Bella la coppia che “deve parlare” al cinema!

“Io e te dobbiamo parlare” è un film da vedere. Divertente, leggero, adatto a prendersi una boccata d’ossigeno nel caos quotidiano, vede una coppia comica azzeccata, in cui il noto Leonardo Pieraccioni è perfettamente nel ruolo dell’attore: spontaneo, realistico, quasi perfetto. Accanto a regista e attore Alessandro Siani altrettanto nel ruolo, con una capacità recitativa convincente, pur nell’impossibilità di scene da effetti speciali, per due poliziotti imbranati. Pieraccioni e Siani, infatti, impersonano due agenti di Polizia che il loro capo non sa più dove mettere: dovunque siano assegnati, generano problemi e non tanto perché ne siano loro la vera causa, quanto perché, anche quando intorno a loro sparano e si ammazzano, i due nemmeno se ne accorgono. Un po’ il verso a quella Polizia che sembra sempre non esistere quando se ne avverte il bisogno, insomma. A fronte del solito duo spettacolare di agenti, sempre in ordine, lucidi, lindi e pinti che risolvono sempre i casi, sia loro che degli altri. Siani (che impersona Antonio) e Pieraccioni (nei panni di Pieraldo) sono insomma i due Paperino che tanto piacciano alla gente, perché è facile identificarsi in loro e, anche se sono diventati famosi per avere arrestato un boss pluri-ricercato, l’hanno fatto per puro sbaglio. E non siamo un po’ tutti noi quelli a cui, se proprio va bene qualcosa, ci sembra quasi impossibile? Bene. La coppia nel lavoro è un’anticoppia, perché Antonio aveva lasciato la moglie Matilde (Brenda Lodigiani) che adesso è la compagna di Pieraldo, divenuto così il terzo genitore della figlia del collega. Pieraldo non nasconde l’amicizia, che forse vorrebbe tramutare in qualcosa di più, con la collega della stradale Sara (Francesca Chillemi) che si rivelerà degna di arresto, rompendo l’idillio prima che si potesse realizzare. Ma non nasconde nemmeno che avrebbe voluto restare dietro alla sua scrivania di esperto informatico, con la sua amata stufetta a rendergli la vita comoda e tiepida, lontano dall’azione che invece è fondamentale per Antonio, anche se la vive non da poliziotto nostrano, ma all’americana, come se fosse Tom Cruise in uno dei suoi famosi film d’azione. Antonio è il classico figlio degenere di un truffatore, Peppe Lanzetta, che gli ha insegnato a fare “il mariuolo” ed è convinto che il figlio abbia sbagliato mestiere; ma è anche amico di un rapinatore smemorato, tale Fittipaldi (Giovanni Esposito), che diventa una vera iconica macchietta.

Le scene sono ben congegnate e spassose, sia che si tratti di inseguimenti impossibili in tram e motorino, sia che si tratti di dover sparare al poligono senza sapere bene come si impugna una pistola, rendendo i due poliziotti davvero simpatici perché talmente inadatti al loro ruolo che lo spettatore si mette quasi nei panni del loro aiutante. Facile del resto tifare per questa nuova coppia comica davvero indovinata, convincente e capace di fare ridere senza scadere nel banale o nel volgare.

Un film da vedere. E perché no, rivedere!

A.B.

Il sesso degli angeli diventa film

Scritto a quattro mani con Filippo Bologna, diretto e interpretato da Leonardo Pieraccioni, il nuovo film “Il sesso degli angeli” riporta alla riflessione sulla necessità per il clero di sposarsi. È ciò che si domanda nel suo tormento di vita sacerdotale, don Simone di una parrocchia di Firenze su cui la fotografia apre ampie panoramiche di incomparabile bellezza. Don Simone è giovane, dinamico, fa ascoltare le canzoni di Lady Gaga durante i battesimi, ma è destinato ad una parrocchia con pochi introiti, poco frequentata, con la chiesa che fa acqua da tutte le parti e ogni tanto è protagonista di qualche crollo. Insomma, parroco in crisi, parrocchia in crisi. Fino a quando lo zio miscredente muore a Lugano lasciando al nipote una lauta eredità: un milione e oltre ottocentomila franchi svizzeri. Don Simone, convocato dal laconico notaio, è libero di accettare l’eredità o meno. Così don Simone (Pieraccioni) va subito nella bella Lugano e conosce Lena (Sabrina Ferilli), la tenutaria del bordello che di fatto lo zio burlone gli ha lasciato. Con la solita commedia degli equivoci, sarà il sacrista Giacinto (Marcello Fonte) accompagnatore a svelare l’arcano, mentre un sempre più confuso prete si domanda se deve dare retta alle tentazioni in sogno del defunto zio Waldemaro (Massimo Ceccherini), oppure rimanere fedele ai suoi voti. La sempre brava Ferilli conduce un gioco sottile di seduzione, pur se da vent’anni non lavora diversamente che da gestore del posto, e rivela il suo lato sensibile quando pensa al figlio che non può vedere molto spesso. Conduce anche il prete a passeggio per le montagne svizzere, a guardare un superbo panorama, tanto bello quanto le ragazze che lavorano di fatto per il prete, e spesso anche con preti che pagano le loro performance. Don Simone vuole conoscere meglio il mondo delle prostitute di alto bordo e non si capacita di come possa essersi ritrovato in una situazione simile. Fino a quando non si trova la giusta soluzione che, come vogliono le fiabe belle, salvi capra e cavoli. Spretarsi? Dare ragione al libertino zio che non lo voleva affatto vedere prete? Lasciare l’eredità al cugino farfallone Antonello (Vincenzo Salemme), salvare le ragazze perché non siano più costrette a vendersi? Insomma, tra risate divertite, il pubblico si ritrova a considerare come ai sacerdoti basti il proprio Dio (che è donna, secondo Mimì “la muta” interpretata da Giulia Perulli) e la cura delle anime, mentre alle altre anime serve la cura di un prete che sappia davvero fare bene il suo lavoro… o meglio, la sua missione.

Un film divertente, da vedere.

Alessia Biasiolo