Napoli nel cuore. L’ottava edizione online

Non poteva fermarsi, neanche in questi difficili tempi pandemici, una delle manifestazioni benefiche più significative degli ultimi anni, quella che con spirito di solidarietà e condivisione culturale e umanitaria Fabrizio Finamore organizza dal 2013, in ricordo del padre Mario; il suo quarantennale impegno in Rai, in cui la sua Napoli era sempre presente, è il caso di molti napoletani nel mondo da sempre ambasciatori della propria cultura in pectore.

E così, dopo aver ospitato le performance di Renzo Arbore, Enrico Montesano, Mariano Rigillo, Tosca, Alex Britti, Teresa De Sio, Nino D’Angelo e tanti altri, anche quest’anno Napoli nel cuore prosegue con il contributo di numerosi artisti che hanno amichevolmente supportato l’evento attraverso un proprio particolarissimo contributo video. L’ottava edizione dell’iniziativa che vuole raccontare quell’universo sociale e culturale che Napoli ha espresso nella storia e che fa sì che alla cultura napoletana si rimanga profondamente, visceralmente legati, andrà in onda dal 28 Novembre alle 20,30 sul sito ufficiale http://www.napoli-nel-cuore.it/.

“Nonostante i vari stimoli che ci suggerivano di fermarci, vista l’emergenza Covid – afferma Finamore – siamo stati spronati a proseguire dalla situazione di bisogno segnalataci dagli amici di Sant’Egidio di Napoli, un aiuto necessario al sostentamento basilare di molte famiglie che in questo particolare periodo hanno visto aggravare la propria condizione. Così, grazie al sostegno morale e pratico di molti, siamo riusciti a realizzare una vera e propria mini-maratona culturale online con contributi registrati di storici amici di ‘Napoli nel cuore’ e nuovi rilevanti nomi della musica e della cultura.”

L’iniziativa è infatti finalizzata a raccogliere fondi per la comunità di Sant’Egidio di Napoli che hanno sottolineato le urgenti necessità attuali con questa lettera:

L’emergenza coronavirus ha subito generato un’emergenza socio-economica drammatica in un tessuto sociale come quello napoletano. Tantissime sono le richieste di aiuto giunte da persone che non potevano usufruire degli aiuti dello Stato o avevano perso il lavoro.  Tante famiglie, italiane e straniere, si sono rivolte a noi per ricevere un aiuto alimentare, pagare una bolletta o l’affitto di casa, superando la vergogna e l’orgoglio personale. Dall’inizio dell’emergenza, durante il lockdown, abbiamo preso in carico 2.500 nuclei familiari e distribuito circa 30.000 spese alimentari.  Tra i più colpiti gli anziani, vittime dell’isolamento, della povertà e degli esiti peggiori del virus. Sant’Egidio per loro è il superamento della solitudine: consegne a domicilio di viveri, medicine, telefonate sono alcuni dei modi con cui è stato infranto il muro dell’isolamento.  Non ci siamo mai fermati grazie ad una grande rete solidale fatta di volontari e di generosi donatori. Oggi distribuiamo circa 1000 spese a settimana in vari quartieri di Napoli. Tuttavia, a causa del prolungarsi dell’epidemia le richieste sono in continuo aumento. Serve l’aiuto di tutti, perché solo insieme ne possiamo uscire. Come ripete Papa Francesco “Nessuno si salva da solo!” Mai come in questo tempo ne abbiamo avuto conferma”.

Le donazioni volontarie potranno essere effettuate in ogni momento tramite bonifico bancario  (Comunità di Sant’Egidio ACAP Napoli onlus – IBAN IT82V0200803443000400482192 Causale: Napoli nel cuore) bollettino postale o Paypal direttamente a Sant’Egidio con la causale “Napoli nel cuore”.

Anche quest’anno dagli spazi romani di Officina Pasolini, che ne ha ospitato l’intervento di presentazione, Finamore introdurrà e coordinerà le esibizioni arrivate dagli artisti che amalgameranno il jazz alla tradizione classica partenopea, il cantautorato al ricordo dei grandi del passato, l’ironia al racconto, in nome della Napoli più vera, obliando per un momento il suo confinamento in zona rossa.

La vocalist Cinzia Tedesco e il pianista Pino Iodice interpreteranno il brano “Che mm’è ‘mparato a ‘ffa”, omaggio alla grande Sophia Loren; Maurizio De Giovanni, scrittore e tra i più acuti conoscitori della cultura partenopea parlerà sul tema “Napoli culla di culture diverse”;  il duo formato da Petra Magoni alla voce e Ferruccio Spinetti al contrabbasso, insieme al pianista Chano Dominguez, proporrà una versione jazz del medley “Io so che ti amerò-anema e core”. Nicky Nicolai e il grande sassofonista Stefano Di Battista accompagnati da Daniele Sorrentino al piano e con un ospite a sorpresa, Alessandro Preziosi, saranno invece protagonisti di una delle canzoni napoletane più belle e antiche:  “Fenesta Vascia”, mentre Enzo De Caro ricorderà i tempi de La Smorfia e del suo sodalizio umano e artistico con Massimo Troisi.

Da segnalare ancora l’ironia sempre acuta di Giobbe Covatta, le musiche originali di Fabio Massimo Colasanti  e, in particolare per il pubblico dei giovani, la presenza in video del fenomeno web Alessandra Tumolillo che proporrà la sua versione di “Abbracciame” di Andrea Sannino (firmato Sannino, Spenillo, Seno), brano divenuto un simbolo di speranza, cantato da balcone a balcone a Napoli durante il primo lockdown.

A sposare la causa di “Napoli nel cuore” quest’anno è anche uno dei più grandi protagonisti della nostra canzone italiana, capace come pochi di raccontare in musica l’Italia degli ultimi 40 anni senza ipocrisie e retorica: Edoardo Bennato. L’artista regalerà agli internauti in collegamento un piccolo gioiello che è anche la descrizione di un momento come quello che stiamo vivendo di smarrimento, in cui le nostre convinzioni crollano all’improvviso e occorre molta forza per riprendersi e per andare avanti: la sua storica “Un giorno credi”.

Immancabili, infine, tre ospiti che da anni hanno visto crescere la manifestazione partecipando a quasi tutte le edizioni con le performance di assoluta originalità degli attori Pino Ammendola e Vittorio Viviani, e la voce di Mario Maglione, considerato l’erede del grande Murolo, accompagnato dal maestro Lorenzo de Panama al pianoforte.

Nel corso degli anni e attraverso l’entusiasmo, l’amore e la generosità di tutti coloro che hanno creduto nel progetto, come la Production Group, con “Napoli nel cuore” sono arrivati aiuti concreti a comunità, associazioni e famiglie bisognose. Sul sito della manifestazione è possibile ripercorrerne la storia e le testimonianze attraverso foto, commenti, video e rassegna sia delle serate teatrali che degli eventi di consegna degli scorsi anni.

Elisabetta Castiglioni

L’orologio della Bra di Verona torna a funzionare

Torna a funzionare l’orologio della Bra. Lo storico simbolo cittadino, inserito tra le due arcate dei portoni, era rimasto danneggiato dal nubifragio di domenica 23 agosto a causa della caduta delle luminarie di Natale poste stabilmente sulle mura e che, staccatesi, sono finite sulle lancette, causando il blocco degli ingranaggi.

La ditta specializzata Sabaini Francesco & C.S.N.C, sita in San Martino Buon Albergo, che si occupa della sistemazione di orologi storici, è intervenuta provvedendo alla sistemazione e alla rifasamento del quadrante. Sostituiti anche due microricevitori presenti nel meccanismo e che consentono all’orologio di ricevere l’impulso di comando dal computer collocato al suo interno.

“Un intervento atteso dalla città – dichiara l’assessore ai Lavori pubblici Luca Zanotto –, che ha richiesto l’esecuzione di uno specifico rifasamento del quadrante. L’orologio, composto da una particolare meccanica, non è facile da sistemare. Dopo alcuni tentativi effettuati dai nostri tecnici, infatti, è stato richiesto il supporto di una ditta specializzata nella sistemazione di orologi storici, che ha provveduto alla sostituzione di alcuni pezzi andati rotti con il nubifragio di agosto”.

L’orologio, inserito tra le due arcate dei portoni della Bra, fu regalato nel 1871 alla città dal conte Antonio Nogarola, con la precisa condizione che i quadranti fossero visibili sia da corso Porta Nuova che dalla piazza.
L’inaugurazione avvenne il 2 giugno 1872, ma pare che l’orologio non funzionasse bene. Sette anni più tardi, infatti, nel 1879, si chiese l’intervento dell’orologiaio Bortolo Montemezzi di Vigasio che, modificando qualche ingranaggio, ne permise il perfetto funzionamento.

Oggi la meccanica è controllata da un pannello elettronico di precisione che, oltre ad impostare l’ora, scandisce la corretta rotazione delle lancette dei due quadranti dell’orologio.

 

Roberto Bolis (anche per le fotografie)

Zavattini live. Film e autori da non perdere di vista

 

Sono partiti in diretta live social una serie di presentazioni di film, reperibili in streaming, che hanno utilizzato in modo significativo ed originale la memoria d’archivio. Ospiti gli autori e i protagonisti per una rassegna cinematografica virtuale, realizzata dal Premio Zavattini UnArchive in collaborazione con Arci Ucca

On line su sulle pagine FB ufficiali del Premio Zavattini e di Arci Ucca

https://www.facebook.com/PremioZavattini

https://www.facebook.com/UCCApagina

Il secondo appuntamento è per Mercoledì 25 Novembre 2020, dalle 18.30 alle 19.30: Daniele Gaglianone presenta il suo Dove bisogna stare (2018, disponibile sulla piattaforma streaming di ZaLab), un film che restituisce l’impegno di quattro donne nell’accoglienza dei migranti, ponendo questioni complesse e ineludibili all’Italia di oggi.

Mercoledì 2 Dicembre 2020, dalle 18.30 alle 19.30, sarà presentato Arrivederci Saigon (2018 disponibile su RaiPlay), un film di Wilma Labate che ripercorre la storia di cinque ragazze che nel 1968 partirono per una tourèe in Estremo Oriente: erano “Le Stars”, uno dei rari gruppi femminili italiani dell’epoca. Ne parleranno la regista Wilma Labate e il montatore Mario Marrone.

Gli incontri saranno moderati dal direttore del Premio Zavattini Antonio Medici, dalla coordinatrice Aurora Palandrani e da Roberto Roversi e Antonio Borrelli, rispettivamente presidente e vicepresidente nazionale di Arci Ucca.

L’iniziativa, organizzata dal Premio Cesare Zavattini/UnArchive in collaborazione con Arci Ucca, intende promuovere la visione e la conoscenza di film, di finzione e documentari, che utilizzano in modo creativo e originale i materiali tratti da archivi filmici e televisivi. Le presentazioni live si terranno sui canali social ufficiali del Premio Zavattini (https://www.facebook.com/PremioZavattini) e di Arci Ucca (https://www.facebook.com/UCCApagina); la presentazione di Dove bisogna stare andrà in diretta anche sulla pagina social di ZaLab (https://www.facebook.com/zaLab/).

Nel mese di Dicembre 2020 seguiranno altri appuntamenti.

 

Elisabetta Castiglioni (anche per l’immagine)

Due concerti del Teatro Carlo Felice in TV e in streaming

Il Teatro Carlo Felice, chiuso al pubblico in ottemperanza al DPCM del 3 novembre 2020, ha realizzato due concerti sinfonici in coproduzione con Primocanale Production, che verranno messi in onda dall’emittente televisiva Primocanale e trasmessi in streaming sui canali social del Teatro Carlo Felice e all’interno del palinsesto Aperti, nonostante tutto, promosso dall’ANFOLS (Associazione Nazionale Fondazioni Lirico Sinfoniche) e sostenuto dall’ANSA.

Il primo appuntamento vede sul podio Francesco Ivan Ciampa, che dirigerà l’Orchestra del Teatro Carlo Felice in un concerto interamente beethoveniano, in omaggio al 250° anniversario della nascita del grande compositore tedesco. In programma, due Ouverture di forte impatto drammatico, Egmont op. 84 e Coriolano op. 62, e la Sinfonia n. 7 in La maggiore op. 92, la più trascinante delle sinfonie di Beethoven, per la sua incontenibile energia ritmica, che ispirò a Wagner la celebre definizione di “apoteosi della danza”.

Il concerto verrà trasmesso:

giovedì 26 novembre alle ore 21:00 sui canali social del Teatro Carlo Felice, su www.anfols.it e su www.ansa.it.

Il secondo appuntamento prevede un programma che valorizza la musica sinfonica italiana dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, in particolare quella della cosiddetta “generazione dell’Ottanta”, un gruppo di compositori che ebbe l’enorme merito di aprire l’Italia alle più avanzate esperienze musicali europee dell’epoca e, al tempo stesso, di riallacciarsi all’antica e nobile tradizione strumentale italiana che aveva fatto scuola dal Cinquecento al Settecento. Lorenzo Passerini guiderà l’Orchestra del Teatro Carlo Felice in Mosso e Allegro vivace da “Gabrieliana” di Gian Francesco Malipiero (prima esecuzione assoluta per Genova), Gavotta op. 55 n. 2, Notturno op. 70 e Giga op. 61 n. 3 di Giuseppe Martucci, Paganiniana di Alfredo Casella e Gli uccelli di Ottorino Respighi.

Il concerto verrà trasmesso:

sabato 28 novembre alle ore 21:00 e domenica 29 novembre alle ore 13:00 su Primocanale;

mercoledì 2 dicembre alle ore 21:00 sui canali social del Teatro Carlo Felice e su www.anfols.it.

 

Massimo Pastorelli

“L’Arte della Cura”, un viaggio alla scoperta del legame tra Parma, le cure officinali e la farmaceutica

Chiesi, laboratori di ricerca via XX Settembre

Chiesi Farmaceutici, gruppo farmaceutico internazionale focalizzato sulla ricerca, annuncia il lancio del sito www.artedellacura.com. Un racconto storico-culturale fatto di tre percorsi virtuali alla scoperta di alcuni dei luoghi simbolo del legame tra Parma e il mondo delle cure officinali e della salute.

“L’Arte della Cura” è lospin-off del Gruppo Chiesi promosso nell’ambito del macro-progetto “Pharmacopea” lanciato insieme a Davines, azienda leader nel campo della cosmetica, per celebrare “Parma Capitale Italiana della Cultura” tramite un viaggio di riscoperta dell’identità chimico-farmaceutica della città.

«L’Arte della Cura nasce da un fortunato incontro fra il progetto Chiesi Heritage, nato per valorizzareil grande archivio storico della nostra azienda, e Pharmacopea” – ha commentato Andrea Chiesi, Head of Special Projects del Gruppo Chiesi -. “L’intreccio fra la storia di Chiesi e quella della città di Parma è naturale, così come lo sono i tre percorsi che si è deciso di sviluppare. Il legame fra chimica farmaceutica e natura esiste da sempre e, ancora oggi, la gran parte delle terapie deriva proprio dalla rielaborazione di sostanze o principi attivi prodotti dalle piante. La scienza della cura nasce, quindi, dalla natura ed è sempre stata presente nella storia di Chiesi tanto che il nostro fondatore, il dottor Giacomo Chiesi, mandava i suoi collaboratori e i suoi figli a raccogliere l’edera per farne uno sciroppo utile per la cura dell’asma».

Chiesi, veduta notturna uffici via Palermo

Tre, infatti, ipercorsi macro-tematici alla base del progetto: Botanica, Farmacia e Valore Condiviso. Ognuno, parte da un luogo simbolo da raccontare. Un viaggio alla scoperta di dedizione e passione, le stesse che, con medesima intensità, animeranno il futuro.

La Botanica tratta questa antica arte, alla scoperta dell’Orto Botanico di Parma: la radice per lo sviluppo della moderna farmacopea che si pone tra magia, osservazione della natura e scienza.

Il percorso dedicato alla Farmacia, vede protagonista l’Antica Farmacia San Filippo Neri e racconta il percorso storico che ha portato dal concetto di antico speziale a quello di moderno farmacista: una professione fatta di empirismo, esperienza e “segreti” trasformatasi poi in una scienza complessa e strutturata.

Il terzo, Valore Condiviso, è dedicato alla storia di Chiesi, strettamente legata alla città di Parma. Una storia iniziata nel 1935 che oggi, grazie a “L’Arte della Cura” e al progetto Chiesi Heritage, è stato possibile raccontare tramite fonti storiche, arrivate fino a oggi. L’identità dell’azienda, raccogliendo gli insegnamenti del passato, è un valore contemporaneo che racconta come la creazione di valore condiviso sia un pilastro portante per Chiesi, oggi e nel futuro.

“L’Arte della Cura”, per la cui realizzazione si ringrazia Promemoria Group, sarà ora protagonista anche di un’esposizione fisica, grazie a dei Totem interattivi presenti nelle sedi del Gruppo Chiesi a Parma e presso l’Orto Botanico e l’Antica Farmacia San Filippo Neri.

Con sede a Parma, in Italia, Chiesi Farmaceutici è un gruppo internazionale orientato alla ricerca, con 85 anni di esperienza nel settore farmaceutico, presente in 29 Paesi. Ricerca, sviluppa e commercializza farmaci innovativi nelle terapie respiratorie, nella medicina specialistica e nelle malattie rare. La Ricerca e Sviluppo del Gruppo ha sede a Parma (Italia) e si è integrata con altri 5 importanti centri di ricerca e sviluppo in Francia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Svezia, per promuovere i propri programmi preclinici, clinici e regolatori. Il Gruppo impiega circa 6000 persone. Chiesi è un’azienda certificata B Corp dal 2019: ovvero è tenuta per legge a tenere conto dell’impatto delle sue decisioni su dipendenti, clienti, fornitori, comunità e ambiente. Si tratta di un movimento globale che vede il business come una forza di impatto positivo. L’azienda, inoltre, è impegnata per raggiungere la neutralità carbonica, ovvero l’impatto zero sull’ambiente, entro il 2035.

Per maggiori informazioni www.chiesi.com

 

Alessio Pappagallo (anche per la fotografia)

 

Federico Fellini centenario

Sembra che il destino abbia voluto regalare all’umanità, dopo la devastante prima guerra mondiale, un tocco di estro e di visionarietà in più. Nel 1920, il 20 gennaio, nacque, infatti, a Rimini, Federico Fellini, l’unico realista proprio perché visionario, per utilizzare un suo pensiero. Il padre era originario di quel posto che viene citato come “centro del mondo” quando vi passa la Mille Miglia, Gambettola, mentre la madre era romana. Federico, sin da bambino, amava il disegno ed era bravo nelle caricature, nel saper cogliere delle persone le particolarità che poi imitava. Ispirandosi ai fumettisti statunitensi, cominciò così a lavorare di fantasia della quale riempiva la sua cameretta. A metà degli anni Trenta, disobbedendo ai genitori, sgattaiolava di casa ed entrava nei cinema dove restava per ore a guardare film dai quali era affascinato. Nel 1938, la “Domenica del Corriere” pubblica alcune sue vignette chiamate “Cartoline del pubblico”, così come farà “Il 420”, giornale satirico fiorentino. Trasferitosi a Roma nel 1939 per studiare all’università, Facoltà di Giurisprudenza, in realtà voleva diventare giornalista e così entra nel “Marc’Aurelio”, il maggiore giornale satirico cittadino, e diventa il vignettista di punta con le “Storielle di Federico” che gli permettono di farsi notare. Comincia a scrivere battute per i film di Erminio Macario e di Aldo Fabrizi, quindi viene chiamato dall’EIAR, la radio di Stato, dove incontra Giulietta Masina che, oltre a diventare l’attrice principale dei suoi film, diverrà sua moglie. Le sue collaborazioni come sceneggiatore lo porteranno a conoscere Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Luchino Visconti. Nascono “Roma città aperta”, “Paisà” (per il quale sarà assistente sul set) e contribuirà a dare inizio al cinema neorealista italiano. L’esordio come regista sarà nel 1950 con “Luci del varietà”, con Alberto Lattuada, mentre il primo film diretto da solo sarà “Lo sceicco bianco”. In quegli anni diventerà importante l’amicizia con Nino Rota, spesso autore delle colonne sonore dei film, così come la sua capacità di valorizzare attori del calibro di Alberto Sordi. Sarà la volta de “I vitelloni”, “La strada” un grande successo internazionale del 1954 che meritò l’Oscar come miglior film straniero nel 1957, primo anno di questa categoria del premio. Altro Oscar per “Le notti di Cabiria”, cui seguirà “La dolce vita” nel 1960, poi “8½”, “Giulietta degli spiriti”, “Amarcord” nel 1973, ma sono solo alcuni titoli. Tra gli ultimi, “Ginger e Fred” e “La voce della luna”, “Il sogno” del 1992. L’anno dopo, l’Oscar alla carriera, che si aggiunge alla lunga lista di premi assegnatigli. Nel 1993, il funerale di Stato dopo qualche mese di problemi di salute; poco tempo dopo lo seguirà anche la moglie, con la quale aveva festeggiato da poco le nozze d’oro. La sua tomba, a Rimini, è sovrastata dalla statua di Arnaldo Pomodoro chiamata “E la nave va”. A lui sono stati intitolati l’aeroporto di Rimini e la pineta di Fregene, oltre a vie e piazze in tutta la Penisola. Autore molto amato dal pubblico, la sua grandezza ha ancora molto da insegnare, soprattutto perché suffragata dalla rara capacità di restare, pur se “visionario”, una persona normale.

Alessia Biasiolo

 

Doppio anniversario per Rodari

Cent’anni fa nasceva Giovanni Rodari, Gianni per tutti, anche per i suoi innumerevoli lettori che lo hanno amato particolarmente per le favole che ha raccolto e inventato. Un anniversario doppio, cadendo anche il quarantesimo dalla morte, avvenuta a Roma nel 1980. Nativo sulle sponde del lago d’Orta, avviato a studi magistrali, Rodari era appassionato di violino, passione che non venne incoraggiata. Terminati gli studi, divenne precettore presso una famiglia di ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania già nazista, poi insegnò come maestro elementare, non proseguendo gli studi universitari. Si rese conto presto che la sua migliore caratteristica era quella di giocare e ridere con i bambini, con lezioni originali. Scoppiata la seconda guerra mondiale, Rodari venne esonerato dal servizio militare per motivi di salute, fino a quando non venne richiamato sotto le armi durante la Repubblica Sociale Italiana. All’internamento di suo fratello in un campo di concentramento nazista, sconvolto dagli orrori della guerra e dei territori occupati, Gianni prese contatti con la Resistenza e fuggì per darsi alla clandestinità e combattere con i ribelli. Aveva già cominciato a raccogliere storie della tradizione popolare che pubblicherà con lo pseudonimo Aricocchi, dal cognome della madre; alla fine del conflitto, entrò nella redazione de “L’Unità”, a Milano. Dal 1949 per quel giornale iniziò a curare la celeberrima “La domenica dei piccoli”. Trasferitosi a Roma, nel 1950 fondò “Pioniere”, giornale per ragazzi, che ebbe vita per una decina d’anni; dopo varie esperienze giornalistiche, passò a “Paese Sera” e iniziò a collaborare con Rai e BBC per programmi per ragazzi. I suoi libri, intanto, ottennero l’attenzione della critica e nel 1970 vinse il prestigioso premio “Hans Christian Andersen”. Tra i più famosi testi scritti da Rodari ricordo “Il libro di filastrocche” del 1951, il suo primo libro per ragazzi; “Il romanzo di Cipollino” che diverrà “Le avventure di Cipollino” nel 1959 (Cipollino divenne un famoso cartone animato in Unione Sovietica, dove i libri di Rodari erano molto diffusi e dove l’autore si recherà più volte); “Il treno delle filastrocche” del 1952; “Il viaggio della Freccia Azzurra” del 1954 che divenne un film di animazione nel 1996.

Di sicuro il suo più famoso libro è stato “Favole al telefono”, pubblicato dalla casa editrice Einaudi nel 1962, testo utilizzato anche nelle antologie scolastiche e che ha aiutato a crescere varie generazioni di italiani.

Per citarne solo alcuni altri, “Novelle fatte a macchina”, “Marionette in libertà”, “C’era due volte il barone Lamberto ovvero I misteri dell’isola di San Giulio”. Come educatore, Rodari insegnava a non dare nulla per scontato, a lasciare libero sfogo alla fantasia, voleva che i bambini dessero forma a quel fantastico mondo che li contraddistingue e che forse era più fervido prima del popolamento di immagini da supporti tecnico-tecnologici, chissà.

Per insegnare come inventare storie, Rodari scrisse “Grammatica della fantasia”, perché le fiabe sono un’arte e anch’esse hanno delle regole: apprese le essenziali non c’è più limite al pensare avventure, uno strumento per imparare e crescere creando. Naturalmente non solo rivolto ai bambini.

A Rodari sono stati dedicati innumerevoli studi, testi, convegni, ricordi. E anche il centenario della sua nascita non passerà inosservato agli amanti della lettura e delle avventure.

 

Alessia Biasiolo

 

 

 

Acceso a Verona il grande albero di Natale Bauli

Il sindaco Federico Sboarina, con l’assessore alle Attività produttive Nicolò Zavarise, ed Enrico Bauli hanno acceso il grande albero di Natale di Porta Nuova. Un momento simbolico che, anche quest’anno, ha dato inizio ufficialmente al periodo delle festività a Verona. Il grande abete illuminato è un omaggio che, ormai da undici anni, la famiglia Bauli fa alla città. Rimarrà acceso, assieme a quelli più piccoli che addobbano piazze e scorci di Verona, fino a dopo l’Epifania.

“Alla principale porta di accesso alla città, l’albero Bauli è la tradizione che dà il via al Natale veronese – ha detto il sindaco –. In questo anno tanto tragico, l’accensione è ancora più significativa per Verona perché la certezza di una delle nostre tradizioni più belle dà forza ai veronesi. Un particolare ringraziamento, quindi, va alla famiglia Bauli che, come sempre, regala alla nostra comunità una speciale atmosfera di festa. Con l’accensione di oggi voglio inviare un messaggio di speranza alla nostra città, tutti insieme con la serietà di cui siamo capaci supereremo anche questa prova”.

“Un bel momento che simboleggia l’inizio delle festività natalizie – ha sottolineato l’assessore Zavarise –, anche se in un panorama sempre più incerto a causa dell’emergenza che stiamo affrontando. Quest’anno sarà un Natale diverso, ma la città sarà comunque illuminata e decorata grazie anche al grande sforzo che stanno facendo i nostri commercianti e i nostri imprenditori, tra le categorie maggiormente colpite da questa crisi. L’albero Bauli rappresenta lo spirito natalizio che vogliamo tenere vivo anche in questo 2020”.

 

Roberto Bolis (anche per la fotografia)

Servo buono e fedele

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – MATTEO 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

14. “Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni”. Il brano odierno presenta il tema della vigilanza come fedeltà nell’espletamento delle proprie responsabilità. La parabola, chiamata “dei talenti” è collocata verso la fine del Vangelo di Matteo, subito dopo la parabola chiamata delle “dieci vergini”.

Matteo ha l’intenzione di liberare dall’idea sbagliata di Dio, ritenuto dai giudei un giudice severo, che soppesa il merito acquisito nella vita. È un’idea sbagliata che potremmo avere anche noi, che ci impedisce di riconoscere Dio come Padre. Il protagonista principale della parabola è un uomo molto ricco, forse è un commerciante che si allontana per affari, forse un mercante che va a comprare o vendere le sue mercanzie. Costui consegna i suoi beni ai servi e parte, non si sa per quanto tempo. Si fida di coloro che conosce bene, ha fiducia nelle loro capacità, affida loro il suo patrimonio. Consapevoli di aver tutto ricevuto, noi cristiani siamo chiamati ad operare in modo da rendere fruttuoso quanto il Signore ha posto nella nostra vita. Non basta conservare i doni ricevuti, neppure fare finta di non aver ricevuto nulla per non lasciarci scomodare dall’impegno. Dobbiamo restituire a Dio, moltiplicati, i talenti di cui ci ha dotato per trasformare il mondo e cooperare con Lui alla creazione come co-creatori.

15. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo le capacità di ciascuno; poi partì. La somma che il padrone affida ai servi è molto rilevante: un talento corrisponde a diecimila denari. Il denaro è la paga di un giorno. Un talento, pertanto corrisponde alla paga di più di 27 anni di lavoro, supponendo che una persona lavori continuativamente tutti i giorni e che riceva tutti i giorni un denaro. Altra comparazione: un talento corrisponde a 34 chili d’oro. In entrambe le valutazioni si tratta di una fortuna!

Il padrone consegna i soldi in misura diversa ai tre servi, sulla base delle loro effettive capacità. Dà di più a colui che ha maggiori capacità. Ciascuno, però, dovrà rendere conto del proprio operato al ritorno del padrone.

16. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque.

17. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.

Nella parabola non è spiegato come i primi due servi facciano a rendere fruttuoso il capitale ricevuto. “Servi”: si tratta di persone che hanno una certa importanza, non semplici esecutori di ordini. Sono fiduciari del padrone. Infatti, hanno la possibilità di maneggiare somme di denaro molto ingenti:

cinquantamila denari e ventimila denari. Il primo e il secondo servo rivelano di essere scaltri amministratori: ognuno dei due raddoppia il capitale. Notiamo che “subito” vanno: non tergiversano, non ritardano, non attendono.

18. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Il terzo servo pensa di mettere al sicuro il denaro del padrone, sotterrandolo. A quel tempo era usanza proteggere dai ladri o dai nemici, in tempo di guerra, le cose più preziose, sotterrandole, in attesa di poterle recuperare al momento opportuno.

19. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. “Dopo molto tempo”: Matteo allude al ritardo della parusia, della venuta gloriosa del Signore. Il padrone ritorna e chiede conto del patrimonio consegnato in gestione ai suoi servi. Su di loro aveva posto tutta la sua fiducia. Anche noi siamo chiamati a rendere conto alla nostra coscienza, prima, e poi a Dio, al momento dell’incontro con Lui, di come abbiamo agito con i doni da Lui ricevuti.

20. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco ne ho guadagnati altri cinque”. Il primo servo presenta al padrone il risultato del suo lavoro e del suo impegno. Sicuramente nel profondo del suo animo si attende la lode per il suo operato così soddisfacente. Anche noi vorremmo essere al suo posto: presentare a Dio al termine della nostra vita tanti frutti del nostro discepolato, del nostro apostolato…

21. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Per due volte il padrone parla di fedeltà: “fedele” e “fedeltà”. È ciò che ci chiede Dio: rispondere positivamente alle sue aspettative, non deluderlo nelle sue attese. Il premio è molto più grande di quanto il servo gli presenta: partecipare alla “gioia” del padrone vuol dire condividere in tutto il suo benessere, la sua felicità, ricompense molto più grandi del patrimonio raddoppiato, benché fosse enorme! “Gioia” significa anche “festa” del Regno di Dio nella lingua aramaica; pertanto il servo è entrato nella “festa” del padrone.

22. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnato altri due”. 23. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Il secondo servo aveva meno capacità, da quanto si evince nella prima parte della parabola. Aveva ricevuto due talenti, meno del suo collega, tuttavia ha raddoppiato il capitale, ha impiegato tutte le sue forze per rispondere alle esigenze dell’incarico ricevuto. Anche lui entra nella felicità del suo padrone.

Notiamo che i servi vanno a rendere conto del loro operato e, in realtà, escono arricchiti dei soldi ricevuti all’inizio e, in più, di quelli guadagnati.

24. Si presentò poi colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso.

25. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Giunge il terzo servo, con il suo solo talento, disseppellito. Confessa candidamente di averlo sotterrato per paura. Il rapporto con il suo padrone non era basato sulla comunione di intenti, ma su

una sottomissione dettata dalla paura. Per il terzo servo il padrone era sinonimo di severità, di durezza, di potere. Non volendo incorrere nelle ire del padrone, non ha voluto rischiare di perdere tutto, pertanto si è limitato a nascondere il capitale affidatogli. Agendo in questo modo ha conservato il capitale, ma non ha capito che non era la custodia che il padrone voleva, ma l’accrescimento. Non ha risposto alla fiducia riposta in lui e, nonostante tutto, ritiene di aver agito correttamente. Matteo vuole invitare la sua comunità, tiepida, rilassata, paurosa del rischio, a vincere le paure, a superare l’idea severa di Dio.

26. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso”; Il padrone conferma di essere duro ed esigente, ma proprio per questo il servo avrebbe dovuto darsi da fare ancora di più. La pigrizia gli ha impedito di essere fedele; la sua malvagità consiste nel non essere stato “buono” come i suoi colleghi, definiti “buoni” perché si sono industriati ad operare con impegno. Non dobbiamo avere paura delle sfide della vita: la paura paralizza, il timore della sconfitta non ci fa nemmeno partire, l’angoscia di non farcela ci impedisce di compiere il bene. Dobbiamo vincere le fondamentali paure del vivere: “la paura di avere paura”, “la paura di fare paura”, soprattutto “la paura di Dio”. Con l’aiuto dello Spirito Santo, liberiamoci e liberiamo dalla paura che ci schiaccia e ci immobilizza. Notiamo che non è giusto definire “duro” il Signore. Egli infatti non è un padrone aguzzino che rivuole indietro quello che ha dato: i doni di Dio sono irrevocabili, anzi, lascia ai primi due servi la somma iniziale, quella ottenuta con il loro operato e aggiunge anche la ricompensa.

27. avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Il padrone apre gli occhi al terzo servo dicendogli il minimo che avrebbe dovuto fare: affidare a persone competenti il denaro per avere almeno gli interessi per tutto il lungo tempo che il padrone è stato lontano da casa.

28. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché il padrone toglie il talento e lo dà al primo servo? Proprio perché è stato colui che ha dimostrato di avere le capacità imprenditoriali, manageriali, per far fruttificare il capitale. Il padrone ha premiato la sua creatività, il suo impegno, il suo senso di responsabilità. La frase afferma che “ha dieci talenti”: i soldi iniziali più quelli accumulati sono rimasti al servo, come dono e ricompensa del suo lavoro. Dio non affida i talenti per il suo tornaconto, ma per la felicità di chi li riceve.

29. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza, ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. Questo versetto sembra provenire da un altro contesto, ma spiega bene che il servo ha dimostrato poca fedeltà nel corrispondere alle attese del padrone e lo ha deluso al punto che gli viene tolta tutta la fiducia. Il padrone gli aveva dato una responsabilità commisurata alle sue potenzialità, ma il servo non ha corrisposto e perde tutto. Il nostro “rischio” è quello di perdere tutto perché non abbiamo il coraggio di “rischiare” tutto!

30. “E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore dei denti”». Viene apertamente dichiarato che il “servo” “non serve”, pertanto è inutile e non può partecipare alla felicità del suo padrone. Viene gettato fuori a patire la pena che deve subire per non essersi impegnato. Per Matteo “vigilare” in attesa del ritorno del Signore non vuol dire essere passivi, ma, al contrario, utilizzare il tempo compiendo il bene, facendo il miglior uso possibile dei doni ricevuti, che sono sia quelli naturali, ma anche il Vangelo, la Chiesa, i sacramenti, la famiglia, il creato… Siamo chiamati a dare gloria al Signore, non a consumare i giorni pigramente. Abbiamo il dovere di sfruttare i talenti per la missione che Dio ci ha affidato. L’incontro con il Signore deve essere preparato da una fede operosa e creativa, svincolata dalla ricerca del proprio tornaconto, impegnata nella carità, fiduciosa nel Dio della Vita, che ci ricolma di doni per la nostra gioia, senza nessun interesse da parte sua.

La parabola ci fa fare anche un’altra riflessione: se ognuno di noi mette a frutto i suoi talenti, tutta la comunità (famiglia, congregazione, parrocchia) si accresce. Nostro compito è dare ai fratelli la possibilità di esplicare i doni ricevuti, così ne avrà vantaggio non solo il singolo, ma anche l’intera collettività. Chiediamoci se abbiamo cura del fratello che ci vive accanto, se  riconosciamo i suoi doni, se lo sproniamo a dare il meglio di sé. Se lo facciamo permettiamo a Dio di ricevere maggiore gloria, quella gloria che risplende nei Santi: essi hanno saputo trafficare i talenti. S. Francesco di Assisi, S. Giovanni Paolo II, S. Teresa di Calcutta e tantissimi altro, conosciuti e sconosciuti, hanno accolto la chiamata di Dio e hanno saputo trafficare i talenti ricevuti, in modo straordinario, impossibile da realizzare umanamente. La loro esistenza rivela, così, la potenza di Dio. Forse non saremo fari di santità come loro, ma sicuramente possiamo diventare, nel nostro piccolo, piccole fiammelle. Nella fedele semplicità di tutti i giorni, possiamo accendere la vita di chi ci vive accanto.

Se ci troviamo difettosi come il terzo servo, coltiviamo la certezza che, se ci presenteremo a Dio con le mani vuote, ma con infinita fiducia in Lui, Egli ci accoglierà, non ci respingerà e ci dirà: “Vieni, non perché hai moltiplicato i talenti, ma perché hai avuto incrollabile fiducia nella mia misericordia”.

 

Suor Emanuela Biasiolo

Moncalieri Jazz 2020 Vive!

Dalla Chiesa agli studi televisivi allestiti in pochissimi giorni dentro un capannone con ben 4 telecamere a riprendere i concerti in programmazione del Moncalieri Jazz Festival. Così un’intera comunità cittadina ha aiutato il suo direttore artistico, Ugo Viola, a incarnare ugualmente in tempi di pandemia e lockdown il suo sogno di continuità nella tradizione del grande jazz e a registrare nei primi tre giorni di concerti oltre diecimila utenti collegati alla visione.

“Siamo felicissimi del grande trasporto che ha portato i moncalieresi ad unirsi per la musica e siamo ancora increduli di questo eccezionale record di presenze virtuali – afferma Viola – visto e considerato che in Epoca Covid, un live ci avrebbe concesso un massimo di 100 presenze in sala negli spazi che avevamo concepito inizialmente. Le previsioni sono andate dunque ogni oltre aspettativa, ma siamo soprattutto orgogliosi di aver sostenuto i musicisti e le maestranze concedendo loro il diritto di poter continuare a svolgere la propria attività con la stessa passione ed entusiasmo di sempre, oltre che al valore aggiunto di poter disporre di una eccellente e professionale regia tecnica. Ci auguriamo comunque di poter tornare presto allo spettacolo dal vivo!”

Cosi, se l’afflato emotivo di un evento dal vivo è mancato, è stata centuplicata la possibilità di visione di una rassegna che da ben 23 anni ha sempre dedicato un grandissimo spazio a qualità e creatività musicale, vedendo per la prima volta segnare il debutto del festival simbolicamente da una Chiesa, anziché del Palazzo Municipale, come era consuetudine.

È stato infatti il sassofonista Dario Cecchini, dall’altro del campanile della Collegiata Santa Maria della Scala, ad aprire gli eventi: “Anime jazz”, un progetto che unisce il jazz alla sfera religiosa tramite letture ispirate all’opera della santa mistica Ildegarda di Bingen, è proseguito nella stessa Chiesa, intrecciando parole, performance e musica sul tema della “visione”, grazie alle performance di Luca Allievi, Silvia Furlan, Albert Hera, Gavino Murgia e Fabio Giachino.

Le successive serate, svoltesi negli spazi della EGAUDIOVISIVI snc allestiti ad hoc con perfette scenografie, strumentazioni musicali e tecniche di ripresa, hanno ospitato finora i duetti dei “giovani talenti” Jacopo Taddei e Luigi Nicolardi, Emilia Zamuner e Massimo Moriconi, e “The Bird”, omaggio a Charlie Parker, in occasione del centenario della sua nascita, interpretato dal quartetto piemontese composto da Claudio Chiara, Luigi Tessarollo, Aldo Mella  ed Enzo Zirilli.

Poi il tributo a Renato Carosone ad opera di Daniele Sepe.

Gran finale oggi, 15 novembre, con lo specialissimo omaggio al centenario dalla nascita di uno dei nostri più grandi maestri del nostro cinema italiano, Federico Fellini: “Amarcord…ricordando cento anni di Federico Fellini” è una suite musicale scritta dal Maestro Andrea Ravizza, in veste di arrangiatore e direttore, che vuole celebrare degnamente la figura del grande regista italiano famoso in tutto il mondo. Un progetto che prevede l’interpretazione di colonne sonore di film come “La dolce vita”, “8 ½”, “La strada”, “Amarcord”, “Ginger e Fred” e molti altri. I brani saranno eseguiti da un ensemble creato ad hoc per il festival con Fulvio Chiara alla tromba, Albert Hera alla voce e sax soprano, Fabio Giachino al pianoforte, Federico Marchesano al contrabbasso, Alessandro Minetto alla batteria, il Quartetto d’Archi di Torino composto da Edoardo de Angelis, Umberto Fantini, Andrea Repetto e Manuel Zigante.  Per l’occasione, per la prima volta, suonerà al Moncalieri Jazz Festival, il Direttore Artistico Ugo Viola alla fisarmonica. In questo concerto verranno unite 3 arti: cinema, musica e anche arte, grazie all’illustratrice Giorgia Molinari, che durante il concerto darà vita ad illustrazioni grafiche ispirate ai film in programma. Salirà sul palco per l’occasione Francesca Fabbri Fellini, nipote ed unica erede del grande Maestro, che con racconti e le fotografie dei suoi ricordi, ripercorrerà la vita dello zio raccontando aneddoti legati al set e all’importanza che la musica ha avuto all’interno dei suoi film.

Gli appuntamenti sono in diretta streaming sul canale ufficiale della manifestazione: www.moncalierijazz.com

 

Elisabetta Castiglioni (anche per l’immagine)