Marc Chagall. Anni russi 1907-1924, a Brescia

Marc Chagall sarà al centro di un evento davvero straordinario, a Brescia al Museo di Santa Giulia dal prossimo 20 novembre al 15 febbraio 2016. Un progetto assolutamente originale che corre sul binario di due personalità senza alcun dubbio uniche, affascinanti, spiazzanti. Il grande artista con i suoi capolavori degli anni russi, arricchiti da un racconto d’eccezione, come può essere solo l’omaggio di un premio Nobel come Dario Fo. A pieno titolo è lecito parlare di un incontro tra due geni. Da un lato Marc Chagall, pittore lirico e surreale protagonista dell’arte del XX secolo, dall’altro Dario Fo, premio Nobel per la letteratura, commediografo, scrittore, ma anche pittore innamorato di Chagall. Cui Fo si sente particolarmente vicino, per il gusto del fantastico, del paradossale, del surreale e dell’impossibile. Il dialogo si concretizza in due esposizioni distinte, poste in stretta relazione tra loro: nella prima sono esposte le opere di Marc Chagall raccontate dall’artista stesso attraverso una serie di stralci tratti dalla sua autobiografia Ma Vie, scritta tra il 1921 e il 1922; nella seconda Dario Fo racconta le opere di Chagall attraverso i sui testi, illustrati da preziosi disegni e dipinti, creati appositamente in occasione dell’esposizione a Brescia. La mostra Marc Chagall. Anni russi 1907-1924, con la curatela di Eugenia Petrova, direttrice del Museo di Stato Russo, si sviluppa seguendo il percorso del pittore dalla sua formazione sino ai primi anni della maturità, immediatamente precedenti la diaspora a Parigi. La mostra propone 33 opere, 17 dipinti e 16 disegni oltre a due taccuini – con disegni e poesie recentemente ritrovati ed esposti per la prima volta al pubblico – che vanno dal 1907 al 1924: viene indagato il periodo durante il quale Chagall da Vitebsk, paese di nascita e vero protagonista delle prime opere, si trasferisce prima a San Pietroburgo, dove studia presso l’Accademia Russa di Belle Arti, e poi a Parigi, dove viene in contatto con la comunità di artisti di Montparnasse e dove si trasferirà definitivamente con la moglie Bella a partire dal 1924. Il pubblico potrà ammirare alcuni dei più importanti capolavori di Marc Chagall, opere di fondamentale importanza per capire il percorso artistico del maestro russo, come la veduta dalla finestra a Vitebsk del 1908, Gli Amanti in blu del 1914, la Passeggiata del 1917-1918, l’Ebreo in rosa del 1915 e molti altri. Accanto alla mostra di Chagall, i visitatori hanno l’occasione di vivere un altro evento unico appositamente progettato e realizzato per l’occasione. Il Premio Nobel Dario Fo ha realizzato ben 20 dipinti accompagnati da 15 bozzetti preparatori e da un racconto sulla vita e l’opera di Marc Chagall. Un straordinario omaggio, pittorico e narrativo, a Marc Chagall che sarà celebrato anche da un’unica lezione spettacolo che si terrà il 16 gennaio 2016 presso il Teatro Grande di Brescia. Da martedì a domenica (chiuso tutti i lunedì non festivi) Da martedì a venerdì dalle 9.30 alle 17.30 Sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.00 Biglietti Intero € 10; ridotto € 8; scuole € 6 Il biglietto della mostra garantisce l’ingresso speciale ridotto € 6 alla mostra “Roma e le genti del Po. Un incontro di culture III-I sec. a.C.”.

S. E.

Alessandro Carbonare, il clarinetto preferito da Abbado, a Tor Vergata

Alessandro-Carbonare-02Con il clarinettista Alessandro Carbonare e il pianista Monaldo Braconi proseguono mercoledì 18 novembre alle 18.00 i concerti dell’Università di Roma “Tor Vergata” presso l’Auditorium “Ennio Morricone” (Macroarea di Lettere e Filosofia, via Columbia 1), realizzati dall’Associazione Roma Sinfonietta e dall’Associazione Musica d’Oggi.

La musica klezmer si incontra con la musica da film e i classici del ‘900 nel vario e vivace programma ideato da Alessandro Carbonare, che è attualmente primo clarinetto solista dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia e ha collaborato nello stesso ruolo con Orchestre National de France, Berliner Philharmoniker, Chicago Symphony e New York Philharmonic. É stato il clarinettista preferito da Claudio Abbado, che l’ha chiamato come clarinetto solista dell’Orchestra Mozart e per incidere il Concerto di Mozart. Ha realizzato anche altre incisioni per Decca e Deutsche Grammophon.

Insieme a lui Monaldo Braconi, che collabora con grandi solisti e svolge egli stesso una brillante carriera di solista, che lo porta a frequenti tournée in tutta Europa e fino in Cina.

Il concerto inizia con la Sonata di Francis Poulenc e include due altri grandi compositori del Novecento, Bela Bartok (Danze rumene) e Leonard Bernstein (Sonata). Al centro un pezzo virtuosistico, Le api di Antonino Pasculli, compositore considerato l’equivalente di Paganini per gli strumenti a fiato. Inoltre tre pezzi composti da John Williams per il film Schindler’s List, vincitore dell’Oscar nel 1993 per la migliore colonna sonora. Gran finale con la musica klezmer: Abdala – Blistpost di Reiner Kuttenberger e Sholem Aleikem Rov. Feldmann di Bela Kovacs.

Biglietti: euro 10,00 – Ridotti euro 8,00 – Studenti euro 4,00; acquistabili anche all’ingresso dell’auditorium prima del concerto.

Mauro Mariani

Reset. Il nuovo album di Gazebo

Dopo alcuni anni di assenza dall’elettronica che lo rese famoso nella penultima decade del secolo scorso, torna con un nuovissimo album improntato alle sonorità di quell’epoca Gazebo, il celebre autore, interprete e arrangiatore entrato nel nostro immaginario collettivo con brani quali “I like Chopin”, “Masterpiece” “Dolce Vita”, “Lunatic” e “Telephone Mama”. Il nuovo progetto discografico, in uscita dal 6 novembre sulle principali piattaforme digitali (e disponibile su richiesta in versione fisica sulla pagina ufficiale FB dell’artista), si intitola RESET, un titolo che evoca a pieno le intenzioni del suo artefice. Per Gazebo (al secolo Paul Mazzolini) si tratta infatti di riazzerare, riscoprire e rimettere in gioco quel sound che ha deciso di improntare fin dall’inizio alle sue produzioni, unendo alla strumentazione a lui cara – ricca di campionatori e sintetizzatori quali Linn Drum, Emulator, Minimoog e Oberheim – i pattern ritmici e le tendenze dance dell’epoca contemporanea. Con un occhio rivolto al proprio passato e alle nuove generazioni ecco dunque un album comprendente 12 brani originali (oltre a 3 bonus tracks) dalle melodie coinvolgenti e dalle tematiche di forte attualità, tutto come al solito rigorosamente in inglese, e destinato ad un mercato dance, ma anche di ascolto easy listening e, novità, con una nota di romanticismo presente nel suo singolo di punta, la ballata WET WINGS.

“Ho deciso di confrontarmi con la musica che va di moda oggi nelle radio e nelle discoteche, basata spesso su un’esagerata amplificazione della cassa, senza comunque voler rinunciare al mio stile – afferma Gazebo –  Ho lavorato in ibrido, cerando di ottenere il meglio dai due mondi, da una parte la pasta ed il suono dell’analogico dall’altra la grande versatilità dei mezzi digitali”. Riguardo alla scelta degli argomenti affrontati nelle canzoni, si rispecchiano concept particolarmente vicini all’autore, inerenti l’attualità e l’esperienza quotidiana nel dover affrontare e subire questioni non sempre piacevoli, ma anche sentimenti che rispecchiano nella nostra anima certi tormenti o passioni interiori. E’ il caso di THE SECRET (ideata con Roberto Russo), dedicato all’outing e al coraggio di esprimere la vera persona che alberga dentro noi; BLINDNESS (composta insieme a Dimitris Korgialas), metafora sull’ottusità mostrata anche sui principi più semplici e vitali come la libera espressione, la tolleranza ed il rispetto per le altrui differenze; EVIL (scritta con Mario Gentili), brano indirizzato alla sempre più costante  invidia e cattiveria mostrata senza una ragione particolare anche da chi ci sembra essere più vicino, al solo fine di ostacolare i tuoi passi decisi e l’entusiasmo nei confronti del vivere; REVERIE, viaggio nelle impressioni del déja vu ispirato ad un’attenta visione dei quadri di Monet; EUROPA, sul sogno di condivisione comune delle stesse speranze ed ambizioni e QUEEN OF BURLESQUE, nata dall’incontro in rete con un’icona della seduzione, Mamie Van Doren . L’amore, la fantasia, il trascendente visionario, il desiderio, le esplorazioni della solitudine e la complessità dell’animo umano sono invece le tematiche più intime espresse nei brani VARIATIONS IN RED, DESIRE, M LIKE HUMAN, TEMPLE BAR, THE KITE e WET WINGS (co-autore Mario Manzani), sugli amori impossibili (per motivi di età, di lavoro, di diversi contesti o situazioni incompatibili).

Con RESET Gazebo conferma dunque la sua voglia di evolversi e sperimentare; se nel disco precedente “The Syndrome”, c’era molto del suo background “progressive” , in questa nuova produzione prevalgono invece le atmosfere ed i ritmi elettronici degli anni 80’.

E come afferma lui stesso nell’interno di copertina: “we can always reset and start over again”…

Gazebo, alias Paul Mazzolini, nasce il 18/2/60 a Beirut, la sua vita come quella dei suoi genitori è quella di un poliglotta girovago, sempre alla ricerca di nuove facce, culture e sensazioni.

Dopo tanti anni vissuti in paesi diversi a causa del lavoro del padre diplomatico, Paul torna in Italia nel 1974, il tempo di prendere la maturità parte per due anni a Londra dove comincia a formare gruppi e a prendere coscienza del proprio indirizzo professionale. Tornato a Roma nel 1981 incontra Paolo Micioni (Ex DJ alla ricerca di giovani talenti) ed insieme decidono di imbarcarsi nell’avventura di una produzione indipendente, il primo brano si chiama “Masterpiece”.

Il brano diventa subito uno dei preferiti dei discotecomani e grazie al subentro della Baby Records raggiunge le vette delle classifiche dance di mezzo mondo. Ma é con “I Like Chopin” nel 1983 che Paul raggiunge il grande pubblico, primo in classifica in Germania, Francia, Italia, Svizzera, Austria, Danimarca, Finlandia, Spagna, Belgio, Canada, Giappone, Portogallo, Hong Kong, Corea, Singapore, Turchia, Messico e Brasile totalizza più di otto milioni di copie vendute nell’arco dei anni 83-84. Seguirà “Lunatic” facendo dell’ L.P. “Gazebo” un autentico best seller, coronato dalla Vela D’oro vinta a Riva de Garda e dal premio “Top European Chart Act 1983” del settimanale Inglese Music Week davanti a nomi come Police e Culture Club.

Nell’autunno del 1984 esce il secondo album “Telephone Mama”, sorprende un po’ tutti per la sua diversità ma viene presto adottato e diventa un Top 10 un po’ ovunque. Alla vigilia dell’uscita del secondo singolo dall’album, “For Anita”, la brutta notizia dell’obbligo militare.

Dopo la naja nel 1986 Paul crea la “Lunatic Records”, una etichetta discografica indipendente con un proprio studio di registrazione. Distribuito in Italia dalla Carosello, esce “Univision”, l’album della svolta pop.

Nell’estate del’87 esce “The Rainbow Tales” primo disco registrato negli studi della Lunatic a Roma e co-prodotto da Denis Haines ex tastierista della Tubeway Army di Gary Numan.

L’esito positivo del progetto ci porta ad un anno di distanza a “Sweet Life” l’album del 1989 che include una sua versione di “Dolce Vita” brano di cui Paul fu coautore e che nell’ ’83 fu portato al successo da Ryan Paris vendendo più di 4 milioni di copie in tutta Europa.

“Scenes from the News Broadcast” esce nel Gennaio 1992. Fra i brani spiccano “Fire” e “The Fourteenth of July” che affrontano come peraltro preannuncia il titolo del disco argomenti di attualità (particolarmente drammatici come ben sappiamo). In questo LP Paul ha suonato, scritto, arrangiato e prodotto tutti i brani.

Gli anni Novanta sono dedicati esclusivamente alla produzione e alla creazione di “THE ARK” (un associazione volta alla promozione della world music) e della Softworks, società che includerà tutte le iniziative della Lunatic e della Cresus Edizioni.

Nel 2000 esce “Portrait & Viewpoint”  un doppio CD che raccoglie tutti brani più significativi della sua carriera.

Autunno 2006:  “Tears For Galileo”, preludio al nuovo progetto. Ne anticipa temi e contenuti, messi in secondo piano sintetizzatori e batterie elettroniche (sinora marchi di fabbrica), il sound sarà volutamente scarno ed essenziale; tra i collaboratori spiccano i nomi di Jerry Marotta (batterista con Peter Gabriel), John Giblin (bassista dei Simple Minds e Phil Collins) e Boosta (tastierista dei Subsonica). La versione remix del brano raggiunge la vetta della relativa classifica nella Euro Hits Parade.

2008 Anticipato da “Ladies!” ed il suo Deejay contest su Myspace dove i deejay hanno potuto rimissare e riarrangare a loro piacimento il brano senza aver mai sentito la versione originale, Paul presenta il nuovo album “The Syndrone”, 16 brani nuovi con un singolo dal grande potenziale “Virtual Love”. 2011 Esce il singolo”Queen Of Burlesque” esclusivamente su internet nei migliori negozi online come iTunes, Amazon ecc.

Nel 2013 esce “I Like … Live” testimonianza live della tournée di “The Syndrone” in giro per l’Europa con riprese dal concerto allo storico Piper di Roma nel 2009.

2015 … anticipato dal singolo “Blindness” esce nel mese di novembre l’ottavo album da studio di Paul dal titolo emblematico “Reset” … un riassestamento alle sonorità più che mai in voga degli anni Ottanta … brani quasi esclusivamente elettronici e atmosfere romantiche care al sound “gazebiano”.

Elisabetta Castiglioni

 

Record del mondo, femminile, in volo


La pilota di Gemona del Friuli Nicole Fedele ha consolidato il record
del mondo femminile di distanza libera percorrendo ben 401 chilometri. Il
precedente record, 381 km, le apparteneva dal 2013.
Teatro dell’impresa, oggi come due anni or sono, il nord est del
Brasile, assunto a paradiso del volo libero, visto che lo scorso mese tre piloti
brasiliani, Frank Thoma Brown, Marcelo Prieto e Donizete Baldessar Lemos
hanno volato per 514 km, nuovo record mondiale maschile.
La trentenne originaria di Ovaro, paesino vicino al monte Zoncolan,
professione traduttrice, si è librata in cielo per nove ore e 21
minuti. Il decollo è avvenuto verso le ore 10 da un pendio su una collina di circa
450 metri nei pressi di Quixadà, cittadina dello stato Cearà a circa 170
chilometri da Fortaleza. Durante il volo gli strumenti in dotazione alla
pilota, il GPS principalmente, hanno registrato una quota massima di
3054 metri ed una velocità media poco sotto i 45 km/h.
Dapprima Nicole Fedele ha sorvolato una vasta zona pianeggiante dalla
quale si ergono bassi rilievi, sfiorando piccoli centri, quali Custodio e
Madalena. Poi lungo la rotta alture più consistenti si sono alternate a
nuove pianure ed agglomerati quali Pedroli, Caldeirao e Piripiri, fino
al punto nel quale ha infine toccato terra oltre Barras, nel bel mezzo
dell’ennesima pianura tra una ciurma di bimbi festanti.
Nicole Fedele si innamorò del volo in parapendio nel 2002, per poi
coltivare la nuova e folgorante passione fino a vincere la Coppa del Mondo ed il
titolo europeo nel 2012 e detenere otto record mondiali.
Nel frattempo un’altra squadra di sette piloti italiani è impegnata
a Tacima, paesino dell’entroterra dello stato di Paraìba,
nell’intento di battere il record mondiale maschile, stabilito lo scorso mese nella
medesima zona.
La spedizione si è assegnata il nome benaugurale “Project
+500” ed è composta dai trentini Moreno Parmesan e Eric Galas, da Luigi Grandi,
Giulio Michelin, Paolo Grigoletto di Vicenza, da Lorenzo Zamprogno e Claudio
Mancino di Treviso.
Fino ad oggi non si sono registrate performance di rilievo. I voli sono
avvenuti in condizioni non favorevoli tra coperture nuvolose negli alti
strati e forti venti, fino a 45 km/h, con decolli rocamboleschi
puntualmente documentati dai filmati sulla pagina facebook di “Project +
500”.

Gustavo Vitali

 

Vertice G20. Le richieste di A.I.

Alla vigilia del vertice del G20 in programma oggi e domani, 15 e 16 novembre, ad Antalya, in Turchia, Amnesty International ha sollecitato i paesi più ricchi del mondo a porre fine alla loro sconvolgente inazione e ad avviare una risposta coordinata alla crescente crisi globale dei rifugiati, attraverso un piano concreto per il reinsediamento di un milione e 150.000 rifugiati maggiormente vulnerabili e il pieno finanziamento dei programmi di aiuto umanitario.
Finora, gli stati membri del G20 si sono impegnati a reinsediare circa 140.000 rifugiati provenienti dalla Siria, un numero molto basso rispetto a quello necessario. Lo scorso anno, avevano offerto posti per il reinsediamento a un decimo dei rifugiati che ne avevano bisogno.
“I leader mondiali hanno assistito inerti alla crisi globale dei rifugiati di proporzioni devastanti che si sviluppava davanti ai loro occhi. Ancora peggio, in alcuni casi vi hanno contribuito impedendo ai rifugiati di raggiungere la salvezza” – ha dichiarato Audrey Gaughran, direttrice del programma Temi globali di Amnesty International.
“Ad Antalya si riuniranno alcuni tra i paesi più ricchi del mondo. Si tratta di un’opportunità che non va persa per unire le forze e trovare modi concreti e significativi per porre fine alla sofferenza di milioni di rifugiati vulnerabili. Il G20 ha l’occasione di mostrare la sua utilità agendo come trampolino di lancio di un’azione incisiva, laddove altri vertici vi hanno rinunciato” – ha aggiunto Gaughran.
Amnesty International chiede agli stati membri del G20 di aumentare considerevolmente il sostegno finanziario ai programmi di assistenza umanitaria. Milioni di rifugiati, infatti, stanno pagando le conseguenze dei profondi tagli all’aiuto umanitario. Attualmente, l’appello umanitario delle Nazioni Unite per la crisi dei rifugiati siriani risulta finanziato solo al 50 per cento.
Il contrasto tra la risposta data alla crisi dei rifugiati siriani dai paesi confinanti e quella dei potenti stati del G20 è stridente. Il Libano, con un Pil di 44,5 miliardi di dollari ospita il più alto numero di rifugiati per abitante mentre la Russia, con un Pil di 1900 miliardi di dollari, non ha reinsediato neanche un rifugiato siriano.
“Finora la maggior parte dell’attenzione ha riguardato la fallimentare risposta data dall’Europa alla crisi dei rifugiati, ma questo vertice rappresenta un’occasione per altri stati del G20 di far vedere che sono pronti ad accettare le responsabilità che derivano dall’avere un ruolo di primo piano nelle questioni internazionali” – ha sottolineato Gaughran.
“Mentre stati come Germania e Turchia stanno avendo una parte importante nella risposta alla crisi globale dei rifugiati e il Canada si è recentemente impegnato a reinsediare 25.000 rifugiati siriani nei prossimi due mesi, altri stati come Russia e Arabia Saudita hanno incredibilmente mostrato ben poca compassione nei confronti di persone in fuga da brutali conflitti e dalla persecuzione. Ma non è troppo tardi, per questi e altri paesi, per cambiare orientamento e salvare un po’ di decenza morale” – ha continuato Gaughran.
“La crisi siriana è l’emblema di questo fallimento. I leader del G20 che stanno arrivando ad Antalya non potranno ignorare che il paese sede del vertice sta attualmente ospitando oltre due milioni di rifugiati, il numero più alto al mondo. Non essere venuti in loro aiuto è un drammatico esempio della completa rinuncia alla responsabilità da parte di alcuni dei paesi più ricchi del mondo” – ha proseguito Gaughran.
“Soltanto a poche centinaia di chilometri dalle sale riunioni lussuose e ad alta sicurezza del vertice del G20, migliaia di donne, uomini e bambini rischiano ogni giorno la loro vita cercando di raggiungere le coste europee a bordo di imbarcazioni fatiscenti. Di fronte a una crisi del genere, se non verrà adottato un piano concreto per il completo finanziamento dei programmi di aiuto umanitario e non verranno presi impegni precisi e con scadenze vincolanti per il reinsediamento dei rifugiati, ci troveremo di fronte a un miserabile fallimento” – ha concluso Gaughran.

Sono 400.000, circa il 10 per cento del totale, i rifugiati siriani in condizione di particolare vulnerabilità e bisognosi di reinsediamento. Finora, il mondo si è impegnato a reinsediare un quarto di loro ma l’attuazione di questi impegni ha dato luogo a numeri ancora più bassi.
Negli ultimi mesi, Amnesty International ha documentato la risposta vergognosamente fallimentare di parecchi governi degli stati membri del G20 di fronte alla crisi globale dei rifugiati. Di recente, l’organizzazione per i diritti umani ha reso noto che funzionari australiani sono sospettati di aver pagato i trafficanti perché riprendessero il largo con decine di rifugiati a bordo.
A livello globale, l’86 per cento dei rifugiati è ospitato in paesi in via di sviluppo. Il 95 per cento dei quattro milioni di rifugiati che hanno lasciato la Siria si trova solo in cinque paesi: Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto.

Amnesty International Italia

 

Rapporto di Amnesty International sulla Cina

Il sistema di giustizia penale cinese continua a fare grande affidamento sulle confessioni forzate ottenute mediante torture e maltrattamenti, mentre gli avvocati che insistono a denunciare quanto accaduto ai loro clienti vengono spesso minacciati, intimiditi o persino arrestati e torturati a loro volta.
Questa è la sintesi del rapporto “Cina: nessuna fine in vista”, con cui Amnesty International documenta che le riforme del sistema di giustizia penale, presentate dal governo di Pechino come un passo avanti nel campo dei diritti umani, hanno fatto poco o nulla per cambiare la prassi, profondamente radicata, di torturare le persone sospettate di aver commesso un reato per costringerle a confessare. I tentativi degli avvocati difensori di chiedere indagini sulle denunce di tortura dei loro clienti vengono sistematicamente ostacolati dalla polizia, dagli inquirenti e dai giudici.
“In un sistema nel quale persino gli avvocati possono finire per essere torturati dalla polizia, che speranza possono avere gli imputati comuni?” – ha chiesto Patrick Poon, ricercatore di Amnesty International sulla Cina.
“Celare che il sistema giudiziario non è indipendente, che la polizia è onnipotente e che non c’è possibilità di rimediare alla violazione dei diritti degli imputati servirà a ben poco per contrastare la tortura e i maltrattamenti. Se il governo vuole davvero migliorare la situazione dei diritti umani, deve iniziare col chiamare a rispondere le forze di polizia quando commettono violazioni” – ha aggiunto Poon.
Avvocati di ogni parte della Cina hanno descritto ad Amnesty International le rappresaglie subite quando hanno provato a sfidare le forze di polizia e hanno evidenziato le falle di un sistema giudiziario che consente alla polizia, agli inquirenti e ai giudici di aggirare le garanzie recentemente introdotte per impedire che confessioni forzate determinino ingiuste condanne. Esperti di legge cinesi stimano che meno del 20 per cento degli imputati in procedimenti penali abbia un avvocato difensore.
“Il governo sembra più interessato a evitare l’imbarazzo di una condanna ingiusta che a stroncare la tortura durante gli interrogatori” – ha commentato Poon. “Per la polizia, estorcere una confessione rimane il modo più facile per ottenere una condanna. Fino a quando gli avvocati non saranno liberi di esercitare il loro lavoro senza timore di subire rappresaglie, la tortura resterà dilagante”.
Nel suo rapporto, Amnesty International documenta le torture e i maltrattamenti che si verificano durante la fase di detenzione preventiva, tra cui pestaggi ad opera di agenti di polizia o di altri detenuti su ordine o con l’acquiescenza dei primi. Gli altri metodi di tortura denunciati comprendono sedie di contenzione di metallo, lunghi periodi di privazione del sonno, diniego di cibo e acqua a sufficienza e la cosiddetta “asse della tigre”: mentre le gambe del detenuto sono legate strette a un’asse orizzontale, gradualmente vengono aggiunti dei mattoni sotto i suoi piedi, col risultato che le gambe si sollevano sempre più in alto, procurando un intenso dolore alla vittima.
La prossima settimana gli esperti del Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite esamineranno la situazione della Cina.
Il governo di Pechino ha sempre sostenuto di “incoraggiare e sostenere gli avvocati nello svolgimento del loro lavoro”, smentendo qualsiasi “rappresaglia” nei loro confronti.
Tang Jitian, un ex procuratore e avvocato di Pechino, ha denunciato ad Amnesty International di essere stato torturato nel marzo 2014, quando insieme a tre colleghi aveva indagato su denunce di tortura in uno dei centri di detenzione segreti (conosciuti come “celle nere”) a Jiansanjiang, nella Cina nord-orientale.
“Mi hanno legato a una sedia di metallo, schiaffeggiato sul volto, preso a calci sulle gambe e colpito in testa con una bottiglia di plastica piena d’acqua così duramente da perdere conoscenza” – ha raccontato.
Successivamente, Tang Jitian è stato incappucciato e, con le braccia legate dietro la schiena, è stato appeso per i polsi e picchiato.
Yu Wensheng, un avvocato di Pechino, è stato arrestato il 13 ottobre 2014 e trattenuto per 99 giorni in una stazione di polizia. Ha raccontato ad Amnesty International di essere stato interrogato circa 200 volte da 10 agenti della sicurezza che si davano il cambio in media tre volte al giorno, coi polsi legati dietro la schiena e bloccati da manette volutamente strette in modo eccessivo:
“Avevo le mano gonfie e sentivo così tanto dolore da non voler più vivere. Gli agenti stringevano continuamente le manette e urlavo dal dolore”.
Detenzione segreta e tortura
Esperti di legge hanno riferito ad Amnesty International che l’estorsione di confessioni con la tortura rimane una pratica diffusa durante la detenzione preventiva, soprattutto nei casi di natura politica in cui sono coinvolti dissidenti, esponenti di minoranze etniche e persone che svolgono attività religiose.
Negli ultimi due anni le autorità hanno aumentato il ricorso a una nuova forma di detenzione non comunicata all’esterno, chiamata “sorveglianza domiciliare in una località prestabilita”, riconosciuta ufficialmente con l’entrata in vigore, nel 2013, del nuovo Codice di procedura penale.
Persone sospettate di terrorismo, gravi forme di corruzione e reati contro la sicurezza dello stato possono essere trattenute al di fuori del sistema ufficiale di detenzione in località segrete per un periodo che può arrivare fino a sei mesi, senza contatti col mondo esterno e a grave rischio di essere torturate.
Dodici avvocati e attivisti sono attualmente trattenuti in queste località segrete per accuse relative alla sicurezza dello stato. Amnesty International li considera a forte rischio di tortura e chiede al governo cinese di rilasciarli e proscioglierli da ogni accusa.
Resistenza alle riforme
Nonostante le varie riforme adottate a partire dal 2010, la definizione di tortura nella legge cinese risulta ancora inadeguata e in contrasto col diritto internazionale. La norma infatti proibisce solo determinati atti di tortura, come l’uso della violenza per ottenere una testimonianza, e solo da parte di determinati agenti statali. La tortura psicologica non è espressamente vietata, come invece richiesto dal diritto internazionale.
La maggior parte degli avvocati intervistati da Amnesty International per il suo rapporto ha citato la mancanza d’indipendenza del potere giudiziario e lo schiacciante potere delle agenzie per la sicurezza tra i principali ostacoli in cui s’imbatte chi chiede giustizia per essere stato torturato. I comitati locali, politici e giudiziari, composti da funzionari locali del Partito comunista, mantengono un’influenza considerevole nella determinazione degli esiti giudiziari dei casi politicamente rilevanti. Se un comitato vuole una condanna, le denunce delle torture subite dagli imputati vengono ignorate dai giudici e i responsabili sono raramente chiamati a risponderne.
Gli avvocati con cui ha parlato Amnesty International hanno inoltre criticato la costante impossibilità di portare in tribunale le denunce di tortura, di ottenere indagini realmente indipendenti su di esse o di escludere come prove nei processi le confessioni estorte con la tortura.
“I funzionari locali e la polizia continuano a muovere le corde del sistema di giustizia penale in Cina. Nonostante i migliori sforzi da parte degli avvocati, molte denunce di tortura vengono semplicemente ignorate per convenienza politica” – ha commentato Poon. “La polizia mantiene un potere eccessivo e incontrollato, col risultato che le misure per stroncare la tortura non producono l’impatto necessario”.
La tortura e le prove “illegali”
Allo scopo di analizzare come i tribunali cinesi si comportano di fronte a “confessioni” asseritamente estorte con la tortura dopo l’introduzione di riforme tese a escluderle dai processi, Amnesty International ha esaminato centinaia di atti processuali disponibili nell’archivio elettronico della Corte suprema del popolo.
Su 590 casi in cui gli imputati avevano denunciato di essere stati costretti a confessare sotto tortura, solo in 16 casi le prove così ottenute non sono state ritenute valide: in un caso l’imputato è stato assolto, mentre gli altri sono stati condannati sulla base di altre prove. Questo dato estremamente basso corrobora le affermazioni degli avvocati, secondo i quali le confessioni estorte con la tortura continuano a essere ammesse come prove, anziché essere escluse come illegali dai giudici.
Sulla base della legislazione cinese e del diritto internazionale, spetta alla pubblica accusa dimostrare che le prove sono state ottenute legalmente. Nella prassi, invece, i giudici ignorano le denunce di tortura se gli imputati non sono in grado di dimostrarle.
Il rapporto di Amnesty International termina con una serie di dettagliate raccomandazioni destinate a porre fine all’uso della tortura e dei maltrattamenti. In particolare, Amnesty International chiede al governo cinese di:
– assicurare che gli avvocati e gli attivisti legali siano in grado di svolgere il loro lavoro senza minacce, intimidazioni, limitazioni arbitrarie e timore di venire arrestati e torturati a loro volta;
– garantire che nessuna dichiarazione ottenuta mediante tortura e maltrattamenti sarà usata come prova nei procedimenti giudiziari;
– allineare le leggi, le politiche e le prassi nazionali al divieto assoluto di tortura e di altri maltrattamenti previsto dal diritto internazionale.

Amnesty International Italia

 

 

Un violino per sognare!

Performance di altissima qualità ascoltata la sera di martedì 10 novembre, presso l’aula Magna dell’Università la Sapienza in Roma.

La duttilità e i virtuosismi di Francesca Dego e Francesca Leonardi richiamavano l’attenzione del pubblico presente  che rimaneva da subito rapito, ascoltando le vibrazioni e le sonorità più affascinanti provenire dal violino e dal pianoforte. L’interpretazione della sonata “A Kreutzer” di L. van Beethoven rinverdiva le atmosfere del classicismo più profondo e allo stesso tempo rifletteva la completezza della musicalità del Maestro di Bonn. Gli intrecci melodici e armonici del duo, diventavano sempre più coinvolgenti. Da sottolineare l’interpretazione delicata, e precisa allo stesso tempo, dell’Andante con variazioni, tempo lento, che risultava ancor più gustoso preludio al finale della stessa sonata.

Quindi,  è stata la volta dell’interpretazione della sonata di Ottorino Respighi che faceva da trait d’union al clou del concerto.

Veniva in fine presentata, a chiusura della serata, la celeberrima sonata “La Campanella” di Niccolò Paganini, che dava modo alle due artiste di esprimere il meglio della tecnica e dei fraseggi, in particolar modo nei virtuosismi dell’ultimo tempo della medesima.

Al termine di ogni esecuzione, applausi scroscianti per sottolineare il gradimento al top della platea.

Che dire, un duo vincente che  al termine dell’esecuzione della citata Campanella di Paganini mandava il pubblico in visibilio concedendo due bis di rara maestria, riproponendo la pregiata fattura strumentale delle due giovani soliste di sicuro avvenire.

Serata gradevolissima spesa in modo originale, una bella gemma della stagione concertistica.

Bruno Bertucci

Renzo Arbore. La mostra

ArboreNel 2015 ricorre il trentennale di Quelli della notte, una delle “invenzioni” di Renzo Arbore che hanno più inciso nella storia della cultura e dell’intrattenimento.  Come ha già annunciato in un Che tempo che fa che Fabio Fazio ha voluto dedicare interamente a quell’evento, dal 19 dicembre 2015 al 3 aprile 2016 sarà aperta al pubblico, negli spazi espositivi della Pelanda al Macro di Testaccio, una grande mostra dedicata a Renzo Arbore, ai 50 anni della sua straordinaria carriera, alle sue trasmissioni televisive e radiofoniche che hanno così fortemente caratterizzato la storia della televisione e del costume del nostro paese, alle sue amicizie e alle sue scoperte, ai suoi percorsi musicali e ai concerti dell’Orchestra Italiana, alla sua incredibile collezione di oggetti e memorabilia, ma anche ai suoi amici, ai suoi viaggi, al sostegno non episodico alla Lega del Filo d’Oro e alla sua sensibilità verso i più sfortunati, alla travolgente esperienza umana e in definitiva al suo contributo di intelligenza e di ironia alla cultura italiana.

All’ingresso della mostra campeggerà la scritta: “lasciate ogni tristezza voi ch’entrate”. All’interno, in un percorso espositivo sorprendente, saranno esposti gli  oggetti che sono i testimoni di questa straordinaria avventura: dalle copertine dei dischi alle sue collezioni più improbabili, dalle radio d’epoca alle cravatte più strane, dagli oggetti in plastica collezionati in modo quasi maniacale alle memorabilia dei suoi viaggi, dagli strumenti musicali agli elementi scenografici che hanno caratterizzato le sue trasmissioni televisive.  Accanto a loro saranno protagonisti i documenti audio e video delle performances di Arbore, da Quelli della notte ai concerti dell’Orchestra italiana, da Bandiera Gialla e Alto Gradimento ai suoi film e perfino ai suoi sketch pubblicitari, in un percorso articolato in “stazioni” che corrispondono alle passioni di Renzo: la Musica, l’America, il Collezionismo e la Plastica, il Cinema, i Viaggi, la Televisione, le Città e gli Amici, la Moda e il Design, la Radio e infine la Lega del Filo d’Oro. Si svilupperà così un racconto nel quale, come in una camera delle meraviglie, ogni oggetto, ogni suono e ogni immagine porteranno alla luce una curiosità e un momento della vita di Renzo Arbore, ma anche di un pezzo della storia d’Italia e degli italiani.

Oltre a Renzo Arbore nel progetto sono coinvolti molti dei suoi collaboratori, che gli sono stati e gli sono accanto in tante occasioni, a partire da Alida Cappellini e Giovanni Licheri, che hanno disegnato per Arbore le scenografie della maggior parte dei suoi spettacoli e hanno progettato un allestimento della mostra che non mette solo in valore i materiali esposti, ma riesce ad accogliere il visitatore come se fosse a casa di Renzo. La regia e il montaggio dei filmati è affidata a Luca Nannini che si avvarrà delle ricerche di Sabina Arbore e Adriano Fabi.

Promossa dall’Assessorato Cultura e Sport di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la mostra è prodotta da Civita in collaborazione con la RAI e con RAI Teche.

La mostra è accompagnata dal volume di Renzo Arbore “E se la vita fosse una jam session? Fatti e misfatti di quello della notte”, a cura di Lorenza Foschini, edito da Rizzoli.  A cinquant’anni dall’esordio in radio con Bandiera gialla e a trenta dal successo in tv di Quelli della notte, per la prima volta Renzo Arbore si racconta in un libro di ricordi, incontri e oggetti, sul filo delle sue passioni: la musica, la radio, la televisione, il collezionismo.

Nel bookshop della mostra sarà infine proposta al pubblico una serie di oggetti  ispirati al suo colorato e allegro universo iconografico.

 

Barbara Izzo, Arianna Diana

 

Leggere, leggere, leggere

Alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate, nel Cantone Ticino, a pochi chilometri dal confine italiano, questa grande mostra (oltre 80 tele e sculture di qualità superba) racconta la più importante delle rivoluzioni. Uno sconvolgimento non accompagnato dal tuono dei cannoni, avvenuto al contrario nel silenzio di case e scuole. La rivoluzione della lettura. Che significò non solo l’accesso all’informazione: per la prima volta infatti diventava possibile entrare in contatto con il mondo che è al di là della famiglia o del villaggio, il sapere cosa accade oltre l’orizzonte quotidiano. Ma che significò anche e soprattutto la possibilità di mantenere un contatto con familiari lontani, con fidanzati al fronte o emigrati. Senza dover ricorrere alla mediazione del parroco, spesso l’unica persona del paese ad essere in grado di leggere e scrivere. Poi e soprattutto il piacere della lettura, si tratti della Sacra Bibbia o del romanzo d’amore o di avventura: l’irrompere di grandi mondi e di grandi storie all’interno delle chiuse mura di casa, sin dentro l’anima. Il tutto nell’Ottocento, qui indagato non solo tra Ticino e Italia, due territori geograficamente confinanti e culturalmente vicini, ma anche allargando i confronti alla Svizzera, con una sezione dedicata al celebre artista elvetico Albert Anker (1831-1910).

Le opere che il curatore Matteo Bianchi ha selezionato per la mostra alla Züst (fino al 24 gennaio 2016)  sono state attentamente individuate sia in collezioni museali che private.

Fra gli artisti ticinesi l’esposizione propone opere di Preda, Monteverde, Feragutti Visconti, Berta, Franzoni, Chiesa, Luigi Rossi e sculture di Vincenzo Vela e Luigi Vassalli. Tra gli italiani, troviamo opere importanti di Induno, Cabianca, Cremona, Ranzoni, Mosè Bianchi, Morbelli, Nomellini, Sottocornola, Paolo Sala, Corinna Modigliani e naturalmente di macchiaioli come Zandomeneghi.

Punto di partenza della rassegna è Albert Anker (1831-1910), il più amato e conosciuto fra i pittori elvetici a cui si dedicherà un’intera sala. La pittura di Anker permette una ricognizione che riassume e illustra, con elementi di classicità gentile, la funzione della lettura attraverso le varie generazioni e la diversità dei supporti, dal libro al giornale, dal documento alla lettera. Un accento particolare è posto dal pittore sul tema dell’istruzione dell’infanzia o più in generale dell’educazione sentimentale alla lettura dei protagonisti dei suoi quadri. Quella che Anker offre è una galleria indimenticabile di tipi umani: scolari, ragazze che si pettinano o lavorano a maglia e intanto leggono, bambini che si affacciano con sguardi incuriositi al foglio stampato, segretari comunali concentrati nel confronto con documenti ufficiali, ma anche anziani che leggono la Bibbia o il giornale.

Dall’alfabeto alla Bibbia ai romanzi, dall’apprendimento al consumo, la lettura assume forme differenti, genera svariati umori, suscita reazioni che spaziano dalla gioia al dolore, dall’attesa alla malinconia: si svolge en plein air, sulla soglia, seduti in poltrona o confinati in letti da convalescenti, sempre sul filo della conoscenza, di nuove emozioni.

Si passa dalla lettura domenicale, a voce alta, della Bibbia, con la famiglia raccolta ad ascoltare, a quella delle lettere giunte dal fronte, in epoca risorgimentale – celebri i dipinti degli Induno su questo tema – e talvolta lette dal parroco, alle lettere d’amore, alla lettura del giornale, finestra sul mondo che permette un’informazione più capillare, a quella d’evasione, spesso femminile, che viene raffigurata in quadri di grande impatto emotivo. La lettura incomincia quindi nell’Ottocento ad accompagnare e scandire ogni momento della vita, facendo da tramite per notizie dei propri cari o di attualità, ma anche permettendo di viaggiare con la mente in luoghi lontani, grazie alla diffusione di romanzi che offrono svago e riflessione.

Viene infine proposta una breve sezione documentaria legata all’istruzione, con un accento sul lavoro svolto nel Ticino dal politico e riformatore svizzero Stefano Franscini (1796-1857), rappresentato dallo scultore Vincenzo Vela, mentre il noto pedagogista Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827) è presente con i bronzi di Luigi Vassalli e Giuseppe Chiattone.

Un tema dunque che permette innumerevoli percorsi e approfondimenti e che vuole accompagnare il visitatore fin nell’intimità di un gesto che ha segnato i momenti cruciali della vita, sia pubblica che privata, di generazioni. A questo proposito la mostra getta un ponte ideale con la contemporaneità grazie ad una vera e propria chicca, una sezione con gli scatti del noto fotografo siciliano Ferdinando Scianna – pubblicati nel libro Lettori (ed. Henry Beyle, 2015) -, che qui scrive: “Per me fotografo, o almeno per il tipo di fotografia che amo e che cerco di praticare, la realtà è quindi un infinito libro da leggere e rileggere”.

E. C.

A Taste of Italy. Conoscenza, cultura, fascino

XFFnjXyL’obiettivo del Padiglione VINO “A Taste of ITALY” a EXPO, conclusosi lo scorso 31 ottobre, era quello di affascinare, coinvolgere, far portare con sé un’emozione, un ricordo ed una suggestione legate alla conoscenza della cultura del vino italiano, dei territori nei quali viene prodotto, delle tradizioni di un paese che un tempo si chiamava Enotria, terra delle viti, del vino.

«Al termine di Expo possiamo dire di aver vinto la sfida – sottolinea il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina -. Siamo la patria del Vino, con oltre 500 vitigni coltivati e con il primato di produzione riconquistato quest’anno. Con il Padiglione del Vino abbiamo mostrato al mondo la forza di questo settore, fatta di passione, storia e di una fortissima spinta all’innovazione. Un successo reso possibile da chi ha lavorato ogni giorno in questi sei mesi per rappresentare al meglio l’esperienza vitivinicola nazionale».

«Un grande lavoro di squadra, un impegno gestito in tempi strettissimi dall’ideazione alla realizzazione sino alla gestione durante i sei mesi di Expo che solo un organizzatore fieristico di grande esperienza e di specifica competenza nel settore vinicolo poteva affrontare con successo – dice il Presidente di Veronafiere, Maurizio Danese –. L’Expo non finisce oggi per noi. Il Padiglione è stato, grazie anche alle numerose delegazioni istituzionali e commerciali presenti, sia italiane che straniere, una straordinaria occasione di relazioni per la Fiera di Verona che può metterle a sistema a favore della propria attività, delle aziende e associazioni di categoria dei settori nei quali opera».

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«L’esperienza del Padiglione VINO A Taste of ITALY prosegue – specifica il Direttore Generale, Giovanni Mantovani –. A partire dal 50° Vinitaly, in programma a Verona dal 10 al 13 aprile prossimi, inizierà un percorso lungo il quale porteremo la conoscenza, la cultura ed il fascino del vino italiano e dei suoi territori, che attraverso di esso abbiamo raccontato, direttamente all’attenzione di altri paesi interessati dalle iniziative del Vinitaly International o che ci faranno richiesta per eventi legati alla promozione del made in Italy».

Fortemente voluto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e da Veronafiere-Vinitaly, il Padiglione VINO – A Taste of ITALY, è stato visitato da 2,1 milioni di persone, il 20% provenienti dall’estero, che sono state accolte sia lungo il percorso conoscitivo, sia degustativo nella Biblioteca del Vino – Enoteca del Futuro da un team preparato e attento che ha contribuito a far vivere un’esperienza che resterà nel bagaglio culturale e di emozioni di tutti i visitatori.

Più di 3600 le etichette proposte per 150 mila bottiglie e circa 800 mila degustazioni tra Enoteca del Futuro – Biblioteca del Vino, “Vino is Aperitivo”, eventi, seminari, workshop, wine tasting e visite di delegazioni internazionali e della stampa. Sono state 2000 le aziende che hanno presentato i loro vini e più di 500 gli eventi e i convegni promossi nelle Sale Convivium e Symposium.

Autorevoli partner del Padiglione VINO – A Taste of ITALY sono stati il Comitato Scientifico, presieduto da Riccardo Cotarella, con le iniziative “Viaggio nell’Italia del Vino”, Gambero Rosso con i Tre Bicchieri, Civiltà del Bere con “Italian Wine is More”, Club Papillon con la “Giostra dei Wine Bar”, Cronache di Gusto con “La bellezza del vino” e “I vini bussola”, Doctor Wine di Daniele Cernilli con “Il giro d’Italia in 80 vini” e le degustazioni organizzate con AIS e ONAV.

Un successo sottolineato anche dal riconoscimento Premio Class Expo Pavilion Heritage Awards per il migliore Padiglione di un Unico Prodotto Alimentare.

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A ritirare il Premio il Presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, eletto il 27 ottobre scorso, il Presidente uscente, Ettore Riello, che è stato ringraziato per il grande lavoro svolto, anche in vista dell’Expo, il Direttore Generale, Giovanni Mantovani, l’architetto Italo Rota, che ha curato l’allestimento del Padiglione e Riccardo Cotarella, presidente del Comitato scientifico.

I Class Expo Pavilion Heritage Awards sono stati dedicati ai padiglioni e ai cluster che meglio hanno saputo interpretare e comunicare il tema dell’esposizione universale, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, lasciando così la migliore eredità, in termini di impatto, interesse, cambiamento delle abitudini di consumo e rispetto per quanto il pianeta produce.

Gli Awards sono stati ideati e organizzati da Class Editori, insieme con Laureate International Universities, il network di 80 università in 29 Paesi cui fanno capo, a Milano, Domus Academy e NABA (Nuova Accademia di Belle Arti Milano). Advisor scientifici, l’Associazione mondiale degli Agronomi (WWA) e il Consiglio dell’Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali. IBM ha supportato l’iniziativa come Official Sponsor.

Di primissimo piano la giuria internazionale che ha assegnato i riconoscimenti, dopo aver valutato anche il lavoro di un’equipe di studenti di NABA e Domus frutto di un’accurata ricerca e confronto nel corso dei sei mesi di Expo 2015: Letizia Moratti, Romano Prodi, il Cardinale Tagle, Shenggen Fan, Maria Cruz Alvarez ed il Premio Nobel Eric Maskin.

 

Veronafiere