Bellissimo romanzo e appassionante trama. È raro trovare nel panorama italiano un libro dalla storia narrata così ben congegnata, con intrighi internazionali che soddisfano il giallista, l’amante di spy story, il lettore curioso, e il lettore che non si accontenta facilmente. L’imbastitura rimanda ad argomenti di storia spessi, come la guerra nell’ex Jugoslavia che evoca i massacri e gli odi etnici. Allo stesso tempo, abbiamo aspetti personali, la passione per il proprio lavoro qualsiasi esso sia: il medico, il politico di carriera, l’addetto agli organismi internazionali all’Aia, il giornalista, l’amante di fotoreportage, il poliziotto. Una nuova avventura per Marcobi, capo della Squadra Mobile di Napoli, con la bella città partenopea che fa da sfondo con tutti i propri vizi e le sue molte virtù. Ma il romanzo di Galluppi è anche romanzo di ambienti diversi, da Madrid alla Serbia, alla Croazia, all’Adriatico, a Parigi, l’Aia, con incursioni di New York e di jazz. Insomma, una trama ricca, carica di ambientazioni ben descritte, con personaggi a tutto tondo senza sbavature, ben congegnati e delineati. Lo stile è asciutto, con descrizioni precise e dettagliate mantenute nell’essenziale, in modo da lasciare spazio all’immaginazione del lettore che pure è rapita dalla lettura attenta e incapace di smettere fino all’ultima riga. Una trama gialla e vagamente di spionaggio che pure non apre ai classici colpi di scena all’americana: la suspance è intrinseca nel testo, ma molto all’italiana, con la prevalenza di un lessico accurato e colto che dimostra di avere attentamente valutato ogni passaggio del testo. Le scene romantiche sono accennate, senza dettagli puramente di pinza come tipico nei famosi romanzieri d’oltreoceano. Non manca un accenno all’immigrazione, grazie al bel personaggio del clochard testimone di un delitto, professore di liceo magrebino che si inanella alla perfezione nella trama. Una trama ricca di indagini che non sono mai scontate: non appena si pensa di essere arrivati alle risposte si deve cominciare daccapo, forse come proprio succede nel mondo reale. Niente deve essere lasciato al caso, ma l’intuizione e l’apporto personale del poliziotto prevalgono sulla macchinosità delle indagini delegate alla sola prova di laboratorio. Ancora si indaga con il vecchio sistema di ascoltare i testimoni, perché niente è mai come sembra e giungere alle risposte affrettate può portare sulla strada sbagliata gli inquirenti. Così succede a Marcobi, infatti, e non per pessime indagini, quanto perché le varie piste di indagine si rivelano false oppure molto, ma molto più complesse di quanto apparivano. L’assassinio di un giornalista non è proprio quello di una persona qualunque, soprattutto se l’assassinato è Giorgio Cobau, esperto della guerra nell’ex Jugoslavia. E se il fatto segue la ricerca di un’intervista ad un personaggio famoso dal passato torbido. Anche il mestiere di giornalista si affranca, grazie al bel romanzo di Galluppi. Le persone, anche quando la storia necessita di esprimere giudizi, non sono mai rese a sole due dimensioni; anche quando è necessario maledire le abitudini giornalistiche di avere le fonti protette, ad esempio, non si getta fango su nessuno, neanche quando sono gli assassini stessi. L’equilibrio che si nota nelle pagine e dalle pagine è quello di uno scrittore saggio, capace di basare il proprio costrutto sulle parole e sulla cura del proprio scritto, non sulla notizia strillata o sulle gonfiate sensazionalità del momento. Eppure, nel romanzo si scrivono articoli funzionali alle indagini, ma senza che gli articoli rivelino meschinità o falsità. Tutti i personaggi sono caratterizzati dal proprio modo di essere, cupi, brillanti, sbarazzini, intriganti, ma mai si perde il rispetto per ciò che sono o che rappresentano o che hanno rappresentato. Di nuovo abbiamo la classica trama del passato che ritorna, ma ritorna come nuovo presente, come storia che continua, non come nostalgica narrazione di riempimento di una vita vuota. Si ha l’impressione, leggendo il bel romanzo di Galluppi, di avere tra le mani una vera storia raccontata da un ottimo cronista, senza gli indugi di mille trasmissioni che scompongono e ricompongono le vite altrui come se fossero dei puzzle per allontanare la noia. Un libro da leggere d’un fiato, magari andando ad approfondire la storia che gli sta dietro, tanto per saperne un po’ di più di tutto ciò che fa da sfondo, aspettando allo stesso tempo la prossima avventura di Marcobi. Che conosce perfettamente il francese e Rimbaud, ascolta chi ama dissertate su “Guerra e pace” piuttosto che “Anna Karenina”, suona il sassofono e frequenta concerti jazz, beve birra o superalcolici ma anche acqua, va al cinema e telefona, senza per forza utilizzare tutto il tempo congegni elettronici sofisticatissimi. Persone che sono tali, non schiave di usi ultramoderni che cancellano l’essenza, perché la vita reale è ancora fatta di gente che dorme nei giardini pubblici, vede i fantasmi del passato, odia e ama cercando di portare avanti la propria esistenza, possibilmente senza trovarsi a fare i conti con il Deuteronomio 19,21. Bella la citazione di Shakespeare, da “Amleto”, nell’epilogo, che forse riassume tutto il libro: “Se è ora, non sarà dopo./ Se non sarà dopo, sarà ora./ Se non è ora, tuttavia sarà”. Da non perdere.
Massimo Galluppi: “Occhio per occhio”, Marsilio, Venezia, 2016, pagg. 414; euro 18,50.
Alessia Biasiolo