Si torna a Coccia di Morto

Continua la storia di Monica e della sua sgangherata famiglia, con due sorellastre gemelle che gliene combinano un’altra delle loro e fanno chiudere il locale, la rosticceria che avevamo trovato nel primo film “Come un gatto in tangenziale”, che Monica aveva aperto per cercare una vita diversa dalla sciagurata che era costretta, suo malgrado, a condurre a Bastogi, quartiere popolare di Roma. Alessio, suo figlio, è a Londra per lavoro e in un ristorante ritrova la sua ragazzina. Si incrociano di nuovo le vite di tutti, perché Monica, arrestata e in carcere, per non rimanerci chiama l’amico “ministro”, come tutti lo chiamano. La sempre brava Paola Cortellesi (Monica) re-incontra l’uomo del quale era innamorata (Antonio Albanese) e così la condanna viene tramutata in lavori socialmente utili in una parrocchia. Temi forti, sociali e culturali, sono sempre alla base della trama del film già campione d’incassi, e le risate sono assicurate. Monica entra in una sorta di tugurio, lei che ha paura delle suore, e trova una suor Catena terribile, un prete che non sta in piedi, persone disadattate che vengono aiutate con una rete di volontari. Di nuovo la vita della protagonista del film “Come un gatto in tangenziale. Ritorno a Coccia di Morto” viene sconvolta dall’incontro forzato con altre realtà, quelle che deplora e dalle quali si tiene lontana: la cultura fatta di arte, musica, balletto e cinema; la solidarietà diversa dal patto stretto inconsapevolmente dalle persone del proprio rione e tutto diventa proprio, diventa la vita che prende possesso delle persone con emozioni, pensieri, riflessioni. La parrocchia di San Basilio è guidata da un giovane aitante e “pio” sacerdote, agli esercizi spirituali all’arrivo di Monica, ma che ben presto si dimostra il vero motivo della grande affluenza in chiesa e della partecipazione alle opere di carità. Il bel don Davide (Luca Argentero) è pratico, dinamico e… bello. Così si incarica del percorso di recupero di Monica che si adatta alla situazione di cui è garante Giovanni, il “ministro” che lavora vicino alla parrocchia con un’improponibile fidanzata e problemi che ruotano intorno ai soldi dei finanziatori di un’opera di recupero ambientale. Le situazioni sono divertenti e permettono di vedere una Roma bellissima, “di tutti”, come dice Giovanni. Alla fine i due riscoprono il loro amore e non dimenticano nessuno, né l’ex di Monica né l’ex di Giovanni, fino alla riunione di quartiere alla spiaggia di Coccia di Morto dove si devono dare degli annunci. Ma forse da dove riprenderà un prossimo sequel.

Bello il film, bella la trama, divertente e riuscita, con la sempre bravissima Cortellesi, ben coadiuvata da tutti gli altri attori dell’ampio e ben assortito cast. Molto buona la regia di Riccardo Milani. Da vedere.

Alessia Biasiolo

Siamo tutti Paola Cortellesi: “Ma cosa ci dice il cervello?”

Siamo tutti Paola Cortellesi, quindi “Ma cosa ci dice il cervello?”. Cortellesi interpreta magistralmente la nuova pellicola diretta dal compagno Riccardo Milani, un ottimo film, divertente, parodistico e che può fare riflettere. Chi? Gli Italiani, ormai “fusi” dalle mode, dall’appiattimento della cultura e, soprattutto, del buon senso, in assoluta mancanza di senso civico. Mi sembra che con film come questo siamo sulla strada di chi protesta e, udite udite, reagisce. Infatti a cosa serve lamentarsi e basta? Bisogna smetterla e reagire, REAGIRE. Proprio come Giovanna (Paola Cortellesi), un’apatica divorziata, mamma di Martina (Chiara Luzzi), con un lavoro piattissimo, non all’altezza della sua fama da liceale. Come dice il proverbio, quando si è bravi a scuola non si fa strada nella vita. Giovanna è una modestissima impiegata del Ministero, veste come una collegiale attempata, guarda spenta nel vuoto, inerme alle sollecitazioni esterne. Il “burino” che lascia l’auto in mezzo alla strada per scambiare quattro chiacchiere con l’amico, insensibile alle code che provoca. La solita/il solito che parcheggia al posto dei portatori di handicap. La vita che scorre via con i furbetti da ogni parte, sempre con il fiato corto perché c’è sempre qualche altra mamma migliore, specie se “social” e connessa. Giovanna è disconnessa, invece, da se stessa e da tutto il resto, con profondi sensi di colpa nei confronti di una figlia che trascura, mentre sua madre (Carla Signoris) ha preso a frequentare gente, veste in modo improponibile e non ha alcuna considerazione per lei. Insomma, la storia di quasi tutte le donne italiane intorno alla quarantina. Tranne che per un piccolo particolare. Quando entra nell’enorme palazzo sede del suo lavoro, Giovanna diventa un agente al servizio della Sicurezza Nazionale, pronta a saltare da un aereo a un’imbarcazione, di atterrare nel deserto marocchino o a Mosca senza battere ciglio e in procinto di sgominare un traffico internazionale. L’aspetto di Giovanna cambia completamente, l’occhio spento diventa un cervello elettronico inafferrabile e, invece di essere lei a dovere stare dietro al mondo con la lingua penzoloni, è il mondo che le sta nell’orecchio con il quale è in contatto con D’Alessandro, il comandante dell’organizzazione (Remo Girone). Fino alla rimpatriata con gli amiconi del liceo che le fanno rompere gli indugi e cercare di sistemare le cose, almeno per un poco, perché se tutti ci si mettessimo, qualcosa andrebbe più per il verso giusto. L’amica Francesca, pediatra all’ospedale (Lucia Mascino), non verrebbe mai più malmenata dalla mamma di una paziente (Paola Minaccioni); l’amico professore Roberto (Stefano Fresi) verrebbe rispettato dagli studenti; Marco (Vinicio Marchioni), allenatore di squadre giovanili, non verrebbe insultato dai tanti ct nei quali si trasformano i genitori che guardano le partite dei propri figli (tra i quali Ricky Memphis); Tamara, hostess di volo (Claudia Pandolfi) riuscirebbe ad avere la meglio sull’insopportabile manager (Alessandro Roja) in viaggio ogni venerdì. Un film ben impostato, spassoso, con tanti fatti di cronaca vera che, sul grande schermo, prendono davvero le fattezze di un’emergenza nazionale. Dove sta andando l’Italia degli Italiani capaci di dettare moda nel mondo? Interessante notare che Cortellesi afferma di non avere una pagina Facebook o Instagram, di non messaggiare in continuazione. Quindi, messaggio subliminale, bisogna ricominciare dai rapporti interpersonali veri, dalla vita reale ed usare tutto il resto solo per quello che è: un buon mezzo, non la sostituzione della realtà.

Assolutamente da vedere.

 

Alessia Biasiolo