II DOMENICA DOPO NATALE – GIOVANNI 1,1-18
1. In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Meditiamo il prologo del Vangelo di Giovanni, pagina teologicamente e poeticamente molto profonda, in cui il quarto evangelista presenta Cristo fin dalla sua preesistenza presso il Padre. È necessario applicarsi con calma e concentrazione su questi versetti che sono da contemplare più con il cuore che con l’intelligenza. “In principio”: Giovanni fa un chiaro riferimento all’inizio della creazione “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Genesi 1,1). Nello stesso tempo dichiara che il Cristo esiste da sempre, non creato, vivente prima dell’inizio. “Il Verbo”: il termine è tradotto con “Parola”. Giovanni riunisce la cultura ebraica e greca e parla di Cristo come il Logos (in greco). Secondo i Greci antichi il Logos è la “ragione immanente del mondo” che compenetra l’universo. Per gli Ebrei invece il Verbo è la Sapienza personificata (Siracide 24 e Proverbi) che scende sulla terra. “Era presso Dio”: alcuni esegeti traducono VERSO anziché PRESSO intendendo così il dialogo che esiste in Dio tra il Padre e il Figlio. “Il Verbo era Dio”: il Verbo che preesiste fin dal principio è Dio. Dopo l’Incarnazione si potrà parlare di Dio come Padre e Figlio in relazione fra loro grazie all’Amore. Il Figlio è uguale al Padre, ma è distinto dal Padre. Il Verbo / La Parola / il Figlio c’era già prima che il mondo avesse inizio. Tutto ciò che esiste non viene dal caso, ma grazie al Verbo.
2. Egli era, in principio, presso Dio: Si veda il versetto precedente. Dal momento che la Parola è Dio, chi accoglie la Parola è inserito in Dio. Se accogliamo Cristo viviamo anche con Lui nel Padre e siamo in dialogo e in relazione di amore con la Trinità stessa: Padre, Figlio e Spirito, che è Amore.
3. tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. Ora Giovanni parla del Verbo / Parola che esce da sé. Il Padre crea l’universo attraverso la Parola. La Parola continua a creare e rinnova tutto l’esistente in modo dinamico e sempre nuovo. Ogni evento accade grazie alla Parola, che guida la storia verso la salvezza definitiva di gioia e di felicità. La creazione, come dice il termine, è CREATA, ha un’origine. Il Logos / la Parola, invece è senza inizio. “Senza di lui nulla è stato fatto”: secondo lo stile ebraico, per accentuare il significato lo si ripete in diversi modi. Questo versetto significa che fin dall’inizio vi è un solo Dio creatore che crea ogni cosa.
4. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; La Parola dona la vita e rende tutto ciò che esiste partecipe della vita di Dio. Il creato non può sussistere senza la vita che viene dal Padre ed è comunicata dal Figlio. Senza il soffio creativo di Dio noi non esistiamo e non possiamo continuare a vivere, che lo sappiamo o no. “Era la luce”: se vogliamo dare un significato alla nostra vita dobbiamo vivere in Dio e lasciarci guidare da Lui, Luce che illumina la nostra esistenza.
5. la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. La luce indica la VITA che scaturisce dall’atto creatore di Dio. Le tenebre sono originate dal rifiuto della Luce, non sono preesistenti alla Luce. Il frutto delle scelte sbagliate precipita l’uomo in una NON–LUCE che diventa NON– VITA, cioè morte. “Le tenebre non l’hanno vinta”: Gesù, che è la Luce, non è stato sconfitto dalle tenebre della morte. Chi rifiuta la Parola di Gesù, però, rimane nelle tenebre, resta cieco: “Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi” (Giovanni 9,39). È una libera scelta dell’uomo quella di seguire la Luce o precipitare nelle tenebre.
6. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. L’evangelista Giovanni prosegue il discorso sul Logos / Parola, quasi interrompendolo e presenta Giovanni Battista come il testimone della Luce, del Logos presente nel mondo. “Uomo mandato da Dio”: l’espressione rievoca la vocazione dei profeti: Mosè, Isaia, Geremia, scelti e mandati da Dio per annunciare la salvezza. È un richiamo anche al profeta annunciato da Malachia
3,1: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene, dice il Signore degli eserciti”. “Il suo nome era Giovanni”: Giovanni significa “dono o grazia di Dio, ma anche Dio ha esaudito, il Signore è misericordioso”. Connota un carattere gentile, ma anche fermo e deciso.
7. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. La finalità della testimonianza di Giovanni è che tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi riconoscano la Luce della Vita, che è Cristo. Per mezzo di Lui, chi crede ha la possibilità di entrare in dialogo con Dio.
8. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Giovanni è solo colui che prepara la venuta del Messia, non è lui la Luce. L’evangelista ha grande stima di Giovanni, ma chiarisce che solo Gesù è l’atteso, così che non si confondano le due figure.
9. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. In contrapposizione con le false luci apparse nel mondo, con i falsi idoli adorati dai popoli antichi, Cristo è la luce vera, Colui che illumina il cammino di ogni uomo e di ogni donna nella sua singolarità. Ogni persona, infatti, ha insito nel cuore, il desiderio irresistibile di raggiungere la verità, il bene, il bello e il buono. Ogni uomo, infatti, è fatto a immagine e somiglianza di Dio e da Lui amato con predilezione.
10. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Il Verbo / Parola è rivolto al mondo e ha il compito di portare il mondo al Padre per avere la felicità senza fine. L’umanità, ognuno di noi, ha la grande responsabilità di scegliere se accogliere o meno l’amore gratuito di Dio, se aprirsi alla Luce, o nascondersi per non vederla, o voltare le spalle al Creatore. Purtroppo questo è avvenuto nel passato e anche al giorno d’oggi: chi nega Dio si vota alla morte; chi accoglie Dio ha la speranza di vederlo faccia a faccia nella vita senza fine.
11. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. Il Logos / Parola è venuto nel mondo in mezzo al suo popolo, scelto appositamente, non un popolo qualsiasi, ma quello con cui aveva una particolare relazione e predilezione. Nonostante questo è stato rifiutato e ha patito il dolore del rifiuto proprio da parte di coloro da cui si aspettava corrispondenza.
12. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome. Nell’umanità esiste una parte che accoglie la Luce, che crede nel nome di Gesù. A costoro è dato il potere di diventare figli di Dio. La fede trasforma la finitezza dell’uomo e lo inserisce nella divinità di Dio, grazie al Figlio. A chi crede viene data una dignità che non finisce, viene donata la figliolanza in Dio, a qualunque popolo e a qualunque epoca appartenga. “A quelli che credono nel suo nome”: credere nel nome di Gesù significa consegnargli la propria stessa vita.
13. i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. Chi crede nel Nome di Gesù diventa figlio di Dio e l’appartenenza a Lui supera l’origine storica in un popolo determinato (non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo) e in un tempo specifico.
14. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Da questo versetto si comprende il significato di tutti quelli precedenti: il Logos / Verbo, si incarna nella storia, non lascia sola l’umanità sofferente, senza senso, senza direzione, senza speranza. Cristo assume la condizione di fragilità, di miseria e di precarietà degli uomini e addita l’orizzonte di vita eterna che cambia l’esistenza, permette la conoscenza del Padre, perché è Lui a rivelarlo. “Si fece carne”: Cristo non appare nel mondo come una visione eterea, evanescente. Assume un corpo, con tutto ciò che comporta la debolezza della fisicità di un uomo: bisogno di nutrimento, di riposo, di apprendimento graduale delle leggi della vita… “Venne ad abitare in mezzo a noi”: Cristo si mette alla pari con noi e sperimenta cosa significhi per una persona la fatica del vivere. Gesù diventa uomo reale e concreto e nella sua debolezza rivela la Gloria. Non poteva diventare più grande di quanto è; ha scelto di diventare più piccolo, l’Infinito che si contrae nel finito, lo assume e lo porta in Dio. Tutto questo per Amore, per solo Amore.
15. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: “Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me”. L’evangelista ribadisce che Gesù è più importante di Giovanni. Probabilmente vuole dirimere dispute tra i cristiani del primo secolo. Nella sua umiltà Giovanni aveva affermato fin dall’inizio della sua predicazione che la superiorità di Gesù era tale, che lui si riteneva indegno addirittura di fare il servizio di schiavo: slegargli i calzari. “Era prima di me”: Gesù è prima di Giovanni perché come Dio è preesistente alla creazione; è la Parola stessa di Dio.
16. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Dalla Vita di Gesù è scaturita la salvezza per tutti coloro che lo hanno accolto. Più allarghiamo il cuore ad accoglierLo, più Lui ci riempie e ci dona grazia su grazia. “Grazia su grazia”: secondo alcuni esegeti la prima grazia sarebbe la creazione, la seconda l’incarnazione. Secondo altri significa una grazia dopo l’altra. Per altri ancora si tratta prima della Legge di Mosè e poi dell’Incarnazione.
17. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Giovanni confronta Mosè (la Legge) e Gesù (la Verità). Nella storia prima c’è stato Mosè e poi Gesù, ma Gesù è molto più importante. Egli trascende l’esperienza del popolo di Israele e porta a compimento la storia. Non esiste opposizione, ma perfezionamento, completamento e superamento. Non viene rinnegato nulla del passato, ma portato a compimento, perché le esperienze precedenti aiutano l’uomo a crescere e a progredire. Non c’è contrapposizione tra l’Antico e il Nuovo Testamento.
18. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. “Dio, nessuno lo ha mai visto”: per la Bibbia Dio è trascendente e nessuno può vederlo. Nell’ultimo versetto del prologo, Giovanni ribadisce che il Figlio rivela il Padre e ci permette di conoscerlo, anche se la visione completa e definitiva potremo averla solo dopo la morte, che è il velo che ci separa da Lui. Per vedere il volto di nostra madre, dobbiamo nascere. Per vedere il volto di Dio, dobbiamo morire. Ecco che per il cristiano la morte è un passaggio alla vita, alla festa dell’Incontro senza fine.
Nell’Eucaristia Cristo ha voluto venire ad abitare dentro di noi per cui possiamo accogliere l’Infinito, anche se non possiamo vederlo con i nostri occhi di carne. “Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre”: questa espressione indica che il Figlio è in intimità assoluta con il Padre: “Io e il Padre siamo uno” (cfr. Giovanni 10,29). “Lo ha rivelato”: con l’Incarnazione, se ascoltiamo e obbediamo al Figlio, possiamo conoscerLo, grazie alla sua vita, ai suoi gesti, alle sue parole. Se Gesù non si fosse incarnato, sarebbe stato impossibile ogni comunicazione diretta con Dio e noi vivremo senza alcuna speranza. Nessuna scienza, infatti, riuscirà mai a fare in modo che il cuore dell’uomo sia appagato. Solo Dio può appagare la sete più profonda del cuore umano. Riflettendo sul Verbo = Parola, dobbiamo supporre che se qualcuno parla, ci deve essere chi ascolta. Se uno parla e l’altro ascolta, vuole dire che ci sono due persone in relazione fra loro. Nella comunicazione, una persona si esprime e l’altra accoglie dentro di sé il messaggio. L’accoglienza del messaggio nasce dall’amore, per cui chi parla sa di essere amato e accolto da chi ascolta. È un ascolto accogliente e corrisposto. Per mezzo della fede, se ascoltiamo Dio, noi suoi figli, entriamo in una relazione di amore e facciamo spazio dentro di noi per accogliere quanto Lui ci comunica e così viene in noi la Luce. Per semplificare: quando ascoltiamo Dio diventiamo come la terra che accoglie il seme, che in noi fruttifica e genera altra vita. Chiediamo al Padre, che ci ha creati a sua immagine e che ci ha redenti con la sua Grazia, di accogliere, ascoltare, obbedire al Figlio che ci manifesta la vita divina. In Lui, possiamo trovare compimento al nostro desiderio di vedere il Volto di Dio. Dio si è fatto carne: questa è la nostra gioia, che durerà per sempre.
Suor Emanuela Biasiolo