Aquileia è un gioiello da visitare. Tutta la cittadina, ricchissima di resti romani, merita un’attenta passeggiata, a partire dalla Basilica all’ombra della quale riposa il cimitero monumento storico della prima guerra mondiale.
Colonia latina fondata nel 181 a.C. su un insediamento celtico da cui deriva il nome (forse perché sulle rive del fiume Aquilis o Akilis), avanzatissima scolta romana, venne nel tempo rinforzata di uomini e famiglie. Già nel 148 a.C. arrivava ad Aquileia la Via Postumia che partiva da Genova, e altre furono le vie importanti che lambivano o si diramavano dalla città; la Basilica stessa era costeggiata da una via romana. L’edificio custodisce uno dei più importanti complessi pavimentali a mosaico esistenti al mondo, di 760 mq come neanche Roma ne aveva; l’Aula Nord e l’Aula Sud appartengono ad un complesso fatto costruire dal vescovo Teodoro (inizialmente ancora in modo “clandestino”, una parte dedicato alla chiesa, quasi mascherata, e l’altro a luogo di cultura e studio), diventato lecito dopo l’Editto di Milano emanato da Costantino nel 313 d.C. L’aumentato numero di fedeli fece sì che le proporzioni del complesso diventassero sempre più vicine a quello che vediamo ora, frutto di vari rimaneggiamenti secolari, cinque, dopo la distruzione della prima chiesa, a seguito dell’incendio durante l’invasione di Attila nel 452, ma che mantenne quasi intatto il meraviglioso pavimento del quarto secolo, portato alla luce tra il 1909 e il 1912.
L’interno della Basilica misura 65×29 metri, è a croce latina, a tre navate divise da colonne romane di riporto, due transetti, presbiterio elevato, soffitto a carena di nave in stile gotico, immortale come la volle il patriarca Popone (1019-1042). Tra le scene, risaltano figure di fattura squisitamente elegante come i benefattori: una donna con il capo velato e gli occhi molto grandi, lo sguardo penetrante pur se col vestito dimesso, come a voler sottolineare l’importanza della bellezza interiore e non dell’esteriorità; lo stesso dicasi per un benefattore dallo sguardo fiero, il piglio che esce dalle tessere e arriva a noi con la vividezza del suo spirito. Varie persone in atteggiamento offertoriale, molti motivi floreali e di frutta, molti animali soprattutto uccelli di varia specie. Le offerenti portano primizie con scioltezza e gesti vivaci. La Pax romana, o Vittoria cristiana, è raffigurata da una ragazza bionda con le ali celesti, indossante una tunica talare smanicata e allacciata ai fianchi, le braccia ornate di braccialetti, una corona d’alloro nella mano destra e una palma nella sinistra, una corba piena di pane e forse accanto un’altra con dell’uva (il mosaico qui è rovinato), ad indicare come il simbolo romano sia stato cristianizzato. Sublime la storia di Giona, raffigurata nella sua interezza a rappresentare la morte e resurrezione di Cristo; la scena inizia, infatti, con Giona ingoiato da un mostro marino mentre un orante è presente sulla barca. Moltissimi i pesci attorno, anche in questo caso di varia tipologia e raffigurati con grande precisione; angeli tirano le reti intorno alla pietra sepolcrale di Poppone, mentre in un tondo si legge una dedica a Teodoro che fece la chiesa con il suo gregge, importante documento del 319, dopo la morte del vescovo, perché indica la presenza di una grossa comunità riunitasi attorno al suo pastore già prima che ci fosse l’autorizzazione dell’Editto milanese. Le tessere del mosaico, qui, sembrano voler imitare il guizzo dei pesci, mentre poi Giona si riposa beatamente all’ombra di un pergolato di zucche, con i pesci d’attorno che o scappano o lottano, quasi a simboleggiare la difficoltà di essere sopravvissuto al fondale marino e, quindi, alla vita e alla morte prima della beatitudine eterna. Bellissimo il Buon Pastore, rappresentato da un giovane vestito con una tunica con maniche, una mantellina rossa e calzari con fasce curali, sollevato da terra e con sulle spalle un agnello, mentre nella mano destra ha una siringa. Ai suoi piedi un altro agnello che lo guarda fiducioso. L’insieme del mosaico è stupefacente e lascia il visitatore ammaliato da una bellezza senza tempo e sopravvissuta a secoli di lotte e distruzione, testimonianza vivente (è proprio il caso di dirlo) di cosa la fede e l’amore per l’arte e la cultura possa fare. Dietro alla Basilica, il cimitero dei soldati della prima guerra mondiale, omaggiato da D’Annunzio che ne scrisse una dedica (Salmi 2, 1915), riposa nella quiete, mentre il campanile di 73 metri vigila amorevole.
Tra il 27 a.C. e il 14 d.C., sotto l’imperatore Augusto, Aquileia diviene il centro amministrativo ed economico più importante della X Regio Venetia et Histria, mentre durante l’impero di Diocleziano (284-305), la città diventa sede del comandante della flotta dell’alto Adriatico e del governatore della Venetia, così come nel 381 ospiterà il Concilio contro l’arianesimo condotto dal vescovo Ambrogio. Di tutto il fasto romano si conservano i resti in giro per la città, dove sono molti gli scavi ancora attivi, mentre i bellissimi musei sono carichi di testimonianze uniche. È il caso del Museo Archeologico Nazionale e Gallerie Lapidarie, tra i maggiori dell’Italia settentrionale, sorto nel 1882 nella villa austriaca Cassis Faraone, oppure il Museo paleocristiano di Monastero. Nel 1936, come si usava, è stato ricostruito il Foro romano, di forma allungata e ampio, ben 56×139 metri. Il colonnato era notevole, a sorreggere un portico sotto il quale si aprivano botteghe e luoghi d’incontro dove amministrare la giustizia, trattare affari ed esprimere la politica. Dove scorreva il fiume Natisone-Torre, il cui corso venne poi deviato, navigabile per una decina di chilometri, si ammira una banchina di circa 300 metri, in pietra d’Istria, con doppio piano di carico, vari magazzini, rampe e accessi alla città: era il porto fluviale che permetteva ad Aquileia di ricevere merci da tutto il bacino del Mediterraneo. Da lì le mercanzie proseguivano verso le varie parti dell’impero. Il fondo Cossar permise poi di ritrovare alcuni mosaici bellissimi, come “Europa sul toro”, ora conservati in un museo. Molte sono le sepolture di notevole fattura che si trovano in città e lungo gli assi stradali come quello della via Annia. Le sontuose sepolture monumentali risalgano al primo secolo dopo Cristo, ma non solo.
Una città di imparare e da non perdere.
Alessia Biasiolo (anche per credit fotografici)