Mandruzzato, Margherita Mannino, Cecilia La Monaca, Stefania Felicioli - Foto Serena PeaAncora una volta si è riacceso l’incanto goldoniano in teatro grazie alla compagnia del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, che ha messo in scena “I Rusteghi” per la regia di Giuseppe Emiliani. Un paio d’ore di divertimento, anche se la mente può andare facilmente all’idea di donna che traspare dall’opera e che, drammaticamente, è cronaca d’oggi. I rozzi Lunardo, Maurizio, Simon e Canciano possono avere altri nomi, ma l’idea di limitare la libertà della donna, purtroppo, è quanto mai attuale, sotto varie forme. La società dell’epoca di Goldoni, alla quale il celebre drammaturgo ha attinto a piene mai per ridicolizzarla e raccontarne vizi e virtù in chiave ironica e carica di raffinatezze teatrali, era rappresentata da: Alessandro Albertin, Alberto Fasoli, Piergiorgio Fasolo, Stefania Felicioli, Cecilia La Monaca, Michele Maccagno, Maria Grazia Mandruzzato, Giancarlo Previati, Margherita Mannino, Francesco Wolf, in un paio d’ore di buono svago. Buono anche il dialetto del recitativo, dato che Goldoni giocava molto sulle sfumature dell’accento veneto, in generale, e talvolta non solo, per sottolineare contrasti di ceto sociale e di modo di intendere la vita. La trama è presto detta.

I Rusteghi - da sin. Alessandro Albertin, Piergiorgio Fasolo, Giancarlo Previati

I quattro protagonisti maschili sono sposati, ma non intendono scucire soldi per le mogli o per le figlie. Le tengono serrate in casa, imponendo la visione patriarcale della famiglia tipica del Veneto del tempo, adducendo le più svariate scuse. Che le buone ragazze da marito non si devono mai far vedere, nemmeno dal promesso sposo del matrimonio combinato dai padri; che non ci si deve lasciare traviare dalle mode, dalla necessità di vestiti nuovi: basta uno straccetto qualsiasi, senza fronzoli, per non mettere cattive idee in testa, e via discorrendo. In tutto questo pacato benessere, però, interviene prepotentemente la vita esterna, cittadina, che propone l’uso di andare a teatro almeno a Carnevale; di portare fuori le mogli e le figlie per mostrare il proprio status sociale, appunto facendo confezionare loro almeno un vestito nuovo, alla moda, all’anno, e via così. Bello, allora, il dialogo tra moglie e figliastra: la donna si interroga su chi glielo ha fatto fare di maritarsi già grande e rinunciare alla propria libertà con la speranza di una vita migliore accanto ad un uomo; la ragazza attendeva una nuova madre per poter uscire, sperando che il padre fosse meno orso, invece si deve rassegnare che è proprio così e basta. Tra le lagnanze delle donne, ne spicca una, però, che sa usare bene le armi femminili della persuasione e dell’intelligenza sottile: riesce a rigirare il marito come vuole, incurante dei tentativi di lui di imporsi come fanno i suoi amici, e riesce a “intortare” anche gli altri uomini, convincendoli della giustezza delle proprie ragioni. Lei non urla e non sbraita, ma si fa comperare abiti nuovi, il palco a teatro, malgrado il marito giuri di non saperne niente, si fa portare all’opera e alla prosa, in visita dalle amiche e in giro a spasso per la città, perché muove ragioni tali e tante, con un tal garbo, che nessuno sa dirle di no. Commedia in due atti, di cui il primo un po’ lento e poco graffiante, diventa divertente nella seconda parte, quando le baruffe in scena tra i vari personaggi animano il palcoscenico in modo convincente. Belli i costumi di Stefano Nicolao e interessanti le scene di Federico Cautero, ben sottolineanti i caratteri dei singoli che, alla fine, soccombono alla ragione, ma dimostrando in fondo la loro paura del vivere al di fuori delle proprie convinzioni e di quella cornice di lusso che diventa, per loro, più una protezione che una conquista. Alla fine tutto si aggiusta, come sempre nei lavori di Goldoni, ma perché appunto si aggiusta e basta: nessuno alla fine è cambiato nelle proprie posizioni e nei suo convincimenti, se non la condizione di due ragazzi che vengono ufficialmente fidanzati. Tutto cambia per rimanere uguale? Allo spettatore la risposta.

 

Alessia Biasiolo

 

 

 

 

 

La “Genesi” di Sebastião Salgado

“Genesi” è l’ultimo grande lavoro di Sebastião Salgado, il più importante fotografo documentario del nostro tempo. Uno sguardo appassionato, teso a sottolineare la necessità di salvaguardare il nostro pianeta, di cambiare il nostro stile di vita, di assumere nuovi comportamenti più rispettosi della natura e di quanto ci circonda, di conquistare una nuova armonia.

Un viaggio alle origini del mondo per preservare il suo futuro.

La mostra è nata da un viaggio alla scoperta della bellezza nei luoghi più remoti del Pianeta, durato 8 anni. Curata da Lélia Wanick Salgado e prodotta da Civita su progetto di Contrasto e Amazonas Images, la mostra resterà a Genova, Palazzo Ducale, fino al 26 giugno 2016.

Dichiara Salgado:”Personalmente vedo questo progetto come un percorso potenziale verso la riscoperta del ruolo dell’uomo in natura. L’ho chiamato Genesi perché, per quanto possibile, desidero ritornare alle origini del pianeta: all’aria, all’acqua e al fuoco da cui è scaturita la vita; alle specie animali che hanno resistito all’addomesticamento e sono ancora “selvagge”; alle remote tribù dagli stili di vita “primitivi” e ancora incontaminati; agli esempi esistenti di forme primigenie di insediamenti e organizzazione umane. Questo viaggio costituisce un tentativo di antropologia planetaria. Inoltre, ha anche lo scopo di agire da monito affinché si cerchi di preservare e se possibile ampliare questo mondo incontaminato, per far sì che sviluppo non sia sinonimo di distruzione Finora avevo fotografato un solo animale, l’uomo, poi ho preso la decisione di intraprendere questo progetto e di andare a vedere il Pianeta spinto da un’enorme curiosità di vedere il mondo,

Il frutto di questa curiosità sono le oltre 200 fotografie esposte in mostra, che ci raccontano con sguardo straordinario ed emozionante luoghi che vanno dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America, del Cile e della Siberia.

L’affascinante bianco e nero del fotografo brasiliano documenta l’esistenza di un Pianeta ancora incontaminato, di un altro mondo in cui uomini e natura convivono in perfetto equilibrio.

La scelta della luce, la capacità compositiva, il gioco di sfumature tra primi piani nitidi e sfondi sfocati o, più frequentemente, “fumosi”, sono elementi che concorrono nel creare fotografie a metà tra descrizione e suggestione, che si tratti di vulcani, trichechi o persone. 

“Non è solo una ricerca estetica – dichiara Salgado –  ma anche etica e spirituale in un certo senso, un modo per dire soprattutto alle nuove  generazioni che il Pianeta è ancora vivo e va preservato. Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo fatto una scoperta molto interessante: circa il 46% del mondo è ancora come il giorno della genesi, insieme possiamo continuare a fare in modo che questa bellezza non scompaia”. Il mondo come era, il mondo come è. La terra come risorsa magnifica da contemplare, conoscere, amare. Questo è lo scopo e il valore dello straordinario progetto di Sebastião Salgado.

 

Palazzo Ducale, Genova, da martedì a domenica 10-19 e lunedì 14-19.

 

Barbara Izzo, Arianna Diana

 

Polpette con zucchine e ceci

Ingredienti

250 g di ceci

5 etti di macinato scelto di manzo

1 kg di zucchine

1 etto di mollica di pane

2 spicchi d’aglio (a piacere)

prezzemolo tritato

noce moscata, sale, pepe

2 uova

4 cucchiai di farina bianca

olio

1 cipolla

10 pomodorini

 

Preparazione

Mettete la mollica di pane nell’acqua, lasciatela imbevere per un’ora circa e poi strizzatela; lavate con cura i pomodorini e tagliateli a metà; mettete in ammollo i ceci almeno la sera prima e al momento della preparazione della ricetta scolateli. Mescolate la carne trita con prezzemolo, aglio, il pane e olio, regolate di sale; aggiungetevi la noce moscata, un uovo e impastatele formando delle polpette grosse e schiacciate. Sbattete l’altro uovo, infarinate le polpette, mettetele nell’uovo bollente e friggetele per circa dieci minuti. Toglietele dalla padella e nello stesso olio friggete la cipolla tritata e i pomodorini, salate, pepate e aggiungete dell’acqua calda. Fate bollire qualche minuto, passate la salsa in un colino e mettetela da parte. Disponete i ceci sul fondo di un tegame e copriteli con le zucchine, adagiatevi le polpette, versatevi la salsa e mettete in forno a 180 gradi per due ore coperto con un foglio di alluminio. Servite caldo.

 

Vino consigliato: Gewürstraminer

Distillato consigliato: una grappa bianca

 

Renato Hagman

 

 

 

Due Concerti per violino composti da Mozart

marco serino fotoI Concerti n. 3 K. 215 e n. 4 K 218 di Mozart, ovvero due dei massimi capolavori della musica per violino, interpretati da Marco Serino,  uno dei migliori violinisti italiani di oggi, e in più due sinfonie giovanili dello stesso Mozart. Ecco gli ingredienti che rendono imperdibile l’appuntamento di mercoledì 16 marzo alle 18.00 all’Auditorium “Ennio Morricone” dell’Università di Roma “Tor Vergata” (Macroarea di Lettere e Filosofia, via Columbia 1) per la stagione di concerti dell’Associazione Roma Sinfonietta.

Vincitore di numerosi concorsi internazionali tra cui il Viotti di Vercelli, Marco Serino è primo violino del Quartetto Bernini, con il quale ha svolto attività concertistica nei quattro continenti. Inoltre suona come solista con importanti orchestre in Italia (Toscanini di Parma, la  Scarlatti di Napoli, I Solisti di Bologna, la Sinfonica Abruzzese, Roma Sinfonietta, ecc.) e in altri paesi (Svizzera, Ungheria). Ha inciso come solista per Dynamic, Tactus e Amiata e i suoi cd hanno ricevuto premi da parte di riviste specializzate, quali Strad, Repertoire, Classica, Amadeus. Suona un prezioso violino Nicolò Amati del 1661.

In quest’occasione, oltre che solista al violino, Serino sarà il concertatore dell’Orchestra Roma Sinfonietta, esattamente come faceva Mozart ai suoi tempi.

I Concerti per violino e orchestra n. 3 in sol maggiore, K 216 e n. 4 K 218 furono composti da Wolfgang Amadeus Mozart nel 1775, a diciannove anni, quando il fanciullo prodigio si era già trasformato in un genio senza uguali in tutta la storia della musica. Rispetto alle sue precedenti composizioni, l’ispirazione e la tecnica compositiva si pongono qui su un piano superiore e Mozart raggiunge per la prima volta una sintesi perfetta tra equilibrio formale, misurata espressività e giusto brio strumentale. Le idee musicali sgorgano abbondanti dalla fantasia del compositore, che le profonde senza risparmio dall’inizio fino letteralmente alla fine, perché spesso le conclusioni dei vari movimenti sono sorprendenti e inaspettate, non senza un tocco di scherzoso umorismo.

Ai due Concerti per violino si alternano le due Sinfonie n. 4 in re maggiore K 19 e n. 7 in re maggiore K 45: composte rispettivamente a Londra a nove anni d’età e a Vienna a dodici anni, sono la sbalorditiva testimonianza di una precocità che non ha uguali nella storia non solo della musica ma delle arti in generale.

Presenta il concerto Giorgio Sanguinetti, professore di Teoria e Analisi della Musica presso l’università di Roma “Tor Vergata”.

 

Mauro Mariani

 

Riapre la Rocca d’Angera, sul lago Maggiore

L’obiettivo dei Principi Borromeo è di trasformare la severa Rocca di famiglia che domina il Lago Maggiore, in un luogo da favola, affascinante da vistare e ideale cornice per matrimoni e feste di livello.
Le prove generali per questa nuova funzione l’antico maniero le ha brillantemente superate con la festa nuziale in Rocca di Beatrice Borromeo e Pierre Casiraghi, preceduta da quella di Riccardo Montolivo, calciatore della Nazionale e del Milan, che qui ha voluto festeggiare il suo matrimonio con l’attrice fiorentina Cristina De Pin.
Due feste memorabili, che hanno dimostrato come la scenografia dell’antico castello di Angera, con i suoi giardini affacciati sul Lago, sia assolutamente perfetta.
Quando, il prossimo 18 marzo, la Rocca Borromeo ad Angera si riaprirà alle visite, offrirà non poche sorprese.
Pensando a questa nuova funzione ma anche e soprattutto al continuo flusso di turisti che scelgono la Rocca per una visita che permarrà nei loro ricordi, i Principi Borromeo stanno, da alcuni anni, compiendo importanti investimenti per il restauro e la messa a norma dell’antico castello di famiglia.
Tra i più recenti, la ripresa dell’originale Giardino Medievale ai piedi della Rocca, a circondare l’antica chiesa del complesso.
All’interno della Rocca è stato condotto a termine il restauro, molto impegnativo, dell’importante ciclo affrescato della Sala della Giustizia, uno dei più importanti esempi del gotico internazionale in terra lombarda.
L’equipe di Carlotta Beccaria, che ha brillantemente condotto quel restauro è da mesi impegnata in una altra impresa destinata a mutare il volto degli ampi saloni della parte viscontea della Rocca. Quelli che sino a ieri si presentavano come severi ambienti resi asettici da molte mani di calce sovrappostesi nei secoli, torneranno ad essere l’allegro caleidoscopio di colori su cui si rinfrangevano, creando singolari effetti, le lame di luce riflesse dalle acque del Lago.
I grandi ambienti trecenteschi della Rocca stanno riprendendo, dopo mezzo millennio, il loro aspetto originario. Stanno infatti riemergendo le preziose, coloratissime tappezzerie affrescate medievali che per motivi igienici, probabilmente come mezzo di difesa dalla Grande Peste seicentesca, erano state ricoperte da una serie di strati di calce.
Vataliano Borromeo ha dato inoltre il via al recupero dell’ala Scaligera, la più antica della Rocca. Qui saranno ripristinati ampi ambienti destinati ad ospitare esposizioni ed eventi temporanei.
Sino ad oggi la Rocca appariva come la gemma minore del circuito dei cosiddetti Paradisi Borromei sul Lago Maggiore, circuito composto, oltre che dalla Rocca Borromeo di Angera, dall’Isola Bella e dall’Isola Madre e, più a nord, dai Castelli di Cannero. Gradualmente questo immenso patrimonio d’arte e di storia viene, per volontà della Famiglia, restaurato e valorizzato. Per preservare una grande storia, ma anche per continuare ad essere all’altezza di una grande tradizione di accoglienza.

S. E.

 

Steven Wilson quarto ospite di Tener-a-mente 2016

Il 12 luglio arriva per la prima volta al Vittoriale Steven Wilson, nel primo dei due concerti estivi dedicati alla presentazione dell’album Hand. Cannot. Erase.  Il disco ha consacrato il musicista inglese – fondatore, chitarrista e cantante del gruppo progressive rock Porcupine Tree, con alle spalle quasi trent’anni di carriera e una serie piuttosto eterogenea di side-projects – nel suo ruolo di solista lirico e maturo, consegnandolo a un indiscusso successo di pubblico e critica.

“E’ davvero ‘a grande richiesta’ che Steven ha deciso di prevedere anche due date estive del tour, dopo i continui sold-out di quelle invernali e primaverili. E personalmente ne sono felicissima”, commenta il direttore artistico, Viola Costa. “E’ l’ospite ideale per Tener-a-mente: raffinato e creativo, perfezionista disinvolto, incarnazione della semplicità come punto d’arrivo e non di partenza. E credo sinceramente che l’anfiteatro del Vittoriale sia il luogo ideale per un suo concerto: intimo, elegante e rigoroso. Apparentemente semplice, ma pensato in ogni dettaglio (da una mente geniale come quella del Vate, che nulla lasciava al caso). Sarà una serata perfetta”.

Nato a Hemel Hempstead, Hertfordshire il 3 novembre 1967, Steven scopre la musica all’età di 8 anni quando a Natale i genitori gli regalano The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd e Love to Love you Baby di Donna Summer.  E inciderà la sua prima demo all’età di 15 anni.

Dall’underground anni ottanta fonderà i due suoi lavori principali, i Porcupine Tree e i No-Man insieme a Tim Bowness, che lo accompagneranno per il resto della sua carriera musicale.

Tra le numerose collaborazioni, fondamentale quella con Lasse Hoile, grafico, regista e fotografo danese, da anni abilissimo nel tradurre in forma visiva le idee artistiche di Steven.

In ambito solista, il suo primo vero lavoro originale è Insurgentes, registrato tra Gennaio e Agosto 2008, messo in vendita in edizione limitata a Novembre 2008 e che apparirà nei negozi in versione standard a Marzo 2009. Il disco, che artisticamente non si sposta molto dalle coordinate stilistiche tracciate dai Porcupine Tree, vede la partecipazione di alcuni dei più acclamati musicisti in ambito progressive metal, tra cui Gavin Harrison (già con lui nei Porcupine Tree) alla batteria, Tony Levin (Peter Gabriel, King Crimson) al basso e Jordan Rudess alla tastiera (Dream Theater).

Tra produzione e missaggio, invece, Steven Wilson ha lavorato su alcuni album degli Opeth (Blackwater Park, Deliverance, Damnation e Heritage), in cui ha anche arrangiato i cori e suonato chitarre e tastiere, sull’ultimo degli Orphaned Land (The Never Ending Way of ORWarriOr), su We’re Here Because We’re Here e Weather Systems degli Anathema.

 

Marco Guerini

Bocconcini di pollo con zucchine

Ingredienti

1 chilo di petto di pollo tagliato a dadini

mezzo chilo di zucchine tonde

1 scalogno

brodo di carne

curry in polvere

olio d’oliva

sale

 

Preparazione

Fate rosolare i bocconcini di petto di pollo nell’olio d’oliva, salate e aggiungete curry a piacere, a seconda di come vi piace piccante.

Coprite di brodo e lasciate cuocere a fuoco lento.

In una padella fate soffriggere in poco olio lo scalogno e le zucchine tagliate a dadini. Aggiungetevi il pollo, mescolate bene e lasciate cuocere ancora dieci minuti. Servite caldo.

 

Vino consigliato: Lugana fermo DOC

Distillato consigliato: Pomme

 

 

Renato Hagman

 

 

 

 

La Villa Reale di Monza diventa ancora più reale!

Dal 5 febbraio scorso, la visita degli  Appartamenti Privati al Secondo Piano Nobile della Villa Reale di Monza è stata arricchita con la cosiddetta “realtà aumentata”. Senza alcun pagamento aggiuntivo rispetto al biglietto d’ingresso, tutti i visitatori possono provare l’esperienza  ARtGlass®, grazie a occhiali speciali che, con una tecnologia dedicata, permettono di “fondere” la visione reale e virtuale di un ambiente o di un’opera d’arte.

Grazie a una tecnologia dedicata, questi occhiali futuribili consentono al visitatore di muoversi liberamente negli ambienti della Villa Reale e di vivere un’esperienza immersiva arricchita di informazioni aggiuntive relative agli spazi, agli arredi e alle vicende storiche che li hanno caratterizzati, non rilevabili attraverso l’osservazione diretta.

È possibile passeggiare nella camera da letto dell’imperatrice di Germania, Augusta Vittoria, così come era stata arredata in occasione delle sue visite alla fine del XIX secolo, o scoprire che cosa nascondono le boiserie della sala da bagno o ancora assistere al saluto di Umberto I e la Regina Margherita mentre salgono in carrozza.

Grazie ad un peculiare mix d’immagini e racconti, indossando gli smartglass come un normale paio di occhiali, il Secondo Piano Nobile della Villa Reale si mostra in 3D, rivelando particolari sconosciuti e proponendo un viaggio nel passato unico nel suo genere, anche perché mai realizzato in precedenza in una grande residenza reale. Il visitatore può compiere un viaggio nel tempo e nello spazio diventando a sua volta attore-protagonista  della storia della Villa Reale: e in questo viaggio nel tempo viene  accompagnato da una voce in italiano e inglese, che fornisce ulteriori informazioni di carattere storico e  artistico.

ARtGlass® usa una nuova tecnologia al servizio dell’arte e della storia: un mix di soluzioni informatiche integrate con calcoli di logistica e localizzazione del visitatore negli spazi, nel rispetto della più rigorosa ricostruzione storica e scientifica.

“Mai stata così Reale!” è un progetto di Cultura Domani e ARtGlass®/Capitale Cultura Group in collaborazione con la Soprintendenza Belle Arti e il Paesaggio.

“Oggi le nuove tecnologie hanno un ruolo determinante nella valorizzazione, generano nuovi linguaggi e sperimentazioni che moltiplicano le possibilità di raccontare la storia dei nostri beni culturali – afferma  Attilio Maria Navarra, Presidente di Cultura Domani – Stiamo investendo molto, per mettere nuovi strumenti al servizio della Villa, per la riscoperta del bello”.

“Questo progetto rappresenta per noi una grande sfida – dice Antonio Scuderi, ceo di ARtGlass® e Capitale Cultura Group – non solo perché è la prima volta che una residenza reale viene svelata attraverso la realtà aumentata su smartglass. Il grande protagonista del racconto, infatti, è la Villa stessa, scrigno di una storia unica e della sua evoluzione del tempo e anche luogo di uno straordinario restauro. Ogni particolare, in questo edificio, ha una storia da raccontare. Non era facile scegliere gli argomenti più significativi e fare le scelte narrative giuste. Ma siamo convinti di avere fatto un buon lavoro, che rappresenta un’evoluzione nel del digitale al servizio dei Beni Culturali. Vogliamo ringraziare Cultura Domani, Italiana Costruzioni, Civita e la Soprintendenza per avere sostenuto questa scommessa sul futuro”.

Afferma inoltre Antonella Ranaldi  – Soprintendente belle arti e paesaggio –  “Dalle fotografie storiche e dalle notizie si è restituito virtualmente l’ambiente della villa come l’avevano vissuta la regina Margherita, il re Umberto e gli ospiti della villa Reale, rendendo il visitatore di oggi partecipe della vita e dello splendore della vita di corte di quegli anni. I visitatori proveranno così l’emozione di  essere gli ospiti graditi della regina e del re”.

 

Orari

Dal martedì alla domenica: ore 10 – 19

Venerdì: ore 10 – 22

Lunedì chiuso. La biglietteria chiude un’ora prima.

 

Ombretta Roverselli