Seguirono Gesù

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – GIOVANNI 1,35-42
In quel tempo 35. Giovanni stava con due dei suoi discepoli 36. e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!».
La liturgia offre alla nostra meditazione un brano tratto dal Vangelo di Giovanni, per introdurre la vita pubblica di Gesù, come Messia e Figlio di Dio. È inserito all’interno del prologo e si può dividere in tre momenti: il primo ha al centro Giovanni Battista; il secondo è l’incontro con i discepoli e il loro passaggio da Giovanni a Gesù; il terzo è la testimonianza di Andrea che accompagna il fratello Simone (Pietro) da Gesù.
Nei primi due versetti c’è l’annuncio di Gesù come Agnello di Dio (Giovanni 1,29; Isaia 53; Esodo 12; Giovanni 19,36; Apocalisse 5,6.12).
“Giovanni stava”: indica un tempo ormai passato, trascorso. La sua missione è giunta al termine. Ora inizia quella del Messia.
“Fissa lo sguardo”: Giovanni “vede” il Messia, lo riconosce, lo indica e lo annuncia.
“Passava”: stiamo attenti a Gesù che passa lungo la nostra vita. Passa e ci incontra, ci guarda, ci offre il suo amore. Passa. Vuol dire che se non lo sappiamo attendere e fermare, Egli non ci obbliga, non si ferma, ma va oltre. Abbiamo la libertà di accostarlo o meno.
“Disse”: ora Giovanni proclama con sicurezza, dopo averne fatto l’esperienza, che Gesù è proprio l’Atteso.
“Agnello di Dio”: (in aramaico vuol dire sia servo sia agnello) il Battista indica Gesù come “Servo” oppure “Agnello di Dio”, richiamando la funzione del Servo sofferente di Isaia, colui che “si era addossato i nostri dolori… portava il peccato di molti” (Isaia 53,4.12). Gesù è il Messia, il Cristo, che si addossa il male dell’umanità per cancellarlo, lo assume su di sé per annientarlo. Il Battista parla di un agnello mite e indifeso che sconfigge le forze del male: “combatteranno contro l’Agnello (Cristo), ma l’Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re” (Apocalisse 17,14). Richiama anche l’Agnello pasquale a cui non veniva spezzato alcun osso. Così avverrà al Crocifisso a cui non vengono infrante le gambe (cfr. Giovanni 19,36). In tutte le religioni si compiono sacrifici per ottenere la benevolenza divina. Invece Gesù non chiede sacrifici, si fa lui vittima sacrificale, sacrifica se stesso, versa il proprio sangue. Mentre nell’Antico Testamento ogni famiglia si procurava un agnello da sacrificare, uno all’anno, Gesù è il solo e Unico Agnello per tutti e tutti siamo chiamati a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue per avere la salvezza. È chiaro il collegamento con l’Eucaristia.
La grandezza di Giovanni sta nella sua umiltà: sa di essere un precursore soltanto, sa che il suo battesimo è transitorio, sa che i suoi discepoli non sono suo possesso e li “traghetta” a Gesù, li consegna a Lui. C’è il passaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza, dalle profezie alla venuta del Salvatore.
Anche noi cristiani siamo chiamati ad accompagnare le persone a Cristo, a non fermarle a noi stessi, ad indicare che Lui solo è l’obiettivo da raggiungere. Ricordiamoci sempre, in ogni situazione, che siamo strumenti, siamo mezzo e non fine; non siamo la meta, siamo solo la strada per raggiungerla.
37. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
L’evangelista Giovanni racconta la chiamata dei primi quattro discepoli. A differenza dei sinottici, l’episodio avviene in Giudea. I chiamati sono già persone in ricerca (non sono pescatori al lavoro come in Matteo 4,18-20, Luca 5,1-11e Marco 1,16-20).
“Sentendolo parlare così”: la sequela nasce dalla fede e la fede scaturisce dall’ascolto.
“Seguirono”: è un verbo che indica movimento, ma non solo fisico. Significa fare propri i sentimenti, gli obiettivi, gli atteggiamenti e i comportamenti stessi di Gesù, fino a partecipare alla sua stessa missione, fino in fondo, a costo della vita.
38. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?”.
“Si voltò”: Gesù ha il suo itinerario, cammina lungo la sua strada, ma viene chiamato, si ferma, cambia programmi, è flessibile, si adatta alle esigenze di chi incontra. Troviamo il verbo “voltarsi” all’inizio della missione di Gesù e alla sua risurrezione: qui Gesù si volge verso i discepoli che lo seguono. In Giovanni 20,16 a voltarsi è la Maddalena: “Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro!”. Alcuni esegeti spiegano che Gesù “si voltò dal seno del Padre” e si è rivolto verso noi, si è incarnato: è un verbo teologico che si presta a molte riflessioni.
“Che cosa cercate?”: è la prima frase pronunciata da Gesù, riportata da Giovanni nel suo quarto vangelo. La ripeterà anche da risorto: “Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?” (Giovanni, 20,15)”. Gesù non chiede obbedienza cieca, non chiede adesione a leggi. Gesù chiede quali sono i desideri più profondi del cuore. Per rispondere a questa domanda anche noi dobbiamo entrare al centro di noi stessi, nelle profondità del nostro cuore, per domandarci quali sono i desideri più veri e profondi che ci animano. Se scopriamo che cosa ci manca, se il superfluo che abbiamo non risponde al nostro vero bisogno, capiremo che solo Gesù può colmare il vuoto che sentiamo dentro.
I discepoli di Giovanni rispondono a Gesù, nel tipico modo semitico, con una nuova domanda, e chiedono dove abita, dove si svolge la sua vita. In realtà hanno bisogno di stare con Lui per conoscerlo, capirlo, amarlo, seguirlo. Secondo il linguaggio teologico di Giovanni, “abitare” si ricollega al “dimorare” o “rimanere” del Figlio nel Padre e del Padre nel Figlio.
“Rabbì”: notiamo che fino a questo momento i discepoli si rivolgono a Gesù come ad uno dei tanti maestri itineranti di cui il popolo ebreo era ricco nella sua storia. Conoscendolo, giungeranno a chiamarlo Messia.
“Dove abiti?”: Non basta cercare Gesù. È necessario dimorare dove è lui, in casa sua, condividere la sua stessa vita, la sua stessa passione, la sua stessa missione. Ora Gesù abita dentro di noi: è nella profondità della nostra anima che Lui ora dimora e, uniti a Lui, siamo sempre “a casa”.
Chi cerchiamo, noi, persone del ventunesimo secolo? Gesù continua a chiedere anche oggi a me, a noi, chi e che cosa conta più di tutto. Cerchiamo risposte che accontentino il nostro quieto vivere, che appaghino la superficie del nostro essere, oppure una parola che ci scavi dentro e ci guidi all’eternità? Preferiamo la luce di una candelina (la risposta della ragione umana) oppure il Sole (Cristo) che può scaldare il nostro cuore per riempirlo di quell’amore che mette le ali ai piedi?
39. Disse loro “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
“Venite e vedrete”: dopo l’incontro con Gesù la vita cambia. I discepoli sono coinvolti in prima persona e devono mettersi in moto dietro a Lui, non possono stare comodi in pantofole sul divano (secondo l’espressione di papa Francesco). La vita di un discepolo è un continuo “andare”, un “ricominciare” senza fermarsi mai, perché il Maestro ci precede sempre e ci attira sempre un po’ più in là.
“Erano circa le quattro del pomeriggio”: l’esperienza di Cristo dei due discepoli si compie in un momento preciso: venire, vedere, credere. Ricordare l’orario è tipico di un evento che ha trasformato la vita. L’”Ora” è un elemento caratteristico del Vangelo di Giovanni. Culmina con l’Ora di Gesù, con il compimento della sua missione sulla terra, con la glorificazione sulla croce e la risurrezione.
I discepoli seguono Gesù e rimangono con Lui. Capiscono che non manca più nulla, perché in Lui c’è tutto quello che cercano: una prospettiva eterna; un amore senza calcoli e senza ricompense; un affetto gratuito fedele e sicuro; la verità e il senso dell’esistenza.
Se incontriamo davvero Cristo, anche a noi non interessano più le effimere offerte della società consumistica e le vane teorie dei pensatori atei. Noi cristiani siamo chiamati ad essere così: persone innamorate, che accettano di lasciarsi riempire dal divino, da un Dio incarnato che ci ama perdutamente.
40. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia” – che si traduce Cristo –
Ora Gesù è chiamato “Messia/Cristo”: l’esperienza vissuta si trasforma in riconoscimento e quindi, in annuncio per contagio. Il fratello di Andrea, Simone, viene accompagnato da Gesù grazie alla testimonianza ricevuta da chi ha sperimentato cosa vuol dire stare con Lui. In questo caso Giovanni attribuisce al fratello Andrea la professione di fede che i sinottici attribuiscono a Pietro.
42. e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
“Lo condusse da Gesù”: Andrea aderisce a Cristo e desidera che anche il fratello viva la sua stessa esperienza diretta. Condurre a Gesù significa far trovare anche a Pietro la gioia provata nell’incontro con il Signore. Siamo anche noi trasmettitori di fede “per contagio”?
“Fissare lo sguardo”: significa letteralmente “guardare dentro”. Gesù legge in anticipo nel cuore di Pietro quello che lui diventerà in futuro: “sarai chiamato”. Noi siamo quello che siamo, ma Gesù vede già quello che potremo diventare, se accogliamo il suo amore.
I due racconti della chiamata di Andrea, prima, e di Pietro, dopo, hanno come centralità la persona di Gesù che affascina, attira al punto che i discepoli lo seguono per sempre. Gesù conferisce il primato a Pietro su tutta la comunità. Commenta Origene: “Gesù dice che egli si sarebbe chiamato Pietro, traendo questo nome dalla pietra che è Cristo, poiché come saggio viene da saggezza e santo da santità, così allo stesso modo Pietro dalla pietra”. Gesù dà un nome nuovo a Pietro e costui si consegna, così com’è, con i suoi limiti e con le sue grandi ricchezze di generosità, di entusiasmo, di coraggiosa risposta. Inizia una vita nuova basata sulla forza dell’amore di Dio.
Notiamo lo scambio di sguardi: Giovanni posa lo sguardo su Gesù; Gesù posa lo sguardo sui discepoli; i discepoli su Gesù; Gesù su Pietro (e in lui verso noi). È uno sguardo che penetra, conquista, dona pace e attira.
Ricordiamolo ogni momento della giornata: siamo importanti per Gesù: Egli ci vede, ci ascolta, si interessa a noi, ci offre il suo amore, muore in croce per la salvezza di ciascuno e di ogni fratello. Cosa risponderemo a tanto amore?

Suor Emanuela Biasiolo

One thought on “Seguirono Gesù

  1. Emanuela ha detto:

    Grazie!!!!!!!

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