Un lavoro accurato condotto in archivi pubblici e privati, alla ricerca di un approfondimento della letteratura del Novecento. I lettori comuni non sono più molto abituati a libri di questo peso, perché sembrano inutili in un mondo che tende a non approfondire più niente, ritenendo tutto facilmente fruibile in Rete, senza pensare che anche nella Rete finiscono gli studi senza i quali non saremmo altro che fotocopiatrici dell’esistente. Elisa Donzelli cura, in questo libro, il poeta Giorgio Caproni sia come autore di poesie, sia come traduttore di poeti tra i quali Lorca, sia come letterato in relazione con altri che hanno lasciato un’impronta nella cultura italiana ed europea. Il saggio è diviso in capitoli leggibili anche singolarmente e autonomamente, pur se ogni capitolo è parte di un percorso scelto e voluto. La ricerca dei testi annotati da Caproni, del suo volere scegliere parole particolari per premiare la liricità della traduzione di Lorca stesso; la sua ricerca di argomenti e di autori che lo accompagnino nella ricerca del perché della Bestia, il male demoniaco come delle bestie magiche e tragiche della corrida del “LLanto por Ignacio Sànchez Mejìas”; il suo essere bambino, sentimento che lo accomuna secondo lui a Garcia Lorca stesso, senza però sottolineare il lorchismo che aveva imperato anche in Italia già a partire dal 1939/40 e senza diventare fanciullinismo alla Pascoli. Argomenti che richiamano la necessità di ripercorrere autori e testi che tuttavia, anche se non si conoscono, diventano vividi nella ricerca di Donzelli, tesa com’è a seguire un filo logico-scientifico nella sua dissertazione. Rivediamo allora come la biblioteca di un poeta si articoli in sentimenti e sensazioni che diventano studio e spessore, per poi intrattenere incontri-scontri con Sciascia proprio sulla traduzione di Lorca, piuttosto che ricordare l’amore per la scomparsa Olga come momento prezioso per la crescita dell’uomo scrittore. Caproni ha tradotto anche “El maleficio de la mariposa”, sempre di Lorca, ma ha scelto il percorso dei bambini che aveva convinto anche Picasso, per poi citare Sereni, arrivare alla raccolta “Il conte di Kenenhuller”, ancora scandagliare letteratura e animo umano alla ricerca del male, del perché. Un percorso interessante, dal momento che fa affiorare come Caproni fosse affascinato dalla ricerca della Bestia in sé e negli altri da tempo, come un argomento che ritornava speso nei suoi interessi e nei suoi scritti, mettendo in risalto un aspetto del Novecento che richiamava la necessità di trattazione, di darsi un motivo, di dare un proprio personale contributo, nel confronto con gli altri. Questa ricerca diventa però non tanto fil rouge unitario o ossessione, quanto un arricchimento che, altalenando nel suo animo, portasse ai necessari oblii e ai necessari momenti di focalizzazione tanto da condurlo, verso la fine della sua vita e della sua produzione, alle personali considerazioni unitarie. Acquistano valore per la ricercatrice le recensioni, le prefazioni, che sintetizzano opere di autori contemporanei, mentre non mancano i confronti con i grandi della poesia italiana, tra i quali Luzi. Con questo autore si apre il cammino verso la madre che, in poesia, acquista per Caproni il senso di portatrice dell’idea del bene come quella del male. Donzelli porta il confronto tra questi due autori secondo un’ottica interessante, che approfondisce il tema della madre filiale e della madre religiosa, con comparse e scomparse dell’argomento personali in ciascuno dei due autori, in Caproni stemperandosi quanto in Luzi materializzandosi nelle proprie poesie mano a mano che la maturità avanza. Il ragionamento si sofferma poi sul tempo, sugli angeli, su dettagli della vita umana che acquisiscono peso in poesia soprattutto, e che diventano modo di regalare al lettore squarci di cielo nell’incedere del proprio cammino. Un lavoro interessante, che mancava sul panorama dell’italianistica soprattutto condotto in questa modalità.
Elisa Donzelli: “Giorgio Caproni e gli altri”, Marsilio, Venezia, 2016; euro 22,00
Alessia Biasiolo