Tempo e spazio: Centomani celebra dieci anni

Il tema del tempo, con domande come “Cosa mangeremo fra vent’anni?”, e quello dello spazio, con un’attenzione focalizzata sull’identità gastronomica di un areale regionale (l’Emilia-Romagna), hanno guidato la celebrazione del decennale dell’evento “Centomani di questa terra”, che si è svolto il 28 ottobre a Polesine Zibello (PR), ospiti dell’Antica Corte Pallavicina dei Fratelli Spigaroli, e soprattutto guideranno la progettazione del futuro dell’Associazione culturale CheftoChef.

Centomani si è confermata come una grande e importante festa dei cuochi, dei produttori delle tante eccellenze DOP e IGP e dei gastronomi emiliano-romagnoli. Un evento che ha favorito la creazione e il consolidamento di relazioni e stimolato nuove idee e progetti.

Fra degustazioni, forum di approfondimento, cooking demo con gli oltre trenta chef presenti alla giornata, il mercato dei produttori e dei vignaioli con una ventina di aziende e consorzi, una delegazione delle Città della Gastronomia CheftoChef (Borgonovo Val Tidone PC, Russi RA, Roncofreddo/Valli del Rubicone FC) e una del Progetto RavennaFood/CheftoChef, la giornata baciata dal sole e da temperature primaverili, più che autunnali, ha visto la partecipazione di un nutrito pubblico di appassionati e di addetti del settore.

Il mondo accademico che ha partecipato attivamente ai forum – curati dai soci CheftoChef Massimo Suozzi e Franco Chiarini, sia dal punto di vista operativo sia per la gestione dei contenuti culturali – si è dimostrato di elevato livello di competenza e interesse, riconoscendo la necessità di un approccio approfondito e multidisciplinare. Patrizio Bianchi, dell’Università di Ferrara, ha esortato a proseguire in questa direzione, sottolineando l’importanza di integrare la formazione con le esigenze del settore. La presenza di accademici esperti in vari ambiti, come il Prof. Massimiliano Petracci (Università di Bologna) per l’agricoltura, il Prof. Franco Mosconi (Università di Parma) per i distretti produttivi e il Prof. Davide Cassi (Università di Parma) per la fisica della materia, è stata determinante per alimentare il dialogo con i cuochi. Inoltre, gli attori locali hanno testimoniato l’importanza di continuare esperienze territoriali come “I Rubiconi” e “Le Faentine”, collaborando con altre associazioni gastronomiche quali Slow Food, Il Lavoro dei Contadini e Tempi di Recupero, tutti sul palco di Centomani. Infine, ma non certo per importanza, i produttori virtuosi regionali, pilastri delle idee gastronomiche, giocheranno un ruolo cruciale nel consolidare il principio fondamentale della “trasparenza”, come ha sintetizzato Roberto Casali di Ecopesce «trasparenti come l’acqua del nostro mare».

«È giunto il momento di instaurare un nuovo rapporto con la Regione Emilia-Romagna, che deve riconoscere l’importanza della proposta del Prof. Cassi di avviare un progetto di ricerca scientifico sull’identità gastronomica della regione, pioniera nel settore dell’Agrifood e con forti legami con le avanguardie della Catalogna, fra le più prestigiose a livello internazionale», sottolineano Massimiliano Poggi e Michele Ceccarelli, rispettivamente Presidente e Segretario Generale di CheftoChef, a cui è affidato il compito di guidare lo sviluppo di questa rete di relazioni, sempre più complessa e articolata.

Pierluigi Papi (anche per la fotografia di un momento di showcooking)

La cultura del sorriso

Quando un sorriso migliora la vita. Proponiamo l’intervista di Bruno Bertucci ad Antonello Dose, attore di teatro e di cinema, autore di testi teatrali e televisivi e conduttore, dal 1995, della trasmissione radiofonica “Il ruggito del coniglio”.

BRUNO – Antonello Dose e Marco Presta da 29 anni fanno sorridere ogni mattina l’Italia con il “Ruggito del coniglio” su RaiRadio2. Anche io vi ho ascoltato per alcune stagioni perché ridere è una cosa seria! lo sai che i non vedenti ascoltano la radio come guardano la TV?

ANTONELLO – So che molti ascoltatori non vedenti vedono la radio e ci scrivono spesso. La radio ha questo di speciale, che la puoi ascoltare ad occhi chiusi ed immaginare quello che ti pare. È un mezzo universale, bellissimo, e anche se ha appena compiuto 100 anni (NdR la radio italiana) è ancora modernissimo.

BRUNO – Come nasce lo spirito che fa sorridere?

ANTONELLO – Noi esseri umani abbiamo questo dono, come altri 65 animali, dai primati alle foche, dalle mucche ai cani, dai parrocchetti alle manguste. Ho letto di uno studio dell’Università di Los Angeles che sostiene che lo facciamo da milioni di anni, mentre giochiamo, mentre ci divertiamo, spesso per scambiare informazioni, invitando gli altri a unirsi. Mi dicono che ero un bambino molto buffo, forse mio sforzavo di far ridere per ottenere l’attenzione degli adulti. Non lo so come nasce lo spirito che fa sorridere, ma in questi anni mi sono convinto che per riuscire a sorridere in ogni circostanza c’è bisogno di avere un alto stato vitale. Nel buddismo, che ho abbracciato da 34 anni, si fa una distinzione tra felicità relativa e felicità assoluta. La felicità relativa dipende dalle circostanze che mutano continuamente, la felicità assoluta dipende da te e si può costruire. Sono molto fortunato a fare questo lavoro. Mi sforzo ogni mattina di migliorare il mio umore più che posso e mi pagano pure. O forse sono semplicemente un po’ scemo per natura. Si dice anche che “il riso abbonda sulla bocca degli stolti”.

BRUNO – Come nasce una battuta per iniziare un nuovo giorno?

ANTONELLO – Nasce in genere il giorno prima, dalla lettura dei giornali. Noi siamo stati molto fortunati. La nostra generazione è cresciuta con Stanlio & Ollio, Totò, “Alto Gradimento” di Arbore & Boncompagni, poi negli anni ’90 abbiamo avuto il privilegio di diventare assistenti di Enrico Vaime, da cui abbiamo potuto rubare i meccanismi e le leggi della satira, come arrivare a battuta da una notizia, i tempi comici, i limiti che ti devi autoimporre, perché non si può ridere di tutto ed è brutto deridere qualcuno che non sia un potente. E’ importante ridere ogni giorno perché fa bene alla salute, ma è fondamentale imparare a ridere di se stessi, perché fa bene all’anima. In questa epoca di conflitti tutti si prendono troppo sul serio. Come cittadino cerco di ridere per non piangere. Devi dire che l’attualità italiana aiuta molto. Le vicende, per fare un esempio, dei ministri della Cultura, sono comiche già di per sé. Fanno ridere da sole, non c’è neanche bisogno di sforzarsi a costruire delle battute.

BRUNO – Nel Buddismo, cosa ti ha fatto superare il dolore, e in che modo sei riuscito a migliorare il tuo stato vitale?

ANTONELLO – Tutti i buddismi nascono dall’intuizione del Principe Shakyamuni sulle 4 sofferenze fondamentali di nascita, malattia, vecchiaia e morte, che nessuno può evitare. Ho sperimentato che cercare di aiutare gli altri ad alleviare la sofferenza eleva la propria condizione vitale. L’ideogramma giapponese “compassione” è formato dai due ideogrammi “ji-hi”, togliere sofferenza e dare gioia. Concetto molto diverso dalla “pietas” delle nostre latitudini, dove ti compatisco e soffro insieme a te. Ecco, invece di farsi un bel pianterello insieme, non è meglio che ci facciamo una grassa risata? Quando vado a trovare un amico malato grave, o mia mamma con l’Alzheimer, esco di casa con lo scopo chiaro di far sorridere. Se sto li con un groppo alla gola non serve a nessuno.

BRUNO – Ho letto che tu e Marco siete diventati Cavalieri della Repubblica. Come siete riusciti ad ottenere questo riconoscimento così importante?

ANTONELLO – Sì, un paio d’anni fa il presidente Mattarella ci ha nominati Cavalieri dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, forse per aver aiutato ad alzare l’umore del Paese durante la pandemia di Covid. Quando il responsabile della comunicazione dello staff presidenziale ci ha dato la notizia con un messaggio su WhatsApp, abbiamo pensato tutti e due a uno scherzo di qualche collega. Invece no, era vero, risultavamo sul sito del Quirinale. Pensa, è stata un’ascoltatrice a chiedere che ci venisse dato questo riconoscimento.

BRUNO – Si può sorridere anche dopo un dolore o una tragica morte?

ANTONELLO – Pubblicamente no: dolore e morte vanno rispettati. Sempre. In privato è un’altra cosa. Io come tutti ho affrontato dolori e la morte di persone care, come il primo amore della mia vita dopo una lunga malattia, la scomparsa di amici cari e di papa’ che per via del Covid non ho potuto rassicurare, confortare accompagnare e onorare. Nell’immediato, quando succedono queste cose, c’è ben poco da ridere. Sempre nel buddismo però esiste il principio di “Shoji soku nehan”, le Sofferenze di nascita e morte sono Nirvana”. Che significa? Significa che dal punto di vista della buddità presente vita di tutti noi comuni mortali, se ti illumini alla Eternità della vita universale presente in ogni singolo attimo, puoi provare gioia anche in relazione alla morte, tua e delle persone che ti sono care. Da quando, a seguito di una forte preghiera, sono riuscito a sentire qualche attimo di questa gioia in relazione a una scomparsa importante, non provo più quella devastante sofferenza o paura anche della mia di morte. Credo non ci sia niente di meglio che poter far scrivere sulla propria lapide “È morto dal ridere”.

Bruno Bertucci