Olio di palma. Le accuse di Amnesty International

Amnesty International ha accusato l’azienda agro-alimentare Wilmar di tentare di nascondere le denunce di abusi nelle piantagioni di palme da olio, favorita dall’assenza di indagini da parte del governo dell’Indonesia.

Nonostante le autorità indonesiane avessero annunciato la costituzione di una task force per verificare quanto aveva denunciato Amnesty International in un suo rapporto del novembre 2016, non è stato registrato alcun passo avanti nelle indagini. Nel frattempo, la Wilmar cerca di intimidire i suoi impiegati affinché neghino i fatti.

“I lavoratori delle piantagioni vivono nel timore di subire rappresaglie per aver reso pubbliche le loro misere condizioni di lavoro, tra cui il trasferimento in un’altra piantagione lontano dalle famiglie o addirittura la perdita dell’impiego”, ha dichiarato Seema Joshi, direttrice del team Imprese e diritti umani di Amnesty International.

“La loro difficile situazione è tutt’altro che agevolata dalla completa mancanza d’azione del governo indonesiano su quanto denunciato nel nostro rapporto dello scorso novembre”, ha aggiunto Joshi.

A gennaio, durante un incontro con le rappresentanze sindacali, la Wilmar ha preteso che i lavoratori firmassero un documento in cui smentivano che gli abusi denunciati da Amnesty International avessero luogo nelle loro piantagioni.

“Qualsiasi dichiarazione estorta dalla Wilmar mediante coercizione, anche con la minaccia di licenziamento, non è valida dal punto di vista legale. L’atteggiamento dell’azienda è molto preoccupante dato che sta cercando di screditare pubblicamente le prove raccolte da Amnesty International”, ha commentato Joshi.

Wilmar ha deciso di ricorrere a questa tattica dopo che la stampa aveva diffuso la notizia che il governo indonesiano avrebbe svolto un’indagine approfondita sulle denunce contenute nel rapporto di Amnesty International.

“Siamo contenti che il governo indonesiano abbia preso quell’impegno, ma nei tre mesi successivi alla pubblicazione del rapporto non abbiamo visto nulla. Ribadiamo la necessità di un’indagine urgente”, ha sottolineato Joshi.

“Alla luce del tentativo della Wilmar di screditare il nostro rapporto e della sua mancanza di azione su quanto abbiamo denunciato, il governo indonesiano deve rispettare l’impegno a istituire una task force per indagare”, ha precisato Joshi.

L’ufficio di Singapore della Wilmar ha diffuso una nota secondo la quale le denunce di Amnesty International sono sotto esame e le indagini interne proseguiranno fino a quando non giungeranno a una conclusione, che verrà resa pubblica. Le firme dei sindacalisti, continua la nota, sono state apposte volontariamente.

La dichiarazione della Wilmar, tuttavia, sembra in contrasto con l’approccio adottato dietro le quinte.

Il rapporto “Il grande scandalo dell’olio di palma: violazioni dei diritti umani dietro i marchi più noti”, pubblicato da Amnesty International il 29 novembre 2016, ha rivelato le condizioni di lavoro nelle piantagioni della Wilmar in Indonesia: lavoro minorile, lavoro forzato, esposizione ad agenti pericolosi e discriminazione contro le donne. Si tratta di pratiche vietate dalla legge indonesiana, in alcuni casi veri e propri reati.

Tre mesi dopo la pubblicazione del rapporto, nessuno dei marchi menzionati ha preso misure per porre fine agli abusi nei confronti dei lavoratori nelle piantagioni di cui si servono né ha fornito alcun rimedio a coloro che li hanno subiti.

Nonostante si sia impegnata a indagare sulle conclusioni del rapporto di Amnesty International, ricorrendo anche a consulenti esterni, Amnesty International non ha riscontrato alcuna convincente prova che la Wilmar abbia preso seriamente in esame le conclusioni del rapporto, tra cui l’impiego di lavoro minorile, lo sfruttamento della forza lavoro femminile e il mancato rispetto delle paghe minime.

 

Amnesty International Italia

Secondo Amnesty, i marchi che usano olio di palma beneficiano di lavoro minorile

I principali marchi mondiali di cibo e prodotti domestici stanno vendendo alimenti, cosmetici e altri beni di uso quotidiano contenenti olio di palma ottenuto attraverso gravi violazioni dei diritti umani in Indonesia, dove bambini anche di soli otto anni lavorano in condizioni pericolose. Lo ha denunciato Amnesty International, in un rapporto intitolato “Il grande scandalo dell’olio di palma: violazioni dei diritti umani dietro i marchi più noti”. Il rapporto è il risultato di un’indagine sulle piantagioni dell’Indonesia appartenenti al più grande coltivatore mondiale di palme da olio, il gigante dell’agro-business Wilmar, che ha sede a Singapore, fornitore di nove aziende mondiali: AFAMSA, ADM, Colgate-Palmolive, Elevance, Kellogg’s, Nestlé, Procter & Gamble, Reckitt Benckiser e Unilever. “Le aziende stanno chiudendo un occhio di fronte allo sfruttamento dei lavoratori nella loro catena di fornitura. Nonostante assicurino i consumatori del contrario, continuano a trarre benefici da terribili violazioni dei diritti umani. Le nostre conclusioni dovrebbero scioccare tutti quei consumatori che pensano di fare una scelta etica acquistando prodotti in cui si dichiara l’uso di olio di palma sostenibile” – ha dichiarato Meghna Abraham di Amnesty International, che ha condotto l’indagine. “Grandi marchi come Colgate, Nestlé e Unilever garantiscono ai loro consumatori che stanno usando olio di palma sostenibile ma le nostre ricerche dicono il contrario. Non c’è nulla di sostenibile in un olio di palma che è prodotto col lavoro minorile e forzato. Le violazioni riscontrate nelle piantagioni della Wilmar non sono casi isolati ma il risultato prevedibile e sistematico del modo in cui questo produttore opera” – ha aggiunto Abraham. “C’è qualcosa che non va se nove marchi, che nel 2015 hanno complessivamente fatturato utili per 325 miliardi di dollari, non sono in grado di fare qualcosa contro l’atroce sfruttamento dei lavoratori dell’olio di palma che guadagnano una miseria” – ha commentato Abraham. Amnesty International avvierà una campagna per chiedere alle aziende di far sapere ai consumatori se l’olio di palma contenuto in noti prodotti come il gelato Magnum, il dentifricio Colgate, i cosmetici Dove, la zuppa Knorr, la barretta di cioccolato KitKat, lo shampoo Pantene, il detersivo Ariel e gli spaghetti Pot Noodle proviene o meno dalle piantagioni indonesiane della Wilmar.

Sistematiche violazioni nella catena di fornitura Amnesty International ha intervistato 120 lavoratori delle piantagioni di palma di proprietà di due sussidiarie della Wilmar e per conto di tre fornitori di quest’ultima nelle regioni indonesiane di Kalimantan e Sumatra. Questi sono i principali risultati: – donne costrette a lavorare per molte ore dietro la minaccia che altrimenti la loro paga verrà ridotta, con un compenso inferiore alla paga minima (in alcuni casi, solo 2,50 dollari al giorno) e prive di assicurazione sanitaria e di trattamento pensionistico; – bambini anche di soli otto anni impiegati in attività pericolose, fisicamente logoranti e talvolta costretti ad abbandonare la scuola per aiutare i genitori nelle piantagioni; – lavoratori gravemente intossicati da paraquat, un agente chimico altamente tossico ancora usato nelle piantagioni nonostante sia stato messo al bando nell’Unione europea e anche dalla stessa Wilmar; – lavoratori privi di strumenti protettivi della loro salute, nonostante i rischi di danni respiratori a causa dell’elevato livello di inquinamento causato dagli incendi delle foreste tra agosto e ottobre 2015; – lavoratori costretti a lavorare a lungo, a costo di grave sofferenza fisica, per raggiungere obiettivi di produzione ridicolmente elevati, a volte usando attrezzature a mano per tagliare frutti da alberi alti 20 metri; – lavoratori multati per non aver raccolto in tempo i frutti dal terreno o per aver raccolti frutti acerbi. La Wilmar ha ammesso l’esistenza di problemi relativi al lavoro nelle sue attività. Ciò nonostante, l’olio di palma proveniente da tre delle cinque piantagioni indonesiane su cui Amnesty International ha indagato è stato certificato come “sostenibile” dal Tavolo sull’olio di palma sostenibile, un organismo istituito nel 2004 dopo uno scandalo ambientale. “Il nostro rapporto mostra chiaramente che le aziende usano quell’organismo come uno scudo per evitare controlli. Sulla carta hanno ottime politiche, ma nessuna ha potuto dimostrare di aver identificato rischi di violazioni nella catena di fornitura della Wilmar” – ha dichiarato Seema Joshi, direttrice del programma Imprese e diritti umani di Amnesty International.

Dubbi sulle dichiarazioni di “sostenibilità” Esaminando la documentazione sulle esportazioni e altre informazioni pubblicate dalla Wilmar, le ricerche di Amnesty International hanno rintracciato olio di palma in nove marchi globali di cibo e prodotti domestici. Sette di questi hanno confermato di utilizzare olio di palma fornito dalla Wilmar ma solo due (Kellogg’s e Reckitt Benckiser) hanno accettato di fornire dettagli sui prodotti coinvolti. Otto su nove di questi marchi fanno parte del Tavolo sull’olio di palma sostenibile e sui loro siti o sulle tabelle nutrizionali dichiarano di usare “olio di palma sostenibile”. Le nove aziende non hanno smentito l’esistenza di violazioni ma non hanno fornito alcun esempio di azioni intraprese su come vengono trattati i lavoratori nelle attività della Wilmar. “I consumatori vorrebbero sapere quali prodotti sono legati alle violazioni dei diritti umani ma le aziende mantengono una grande segretezza” – ha commentato Joshi. “Le aziende devono essere più trasparenti su cosa contengono i loro prodotti. Devono dichiarare da dove vengono le materie prime contenute nei prodotti che si trovano sugli scaffali dei supermercati. Se non lo faranno, beneficeranno e in qualche modo contribuiranno alle violazioni dei lavoratori. Attualmente, stanno mostrando una completa mancanza di rispetto nei confronti di quei consumatori che, quando si recano alla cassa, pensano di aver fatto una scelta etica” – ha aggiunto Joshi. Il lavoro minorile Il rapporto di Amnesty International denuncia che bambini da otto a 14 anni svolgono lavori pericolosi nelle piantagioni possedute e dirette dalle sussidiarie e dai fornitori della Wilmar. Lavorano senza equipaggiamento di sicurezza in piantagioni dove vengono usati pesticidi tossici e trasportano sacchi di frutti che possono pesare da 12 a 25 chili. Alcuni di loro abbandonano la scuola per dare una mano ai genitori nelle piantagioni, altri lavorano il pomeriggio dopo la scuola o nei fine settimana e nei giorni festivi. Un bambino di 14 anni che raccoglie e trasporta frutti di palma in una piantagione della Wilmar ha raccontato di aver lasciato la scuola a 12 anni perché suo padre si era ammalato e non era più in grado di raggiungere gli obiettivi di produzione. Con lui lavorano, al termine dell’orario scolastico, i suoi fratelli di 10 e 12 anni. “Aiuto mio padre ogni giorno, da due anni. Ho studiato fino alla sesta classe poi mi sono messo a lavorare con mio padre, perché lui non ce la faceva più, si era ammalato. Mi dispiace aver abbandonato la scuola. Avrei voluto continuare per diventare più bravo. Avrei voluto fare l’insegnante”. Il lavoro, che richiede un enorme sforzo fisico, può causare danni alla salute dei bambini. Uno di loro, che oggi ha 10 anni, ha a sua volta abbandonato la scuola quando ne aveva otto per lavorare in una piantagione della Wilmar. Si sveglia alle sei del mattino e lavora sei ore al giorno, esclusa la domenica: “Non vado più a scuola. Trasporto i sacchi coi frutti ma riesco a riempirli solo a metà. Sono pesanti. Lo faccio anche se piove ma è più difficile. Mi bruciano le mani e mi duole il corpo”.

Le lavoratrici Il rapporto di Amnesty International denuncia la discriminazione nei confronti delle donne, assunte giorno per giorno senza garanzie d’impiego permanente e benefici sociali come l’assicurazione sulla salute e la pensione. Amnesty International ha anche documentato casi di lavoro forzato e di capisquadra che sfruttano le donne minacciandole di non pagarle o di ridurle la paga. Una donna ha raccontato come sia stata costretta a lavorare di più attraverso minacce implicite ed esplicite: “Se non raggiungo gli obiettivi, mi impongono di lavorare di più ma senza paga. Io e la mia amica abbiamo detto al caposquadra che eravamo stanche e volevamo andare via ma lui ci ha detto ‘se non avete voglia di lavorare, andate a casa e non tornate più’. Come si fa a lavorare con questi obiettivi impossibili? Mi bruciano i piedi, mi bruciano le mani e mi fa male la schiena”. L’Indonesia ha una legislazione sul lavoro molto solida, in base alla quale la maggior parte di questi trattamenti costituirebbero reati penali, ma viene applicata malamente. Amnesty International chiede al governo indonesiano di migliorare la sua applicazione e indagare sulle violazioni denunciate nel rapporto.

Ulteriori informazioni Le ricerche di Amnesty International hanno rintracciato olio di palma lavorato da raffinerie e frantoi proveniente dalle piantagioni esaminate, in sette delle nove aziende: AFAMSA, ADM, Colgate-Palmolive, Elevance, Nestlé, Reckitt Benckiser e Kellogg’s attraverso una sua joint-venture. Le altre due, Procter & Gamble e Unilever, hanno confermato ad Amnesty International che usano olio di palma proveniente dalle piantagioni della Wilmar in Indonesia ma non hanno specificato esattamente da quale raffineria si riforniscono. Poiché Amnesty International ha rintracciato olio di palma dalle piantagioni oggetto della sua ricerca in 11 delle 15 raffinerie della Wilmar, è assai possibile che queste due aziende si riforniscano da almeno una di queste raffinerie. Amnesty International ha chiesto alle aziende di chiarire se l’olio di palma dichiarato nel contenuto di una lista di prodotti provenga da attività della Wilmar in Indonesia. Due di loro, Kellogg’s e Reckitt Benckiser, hanno confermato. Colgate e Nestlé hanno ammesso di ricevere olio di palma dalle raffinerie indonesiane della Wilmar. Il rapporto di Amnesty International collega queste raffinerie alle piantagioni che ha indagato. Colgate e Nestlé hanno però dichiarato che nessuno dei prodotti elencati nel rapporto di Amnesty International contiene olio di palma proveniente dalle piantagioni della Wilmar, tuttavia non hanno reso noto quali altri prodotti invece lo contengono. Due altre aziende, Unilever e Procter & Gamble, non hanno corretto l’elenco dei prodotti fornito da Amnesty International. Le rimanenti tre, infine, hanno risposto in modo vago o non hanno risposto affatto. Il rapporto “Il grande scandalo dell’olio di palma: violazioni dei diritti umani dietro i marchi più noti” è disponibile presso l’Ufficio Stampa di Amnesty International Italia e all’indirizzo: http://www.amnesty.it/marchi-usano-olio-palma-beneficiano-del-lavoro-minorile-forzato.

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