Apriti!

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – MARCO 7,31-37

In quel tempo, Gesù, 31. uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gesù si reca in Galilea dopo la guarigione della figlia della donna siro-fenicia (pagana). Durante questo viaggio Gesù guarisce un sordomuto. Il racconto di questo miracolo ha la struttura dell’esorcismo battesimale in uso nella Chiesa antica fino ai nostri giorni. Le indicazioni geografiche sono confuse, come fossero state scritte da chi non conosce bene i luoghi geografici palestinesi. Dal punto di vista teologico, Gesù intende proprio rimanere in terra pagana, presso gente che è più ricettiva del suo messaggio. I “lontani” sono più aperti all’annuncio rispetto ai “vicini”. Quando riconosciamo che non meritiamo di essere amati, più accogliamo con riconoscenza e stupore il dono immensamente grande che riceviamo. Quando, invece, ci sentiamo autosufficienti, ci tagliamo fuori dalla Grazia. “Tiro – Sidone”: sono località in piena zona pagana, a nord della Galilea. “Decapoli”: significa “Dieci Città”, una regione di dieci città nel sudest della Galilea. Vi abitavano genti pagane. 32. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Non viene specificato chi sono le persone che portano a Gesù un sordomuto: forse parenti, forse amici? Comunque sia, fanno un gesto di carità verso il malato e di grande fiducia in Cristo. Costoro pregano Gesù di guarirlo: non hanno pretese, ma esprimono fiduciosa certezza che la loro richiesta sia esaudita. L’atto di imporre la mano è il gesto tipico di chi possiede il potere soprannaturale di scacciare le malattie e il male. “sordomuto”: la persona sordomuta è contemporaneamente affetta da sordità e da mutismo. Chi è sordo dalla nascita non ha acquisito la lingua parlata, quindi non è in grado di comunicare. Questo sordomuto raffigura il popolo di Israele che non ascolta il Messia atteso, non parla il linguaggio di Dio, ma può convertirsi se si lascia sanare da Gesù. Sordomuti siamo anche noi quando non ascoltiamo la Parola di salvezza che Dio ci rivolge e non testimoniano agli altri le meraviglie di cui siamo oggetto. 33. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; Gesù prende in disparte la persona in modo che rimanga segreta la modalità di guarigione. Non ha paura di diventare impuro: secondo la concezione legalista della legge ebraica, chi toccava un impuro o un pagano rimaneva contaminato e diventava automaticamente impuro. Gesù va oltre la legge perché per lui la persona vale più di ogni cosa. Gesù tocca gli orecchi con le dita e la lingua con la saliva. È un momento di attenzione riservata solo al malato, è un coinvolgimento di Gesù nella situazione di colui che ha bisogno. È un momento di intimità e di tenerezza, non un freddo intervento distaccato, a distanza. 34. guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”. Alzare gli occhi al cielo significa invocare la potenza di Dio. “Emise un sospiro”: indica comunicare la forza prodigiosa che promana dalla profondità dell’essere. Alcuni esegeti accostano questo sospiro all’emissione dell’ultimo respiro di Gesù sulla croce: sanare ognuno di noi, a Gesù, costa la vita. “Effatà”: taluni avevano interpretato questo termine come una parola magica. Marco traduce subito per evitare equivoci e spiega che vuol dire “Apriti!”. Gesù rivolge questo comando non agli organi malati, ma alla persona malata. Ora quest’ultima non è più chiusa in se stessa, ma può comunicare con gli altri, uscire dal suo mondo isolato ed entrare in relazione. Gesù accompagna il gesto con la sua Parola efficace: “Apriti”. È la Parola che realizza ciò che dice e produce una trasformazione. Se offriamo a Gesù il nostro cuore indurito e stanco, Egli può trasformarlo e renderlo capace di donare e di amare. Abbiamo a disposizione la grazia dei sacramenti che prolungano l’azione di Gesù. Attingiamo a questo immenso tesoro! 35. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Gesù interviene e istantaneamente la persona è guarita completamente: riesce a udire e a parlare. Alcuni esegeti spiegano che la parola della croce, il gemito di Gesù, è capace di vincere ogni chiusura e di guarirci da ogni sordità, da ogni mutismo, da ogni paralisi, da ogni morte. Gesù apre la sua azione ai pagani e così vuole che facciano anche i suoi discepoli: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Marco 16,15). Gesù ha cura per tutto l’uomo e vuole che sia felice: non guarisce i malati per avere altri discepoli, per suo interesse, ma perché gli uomini siano liberi, felici, guariti, abbiano pienezza di vita: “Gloria di Dio è l’uomo vivente” (S. Ireneo). 36. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano Come in tutto il Vangelo di Marco, Gesù chiede il silenzio di fronte ai suoi interventi; tuttavia è talmente grande la grazia ottenuta che l’interessato non può trattenere la gioia incontenibile di aver sperimentato la misericordia di Dio. 37. e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”. Nel Libro della Genesi si parla della creazione e si dice che “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Genesi 1,31). Il profeta Isaia descrive la salvezza messianica: “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturati gli orecchi dei sordi” (Isaia 35,5). Il versetto del Vangelo compendia entrambe queste citazioni e dimostra che Gesù è il Messia atteso, che rinnova la creazione. Ognuno di noi è chiamato a ripercorrere lo stesso cammino del popolo ebreo per passare dalla chiusura a Dio all’apertura al suo Amore. A volte possono essere altri che pregano al posto nostro, che ci presentano al Signore, perché può capitare di trovarci in situazioni tanto difficili da non avere la forza di presentarci noi, da soli, a Gesù. A nostra volta, possiamo essere strumenti della grazia e intercedere perché gli altri possano essere risanati. Dobbiamo farci prossimo di chiunque è nel bisogno e presentarlo a Dio con la fiducia nel Suo intervento. Abbiamo bisogno che il Signore Gesù ci venga in soccorso e ci doni la salvezza, apra le nostre orecchie perché ascoltiamo la sua parola, sciolga la nostra lingua perché annunciamo le sue meraviglie. Tutta l’umanità che soffre ha bisogno di annunciatori della salvezza di Dio. Chiediamo al Signore di essere coloro che vivono il grande comandamento dell’ascolto per diventare strumenti del Suo Amore: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Deuteronomio 6,4-5). Per essere cristiani autentici dobbiamo fare silenzio e dedicare tempo, in solitudine, ad ascoltare Gesù, perché la sua Parola diventi la forza del nostro cammino. Vedremo, così, realizzarsi in noi e negli altri le meraviglie della salvezza.

Suor Emanuela Biasiolo

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