Una ‘fotografia’ di Verona datata 1558, con l’Arena, l’Adige, Castel San Pietro e San Felice. E, in primo piano, un battesimo. Un dono che il Consiglio comunale dell’epoca fece al capitano Girolamo Ferro per mano di Paolo Farinati. L’opera ‘Allegoria del battesimo di Andriana Verona Ferro’ ora troneggia a Castelvecchio, grazie all’acquisizione ottenuta dal Ministero della Cultura che l’ha acquistata a inizio 2021 e ha sposato la candidatura di Verona quale sede di esposizione. Iniziativa favorita e sostenuta anche dall’imprenditore Luigi Carlon di Palazzo Maffei. È la seconda opera che, in un anno, arriva tra le mura scaligere dal Ministero, i cui ultimi conferimenti risalgono agli anni ’80. Solo pochi mesi fa, infatti, era giunta in città l’ancona lignea rinascimentale, detta di San Luca.
Il dipinto è esposto nella Galleria Dipinti di Castelvecchio in una sala appositamente riordinata per mettere in dialogo opere di altri artisti veronesi e dello stesso Farinati, tra cui la tela vicina per datazione con Cristo mostrato al popolo e due terracotte dipinte con San Paolo e Sant’Antonio Abate. Il tutto nell’allestimento scarpiano valorizzato da un recente intervento di efficientamento energetico e di aggiornamento dell’impianto di illuminazione, che esalta i valori cromatici dei dipinti.

‘Allegoria del battesimo di Andriana Verona Ferro’ è una delle opere più famose e importanti del catalogo di Paolo Farinati per le circostanze in cui fu realizzata e per la straordinaria veduta della città di Verona, che fa da scenografia alla composizione. Un’opera celebrativa dell’istituzione cittadina e del governo della Serenissima.
Il sindaco Federico Sboarina, l’assessore alla Cultura Francesca Briani, il Soprintendente Vincenzo Tinè e la dirigente dei Musei Civici Francesca Rossi hanno scoperto il quadro in tutta la sua magnificenza.
“Questo dipinto racconta un periodo della nostra storia, è una straordinaria fotografia della Verona dell’epoca – ha detto il sindaco -. Ringrazio il Ministero per aver voluto che questo quadro arrivasse a Castelvecchio, impreziosendo la nostra collezione e, dopo 40 anni, ripristinando le acquisizioni a testimonianza del prestigio del nostro Museo. Durante la pandemia si è sempre lavorato con questo obiettivo, arricchire il patrimonio museale per restituire poi ai veronesi e ai turisti degli spazi espositivi ancor più prestigiosi. L’altro grazie va alle forze imprenditoriali cittadine, come la famiglia Carlon, che in questo momento così particolare hanno deciso di investire sulla nostra cultura, dai Musei all’Arena, certamente per spirito imprenditoriale ma soprattutto per amore nei confronti della città. Una scintilla nuova che è partita, mai esistita prima”.
“Queste opere arrivano a fronte di relazioni puntuali inviate al Ministero, sulle quali si basano le valutazioni per le attribuzioni e i depositi permanenti – ha aggiunto Briani -. Un lavoro minuzioso quello della direzione dei Musei e degli uffici che rendono possibile tutto questo. Oltre alla forte sinergia con le realtà private cittadine. Nell’ultimo anno l’impegno è stato massimo, su diversi fronti. Da Dante alle nuove opere nei musei, fino ai riallestimenti a dimostrazione che con la volontà e l’impegno si ottengono risultati inimmaginabili”.
“È abbastanza anomalo che lo Stato dia a un museo un’opera di questo valore, è un riconoscimento straordinario per Castelvecchio che si attesta quale riferimento culturale a livello nazionale – ha detto Tinè -. Le ultime acquisizioni infatti risalgono a quaranta anni fa, mentre grazie all’operato della direttrice Rossi ne abbiamo avute due in un anno”.
“Il secondo arrivo in un anno – ha concluso Rossi -, una dimostrazione della rete creata con l’intero sistema museale nazionale. Dopo l’ancona lignea di San Luca ora possiamo esporre anche quest’opera di Farinati. Un dipinto incredibile datato e firmato dall’autore, e commissionato dal Consiglio comunale del 1558, in cui si vede la città con gli occhi dell’epoca. Non solo monumenti, palazzi e il fiume ma anche le botti di vino, il commercio di seta e lana. La composizione costituisce un rarissimo documento e ha il grande pregio di restituire la fisionomia del paesaggio urbano scaligero prima della radicale trasformazione subita dalla riva sinistra dell’Adige in età napoleonica”.
Il dipinto raffigura una giovane donna dal viso dolce che siede come la mitica Europa sul toro bianco. Allo scollo della sopraveste rosa su un grande medaglione in oro spicca il leone di San Marco. La donna, che personifica la città di Verona, sorregge una neonata avvolta in fasce e pronta a ricevere sulla testina rivolta verso il basso l’acqua battesimale che angeli bambini dall’alto dei cieli sono pronti a versare. Il battesimo si svolge sulle rive dell’Adige e in prospettiva si scorgono alcuni elementi caratterizzanti del paesaggio della città: l’Arena e il colle, con i due antichi castelli di San Pietro e San Felice. Il fiume è personificato da un giovane nudo che si appoggia ad un’anfora da cui sgorgano le acque e sorregge balle di panni e botti, allusione ai traffici che transitano lungo il suo corso. L’allegoria di Verona è combinata con quella del battesimo della neonata che porta un nome quasi omonimo della città, si chiama infatti Andriana Verona Ferro.
Roberto Bolis (anche per la fotografia)