Non tutto lo “Spam” è da buttare

Nell’ambito di “Brescia Contemporanea”, prima rassegna di teatro contemporaneo, al Teatro Santa Chiara di Brescia è andato il scena il lavoro “Spam” per la regia di Rafael Spregelburd con Lorenzo Gleijeses, su loro progetto, prodotto da Napoli Teatro Festival Italia, Festival delle Colline Torinesi TiConZero in collaborazione con Ambasciata Argentina in Italia Gitiesse Artisti Riuniti, Fondazione TPE.

Musiche originali eseguite dal vivo e video project di Alessandro Olla, spazio scenico di Roberto Crea, light designer Gigi Ascione, movimenti coreografici Marco Mazzoni (aiuto regia Manolo Muoio, area tecnica Rosario D’Alise); apparizioni in video di Maria Alberta Navello, Laura Amalfi, Pino e Patrizia Frencio, Manolo Muoio.

SPAM malesiaIl monologo dal titolo “Spam” è scritto in forma di Sprechoper, opera parlata, con musiche originali dal vivo. Nato nel 2010 dall’incontro tra uno dei più importanti drammaturghi della scena mondiale, Rafael Spregelburd e l’attore e regista italiano Lorenzo Gleijeses, il lavoro teatrale “Spam” è la storia di un professore universitario che, rispondendo ad una e-mail, scivola in un complicatissimo intrigo internazionale che coinvolge banche, conti su Pay Pal e uno zio assassino a Kuala Lumpur.

È il dramma risibile di un uomo perduto, in una rete culturale tanto quotidiana quanto assurda. È l’epopea di un uomo che, soffrendo di una temporanea amnesia, prova a ricostruire la propria identità a partire dalle tracce lasciate nel pc: tra bambole cinesi contraffatte e smoking di James Bond.

Si tratta di 31 brevi scene, sorteggiate dall’attore in ordine casuale, utilizzando un marchingegno simile a quello classico dell’estrazione dei numeri del Lotto. La composizione d’ensemble di Alessandro Olla, in collaborazione con l’argentino Zypce, si basa sulla sperimentazione elettronica e l’ibridazione acustica, tramite l’uso di strumenti non convenzionali, rumori di macchine industriali, video documentari e paesaggi sonori con diversi gradi di virtualità.

La vita quotidiana contemporanea è dipinta da “Spam” senza giri di parole, con flash di luci e musiche che hanno il ruolo dell’interprete di teatro e fanno del lavoro un buon mezzo per fermarsi a pensare il presente. La bravura di Gelijeses si mette a nudo in questa difficile e divertente commedia, che porta lo spettatore ad essere parte stessa del lavoro, eppure esterno quando non capisce nemmeno se stesso nel ritrovarsi nel testo. Ciascuno di noi può essere lo smemorato invischiato per mille ragioni nel sistema, e fuori dal sistema allo stesso tempo, con riflessi sulla vita personale e sulla psiche simili al contrasto di un vinile sotto la mano sapiente e impietosa, allo stesso tempo, di un bravo dj. Chi siamo alla fine? Siamo gli attori di una trama complicata scritta da noi e che noi stessi non sappiamo più comprendere, oppure siamo un rifiuto che non ritroviamo più nel nostro cestino svuotato della posta elettronica? E dove stiamo andando in un tempo così elettronicamente comodo e avanzato che anche noi possiamo diventare vittime del nostro profilo sui social network, della nostra banale corrispondenza, di ciò che è vero e di ciò che sembra quando la nostra esistenza è osservata da qualcun altro, come la polizia ad esempio? Tutti noi possiamo essere un’altra vita, come possiamo avere tante vite e nessuna, tramutando quel povero protagonista in scena in un mix di “Uno, nessuno, centomila” e Mattia Pascal, qualcuno che vuole soltanto cancellarsi per ritornare ad essere se stesso. Oppure per cominciare ad esserlo. Un lavoro divertente e profondamente atto a fare riflettere.

Da vedere.

Alessia Biasiolo

 

“Chi non diventa pazzo non è normale!”. Goran Bregovic al Festival del Vittoriale

“Chi non diventa pazzo non è normale!” è il nuovo concerto che Goran Bregovic porterà al Festival del Vittoriale giovedì 16 luglio prossimo alle ore 21.15. Il repertorio spazierà dai suoi grandi successi, agli ultimi album (Alkohol e Champagne for Gypsies), con qualche anticipazione di brani del nuovo album in uscita il prossimo anno.

Goran Bregovic sarà accompagnato dalla sua storica formazione, la Wedding & Funeral Band (fiati, percussioni e voci bulgare).

Le composizioni di Goran Bregovic mescolano le sonorità di una fanfara tzigana, le polifonie tradizionali bulgare, la chitarra elettrica e le percussioni tradizionali dando vita ad una musica che ci sembra istintivamente di riconoscere.

Nato a Sarajevo da madre serba e padre croato, Goran Bregovic crea i suoi primi gruppi rock a sedici anni. Per compiacere i suoi genitori, Bregovic si impegna a proseguire i suoi studi di filosofia e sociologia che lo avrebbero portato ad insegnare, se l’enorme successo del suo primo disco non avesse deciso altrimenti.

Seguono quindici anni di collaborazione con il suo gruppo White Button con tredici album venduti in 6 milioni di copie. Tour interminabili in cui Bregovic diventerà l’idolo della gioventù jugoslava. Alla fine degli anni 80, Bregovic si libera del suo ruolo sfibrante di “star” e si isola in una piccola casa sulla costa adriatica, realizzando un vecchio sogno d’infanzia.

Qui compone le musiche del terzo film di Emir Kusturica “Il Tempo dei Gitani”. Cresciuti nello stesso ambiente, appartenenti alla stessa generazione, Goran Bregovic e Emir Kusturica formano un tandem di complicità che non ha bisogno di parole per esprimersi.

Dopo “Il Tempo dei Gitani” Goran compone per Kusturica la colonna sonora di “Arizona Dream”. Il risultato è pari al film: lirico, innovatore e commovente. Comporrà poi delle musiche maestose dagli accenti rock per Patrice Chereau che gli affida “La Regina Margot”, Palma d’Oro 1994 al Festival di Cannes, Goran compone Anche le musiche di “Underground” di Emir Kusturica, Palma d’Oro 1995 al Festival di Cannes sono firmate Bregovic.

Goran compone le musiche klezmer del film “Train de Vie” di Radu Mihaelanu, presentato con grande successo ai festival di Venezia, San Paolo, Berlino e, con grande successo di pubblico, nei cinema di numerosi paesi. Poi si consacra all’interpretazione della propria musica e comincia una seconda carriera sulle scene internazionali.

Marco Guerini

Counting Crows al Vittoriale

La band di San Francisco ha scelto il Festival del Vittoriale dell’estate prossima come prima data della tournée italiana ed è pronta a presentare in un trascinante live i brani del loro ultimo disco “Somewhere Under Wonderland” (Universal Music) e i loro più grandi successi, da “Mr. Jones” a “Round here”, hit che li hanno resi uno dei gruppi simbolo degli Anni ’90.

“Somewhere Under Wonderland”, settimo album dei Counting Crows, ha debuttato alla posizione n.6 della classifica americana, ricevendo commenti entusiastici dalla critica. Il disco, composto da 9 tracce inedite (11 nella versione deluxe), è stato anticipato dai brani “Scarecrow” e “Palisades Park”.

Sono considerati tra i gruppi che hanno riportato in auge il rock americano classico caratteristico degli anni sessanta. Si formano nel 1991 a San Francisco facendosi subito notare con la pubblicazione dell’album “August and Everything After”, considerato uno dei migliori dischi alternative rock degli Anni Novanta; la popolarità della band ha avuto inizio nel 1993, anno dell’uscita del singolo Mr. Jones, presente, poi, nell’album d’esordio August and Everything After.

I Counting Crows sono Adam Duritz (voce), Jim Bogios (batteria), David Bryson (chitarra), Charlie Gillingham (piano), David Immergluck (chitarra), Millard Powers (basso) e Dan Vickrey (chitarra).

Marco Guerini

Dopo il silenzio, la dignità contro la mafia

Nell’ambito della rassegna teatrale “Altri Percorsi”, inserita nella stagione di prosa del Teatro Sociale di Brescia, anche domani, giovedì 5 marzo, andrà in scena alle 20.30 il lavoro di Francesco Nicolini e Nicoletta Rubino tratto dal libro di Pietro Grasso “Liberi tutti”, per la regia di Alessio Pizzech, dal titolo “Dopo il silenzio”, con Sebastiano Lo Monaco, Mariangela D’Abbraccio e Turi Moricca. Un lavoro intenso, coraggioso, di Sicilia Teatro, Spoleto56 Festival dei 2Mondi, Teatro “Tina di Lorenzo” di Noto, con scene di Giacomo Tringali, musiche di Dario Aricidacono, luci di Luigi Ascione e costumi di Cristina Da Rold. “Il silenzio è mafia” è il perfetto slogan dello spettacolo, uno spaccato della storia e delle ragioni profonde di un fenomeno che potrà essere sconfitto, destinato come tutti i fenomeni umani a finire, soltanto se combattuto dal di dentro, da coloro che dovranno liberarsi dal giogo della mafia, quel sistema di pensiero che è diventato fenomeno di costume e di potere sugli uomini, di alcuni uomini su altri. A partire dalla storia, recitata ad arte per convincere i sicari della giustezza delle sentenze da loro compiute e per assoldare facilmente coloro che si lasciano imbonire dalle belle parole, dell’origine dei mafiosi nientemeno che dai Cavalieri Templari, fino all’appoggio talvolta poco velato della Chiesa, fino a quando non è diventata paladina di giustizia contro il potere della Cupola. La mafia come fenomeno che si intride di ignoranza, di credulità. La lotta di un’insegnante che, durante il pomeriggio, cercava di tenere lontani i ragazzi dalle strade del facile assoldamento per portarli ad avere un’opinione, un’istruzione, un potere fatto di rispetto di sé e da parte degli altri per quello che si vale, non per ciò che si rappresenta. La professoressa racconta di come, in trent’anni, le coscienze siano cambiate, dalle mogli capaci di denunciare i mariti mafiosi, allo scuotimento di coscienze dopo avere saputo dei bambini sciolti nell’acido, dei giudici morti ammazzati, del sangue di decine di agenti morti in servizio. Piano piano tutto è cambiato, anche sulle parole, pesanti come macigni, di Filippo Tomasi di Lampedusa, mai perdonato per quello che aveva saputo scrivere nel suo romanzo capolavoro, “Il Gattopardo”. Il teatro racconta di padre Puglisi e di Peppino Impastato, diventa cassa di risonanza, testimone del cambiamento, eppure valvola di sfogo per qualcosa che sembra semplice realizzare, ma allo stesso tempo così lento, in un clima che appare ancorato da catene invisibili e fortissime. Chi racconta è l’ex procuratore nazionale antimafia, oggi Presidente del Senato, impersonato da Lo Monaco, mentre Moricca è un ragazzo di mafia tormentato dai sensi di colpa e dalle domande. D’Abbraccio è la donna silenziosa e attiva, dalla voce prorompente e dalla decisione più forte degli ordini dei maschi. Quando le donne siciliane decidono di prendere in mano la propria vita, riescono a cambiare davvero non soltanto se stesse, ma la società siciliana tutta, intrisa di rispetto per la donna, ma a patto che resti nel suo posto onorato e silente. Ora parlano le donne, eccome, anche se poi si gettano dal balcone (forse gettate?) come dopo la morte di Borsellino farà la giovane testimone e accusatrice di mafia. Il silenzio uccide più di mille e mille pallottole, ma anche la solitudine. Quella della vedova del poliziotto di scorta ucciso; quella della giovane diseredata dalla famiglia, rinnegata dalla madre; quella della moglie che decide di non stare più a guardare inerte il marito comandare assassinii. Lo spettacolo merita l’ora e mezza di partecipazione di pubblico, con un interessante fondale che diventa muro dove scrivere la verità, con stralci di giornale, volti, musiche e parole in sottofondo. Il rumore è quello delle centinaia di ragazzi che arrivano in Sicilia con la nave della legalità, il rumore è quello del proprio cuore che non può tollerare l’indifferenza del cervello. È il rumore della brava gente, capace di fermare gli omicidi, di fermare il connubio mafia-Stato-potere. Diventa il modo di vivere onestamente, pulito, quello che relega lo sfavillio dei gioielli, delle pistole, dell’ossequio molto lontano dalla propria attenzione e diventa compassionevole per il dolore che deve cessare, per la schiavitù del male che deve essere fatta finire, una volta per tutte. Il ruolo del teatro è stato bene appreso e molto bene accolto dal pubblico bresciano che ha salutato gli attori con un lungo, caloroso applauso. Tra la commozione degli attori sul palco. Da non perdere. Alessia Biasiolo