Lavoro forzato e violenza in Qatar

In un nuovo rapporto, Amnesty International ha accusato le autorita’ del Qatar di non proteggere le lavoratrici domestiche straniere da gravi forme di sfruttamento, tra cui il lavoro forzato e la violenza fisica e sessuale.Il rapporto, intitolato “’La mia pausa e’ quando dormo’. Lo sfruttamento delle lavoratrici domestiche in Qatar”, presenta un fosco scenario di donne assunte con false promesse circa il salario e le condizioni di lavoro, costrette a seguire orari di lavoro massacranti, sette giorni alla settimana e, in alcuni casi, sottoposte a estrema violenza fisica e sessuale.“Le lavoratrici domestiche migranti sono vittime di un sistema discriminatorio che nega loro le protezioni basilari e le rende vulnerabili allo sfruttamento, al lavoro forzato e al traffico di esseri umani” – ha dichiarato Audrey Gaughran, direttrice del programma Temi globali di Amnesty International.“Abbiamo incontrato donne che, dopo essere state terribilmente ingannate, si sono ritrovate alla merce’ di datori di lavoro violenti, costrette a non lasciare mai l’abitazione. Alcune sono state minacciate di violenza quando hanno manifestato l’intenzione di andarsene” – ha proseguito Gaughran.In Qatar si trovano almeno 84.000 lavoratrici domestiche migranti, la maggior parte delle quali proveniente dall’Asia meridionale e sud-orientale. In alcuni casi, lavorano fino a 100 ore alla settimana, senza giorno libero.Le leggi del paese non prevedono limiti di orario per il lavoro domestico ne’ il giorno libero. Non e’ possibile neanche presentare denunce al ministero del Lavoro.“Le donne che finiscono a lavorare in case di datori di lavoro violenti si trovano in una situazione miserrima. Se decidono di andarsene, vengono ricercate come se fossero delle evase e spesso finiscono per essere arrestate e successivamente espulse” – ha commentato Gaughran.Le lavoratrici domestiche sono sottoposte al restrittivo sistema dello sponsor, che impedisce loro di lasciare l’impiego o il paese senza il permesso del datore di lavoro. Mentre alcune donne trovano un buon lavoro e sono trattate bene, coloro che subiscono violenza non possono far altro che scappare, col rischio di essere arrestate, imprigionate ed espulse per il reato di ‘evasione’. Circa il 95 per cento delle donne che nel marzo 2013 si trovavano nel centro di espulsione della capitale Doha era costituito da lavoratrici domestiche.Una donna indonesiana finita nel centro di espulsione dopo essere fuggita dall’abitazione presso la quale lavorava ha mostrato ad Amnesty International una profonda cicatrice sul petto, provocata dalla sua datrice di lavoro con un ferro da stiro. Era costretta a lavorare sette giorni alla settimana, non era pagata da mesi e non poteva lasciare la casa. Quando e’ riuscita a fuggire, e’ stata arrestata dalla polizia.I ricercatori di Amnesty International hanno ascoltato testimonianze scioccanti di violenza: donne prese a schiaffi, tirate per i capelli, colpite con le dita negli occhi, spinte per le scale a calci. Tre donne hanno denunciato di essere state stuprate. Non c’e’ stato un solo caso in cui chi le ha aggredite sia stato incriminato e condannato.Un caso orribile riguarda una donna delle Filippine che si e’ fratturata entrambe le gambe e la spina dorsale cadendo da una finestra per fuggire dal datore di lavoro che voleva stuprarla. Dopo che e’ precipitata al suolo, paralizzata e ferita, l’uomo le ha comunque usato violenza e solo in seguito ha chiamato l’ambulanza.Sei mesi dopo l’episodio, la donna si trovava ancora sulla sedia a rotelle. Nonostante i gravissimi danni riportati, il pubblico ministero ha archiviato il caso per “mancanza di prove”. Il suo datore di lavoro non e’ mai stato chiamato a rispondere delle sue azioni e la donna e’ tornata in patria.Le donne che denunciano di aver subito abusi sessuali rischiano anche di essere incriminate per il reato di “relazione illecita” (rapporto sessuale al di fuori del matrimonio), per il quale e’ prevista una pena di un anno di carcere seguito dall’espulsione. Circa il 70 per cento delle detenute della prigione femminile di Doha, nel marzo 2013, era costituito da lavoratrici domestiche: tra queste, vi erano anche donne incinte e 13 mamme coi loro piccoli di eta’ inferiore a due anni. Secondo Amnesty International, il reato di “relazione illecita” dovrebbe essere immediatamente abolito.Con la pubblicazione di questo rapporto, Amnesty International chiede alle autorita’ del Qatar di eliminare tutte le disposizioni di legge che negano i diritti delle lavoratrici domestiche. Negli ultimi anni, il governo ha affermato piu’ volte l’intenzione di emanare una legge sul lavoro domestico.“I Campionati mondiali Fifa del 2022 hanno acceso i riflettori sulla sofferenza dei lavoratori migranti impiegati nel settore delle costruzioni. La totale assenza di protezione per le lavoratrici domestiche e il fatto che esse vivano isolate nell’abitazione del loro datore di lavoro, le rende vulnerabili all’abuso in misura persino maggiore rispetto agli altri” – ha sottolineato Gaughran.“Finora, le promesse del governo di proteggere i diritti delle lavoratrici domestiche non hanno portato a nulla. Il Qatar deve smettere di perdere tempo e garantire immediatamente alle lavoratrici domestiche le protezioni di legge necessarie a tutelare i loro diritti fondamentali” – ha concluso Gaughran.

Il rapporto si basa su interviste con 52 lavoratrici domestiche, autorita’ di governo, ambasciate dei paesi di origine e agenzie di reclutamento. Il rapporto ha utilizzato anche dati forniti da organizzazioni che si occupano di lavoratrici domestiche in difficolta’. I ricercatori di Amnesty International hanno visitato una prigione e un centro di espulsione.Dopo il rapporto pubblicato da Amnesty International nel novembre 2013 sui lavoratori migranti impiegati nel settore delle costruzioni, il governo del Qatar ha annunciato che lo studio legale DLA Piper avrebbe preso in considerazione le conclusioni di tale rapporto nel contesto di un piu’ ampio riesame della situazione dei lavoratori migranti.

Amnesty International Italia

 

All’opera con i L.E.T.!

Il Teatro Carlo Felice, su richiesta e in collaborazione con il Comune di Genova, ha aderito con entusiasmo, come già accaduto in passato, al progetto dei Laboratori Educativi Territoriali, promossi dal Comune di Genova, Assessorato scuole, sport, politiche giovanili, indirizzo e controllo sporting di Genova.

Il “Libro delle opportunità” si arricchisce quindi degli apprezzati e colorati Laboratori in Attrezzeria al Teatro Carlo Felice, curati da uno staff collaudato e affiatato che da anni propone questa attività multisensoriale a scuole di ogni ordine e grado e associazioni. Ricordiamo, tra queste, le meravigliose esperienze con il CEPIM che si sono ripetute nel corso di questi anni.

I laboratori esaltano e sottolineano l’importanza della manualità con l’ausilio dei cinque sensi, proponendo un processo creativo dalla materia allo stato grezzo, alla ideazione, lavorazione, costruzione e colorazione di oggetti o elementi di scena. Il tutto creando situazioni in cui si da valore al lavoro di squadra, valorizzando tuttavia le capacità individuali e lasciando che ciascuno esprima la propria creatività.

I laboratori, che si svolgeranno tutti dalle ore 9.30 alle 12.00, permettono ai partecipanti di sentirsi protagonisti della fantastica macchina teatrale lavorando, sotto la guida dello staff, in spazi appositamente dedicati e ricavati nel cuore del Teatro:

talvolta partendo da disegni, bozzetti e progetti studiati in base alle capacità realizzative e manuali dei ragazzi, si ricreano oggetti di scena con materiali base come il legno, la plastica e la carta trasformata in cartapesta. A volte si lascia libero spazio alla fantasia e creatività individuale, costruendo e colorando grandi fiori o fantastici animali che fanno vivere, a chi partecipa, l’entusiasmo e la magia della creazione artistica.

Per favorire ed evidenziare la valenza educativa della proposta, la partecipazione ai laboratori estivi ha carattere gratuito e i partecipanti inoltre hanno l’opportunità di effettuare una visita guidata all’interno, per conoscere e vedere il meraviglioso mondo del teatro.

Queste le date:

martedì 15 luglio

giovedì 24 luglio

martedì 29 luglio

Marina Chiappa

 

 

Premio giornalistico Elena Formica “Leggere la musica”

Circa otto mesi fa, il 7 dicembre scorso, è scomparsa prematuramente Elena Formica, giornalista e musicista, grande conoscitrice di Giuseppe Verdi, che ha fatto di opera e musica il lavoro e la passione della sua vita. Per ricordarla, l’Associazione Verdissime.com in collaborazione con la Gazzetta di Parma, l’Unione Parmense degli Industriali, il Rotary Club Parma, la Fondazione Teatro Regio di Parma, Classic Voicee con il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna bandisce la I edizione del Premio giornalistico Elena Formica “Leggere la musica”.

Suddiviso in due fasi, è rivolto a coloro che risiedono in Emilia Romagna e hanno un’età compresa tra i 18 e i 30 anni. Consiste nella scrittura di una recensione in lingua italiana di non oltre 2000 battute (spazi inclusi) di due spettacoli d’opera in programma al Teatro Regio di Parma e al Teatro alla Scala di Milano.

Nella prima fase, i candidati ammessi dovranno assistere alla prova generale de La forza del destino di Giuseppe Verdi al Teatro Regio di Parma martedì 7 ottobre 2014 per poi scrivere il resoconto entro le ore 12.00 del giorno dopo. La Giuria selezionerà per la fase successiva coloro che hanno realizzato i tre articoli migliori e che dovranno assistere alla prova generale di Fidelio di Ludwig van Beethoven al Teatro alla Scala di Milano giovedì 4 dicembre 2014; l’articolo di recensione dovrà essere consegnato il giorno dopo lo spettacolo entro le ore 16.00. La giuria stabilirà quindi tra essi il Primo, Secondo e Terzo premio. La partecipazione al concorso è gratuita.

Le candidature devono essere presentate compilando il modulo di partecipazione disponibile sul sito www.verdissime.com e inviandolo entro e non oltre il 30 agosto 2014 via mail a verdissime@semprelibera.com e via posta con lettera raccomandata a: Premio giornalistico Elena Formica “Leggere la musica” Gazzetta di Parma Via Mantova, 68 – 43122 Parma. Le candidature dovranno riportare chiaramente i dati anagrafici, indirizzo di residenza e numero di telefono di riferimento. Al modulo di partecipazione dovrà essere allegato un breve curriculum vitae, evidenziando eventuali esperienze realizzate dal candidato in ambito giornalistico, e alcuni elaborati sul tema opera e musica eventualmente già pubblicati.

Tra le domande pervenute, la giuria ammeterà, in base alla documentazione presentata, non oltre 10candidati. La Giuria sarà composta da Gian Paolo Minardi che valuterà le competenze storico-musicologiche e da Andrea Estero che si focalizzerà sulle riflessioni e i giudizi dati agli interpreti e alla mise en scène; inoltre ne faranno parte Claudio Rinaldi (Capo Redattore di Gazzetta di Parma) Alessandro Cafiero (Marito di Elena Formica) Carlo Fontana (Amministratore esecutivo della Fondazione Teatro Regio di Parma) Luca Molinari (Consigliere dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna) Sabino Lenoci (Direttore de L’opera) Francesco Monaco (Capo Servizio Spettacoli di Gazzetta di Parma) Mara Pedrabissi (Giornalista di Gazzetta di Parma) Ilaria Notari (Verdissime.com Azucena, Il trovatore) Mauro Balestrazzi (scrittore e giornalista di Classic Voice).

La premiazione si terrà al Teatro Regio di Parma martedì 9 dicembre 2014 alle ore 11.00. Le tre recensioni saranno pubblicate su Classic Voice e su Gazzetta di Parma. I premi, 1.500 euro (primo premio), 1.000 euro (secondo premio), 500 euro (terzo premio) sono offerti da: Alessandro Cafiero, Rotary Club Parma, Unione Parmense degli Industriali, Gazzetta di Parma, Verdissime.com.

Paolo Maier

Settanta anni fa il bombardamento di Brescia

Ricorre il prossimo 13 luglio l’anniversario di uno dei più terribili bombardamenti subiti dalla città di Brescia durante la seconda guerra mondiale. In ricordo delle vittime e delle sofferenze di quell’anno di guerra, pubblichiamo le poesie della Sezione a Tema “1944. Ricordi, speranze, lezioni di vita”, premiate durante la quindicesima edizione del premio internazionale di Poesia “La Leonessa. Città di Brescia”, ad iniziare da un ricordo di bambina, la poesia scritta da Anna Maria Lavarini di Verona. Lirica che ha il pregio di non cercare una forma perfetta, ma di comunicare, alto esempio di “memoria”, la verità dei fatti accaduti e filtrati in due modi diversi, altamente lirici nel loro sofferto vissuto: quello della donna adulta e quello della bambina. Grazie ai genitori italiani di allora, molti bambini hanno vissuto la guerra come un momento di passaggio nel quale venivano comunque riposte speranze in un avvenire migliore. E questa poesia ne è esempio.

PIPPO

Erano veramente brutti anni,

quelli della guerra e d’inverno poi…

A Verona era tutto un fioccare di bombe

e con la contraerea dietro le spalle

là sulle Torricelle dove abitavamo noi,

c’era poco da stare allegri.

Mi avevano mandato dai nonni in collina

così a casa un figlio di meno

da dare da mangiare, e fuori dai pericoli,

dai nonni la guerra faceva meno paura

sembrava più lontana,

era l’inverno del quarantaquattro.

Un giorno però,

siamo dovuti scappare in rifugio,

(una grotta vicino casa), quel giorno Pippo

ci aveva spaventato per bene,

a dir la verità aveva spaventato i grandi.

Io lo guardavo meravigliata dalle fessure

di una tavolato che chiudeva l’entrata,

battevo le mani e mi incantavo

nel vedere quelle striscioline argentate

che lasciava al suo passaggio.

Dentro tutti pregavano, io non capivo perché,

dal momento che era appena sera

e non in stalla come si faceva dopo cena

e no capivo perché la nonna

sospirando diceva “Beata innocenza”,

solo perché io facevo festa,

guardando Pippo passarci sopra la testa.

Roberto Mestrone, di Volvera, Torino, ha dedicato la sua poesia ad un episodio del 23 settembre 1944: i contadini Fernando e Giovanni Guidi, Decimo e Ottavio Bacci furono trucidati dalla Brigata Nera Mussolini e sul luogo dell’eccidio, recintato, furono poste quattro croci in memoria dell’episodio.

QUATTRO BIANCHE CROCI

Resterà inerme, la Brigata Nera!

Chiuso è il recinto, e quattro bianche croci

la tengono per sempre prigioniera

nel prato verde, accanto a spente voci.

Oggi la Patria ha immune la frontiera,

e gli anni cupi scorrono veloci;

il sangue più non macchia la bandiera,

ma dentro i cuori serba giorni atroci.

I giovani fratelli contadini

periron senza colpe, e in quel momento

il Cielo mise al bando gli assassini.

Ora sull’erba giace lo sgomento

e sacri marmi innalzano i confini

tra l’odio infame e il Popolo redento.

Lirica intensa di profonda memoria e commozione, capace di trasferire all’oggi il senso del passato, sublimato nell’alto concetto di Patria per il quale, solo, tutto ciò acquisisce un senso propositivo per il futuro.

Molto bella la poesia di Vanes Ferlini di Imola, Bologna che, in memoria delle stragi naziste, utilizza delle significative metafore, cariche di intensa partecipazione emotiva per tutto ciò che è stato e al quale va il senso di vuoto che assale il Poeta. La lirica incarna il senso poetico stesso: il Poeta è colui che è in grado, per afflato interiore e studio della parola, di percepire il senso delle emozioni che si avvertono dentro e che, come in questo caso, diventano significati semantici profondi e partecipativi per ogni lettore. Allo stesso tempo, Ferlini propone un’importante considerazione sul senso della memoria che non deve essere affidata a pagine ingiallite e portata al presente ogni tanto, in qualche commemorazione, e non deve restare ingessata tra le mura di qualche museo, ma deve diventare senso civico profondo, formazione vera e senza vincoli ideologici affinché, davvero, il sangue versato sia servito ad edificare e ad edificarci.

STANZE DESERTE

Sedie vuote

intorno a me

Spiragli di vento secco

spazzano la polvere

dai candelieri

Una riga rossa

attraversa il calendario

Seduto

in questa stanza

dalle pareti di ghiaccio

a guardare foto ingiallite

volti estranei

sepolti nel passato

Resurrezioni di voci lontane

uno zio mai conosciuto

mi guarda severo

mi domanda perché

Ma io non so

le risposte

ci sono solo

stanze deserte nella memoria

Quanto inchiostro sprecato

e libri rimasti negli scaffali

Vorrei aprire le finestre

per far uscire il dolore

per far entrare una speranza

per non lasciare

il nostro sangue

imprigionato in un museo.

Rosa Leone, di Gottolengo (Brescia), ha interpretato il sacrificio di migliaia e migliaia di soldati come un ponte tra due terribili guerre, accomunate dal senso di inutilità di giovani vite umane, immolate sull’altare dell’incapacità dell’uomo di non provare odio. Incisiva, infatti, la lirica su ciò che non dobbiamo dimenticare per evitare di trovare nella guerra soluzioni che diventano soltanto pianto.

 

COME FILI D’ERBA

Rude era la voce

là sul Carso

del giovane in mostrine

L’ordine preciso

-attaccare di notte il suolo nemico-

Marciavamo sfiniti dentro stivali di marmo

gambe nel pantano ubriachi di fatica

volgendo le spalle alla trincea

Striscianti fianco a fianco verso l’ignoto

moschetto sulla spalla e vuoto nello stomaco

Fu il fuoco improvviso a spaccare il silenzio

poi quel forte boato ci inchiodò alla terra i teneri corpi

Grida e carne

ossa e sangue

disseminati lungo il fiume come miseri fili d’erba…

Or qui noi giaciamo rivolti sopra fango e neve

atonici immobili

forse aspettando un carro che ci riporti a casa

o forse resteremo cibo per concimar la terra

Ricorderan di noi le nostre glorie

di noi parleranno i libri e poi le genti?

Contarono i morti da una parte e l’altra del confine…

Di cento e cento mai se ne seppe il nome

Scorsero tra le labbra nelle case preghiere e veli neri

e d’occhi negli occhi ormai smarriti legati alle persiane

infiniti

Oh madre che attendesti invano il suo ritorno…

e tu figlio che mai baciasti il viso di tuo padre…

a voi rimase l’immagine sbiadita

una fotografia ingiallita

o forse una medaglia da incorniciar sul muro

ma liquido è il ricordo che sgorga tra le dita

Or là sul Carso aleggiano le ombre

Or là sul Carso vaga

una pietra incisa…