A misura di bambino

Aperta presso la Galleria degli Uffizi di Firenze fino al prossimo 24 aprile, la mostra “A misura di bambino” indaga la vita quotidiana di bambini e bambine dell’impero romano, attraverso giochi e svaghi. Sono un esempio la raffigurazione di Ercole bambino che lotta con i serpenti del I secolo d. C.; una statuetta di gladiatore con accessori componibili come l’elmo e la spada, e un cavallino giocattolo da trainare del II-III secolo d. C., oppure una rara bambola in avorio del III secolo d. C. mai esposta prima d’ora. I riti di passaggio, la dimensione ludica, il rapporto con gli animali, le paure, sono i temi centrali della mostra che propone statuette, sarcofagi, rilievi, giocattoli dei bambini dell’antica Roma.

La strutturazione della mostra permette il dialogo tra i bambini del passato e quelli di oggi, utilizzando lo stesso linguaggio, con apparati didascalici, fumetti, tavole e clip-audio che permettono ai bambini di comprendere quanto esposto, sentendosi la storia vicina. Anche la tipologia di esposizione è fatta per i più piccoli, con gli oggetti esposti più in basso rispetto al solito, in modo che i bambini possano avere i reperti alla loro altezza e osservarli da vicinissimo. Inoltre, un documentario proiettato nell’ambito espositivo permette ai giovani fruitori della mostra di essere catapultati in un giardino della Roma antica dova alcuni bambini, nella simulazione, giocano come farebbero oggi, se si adoperassero più i giocattoli classici che l’elettronica.

La Redazione

Tornano a Verona i quadri rubati a Castelvecchio

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Sono arrivate a Verona il 21 dicembre scorso, le 17 opere trafugate dal Museo di Castelvecchio il 19 novembre 2015 e ritrovate in Ucraina lo scorso 11 maggio. I quadri sono arrivati all’aeroporto Catullo direttamente da Kiev, accompagnati dal Sindaco Flavio Tosi e dal Ministro per i Beni e delle Attività culturali Dario Franceschini, insieme alle Forze dell’Ordine e al conservatore della pinacoteca del Museo di Castelvecchio Ettore Napione.

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“Questo è un momento di grande felicità per tutti i veronesi – ha detto Tosi – la restituzione delle opere d’arte è un avvenimento importantissimo per la nostra città, ma anche la chiusura di una vicenda che è sembrata infinita per chi ha seguito da vicino la dinamica di quanto successo, ma che rispetto ad altre vicende simili si è conclusa in tempi abbastanza rapidi. Doverosi in questo momento, per la splendida e fattiva cooperazione, sono i ringraziamenti al Governo ucraino, e quindi al Premier Poroshenko, al nostro Governo attuale e precedente, al Ministro Franceschini che si è messo a disposizione immediatamente. Un grazie a tutte le Forze dell’Ordine, per il lavoro fatto, e alla Magistratura, per aver dato condanne esemplari che rendono la misura del reato perpetrato. Accogliamo amorevolmente, come fossero dei figli, tutti i nostri quadri che ora torneranno a Castelvecchio”.

L’indomani, 22 dicembre, è iniziato il riallestimento delle 17 opere trafugate. “Con immensa gioia – ha detto Tosi – restituiamo oggi alla città le opere d’arte che ieri sera, a causa di ritardi rispetto al programma, non abbiamo potuto mostrare. Da domani mattina, per un mese, tutti potranno entrare a Castelvecchio con 1 euro e vedere i dipinti, oltre al museo stesso.

Un’occasione imperdibile non solo per guardare da vicino queste opere che da più di un anno aspettavamo di poter rivedere, ma anche per riscoprire questo bellissimo spazio espositivo. Come chiesto dal Governo ucraino al Ministro per i Beni e le Attività culturali Dario Franceschini, inseriremo nelle nostre audioguide la lingua ucraina e, ben volentieri, accoglieremo le opere che hanno chiesto di poterci prestare per ricambiare la mostra che hanno potuto allestire a Kiev, su nostra concessione, con i quadri trafugati. Rinnovo i più sentiti ringraziamenti a tutti coloro che, in maniera differente, hanno sostenuto, creduto e voluto il rientro delle tele, aiutando a vari livelli il buon esito dell’operazione”.

“Tutti i dipinti – ha spiegato Bolla – saranno esposti per un mese e poi a gruppi verranno restaurati, al fine di porre rimedio ai danni subiti: graffi, strappi e ritagli che per fortuna dovrebbero essere facilmente recuperabili. Un grazie alla Soprintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, che ci sta aiutando con l’allestimento dell’esposizione e che si è già messa a disposizione per il restauro di un gruppo di opere, agli Amici dei Musei d’Arte e all’Accademia di Belle Arti per il sostegno che non hanno mai fatto mancare. Nella drammaticità di quanto successo l’intera città ha dimostrato di sapersi unire e si è mobilitata per riavere i quadri, portando avanti anche una grande campagna di sensibilizzazione nei confronti del patrimonio culturale cittadino e del Museo di Castelvecchio”.

“Alcune delle opere … saranno in esposizione alle Gallerie degli Uffizi a Firenze all’interno della mostra “La tutela tricolore”, dedicata ai Carabinieri del Nucleo per la Protezione del Patrimonio”. Lo annuncia il Sindaco Flavio Tosi che, precisa: “le opere prestate saranno esposte a Firenze solo per le ultime settimane della mostra, in programmazione fino al 14 febbraio 2017. La richiesta è pervenuta direttamente dal Ministro Franceschini e dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico, impegnato in prima linea, insieme alle diverse Forze dell’Ordine coinvolte e alla Magistratura, nelle indagini, nel ritrovamento e nella restituzione all’Italia delle 17 opere rubate dal Museo di Castelvecchio nel novembre del 2015”.

Roberto Bolis

(anche per i credit fotografici)

La tutela del Tricolore. I custodi dell’identità culturale

È tradizione che da oltre un decennio le Gallerie degli Uffizi, in occasione delle festività natalizie, offrano una mostra ai fiorentini e ai visitatori di tutto il mondo. Questi eventi hanno finora costituito la serie che portava il felicissimo titolo “I mai visti”, poiché si proponevano opere poco note al grande pubblico, e in genere conservate nei depositi. La sede in cui si svolgeva, le Reali Poste, è stato appena consegnata al cantiere Nuovi Uffizi, per il proseguimento dei lavori nell’ala di ponente del museo.

La mostra del Natale 2016 inaugura invece l’Aula Magliabechiana, che d’ora in poi sarà riservata alle esposizioni temporanee degli Uffizi, ubicata sotto l’omonima Biblioteca.

“L’inaugurazione del primo spazio permanente delle Gallerie degli Uffizi dedicato a questa funzione” – dichiara il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike D. Schmidt – “suggerisce un tema importante di riflessione, di carattere fondamentale e storico-istituzionale, sul ruolo che l’arte pubblica riveste per la collettività e sulle strategie specifiche che si sono sviluppate nel sistema italiano, dalla Seconda Guerra mondiale in poi, per la sua protezione e il suo recupero. È un compito delicato, che esige competenze altissime, e che necessita della stretta collaborazione tra il Ministero ai beni e le attività culturali e del turismo e il Comando Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri.”

Nelle circostanze in cui viviamo, e dopo i recenti terremoti, nessun argomento poteva essere più calzante di quello scelto per la mostra di quest’anno: come esprime il suo stesso titolo, La tutela tricolore. I custodi dell’identità culturale essa stimolerà nel pubblico quella riflessione auspicata dal Direttore Eike Schmidt, non solo narrando gli avvenimenti storici che hanno coinvolto e troppo spesso ferito il nostro patrimonio culturale dalla Seconda Guerra mondiale ai nostri giorni, ma anche le azioni legislative e istituzionali che hanno il compito di proteggerlo e custodirlo per le future generazioni. Tra queste la creazione – caso unico al mondo – di un corpo di polizia “specializzato”, il Comando Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri che, in quasi mezzo secolo di attività, ha preso parte attiva nella difesa e recupero dei nostri beni culturali.

Simili iniziative accrescono la consapevolezza di quanto l’identità dell’Italia sia strettamente legata al suo patrimonio di bellezza, frutto delle numerose civiltà che nei secoli sono fiorite sul nostro territorio. “Un bene prezioso che appartiene all’intera umanità e deve essere salvaguardato e trasmesso alle prossime generazioni nella sua integrità. Un compito nobile che l’intero Paese è chiamato ad assolvere, come ben ci ricorda questa mostra” (Dario Franceschini, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo).

 

L’esposizione si articola in otto sezioni che renderanno conto dei crimini contro il nostro patrimonio – da quelli di guerra a quelli terroristici, fino ai furti con scopo di lucro e agli scavi clandestini con conseguenti esportazioni illecite (attività quest’ultima legata alle organizzazioni criminali di stampo mafioso e in passato assecondata perfino da istituzioni straniere troppo spesso indifferenti alla provenienza illecita di quanto acquistavano) e dell’opera meritoria del Comando Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri.

Accolta sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, la mostra, diretta e curata da Eike D. Schmidt con Fabrizio Paolucci, Daniela Parenti e Francesca De Luca, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, l’Arma dei Carabinieri, il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, le Gallerie degli Uffizi, Firenze Musei, la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, Open Group, e l’Associazione First Social Life. Il catalogo della mostra è edito da Sillabe.

Firenze, Uffizi – Aula Magliabechiana, fino al 14 febbraio 2017.

Barbara Izzo

 

 

 

 

Puro, semplice e naturale nell’arte a Firenze tra Cinque e Seicento

La seconda mostra di Firenze 2014. Un anno ad arte ospitata e realizzata dalla Galleria degli Uffizi, dal titolo “Puro, semplice e naturale nell’arte a Firenze tra Cinque e Seicento” è, nel rispetto della tradizione di queste rassegne espositive che hanno luogo nei musei statali fiorentini dal 2006, il risultato di un appassionato studio critico – scientifico della pittura fiorentina fra Cinquecento e Seicento, condotto da Alessandra Giannotti e Claudio Pizzorusso, docenti universitari presso l’Università per Stranieri di Siena.

La mostra, aperta fino al 2 novembre 2014, intende sovvertire il luogo comune di una cultura fiorentina passatista, rivelando la forza di novità presente anche in quella linea dell’arte cittadina che, tra Quattro e Seicento, restò fedele ai propri modelli, mettendo in luce la “novità della tradizione”.

Giorgio Vasari esaltava la «Maniera moderna» come superamento della tradizione quattrocentesca, ormai arcaica, e collocava Leonardo, Michelangelo e Raffaello al centro di questo periodo di «somma perfezione»; a loro, ma con minor grado di convinzione, egli affiancava Fra’ Bartolomeo e Andrea del Sarto, disegnatori esemplari, meticolosi imitatori della natura, ideatori di opere devote. Vasari, artista della sontuosa corte del duca Cosimo I de’ Medici, era però lontano da quei maestri, sostenitori di una tradizione “pura, semplice e naturale”, e interpreti di una tendenza che a lui appariva superata e senza futuro.

Andrea del Sarto e Fra’ Bartolomeo restarono invece punti di riferimento negli anni della magnificenza medicea, ma soprattutto ridiventarono attuali alla fine del Cinquecento – tanto da soppiantare il “vasarismo” – per rispondere alle esigenze dottrinarie sancite dal Concilio di Trento. Santi di Tito e Jacopo da Empoli si impegnarono allora in un rilancio di quei maestri, animato da nuovo vigore, e l’operazione venne riproposta a metà Seicento, con diverso senso di modernità, da Lorenzo Lippi e Antonio Novelli, come alternativa alla dilagante figurazione barocca.

La mostra, strutturata in cinque sezioni cronologiche, e quattro tematiche – in cui i dipinti e le sculture (72 in tutto) sono allestiti, a titolo esemplificativo, privilegiando valori di coesione stilistica e iconografica entro un’ampia forbice cronologica – presenta una vera e propria rassegna di capolavori, molti dei quali appositamente restaurati per l’occasione. In apertura, l’esposizione accosta le Annunciazioni di Andrea della Robbia, Andrea del Sarto, Santi di Tito e Jacopo da Empoli, offrendo un colpo d’occhio sui tratti di cultura che legano i maestri della «Maniera moderna» e la compagine di artisti operanti a Firenze tra istanze di riforma e primo naturalismo seicentesco.

Nella Firenze del primo Cinquecento il registro di nobile chiarezza ispirato al pensiero di Fra’ Girolamo Savonarola era un linguaggio condiviso dagli artisti a lui vicini, come Lorenzo di Credi e Fra’ Bartolomeo, Ridolfo del Ghirlandaio e i Della Robbia. Alcuni di loro facevano capo alla “Scuola di San Marco”, punto di riferimento della comunità degli artisti che proponevano immagini di una religiosità essenziale e austera, comprensibile anche ai semplici e agli illetterati. Con loro e con Andrea del Sarto, maestro insuperabile del disegno dal naturale, si fondarono quei princìpi della “fiorentinità” che resteranno validi per oltre un secolo e mezzo: uno stile fatto di parole usuali, ordinate secondo una chiara sintassi, che modella con plastica evidenza figure e cose. Come si leggerà nel catalogo edito da Giunti e curato, come la mostra, da Alessandra Giannotti e Claudio Pizzorusso, questi valori si rispecchiano anche nel dibattito sulla lingua e nella spiritualità popolare.

I maestri (Andrea della Robbia e Andrea del Sarto, Fra’ Bartolomeo e Andrea Sansovino), eredi del Quattrocento, sono al tempo stesso fondatori di un’ “ordinata maniera” moderna, radicatasi con Franciabigio, Bugiardini, Sogliani. Superate le generazioni di Bronzino e Alessandro Allori, custodi di una vena naturalistica attenta alla verità ottica delle cose, si approda al “Seicento contromano”, dove sono riuniti artisti che hanno rilevato quest’identità “purista” fiorentina, traendone impulso per tracciare una linea “diversa” dal caravaggismo e dal barocco: da Santi di Tito a Jacopo da Empoli, da Ottavio Vannini (finalmente visibile a Firenze un suo capolavoro del Musée des Beaux-Arts di Nantes) a Lorenzo Lippi, grande interprete di un moderno naturalismo.

Dopo una sala dedicata al disegno dal vero, che spazia da Andrea del Sarto e Pontormo alla metà del Seicento, gli stessi artisti si ripresentano accostati per temi: “pitture di casa”, di affetti intimi, col bel Fra’ Bartolomeo del County Museum di Los Angeles; “pitture di cose”, dove si ergono a protagonisti gli oggetti domestici (da segnalare il magnifico Franciabigio dalle Collezioni Reali inglesi); la “tradizione del sacro”, che chiude la mostra con uno spettacolare trittico di busti del Redentore, di Torrigiani (riscoperto in Gran Bretagna), di Caccini (un miracoloso recupero conservativo) e di Novelli (dal Metropolitan di New York).

La mostra è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizi, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Barbara Izzo

Le stanze delle muse

Nota a livello internazionale, la raccolta Molinari Pradelli è la più significativa formatasi a Bologna nel Novecento e si segnala, oltre che per la consistenza delle opere e la selezionata qualità, per la specifica connotazione conferitale dal gusto raffinato del celebre direttore d’orchestra Francesco Molinari Pradelli (1911-1996) attraverso i numerosi viaggi e le relazioni internazionali sull’onda del successo della professione.

Con una mostra di cento dipinti della raffinata collezione la Galleria degli Uffizi vuole rendere ‘omaggio alla grande personalità del maestro, direttore d’orchestra di fama e d’attività mondiali, che ebbe con Firenze un lungo e fruttuoso rapporto grazie alla sua presenza nel Teatro allora Comunale e nei programmi del Maggio Musicale Fiorentino’ (Cistina Acidini).

Francesco Molinari Pradelli nacque a Bologna nel 1911 e frequentò il Liceo musicale “Gian Battista Martini” sotto la guida di Filippo Ivaldi per il pianoforte e di Cesare Nordio per la direzione d’orchestra. Completò la propria formazione musicale a Roma, dove, già alle prime esibizioni, la stampa lo definì, nel 1938, “direttore di sicuro avvenire” mentre Arturo Toscanini lo segnalò come giovane che “ha del talento e farà carriera”. A Roma si distinse nella direzione di concerti avendo come solisti Arturo Benedetti Michelangeli e Wilhelm Kempff. Negli anni Quaranta comparve sulle scene a Milano, Pesaro, Trieste, Bologna e Firenze dirigendo in particolare pezzi di Mozart, Beethoven, Brahms, Wagner. Ebbe inizio, con la tournée ungherese del 1949, il successo internazionale che lo portò sul podio dei principali teatri europei e americani con un repertorio di trentatre concerti e di ventotto realizzazioni operistiche, dal 1938 al 1982. Tra le affermazioni più lusinghiere si ricordano gli spettacoli dell’Arena di Verona: il Guglielmo Tell di Rossini (1965), la Norma di Bellini con la Montserrat Caballé (1974), replicata a Mosca, e inoltre la Carmen di Bizet nel 1961 con cantanti d’eccezione e la Turandot di Puccini in uno spettacolo del 1969 che vide il debutto di Plácido Domingo. Non si possono tralasciare le sei stagioni consecutive all’Opera di Vienna e soprattutto i grandi successi nei teatri americani, dapprima a San Francisco poi, dal 1966, al Metropolitan di New York. Assidua fu la sua presenza a Firenze per oltre trent’anni, a partire dal 1942, come direttore dell’orchestra del Teatro Comunale con una decina di concerti sinfonici di sicuro successo nei quali ricorrenti furono i nomi di Beethoven, Rossini, Brahms, Caikovskij, Wagner. Risale alla stagione 1964-65 la direzione dell’opera verdiana Forza del destino, da tempo nel suo repertorio, mentre data al 1967 il debutto lirico al Maggio Musicale Fiorentino con il moderno recupero di Maria Stuarda di Donizetti, cui seguirono la direzione della Carmen (1968) e Lohengrin (1971).

A partire dagli anni Cinquanta il maestro coltivò una crescente passione per la pittura raccogliendo dapprima dipinti dell’Ottocento, quindi rivolgendosi alla pittura barocca spinto da un’attrazione del tutto originale verso il genere della natura morta i cui studi erano allora alle origini, con un’ottica che univa al piacere del possesso e all’apprezzamento estetico il desiderio di conoscenza, sollecitato dalle visite ai musei e alle mostre nelle città in cui la carriera professionale lo portava (ne sono testimonianza la quantità di libri e riviste specialistiche presenti nell’abitazione, le fotografie, gli appunti delle ricerche storico-artistiche condotte con la consultazione delle fonti storiografiche, la fitta corrispondenza epistolare e le relazioni con gli storici dell’arte, da Roberto Longhi a Federico Zeri, da Francesco Arcangeli a Carlo Volpe, da Ferdinando Bologna a Marcel Roethlinsberger, da Erich Schleier a Giuliano Briganti e a Mina Gregori.).

‘La sua predilezione per le “nature morte” in un tempo in cui non erano tanti i loro estimatori (lo sarebbero invece diventati dopo) offre il primo spunto di riflessione sull’indipendenza di giudizio di Molinari Pradelli. Lui, ch’era maestro internazionalmente celebrato, dimostra, scegliendo un genere di pittura poco ambìto, di non fondare le sue scelte d’amatore d’arte sui pareri degli storici e dei critici, né tanto meno di tener conto dell’onda delle mode. Come fa ogni collezionista culturalmente elegante, si disinteressava delle convenzioni. Non attribuendo ai quadri,  poi, valore d’investimento, non si curava di quello che piaceva agli altri, ma cercava di far suo ciò che piaceva a lui; e non rincorreva i nomi eccellenti (che difatti nella raccolta non si troveranno). L’aspirazione di lui era quella d’acquisire opere che gli fossero consentanee. N’è venuta una collezione ch’è lo specchio veridico della sua disposizione ideologica, per nulla incline al conformismo’ (Antonio Natali).

La collezione di circa duecento quadri che nel corso del tempo rivestirono le pareti della residenza bolognese e quindi della villa a Marano di Castenaso è stata ammirata dai maggiori storici dell’arte del Novecento, europei e americani. Come la mostra documenta, attraverso la selezione di cento dipinti, il maestro privilegiò rigorosamente la pittura del Seicento e del Settecento documentando le diverse scuole italiane, senza eccezione, con specifica attenzione ai bozzetti e ai modelletti. E se prevalenti sono i dipinti di figura della scuola emiliana – con opere di Pietro Faccini, Mastelletta, Guido Cagnacci, Marcantonio Franceschini e soprattutto i fratelli Gandolfi – e di quella napoletana – con dipinti di Luca Giordano, Micco Spadaro, Francesco De Mura, Lorenzo De Caro etc. -, non mancano capolavori di artisti veneti – Palma il Giovane, Alessandro Turchi, Sebastiano Ricci, Giovanni Battista Pittoni -, di artisti liguri e lombardi – Bernardo Strozzi, Bartolomeo Biscaino, Giulio Cesare Procaccini, Carlo Francesco Nuvolone, fra Galgario, Giuseppe Bazzani – e di artisti romani quali Gaspard Dughet, Pier Francesco Mola, Lazzaro Baldi, Paolo Monaldi.

A conferire alla collezione, molto precocemente, una notorietà internazionale furono tuttavia proprio i numerosi dipinti di natura morta di artisti come Jacopo da Empoli, Luca Forte, Giuseppe Recco, Cristoforo Munari, Arcangelo Resani, Carlo Magini, segno di un intuito fuori dal comune che fece del noto direttore d’orchestra un autentico conoscitore della pittura barocca italiana, antesignano dei moderni studi sulla natura morta.

La mostra, a cura di Angelo Mazza come il catalogo edito da Giunti, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizi, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Ad arricchire la mostra è una sezione cinematografica, a cura del regista Pupi Avati – con la collaborazione di Armando Chianese  – che evoca la Bologna del tempo del grande maestro e collezionista, che Avati ricorda di aver incontrato nella sua infanzia in più occasioni e con emozione poiché suo padre Angelo Avati era rinomato antiquario e collezionista d’arte in città.

“Le stanze delle muse. Dipinti barocchi dalle collezioni di Francesco Molinari Pradelli”.

Galleria degli Uffizi, fino all’ 11 maggio 2014, dal martedì alla domenica 8.15 – 18.50; la biglietteria chiude alle 18.05.

Chiuso il lunedì e il 1 maggio.

Biglietti: intero: € 11.00; ridotto: € 5.50 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 ed i 25 anni. Gratuità del biglietto per i  minori di 18anni e per i cittadini dell’U.E. sopra i 65 anni.

Articolo di Firenze Musei