Arts & New Media Room a Ravenna

Il MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna  ha un nuovo spazio di sperimentazione creativa, luogo versatile di condivisione e di partecipazione nel quale si condenseranno e si ibrideranno funzione espositiva e funzione laboratoriale: la Arts & New Media Room, che rappresenta l’anima più innovativa e sperimentale del museo.
Con il nuovo spazio ci si prefigge di stimolare nuovi ed inconsueti processi creativi ospitando periodicamente eventi espositivi dedicati ai più innovativi territori della contemporaneità, installazioni ambientali, performance, ma anche momenti di formazione con esperti, laboratori e residenze artistiche, che consentiranno inoltre di sondare il rapporto fra la creatività artistica e le nuove frontiere della tecnologia.

“La Arts & New Media Room ospita Spazio Neutro, un percorso espositivo curato direttamente dal museo e nel contempo è il punto di contatto con l’effervescente creatività che gravita attorno al MAR, che trova così nuovi spazi e nuove opportunità. Prosegue quindi il percorso per rendere il MAR sempre più aperto, connesso e accessibile. Una piattaforma di socialità, attenta al benessere dei cittadini, che fa delle relazioni e dell’innovazione la sua cifra distintiva” (Roberto Cantagalli, direttore del MAR ).

L’attivazione dell’Arts & New Media Room è stata resa possibile grazie alle risorse derivanti dal progetto di inclusione digitale Digital Unite, finanziato con fondi PR FESR-Regione Emilia-Romagna 2021/27 e dal progetto VALUE PLUS, finanziato nell’ambito del programma europeo Interreg Italia – Croazia 2021/27.

“Con il progetto Spazio Neutro il MAR si arricchisce di un nuovo luogo e una nuova funzione. Una Project Room pensata, come avviene in tanti musei europei e nel mondo, per ampliare le possibilità del museo di ospitare e sostenere progetti di artisti e artiste: uno spazio dove la stessa fruizione possa essere immaginata in modi inediti e sperimentali. Un ulteriore passo di apertura del museo alla città e al contemporaneo” (Fabio Sbaraglia, Sindaco f.f. del Comune di Ravenna ).

Il primo percorso espositivo di SPAZIO NEUTRO è dedicato all’artista Diego Miguel Mirabella.

SPAZIO NEUTRO è un progetto che propone al pubblico un punto di vista alternativo nella visione delle opere d’arte.

Il museo, nella sua caratterizzazione più classica, e per convenzione, richiede una certa distanza dall’opera per la sua fruizione, richiede compostezza formale, chiede silenzio. La visione di una collezione in un museo è sempre dettata da principi museologici e museografici che in questo spazio neutro, vengono ribaltati, cercando di modificare la relazione con le opere lì installate.

Il progetto, ideato e diretto da Giorgia Salerno, curatrice e conservatrice delle collezioni del Museo, vedrà la presenza di artisti contemporanei chiamati a ripensare la propria opera in relazione allo spazio fornendo al pubblico un modo alternativo di vivere l’opera e abitare pienamente l’ambiente. Alla base della programmazione, inoltre, vi è l’esigenza di affrontare tematiche attuali che coinvolgono i musei internazionali, come l’evoluzione del museo relazionale, la decolonizzazione delle collezioni e le IA generative.

Il progetto di Diego Miguel Mirabella, creato specificamente per il Museo e visitabile fino al 2 febbraio prossimo, si estende a tutte le pareti dello spazio. Non ci sono confini nel diramarsi dell’ornato, interrotto solo dall’artificio della luce riflessa delle finestre della sala creato dall’artista. La decorazione, che prende ispirazione dalle memorie visive dell’artista e dall’ornato musivo ravennate, diviene qui un paesaggio in continua evoluzione narrativa, stilistica e cromatica. Mirabella si muove su diversi registri culturali, dall’Occidente all’Oriente e, spaziando dalla pittura alla scultura, utilizza la decorazione ornamentale come una vera e propria lingua visiva, che a volte si intreccia con la parola al fine di narrare storie che, in questa occasione, conducono lo spettatore in una dimensione quasi onirica, in cui gli elementi si celano o si mostrano a chi guarda. I pigmenti presenti sulle pareti, uniti alla polvere di mosaico, avvolgono il pubblico che, come immerso nello spazio, diviene parte integrante dell’opera, della storia narrata dall’artista. Lo spazio continua la sua vita anche di notte, quando la luce artificiale esterna attraversa le finestre e si sovrappone all’illusione visiva creata dall’artista, custodendo una segreta felicità. Per la natura coinvolgente del progetto e con l’obiettivo di offrire un nuovo punto di vista, il pubblico potrà sostare all’interno dello spazio in modo informale, sedendosi per terra, sdraiandosi o nella modalità che più riterrà comoda per entrare in relazione con l’opera d’arte.

MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna, Arts & New Media Room aperto dal martedì –al sabato alle ore 9.00 – 18.00, e domenica alle ore 10.00 – 19.00; dal 14 gennaio l’orario di apertura della domenica sarà 15.00 – 19.00; ingresso compreso nel biglietto del Museo.

MAR anche per la fotografia

Andrea Emiliani e la Romagna. Progetti, passioni, tutela e cura del bello

Venerdì 19 aprile 2024 dalle ore 10.00 alle ore 19.00 il MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna ospita una giornata di studi dedicata ad Andrea Emiliani, che fu già presidente onorario dell’Istituzione.
L’idea e il desiderio  di una giornata di incontri e testimonianze sono nate da varie conversazioni  informali di alcuni storici dell’arte e architetti con Letizia Lodi e tra i primi Claudio Spadoni, Marina Foschi, Jadranka Bentini, Luciana Prati, Francesca Valli, Elena Rossoni, Anna Stanzani, che esprimevano l’esigenza di dedicare un incontro, non accademico, incentrato sul territorio romagnolo,  radice così forte per  Emiliani,  che ricordasse i numerosi progetti e i risultati ottenuti dal  Suo indefesso lavoro sul campo, sempre lungimirante e ancor oggi esempio fondamentale non solo per la tutela e lo spessore dei progetti, ma per le passioni e condivisioni che sapeva suscitare.
Una giornata di testimonianze e interventi sulle varie realtà della Romagna, ad iniziare proprio dal MAR di Ravenna, del cui Cda Emiliani fu presidente onorario per circa vent’anni, e alla partecipazione e co-curatela con Claudio Spadoni di importanti mostre come Turner Monet Pollock. Dal Romanticismo all’Informale. Omaggio a Francesco Arcangeli del 2006 o La cura del bello musei, storie, paesaggi per Corrado Ricci del 2008, solo per ricordarne alcune; per proseguire con la complessa realtà di Forlì e con i primi censimenti fotografici di Paolo Monti tra paesaggio, realtà rurale, architetture che documentano la sua attività del IBC.
Anche la formazione di Andrea Emiliani, prima di diventare funzionario e poi Soprintendente, viene ricordata da Anna Stanzani così come la sua attività di studioso e di pubblicista. In particolare verrà argomentata la curatela degli splendidi due volumi degli inizi anni Sessanta, intitolati Questa Romagna, impresa editoriale  che già bene individuava “una sub regione nella sua identità e immaterialità”  e che testimoniava quello “ sconfinamento” che sarà peculiare degli scritti di Emiliani insieme ad uno  specifico profilo espressivo, empatico ma sempre ricercato, caratterizzato  da un’ “appropriatezza lessicale” in parte mutuata dalla prosa novecentesca dei suoi maestri, come bene ricorda Roberto Balzani. Per l’attività a Faenza il ricordo è affidato ad Elena Rossoni, che ne metterà in evidenza il ruolo fondamentale per l’acquisto di Palazzo Milzetti ora Museo dell’età neoclassica in Romagna, mentre Franco Bertoni ne sottolineerà l’impegno per l’insegnamento all’ ISIA e altri studi condivisi.  E ancora sono testimoniate le affinità con Gino Pavan Soprintendente a Ravenna, da Emanuela Fiori la presentazione del restauro degli Affreschi di Santa Chiara a Ravenna, e da Giordano Conti le tante iniziative del cosiddetto ‘Museo diffuso’ a Cesena. E’ previsto anche un contributo da remoto del fratello Vittorio Emiliani.
Una Romagna condivisa, dal titolo dell’intervento di Jadranka Bentini, intende essere il fil rouge di questa giornata, che ha un intento “corale” appunto nelle varie testimonianze dei protagonisti della tutela, conservatori, architetti e studiosi docenti, allievi e amici che l’hanno affiancato sul campo dagli anni Sessanta al primo decennio del XXI secolo. L’auspicio dei relatori è che si tratti solo di un primo spazio di condivisione, che negli Atti potrà essere integrato da altri interventi di studiosi che non hanno potuto essere presenti e che sia seguito in futuro da altre giornate di studio e di confronti.

Andrea Emiliani e la Romagna. Progetti, passioni, tutela e cura del bello
Giornata di studi a cura di Letizia Lodi storico dell’are, Mic –  curatore, Pinacoteca di Brera
venerdì 19 aprile dalle ore 10.00 alle ore 19.00
MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna, Sala Martini, Via di Roma 13, Ravenna
Ingresso libero

Sebastião Salgado. Exodus – Umanità in cammino

Nel 1993 Sebastião Salgado inizia il suo viaggio fotografico, fisico ed esistenziale nella galassia delle migrazioni. In sei anni il reporter brasiliano ha percorso quattro continenti con opere che catturano partenze e approdi, campi profughi dove milioni di persone vivono un destino incerto. Da allora la mappa del mondo appare cambiata, ma l’esodo di intere popolazioni è quanto mai attuale e le condizioni di profughi o migranti rappresentano uno scenario che assume dimensioni sempre più globali.

In occasione del Festival delle culture, le fotografie di Salgado giungono dal 22 marzo al 2 giugno 2024 al MAR Museo d’Arte della città di Ravenna in una grande mostra organizzata dal Comune di Ravenna -Assessorato alla Cultura e Mosaico e Assessorato all’ Immigrazione, Politiche e Cultura di Genere –  in collaborazione con Contrasto e grazie al contributo della Regione Emilia – RomagnaFondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione Cittalia Anci.

Attraverso 180 fotografie la mostra Exodus – Umanità in cammino, a cura da Lélia Wanick Salgado, si compone di varie sezioni a carattere geo-politico.
La prima sezione, intitolata Migranti e profughi: l’istinto di sopravvivenza, tratta in particolar modo le motivazioni che tristemente accomunano i profughi: la povertà e la violenza, il sogno di una vita migliore, la speranza.

La seconda sezione, La tragedia africana: un continente alla deriva, si concentra sul trauma della sofferenza e disperazione di popoli profondamente segnati dalla povertà, dalla fame, dalla corruzione, dal dispotismo e dalla guerra nonostante l’Africa sia un continente con una storia importante per l’umanità, in grande fermento, ricco di energie e vitalità, oltre che di materie prime e ricchezze naturali.

La terza sezione, L’America latina: esodo rurale, disordine urbano, racconta una parte del mondo segnata dalla migrazione di decine di milioni di contadini, spinti dalla povertà, verso le aree urbane come Città del Messico e San Paolo, circondate da baraccopoli, dove persino la vita privilegiata è assediata dalla violenza.

La sezione Asia: il nuovo volto urbano del mondo si concentra sull’esodo di massa dalla povertà rurale alla creazione di megalopoli in cui i migranti vivono in condizioni precarie, pur credendo di aver fatto un passo verso una vita migliore.

Chiude la mostra una sala dedicata ai ritratti di bambini, rappresentativi di altre decine di milioni che si possono incontrare nelle baraccopoli, nei campi profughi e negli insediamenti rurali di America Latina, Africa, Asia ed Europa. La particolarità di questi ritratti risiede nel fatto che hanno scelto di essere fotografati, scegliendo loro la posa da assumere davanti alla macchina fotografica del grande fotoreporter, compiendo così un fiero atto di autodeterminazione di quelle che sono le vittime principali dei fenomeni migratori, senza alcun controllo sul proprio destino.

La mostra, realizzata in collaborazione con Contrasto, che da anni si occupa di promuovere il lavoro di Sebastião Salgado in Italia, fa parte degli eventi del Festival delle Culture in programma a Ravenna dal 12 marzo al 20 luglio 2024 e simbolicamente inaugura il 21 marzo, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale; sarà accompagnata da workshop, conferenze e da un consistente percorso laboratoriale rivolto alle scuole e alle famiglie.

“Le fotografie che troveremo in mostra sono state scattate molti anni fa – dichiarano il sindaco Michele de Pascale e l’assessore alla Cultura Fabio Sbaraglia – ma sembrano quasi appartenere ad un tempo sospeso. Molte delle domande che ci suscitano infatti restano tuttora attuali e purtroppo senza risposta. Sono interrogativi che ancora una volta evidenziano come l’arte non sia mai un’espressione fine a sé stessa, ma che sempre riflette e racconta, per assonanza o per contrasto, e attraverso il filtro della sensibilità dell’artista, la complessità del contesto umano e sociale del proprio tempo. Ecco quindi che mondi e fenomeni apparentemente così lontani sono in realtà molto vicini, soprattutto per una città come Ravenna, che della contaminazione e dell’accoglienza ha fatto un tratto identitario. Siamo certi che questa mostra, per tutti coloro che avranno la fortuna e il piacere di visitarla, rappresenterà uno sguardo attento e profondo su mondi e umanità che non possono più essere ignorati”.

MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna
Enti promotori: Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura e Mosaico, Assessorato
all’Immigrazione, Politiche e Cultura di Genere
Ente organizzatore: MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna, in collaborazione con Contrasto
Dal 22 marzo al 02 giugno 2024
Inaugurazione: 21 marzo 2024, ore 18.00

Veronica Grego

I Mosaici Contemporanei del MAR

Il 12 maggio scorso ha riaperto al pubblico la Collezione di Mosaici Contemporanei del MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna, uno dei più importanti patrimoni artistici della città dopo i lavori propedeutici al riallestimento. Ravenna si presenta sempre di più al pubblico come Città del mosaico confermando la propria vocazione artistica incentrata sulla produzione contemporanea ma sempre idealmente collegata all’antica tradizione di epoca bizantina, in un costante dialogo.

Unica al mondo, la collezione allestita in tutti gli spazi espositivi del piano terra del museo, compreso il quadriportico, ripercorre lo sviluppo che la tecnica del mosaico ha avuto a partire dalle esperienze maturate a Ravenna, a livello nazionale e internazionale, dal secondo decennio del Novecento ad oggi e comprende più di 90 opere. I lavori di riallestimento sono stati realizzati grazie al prezioso sostegno della Regione Emilia-Romagna, del Programma POR FESR Emilia-Romagna 2014/2020 – Asse 6 – Azioni 2.3.1. “Città Attrattive e Partecipate” e al Rotary Club di Ravenna.

Il percorso espositivo è articolato in tre sezioni: Mosaici Moderni Mostra 1959, Mosaico & Design e Declinazioni Contemporanee.

Il progetto di riallestimento è stato realizzato dallo Studio MACRO Macchine Narrative di Lucca insieme alla direzione del MAR e al comitato scientifico composto da: Cristina Ambrosini, Daniele Astrologo, Maria Rita Bentini, Roberto Cantagalli, Maria Cristina Carile, Fabio De Chirico, Emanuela Fiori, Giovanni Scapini, Luisa Tori, ed è pensato con la volontà di offrire al visitatore un’esperienza unica accompagnato da video multimediali a supporto della visita.

Il percorso si apre con le opere realizzate in occasione della Mostra dei Mosaici Moderni inaugurata nel 1959, momento cardine del rinnovamento dell’arte musiva. Questa sezione rappresenta il nucleo centrale della collezione e su cui si è andata sviluppando l’intera raccolta. Il progetto nasce in seno al Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Ravenna e di seguito viene organizzato e promosso da Giuseppe Bovini che intense porre la tecnica musiva al servizio dell’arte contemporanea, e finanziato dal Rotary Club, dalla Camera di Commercio di Ravenna, dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo e dall’Ente Provinciale del Turismo.

Ad alcuni dei principali protagonisti della scena artistica fu chiesto di eseguire i bozzetti preparatori di opere destinate ad essere realizzate in mosaico.

Per la quasi totalità delle opere di questo piano di rilancio del mosaico sono presenti in collezione il cartone preparatorio e l’opera musiva, permettendo un affascinante confronto tra due forme di una stessa idea artistica. Il progetto prevedeva la collaborazione fra i mosaicisti ravennati e venti rinomati artisti, individuati dal comitato artistico, ai quali fu richiesto l’invio di un disegno preparatorio, il cosiddetto “cartone”, finalizzato alla realizzazione di un’opera in mosaico.

Gli artisti furono scelti dal comitato artistico che vedeva coinvolti gli storici dell’arte Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli: Afro, Birolli, Cagli, Campigli, Capogrossi, Cassinari, Chagall, Corpora, Deluigi, Gentilini, Guttuso, Mathieu, Mirko, Moreni, Paulucci, Reggiani, Saetti, Sandqvist, Santomaso e Vedova che, a partire dal 1951, vennero contattati da Bovini stesso. Anche Henri Matisse aderì con entusiasmo all’iniziativa ma non riuscì a perfezionare il progetto perché scomparve nel 1954.

L’intento del progetto del 1959 non era creare una mostra di quadri a mosaico ma dimostrare l’attualità del mosaico sollecitando una stretta collaborazione fra artisti in grado di riproporre l’antica distinzione fra i pictores imaginarii, coloro che progettavano il disegno, e i pictores musivarii che avevano invece il compito di eseguirne la realizzazione a mosaico.

La mostra del 1959, oltre all’applicazione del mosaico in favore dell’espressività artistica moderna, fu di importanza capitale per l’evoluzione dell’idea stessa di mosaico perché innescò fenomeni e approcci volti all’emancipazione dalla “traduzione” in opera musiva di disegni preparatori considerando il mosaico come opera autonoma, sottoposta soltanto al proprio potenziale espressivo intrinseco. I mosaici di questa sezione sono di proprietà della Provincia di Ravenna, della Camera di commercio di Ferrara e Ravenna e del Rotary Club Ravenna, che nel 2007 le hanno concesse in comodato al MAR.

La seconda sezione dell’allestimento propone il tema del Mosaico & Design: le opere esposte al MAR sono state progettate dallo Studio Alchimia di Milano (1976-1992), fondato dai fratelli Adriana e Alessandro Guerriero, attorno al quale gravita un gruppo di progettisti, architetti e artisti che hanno fatto la storia del design italiano. 

L’attuale allestimento ripropone l’esperienza artistica dello Studio Alchimia che poneva l’accento sul ritorno a un artigianato colto e nobile come si può ammirare nelle opere il Ritratto di Mendini, la Testa di Guerriero e il Mobile aulico. La realizzazione del progetto fu affidata all’Associazione Mosaicisti di Ravenna, ma all’impresa collaborarono anche la Cooperativa Mosaicisti di Ravenna e lo Studio Signorini.

Il percorso espositivo prosegue con l’ultima sezione Declinazioni Contemporanee che documenta come dagli anni Settanta si sviluppa una nuova fase di ricerca in cui alcuni mosaicisti si emancipano definitivamente dal ruolo di esecutori. Il cuore pulsante di questa ricerca è proprio Ravenna.

Sulle radici culturali dei fasti e degli splendori della Capitale dell’Impero bizantino si definisce sempre più l’esigenza di voler tracciare una nuova strada per sperimentare nuove connessioni. Gli artisti iniziano a creare opere musive senza schemi prefissati, superando il confronto con il passato e con la consapevolezza di agire nel solco di una straordinaria eredità culturale.

Il mosaico non è più realizzato solo con tessere ma si compone anche attraverso tecniche pittoriche e scultoree, con il frequente utilizzo di materiali originali ed eterogenei. In quest’ottica si inseriscono le collaborazioni con artisti internazionali come Valerio Adami, Michelangelo Antonioni, Balthus, Giosetta Fioroni, Piero Gilardi, Luigi Ontani, Mimmo Paladino e le sperimentazioni dei mosaicisti ravennati. Le interpretazioni musive esposte al MAR sono frutto di sedimentazioni culturali diverse, il mosaico si affranca dalla sua caratterizzazione più tradizionale per interpretare pienamente la contemporaneità e racconta un’evoluzione non solo stilistica ma anche concettuale che non può prescindere dalla trasformazione del ruolo del mosaicista-artista.

La collezione documenta come gli ultimi decenni hanno portato i mosaicisti a progettare e a realizzare sempre più frequentemente opere di propria concezione per confrontarsi direttamente con le tematiche, gli strumenti, i materiali e le sfide dei nostri tempi, liberi di seguire gli stili e proporre le soluzioni più personali e diverse, dal figurativo all’Astrattismo, dalla Pop art all’Arte Povera fino al citazionismo insito nel Postmoderno.

Ravenna accoglie tutto questo, vive di queste esperienze volte a valorizzare e promuovere la città dal punto di vista culturale e turistico, tramite manifestazioni come la Biennale di mosaico contemporaneo e il concorso GAeM Giovani Artisti e Mosaico da cui, negli anni, sono emersi artisti aperti alle più diverse soluzioni linguistiche, a contaminazioni e intrecci inattesi e che custodiscono, in ogni caso, la memoria dell’antico.

Grazie a questi eventi e alle donazioni la collezione si arricchisce ogni anno di numerose opere che rendono questa raccolta aperta alle più recenti novità, senza confini e dal carattere internazionale completando l’esperienza conoscitiva del mosaico ravennate, con una straordinaria panoramica sulle espressioni del contemporaneo dagli anni ‘50 fino ai nostri giorni.

L’allestimento è correlato anche da apparati video che documentano come la città, nel tempo, viene impreziosita da moltissime opere pubbliche che ne decorano il tessuto urbano: dai giardini alle rotonde, alle fontane, ai parchi. L’esempio più importante di arte pubblica a Ravenna è senza dubbio il Parco della Pace, inaugurato nel 1988, dove la tecnica musiva è impiegata in tutte le sue forme e declinazioni. L’idea di creare un luogo di celebrazione della pace fra i popoli venne proposta nel 1982 dall’Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei (AIMC) dal mosaicista belga Claude Rahir.

Il riallestimento è anche occasione per una lettura complessiva della storia del mosaico ravennate del Novecento, per questo è stato costruito un percorso che guarda alle radici classiche del mosaico contemporaneo e ad un dialogo tra l’antico e il moderno di grande interesse. I visitatori del MAR potranno accedere gratuitamente al museo TAMO MOSAICO, all’interno dell’antica chiesa di San Nicolò a Ravenna, dedicato all’arte del mosaico, che ospita, oltre a pregevoli testimonianze di mosaici antichi e tardoantichi la sezione Mosaici tra Inferno e Paradiso, 21 opere musive a tema dantesco realizzate da grandi artisti del ‘900 italiano, collezione quest’ultima che si pone certamente in continuità con il patrimonio esposto nella nuova sezione musiva del MAR.

Un’importante novità riguarda anche il pubblico under 26 che tutti i mercoledì potrà visitare il MAR gratuitamente, un’iniziativa importante volta ad avvicinare le giovani generazioni al museo.

Mosaici Contemporanei

Ingresso: intero € 6; ridotto € 5

Orari: da martedì a sabato 9.00-18.00; domenica e festivi 14.00 – 18.00

MAR (anche per le fotografie)

Prodigy Kid. Francesco Cavaliere – Leonardo Pivi a Ravenna

Doppio appuntamento domenica 8 gennaio 2023, in occasione della chiusura della mostra Prodigy Kid. Francesco Cavaliere – Leonardo Pivi, a cura di Daniele Torcellini, il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna propone al pubblico una conversazione con gli artisti alle ore 15, in Sala Martini, e, alle ore 17, presenta la performance inedita dal titolo Lingua Cygno Soffia.

La performance prosegue il ciclo di opere Anubis vs Baboon, installato nella sua interezza nelle sale del secondo piano del MAR e recentemente confluito in un volume edito da Postmediabooks, Anubis vs Baboon. Archeo-fantasie di un mosaico romano nel XXI secolo. L’appuntamento della conversazione con gli artisti alle ore 15 sarà anche occasione per presentare il volume. Anubis vs Baboon è un ciclo di opere, dedicato ad un reperto archeologico di grande fascino –  il mosaico cosiddetto di Anubi conservato presso il Museo della Città di Rimini -, a cui gli artisti lavorano dal 2019, a partire da una residenza artistica presso lo spazio Gluck50 di Milano.

Con l’idea di riattivare nel presente una testimonianza materiale del passato, Cavaliere e Pivi hanno condotto un’intensa indagine dell’opera antica, dal punto di vista dei materiali impiegati, dello stato di conservazione e dell’iconografia, mescolando accuratezza storica e immaginazione. Nel 2019, negli spazi di Gluck50, il lavoro svolto durante la residenza è stato presentato al pubblico con un’installazione animata da una suggestiva azione performativa. La performance ha visto Francesco Cavaliere, nelle vesti di un oscuro esegeta, il Cavaliere Leonardo, raccontare un possibile significato altro del mosaico antico, indossando una pesante armatura di terracotta. 

Nelle sale del Museo MAR, la nuova azione performativa, al cospetto del mosaico antico e di una sua replica alterata realizzata dagli artisti, vedrà riapparire l’oscuro Cavaliere Leonardo intento a raccontare Lingua Cygno Soffia, il secondo e ultimo atto della storia immaginifica del mosaico di Anubi, a definitiva chiusura del ciclo.

Orari: martedì – sabato 9:00 – 18:00, domenica e festivi 10:00 – 19:00. Aperture festive il 6 gennaio 2023. La biglietteria chiude un’ora prima

Ingresso con pagamento di biglietto.
MAR (anche per la fotografia)

Tra Seicento e arte contemporanea. Un nuovo allestimento per il Museo d’Arte della città di Ravenna

In occasione dei 20 anni dall’Istituzione del Museo d’Arte della città di Ravenna si presenta al pubblico un nuovo allestimento delle collezioni permanenti. Dopo diversi anni di attesa, a seguito di un cedimento del solaio e un lungo cantiere di restauro, reso possibile grazie al contributo del Servizio Patrimonio della Regione Emilia – Romagna, il museo riapre sei sale con un nuovo percorso espositivo dedicato al seicento e all’arte contemporanea. In una prospettiva di valorizzazione del proprio patrimonio tornano, così, visibili le opere provenienti dalle collezioni, formatesi in virtù della soppressione delle corporazioni religiose e arricchite da numerose donazioni, lasciti, depositi e grazie alle straordinarie intuizioni artistiche di ravennati come Enrico Pazzi e Corrado Ricci e all’illuminata visione artistica di Giulio Guberti.

Il riallestimento delle collezioni, pianificato dal direttore Maurizio Tarantino e dalla conservatrice Giorgia Salerno, è stato progettato così con l’intenzione di valorizzare l’identità culturale del Museo d’Arte della città di Ravenna esaminando le profonde radici storiche locali  con un’attenzione costante agli sviluppi culturali attuali, nazionali ed internazionali, anche attraverso la valorizzazione e la riscoperta di opere d’arte appartenenti alla collezione permanente e che hanno segnato la storia del museo, come Stella-acidi di Gilberto Zorio, tra i principali esponenti dell’Arte Povera e il Wall Drawing #570 di Sol LeWitt, al centro di un dibattito culturale sull’arte concettuale.
Si tratta di un primo completamento, parte di un accurato piano di valorizzazione del patrimonio, che prevede fasi successive di riadeguamento di ulteriori spazi museali che permetteranno l’esposizione delle restanti opere risalenti al XVI – XVII secolo e d’arte contemporanea, attualmente custodite nei depositi.

Il percorso espositivo individuato si struttura così in due parti, una dedicata alle opere risalenti alla metà del cinquecento ed al seicento, rappresentative dell’intenso rapporto culturale, politico ed economico che ha caratterizzato – in quegli anni – l’area emiliano-romagnola in relazione con quella veneta, toscana e sotto l’estesa influenza dello Stato Pontificio.
La sezione dedicata all’arte contemporanea ripercorre le tappe principali dell’arte italiana dal dopoguerra fino agli anni ottanta, intrecciando le tendenze artistiche manifestatesi nelle grandi istituzioni culturali, come la Biennale di Venezia, con le correnti più sperimentali.
Così le grandi pitture di Francesco Zaganelli, Adorazione dei pastori con i Santi Girolamo e Bonaventura e Crocifissione con i Santi Antonio Abate e Francesco, il Cristo Redentore di Paris Bordon, il Martirio dei quattro Santi Coronati di Jacopo Ligozzi, la pala d’altare di Guercino con San Romualdo accompagnato dal San Benedetto di Carlo Cignani e dei Santi Bartolomeo e Severo in gloria di Marcantonio Franceschini, in un armonioso dialogo volgono lo sguardo al futuro delle collezioni verso le opere d’età contemporanea.
Mantenendo l’assetto architettonico originale dell’allestimento di Leone Pancaldi è possibile così intravedere le opere novecentesche. La sinuosa scultura di Emilio Greco divide idealmente le due parti, pur lontane cronologicamente, accogliendo i visitatori nella sezione dedicata al novecento. Si apre così il percorso in una narrazione che mostra il passaggio artistico tra figurativismo e movimento informale, con le opere di Mirko e Carlo Sergio Signori, e approfondito nelle sale successive con le opere pittoriche di Mattia Moreni e Ennio Morlotti, le correnti geometriche e gli studi analitici di Carlo Ciussi e Joël Kermarrec, il linguaggio acromatico e segnico di Luciano Bartolini, Dadamaino e Piero Manzoni, il cromatismo scenografico di Titina Maselli e l’astrattismo informale di Giulio Turcato, l’affermarsi dell’arte povera con Gilberto Zorio e la ricerca introspettiva di Piero Manai.
Ad accompagnare il percorso espositivo, inoltre, nelle vetrine progettate da Leone Pancaldi sono esposti elementi che rimandano alla storia della Pinacoteca comunale – Loggetta Lombardesca, come il disegno di Gaetano Savini del Monastero di Santa Maria in Porto nella sua originale interezza; una fotografia dell’allestimento storico delle opere d’arte antica; le immagini delle opere delle collezioni presenti alla Biennale di Venezia, come l’importante edizione del 1950 con l’esposizione di Figura di Emilio Greco, invitato tra gli artisti italiani ad esporre in una sala a lui dedicata e le locandine di alcune mostre storiche come quella di Mattia Moreni, Dodici anni di angurie del 1975 e Stanze del gioco del 1979, alla quale fu dedicato il numero 5 della rivista Tradizione del Nuovo, diretta da Giulio Guberti e qui documentata in sala insieme allo schema di montaggio originale di Stella-acidi del 1982. Il riallestimento delle opere, così, si ricongiunge alla selezione fotografica esposta temporaneamente con le fotografie di Carlo Ludovico Bragaglia, Dino Pedriali, Paolo Roversi e i video di Yuri Ancarani ed Alex Majoli che troveranno spazio permanente nel prossimo allestimento. Sempre in occasione dei 20 anni dell’Istituzione Museo d’Arte della città di Ravenna e in prossimità della Biennale di Mosaico Internazionale, inoltre, verrà riallestita la collezione dei Mosaici Moderni e Contemporanei.

MAR

Dante. Gli occhi e la mente. Un’Epopea POP

Al MAR di Ravenna una mostra racconta l’epopea popolare di Dante Alighieri e del suo poema. Una narrazione di parole, suoni e immagini, dal cinema alle canzoni, dalla pubblicità ai fumetti, dal writing alla miriade di oggetti che ne riproducono la celebre icona, fino alle visioni dell’arte contemporanea con nomi della scena internazionale. Un’Epopea POP, dal 25 settembre 2021 al 9 gennaio 2022 al MAR di Ravenna, è curata da Giuseppe Antonelli, docente di linguistica italiana all’Università di Pavia, nota firma del Corriere della sera, conduttore e ospite di trasmissioni radiofoniche e televisive, prima ispiratore, col suo Il museo della lingua italiana pubblicato nel 2018 da Mondadori, e ora coordinatore del progetto MULTI. Museo multimediale della lingua italiana, finanziato dal MIUR.

Intersecato alla mostra un percorso d’arte contemporanea a cura di Giorgia Salerno, responsabile del coordinamento culturale e conservatrice del MAR.

Dopo Inclusa est flamma e Le Arti al tempo dell’esilio, Un’Epopea POP conclude il ciclo espositivo “Dante. Gli occhi e la mente”, promosso dal Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura, organizzato dal MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna e realizzato con il prezioso sostegno e patrocinio della Regione Emilia-Romagna, Dante 2021, del Comitato Nazionale per la Celebrazione dei 700 anni – Ministero della Cultura, con il fondamentale contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e della Camera di Commercio di Ravenna e con il patrocinio della Società Dantesca Italiana.

La fortuna popolare di Dante comincia già nel Trecento e arriva fino a quell’universo culturale che chiamiamo genericamente «pop». I suoi versi più celebri, entrati nel linguaggio comune degli italiani, sono stati riprodotti in tutto il mondo negli almanacchi e nei calendari, nei poster e nelle magliette; li vediamo scritti nei muri; li riconosciamo nelle pubblicità e nelle canzoni.

L’immagine del poeta è divenuta un’icona internazionale, dai monumenti nelle piazze, alla miriade di oggetti che la riproducono. Le storie e i personaggi del poema, soprattutto le atmosfere infernali, hanno generato le più svariate manifestazioni creative.

La Commedia, tradotta in un centinaio di lingue, si è diffusa attraverso migliaia di edizioni popolari illustrate, commenti e riassunti, riduzioni cinematografiche e parodie televisive, album di figurine, giochi da tavolo, storie a fumetti e cartoni animati.

C’è il Dante simbolo dell’identità culturale italiana ed europea, la cui effigie passa dalle lire agli euro. C’è l’immagine di Dante usata – già da tempo – come marchio commerciale e in chiave pubblicitaria come la celebre affiche di Olivetti, scelta come immagine della mostra. C’è il Dante personaggio che ritorna nelle trame di libri, film, giochi e videogiochi, fino alla “fortuna mnemonica” dei versi della Commedia, ripercorsa attraverso alcuni episodi chiave che vanno dal Trecento ad oggi.  

La mostra si articola in diverse sezioni, individuate da Giuseppe Antonelli e dai suoi collaboratori, Giovanni Battista Boccardo e Federico Milone (assegnisti di ricerca presso l’Università di Pavia): La memoria di Dante, Dante e l’immagine, Dante e la pubblicità, La divina parodia, Dante personaggio, Dante e Beatrice, con più di un centinaio di opere e oggetti tra i più disparati. Numerosissimi i contributi audio e video, anche interattivi. Una mostra dal carattere multimediale, in larga parte accompagnata dalla voce dei grandi interpreti che si sono cimentati nella lectura Dantis.

Intrecciato all’intero progetto espositivo, si snoda un percorso d’arte contemporanea a cura di Giorgia Salerno. Una voce fuori campo che vedrà il dialogo fra le opere di artisti internazionali scelte per reinterpretare idealmente alcuni temi danteschi che faranno da guida al pubblico. 

Per ogni tema scelto- le anime, le figure femminili, il sogno, il viaggio e la luce – sono stati individuati uno o più artisti e, ad aprire il percorso, con il tema delle anime, si troverà nel chiostro cinquecentesco del MAR una grande architettura di Edoardo Tresoldi che rileggerà idealmente il Nobile Castello o Castello degli Spiriti Magni, luogo emblematico che Dante cita nel quarto canto dell’Inferno.

All’interno della sezione dedicata alle figure femminili saranno Letizia Battaglia, Tomaso Binga, Irma Blank, Rä di Martino, Maria Adele Del Vecchio, Giosetta Fioroni, Elisa Montessori e Kiki Smith a reinterpretare, attraverso le loro opere, le donne di Dante.

Il percorso espositivo proseguirà con il tema del sogno e a rappresentarlo non potevano mancare le 34 tavole dell’Inferno di Robert Rauschenberg, artista fra i principali esponenti della pop art americana, e a raccontare il viaggio saranno, invece, le opere del padre della Land Art, Richard Long.

La mostra si chiuderà con un’opera delle collezioni del MAR, Stella-acidi di Gilberto Zorio, come rimando al tema della luce e alle stelle, tanto care a Dante e alle quali lascia il compito di concludere ogni cantica e tutta la Commedia.

“Questa mostra, come l’intero complesso delle celebrazioni dantesche a Ravenna – commenta il Sindaco di Ravenna Michele de Pascale – incarna perfettamente il fatto che Dante sia di tutti e per tutti, ‘pop’ nel senso che appartiene all’intera comunità, ravennate, nazionale e internazionale. È stato sempre così, fin da quando era in vita. E il passare degli anni non fa che accrescere la popolarità di Dante, perché con le nuove tecnologie aumentano esponenzialmente le modalità di fruizione e approccio a tutto quanto è legato alla sua figura e al suo lascito. Nelle forme più diverse, Dante è nella nostra vita ogni giorno. E che tali forme assumano i contorni più disparati è solo un motivo di arricchimento; perché è talmente grande la potenza del suo messaggio che nessuna reinterpretazione, nemmeno quella più leggera o irriverente, può neanche lontanamente scalfirla, ma solo amplificarla. Ecco perché non poteva mancare, nell’ambito delle celebrazioni, un evento espositivo dedicato a Dante in quanto icona, impreziosito da un percorso di arte contemporanea di riferimento concettuale dantesco, che si lega a tutti gli altri appuntamenti passati e futuri di questo settimo centenario nel segno della fortissima empatia e della grandissima emozione che Dante suscita sempre in ciascuno di noi.”

Mentre l’Assessora alla Cultura del Comune di Ravenna Elsa Signorino dichiara: “Malgrado le numerose difficoltà di programmazione causate dalla pandemia, l’anno dantesco, che ha preso avvio a Ravenna alla presenza del Presidente Mattarella, è stato ricco di eventi espositivi. Abbiamo inaugurato il ciclo “Dante. Gli occhi e la mente” nel settembre 2020 con Inclusa est flamma. la prima mostra dedicata al VI centenario della morte di Dante, tra Croce e D’Annunzio, col fascismo alle porte. Lo scorso maggio, dopo la chiusura prolungata dei luoghi di cultura, abbiamo aperto la seconda mostra del ciclo, Le Arti al tempo dell’esilio, quelle che Dante vide e conobbe e che furono di ispirazione per la sua Commedia. Il prossimo settembre concluderemo il percorso con Un’Epopea Pop. In questo centenario il tema della fortuna popolare di Dante è stato variamente ma spesso superficialmente trattato. La mostra curata da Giuseppe Antonelli, con il suo ricco catalogo, ha l’ambizione di mettere ordine in una materia vasta e sfuggente, accettando con rigore la sfida della sua irritualità. Centinaia di oggetti, immagini e parole, a volte immediatamente riconoscibili, ma spesso anche sorprendenti, racconteranno la loro storia, ampliando, come dovrebbe fare ogni mostra, le conoscenze di tutti, con un’attenzione speciale a giovani e giovanissimi.”

La mostra è realizzata con la preziosa collaborazione della Biblioteca Classense e di numerosi prestatori istituzionali e privati come la Biblioteca Nazionale Centrale (Firenze), la Biblioteca Nazionale Marciana (Venezia), la Biblioteca Apostolica Vaticana, la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce (Napoli), il Museo del Precinema (Padova), la Civica Raccolta delle Stampe A. Bertarelli (Milano), delle gallerie d’arte contemporanea Monica De Cardenas (Milano), Tiziana Di Caro (Napoli), Lorcan O’Neill (Roma), P420 (Bologna) e di tutti gli artisti coinvolti. http://www.mar.ra.it

Francesca Boschetti – Daniele Carnoli

Dante. Gli occhi e la mente. Un’Epopea POP

Un’Epopea POP, dal 25 settembre 2021 al 9 gennaio 2022 al MAR di Ravenna, è curata da Giuseppe Antonelli, docente di linguistica italiana all’Università di Pavia, nota firma del Corriere della sera, conduttore e ospite di trasmissioni radiofoniche e televisive, prima ispiratore, col suo Il museo della lingua italiana pubblicato nel 2018 da Mondadori, e ora coordinatore del progetto MULTI. Museo multimediale della lingua italiana, finanziato dal MIUR. Intersecato alla mostra un percorso d’arte contemporanea a cura di Giorgia Salerno, responsabile del coordinamento culturale e conservatrice del MAR.

Dopo Inclusa est flamma e Le Arti al tempo dell’esilio, Un’Epopea POP conclude il ciclo espositivo “Dante. Gli occhi e la mente”, promosso dal Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura, organizzato dal MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna e realizzato con il prezioso sostegno e patrocinio della Regione Emilia-Romagna, Dante 2021, del Comitato Nazionale per la Celebrazione dei 700 anni – Ministero della Cultura, con il fondamentale contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e della Camera di Commercio di Ravenna e con il patrocinio della Società Dantesca Italiana.

La fortuna popolare di Dante comincia già nel Trecento e arriva fino a quell’universo culturale che chiamiamo genericamente «pop». I suoi versi più celebri, entrati nel linguaggio comune degli italiani, sono stati riprodotti in tutto il mondo negli almanacchi e nei calendari, nei poster e nelle magliette; li vediamo scritti nei muri; li riconosciamo nelle pubblicità e nelle canzoni.

L’immagine del poeta è divenuta un’icona internazionale, dai monumenti nelle piazze, alla miriade di oggetti che la riproducono. Le storie e i personaggi del poema, soprattutto le atmosfere infernali, hanno generato le più svariate manifestazioni creative.

La Commedia, tradotta in un centinaio di lingue, si è diffusa attraverso migliaia di edizioni popolari illustrate, commenti e riassunti, riduzioni cinematografiche e parodie televisive, album di figurine, giochi da tavolo, storie a fumetti e cartoni animati.

C’è il Dante simbolo dell’identità culturale italiana ed europea, la cui effigie passa dalle lire agli euro. C’è l’immagine di Dante usata – già da tempo – come marchio commerciale e in chiave pubblicitaria come la celebre affiche di Olivetti, scelta come immagine della mostra. C’è il Dante personaggio che ritorna nelle trame di libri, film, giochi e videogiochi, fino alla “fortuna mnemonica” dei versi della Commedia, ripercorsa attraverso alcuni episodi chiave che vanno dal Trecento ad oggi.  

La mostra si articola in diverse sezioni, individuate da Giuseppe Antonelli e dai suoi collaboratori, Giovanni Battista Boccardo e Federico Milone (assegnisti di ricerca presso l’Università di Pavia): La memoria di Dante, Dante e l’immagine, Dante e la pubblicità, La divina parodia, Dante personaggio, Dante e Beatrice, con più di un centinaio di opere e oggetti tra i più disparati. Numerosissimi i contributi audio e video, anche interattivi. Una mostra dal carattere multimediale, in larga parte accompagnata dalla voce dei grandi interpreti che si sono cimentati nella lectura Dantis.

Intrecciato all’intero progetto espositivo, si snoda un percorso d’arte contemporanea a cura di Giorgia Salerno. Una voce fuori campo che vedrà il dialogo fra le opere di artisti internazionali scelte per reinterpretare idealmente alcuni temi danteschi che faranno da guida al pubblico. 

Per ogni tema scelto- le anime, le figure femminili, il sogno, il viaggio e la luce – sono stati individuati uno o più artisti e, ad aprire il percorso, con il tema delle anime, si troverà nel chiostro cinquecentesco del MAR una grande architettura di Edoardo Tresoldi che rileggerà idealmente il Nobile Castello o Castello degli Spiriti Magni, luogo emblematico che Dante cita nel quarto canto dell’Inferno.

All’interno della sezione dedicata alle figure femminili saranno Letizia Battaglia, Tomaso Binga, Irma Blank, Rä di Martino, Maria Adele Del Vecchio, Giosetta Fioroni, Elisa Montessori e Kiki Smith a reinterpretare, attraverso le loro opere, le donne di Dante.

Il percorso espositivo proseguirà con il tema del sogno e a rappresentarlo non potevano mancare le 34 tavole dell’Inferno di Robert Rauschenberg, artista fra i principali esponenti della pop art americana, e a raccontare il viaggio saranno, invece, le opere del padre della Land Art, Richard Long.

La mostra si chiuderà con un’opera delle collezioni del MAR, Stella-acidi di Gilberto Zorio, come rimando al tema della luce e alle stelle, tanto care a Dante e alle quali lascia il compito di concludere ogni cantica e tutta la Commedia.

 “Questa mostra, come l’intero complesso delle celebrazioni dantesche a Ravenna – commenta il Sindaco di Ravenna Michele de Pascale – incarna perfettamente il fatto che Dante sia di tutti e per tutti, ‘pop’ nel senso che appartiene all’intera comunità, ravennate, nazionale e internazionale. È stato sempre così, fin da quando era in vita. E il passare degli anni non fa che accrescere la popolarità di Dante, perché con le nuove tecnologie aumentano esponenzialmente le modalità di fruizione e approccio a tutto quanto è legato alla sua figura e al suo lascito. Nelle forme più diverse, Dante è nella nostra vita ogni giorno. E che tali forme assumano i contorni più disparati è solo un motivo di arricchimento; perché è talmente grande la potenza del suo messaggio che nessuna reinterpretazione, nemmeno quella più leggera o irriverente, può neanche lontanamente scalfirla, ma solo amplificarla. Ecco perché non poteva mancare, nell’ambito delle celebrazioni, un evento espositivo dedicato a Dante in quanto icona, impreziosito da un percorso di arte contemporanea di riferimento concettuale dantesco, che si lega a tutti gli altri appuntamenti passati e futuri di questo settimo centenario nel segno della fortissima empatia e della grandissima emozione che Dante suscita sempre in ciascuno di noi.”

Mentre l’Assessora alla Cultura del Comune di Ravenna Elsa Signorino dichiara: “Malgrado le numerose difficoltà di programmazione causate dalla pandemia, l’anno dantesco, che ha preso avvio a Ravenna alla presenza del Presidente Mattarella, è stato ricco di eventi espositivi. Abbiamo inaugurato il ciclo “Dante. Gli occhi e la mente” nel settembre 2020 con Inclusa est flamma. la prima mostra dedicata al VI centenario della morte di Dante, tra Croce e D’Annunzio, col fascismo alle porte. Lo scorso maggio, dopo la chiusura prolungata dei luoghi di cultura, abbiamo aperto la seconda mostra del ciclo, Le Arti al tempo dell’esilio, quelle che Dante vide e conobbe e che furono di ispirazione per la sua Commedia. Il prossimo settembre concluderemo il percorso con Un’Epopea Pop. In questo centenario il tema della fortuna popolare di Dante è stato variamente ma spesso superficialmente trattato. La mostra curata da Giuseppe Antonelli, con il suo ricco catalogo, ha l’ambizione di mettere ordine in una materia vasta e sfuggente, accettando con rigore la sfida della sua irritualità. Centinaia di oggetti, immagini e parole, a volte immediatamente riconoscibili, ma spesso anche sorprendenti, racconteranno la loro storia, ampliando, come dovrebbe fare ogni mostra, le conoscenze di tutti, con un’attenzione speciale a giovani e giovanissimi.”

La mostra è realizzata con la preziosa collaborazione della Biblioteca Classense e di numerosi prestatori istituzionali e privati come la Biblioteca Nazionale Centrale (Firenze), la Biblioteca Nazionale Marciana (Venezia), la Biblioteca Apostolica Vaticana, la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce (Napoli), il Museo del Precinema (Padova), la Civica Raccolta delle Stampe A. Bertarelli (Milano), delle gallerie d’arte contemporanea Monica De Cardenas (Milano), Tiziana Di Caro (Napoli), Lorcan O’Neill (Roma), P420 (Bologna) e di tutti gli artisti coinvolti. 

Francesca Boschetti – Daniele Carnoli

Ravenna dantesca: l’emozionante inedito di Federico Faruffini riconosciuto dopo 157 anni

Un disegno a inchiostro, un commosso tributo a Dante realizzato nel 1863: ha finalmente un nome l’artista che lasciò questa insolito omaggio su uno degli albi che per oltre un secolo hanno raccolto le firme dei visitatori nella tomba del poeta. È il pittore, incisore e fotografo Federico Faruffini (Sesto San Giovanni 1833 – Perugia 1869), vicino alla Scapigliatura, allievo di Giacomo Trecourt e amico di Tranquillo Cremona.

La biografia dell’artista lombardo, morto suicida nel 1869, racconta la storia di un genio tormentato e instabile, che ottenne successi a Parigi e Roma ma che non riuscì a venire a patti con i suoi demoni. Nel suo breve itinerario esistenziale raccolse meno di quanto il suo straordinario talento non meritasse ma fu all’insegna della continua sperimentazione e dell’insoddisfazione che si svolse la sua ricerca artistica: passò dalla pittura storica, che tentava di liberarsi dai canoni imposti dall’ormai ingombrante figura di Francesco Hayez, all’incisione e alla fotografia, sempre con originalità e dedizione. Fu apprezzato da molti contemporanei ma anche osteggiato da parte della critica ufficiale. Sono noti anche i suoi sentimenti patriottici, di stampo mazziniano, e la vicinanza alla famiglia Cairoli: suoi amici furono in particolare Ernesto (1833-1859), caduto nella battaglia di Varese e da lui ritratto in un celebre dipinto del 1862 (Pavia, Musei Civici del Castello Visconteo), e Benedetto (1825-1889), garibaldino, cospiratore e poi presidente del Consiglio, cui l’artista inviò l’ultima, drammatica lettera della sua vita, dopo la quale si uccise ingerendo cianuro. Era il 1869 e l’artista aveva solo 36 anni.

Ravenna, con questa nuova e autorevole aggiunta al ricco pantheon dei visitatori illustri della tomba di Dante, si conferma ancora di più come la capitale del “culto” dantesco tra Otto e Novecento e uno tra i luoghi più significativi per la costruzione dell’identità italiana negli ultimi due secoli. La testimonianza della visita di Federico Faruffini, svoltasi il 27 ottobre del 1863, si aggiunge alla narrazione di quelle effettuate da numerosissime personalità illustri, quali, tra gli altri, Vittorio Alfieri, Lord Byron, papa Pio IX e re Vittorio Emanuele II e costituisce l’ennesimo antecedente illustre del pellegrinaggio alla tomba che con le Feste Dantesche del 1908 si consolida e organizza definitivamente in un rituale che prosegue fino ai giorni nostri.

Faruffini, «sommo pittore» e «immortale», «era un raggio di luce elettrica in una sala illuminata dall’olio» (Carlo Dossi, Note azzurre). Sue opere sono nelle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma, della Pinacoteca di Brera e della GAM di Milano, e ai Musei Civici di Pavia. Recentemente la sua regione d’origine gli ha dedicato un’importante mostra presso la Villa Borromeo d’Adda ad Arcore (MB): “Io guardo ancora il cielo. Federico Faruffini “, visitabile fino al 27 giugno.

Il riconoscimento si deve a Benedetto Gugliotta, responsabile dell’Ufficio Tutela e valorizzazione dell’Istituzione Biblioteca Classense e curatore della mostra Inclusa est flamma. Ravenna 1921: il Secentenario della morte di Dante, all’interno della quale il disegno è attualmente esposto fino al 17 luglio prossimo.

Il percorso di Inclusa est flamma, che è una riflessione sull’ultimo centenario della morte di Dante (1921), è segnato dalla presenza di diversi albi di firme, usati un tempo nella tomba del poeta per raccogliere pensieri, omaggi o anche semplici firme di visitatori e visitatrici illustri o del tutto sconosciuti. In apertura il curatore ha collocato questo straordinario omaggio simbolico, un’opera d’arte giunta fin qui anonima e che poteva ben rappresentare l’affetto e l’attaccamento che gli italiani hanno provato per Dante nei secoli e per le più disparate ragioni. «In questo caso», afferma il dott. Gugliotta, «era evidente un’allusione alle lotte risorgimentali, in considerazione della data, quella sì, annotata in calce al disegno, e del verso riportato sul basamento del monumento ideale al poeta: “Libertà vo [sic] cercando…” (Purgatorio, canto I, v. 71), che è quasi un mantra del Risorgimento italiano che aspirava, con le sue diverse anime, alla liberazione della Patria e alla sua unità. Il disegno è stato notato già in passato e nel 1882 gli erano state dedicate parole non benevole dallo scrittore e critico letterario Adolfo Borgognoni, zio di Corrado Ricci, che con poca acutezza e senza ovviamente averne riconosciuto l’autore, lo definì “peggio che mediocre”». Nonostante gli ostacoli frapposti dalla pandemia, che ha comportato anche per la biblioteca un’intensificarsi degli sforzi tesi a non interrompere, anzi ad implementare e riprogettare i servizi per l’utenza, si è giunti dunque a questa straordinaria scoperta.

«Innumerevoli sono i nomi di persone illustri o comuni che, in settecento anni, sono venute a Ravenna per omaggiare la tomba di Dante, ricevendo ispirazione o trovando forza per sostenere i valori in cui credevano, da Boccaccio fino ai patrioti del Risorgimento», afferma Michele De Pascale, sindaco di Ravenna. «E le celebri tre parole “Libertà va cercando”, pronunciate da Virgilio davanti a Catone Uticense, furono un grido di battaglia anche durante la Resistenza e la lotta di Liberazione dal nazifascismo. La riscoperta del disegno di Federico Faruffini, grande ma sfortunato artista, testimonia ancora una volta quanto siano profonde le connessioni tra Dante e Ravenna e quanto Ravenna abbia significato nella storia del Paese».

«Ravenna, la città in cui Dante visse serenamente i suoi ultimi anni e in cui completò la Commedia, riscopre in questo Settecentenario il suo ruolo di autentica vestale del “culto” dantesco, che ha significativamente ispirato artisti e artiste, letterati e personalità di altissimo livello nazionali e internazionali», afferma Elsa Signorino, assessora alla Cultura del Comune di Ravenna. «Tale ruolo, così intenso e duraturo, non potrà che proseguire ben oltre le presenti celebrazioni e intensificarsi ulteriormente, considerando quanto Dante sia capace di parlare a uomini e donne superando ogni barriera di tempo e spazio».

Negli albi di firma, una dozzina di manoscritti che vanno dalla prima metà dell’Ottocento agli anni Settanta del Novecento, si riscontrano centinaia di firme illustri e molte migliaia di firme che, nel complesso, formano una fonte storica di primissimo ordine. Pio IXVittorio Emanuele II e tanti altri sovrani, d’AnnunzioEleonora Duse, Nazario Sauro, e poi ancora De GasperiEinaudiTommaso Landolfi, giù fino a Gino Bartali e Benigno Zaccagnini. Ma c’è anche Benedetto Cairoli: il presidente del Consiglio che, come ricordato, fu molto amico di Federico Faruffini e che qualche anno dopo omaggiò personalmente la tomba di Dante.

S.E.

Ravenna e Forlì insieme per Dante

Nel Settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri,le città di Forlì e Ravenna si uniscono in un progetto di collaborazione che intende valorizzare il grande lavoro scientifico e culturale svolto dalle loro istituzioni museali.

Nella prossima primavera, infatti, a partire da aprile, nelle due città romagnole si inaugureranno due mostre a tema dantesco: “Dante. Gli occhi e la mente. Le Arti al tempo dell’esilio” presso la Chiesa di San Romualdo a Ravenna (dal 24 aprile al 4 luglio 2021) e “Dante. La visione dell’arte”, presso i Musei San Domenico a Forlì a partire dal mese di aprile, dopo la Pasqua, in linea con le disposizioni relative alla riapertura delle sedi museali, fino al’11 luglio 2021.

Le due mostre faranno parte di un percorso espositivo dedicato al Sommo Poeta che vedrà a Ravenna le opere legate all’esilio dantesco e con cui Dante è entrato in contatto, opere che in alcuni casi il Poeta ha potuto vedere e conoscere, e a Forlì una ricca selezione di oltre 250 opere che, nei secoli successivi, hanno tratto ispirazione da Dante e dalla sua Commedia. Entrambe le mostre sono realizzate con il prezioso contributo di musei internazionali, tra i quali le Gallerie degli Uffizi che con la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì hanno ideato e firmato il percorso espositivo per i Musei San Domenico e contribuiscono a quello di Ravenna con due prestiti fondamentali per raccontare gli anni dell’esilio dantesco.

Si realizza così, nel nome di Dante, un percorso espositivo integrato, che rende il patrimonio culturale italiano diffuso e sempre più fruibile attraverso percorsi museali innovativi, mostre con curatele prestigiose e prestiti dai più importanti musei del mondo.

S.E.