Ha incassato 653,647 euro nella prima settimana nelle sale italiane, posizionandosi tra i primi film scelti dal pubblico, “Il mio grosso grasso matrimonio greco 2”, ideale continuazione del 2016 del film uscito alcuni anni fa e capace di strappare non poche risate intorno a luoghi comuni di greci che si sono più o meno inseriti nella società americana, a patto di rimanere vicini, di sposarsi tra loro, di imparare il greco e di vivere in impossibili case che cercano di imitare, almeno in qualche parte, il Partenone, se non i colori e la bandiera greci. La sceneggiatura di Nia Vardalos, anche interprete, riesce ancora a divertire intorno ad una trama simpatica, per la regia di Kirk Jones. Mentre Toula Portokalos, che si porta dietro il peccato di avere sposato un uomo non greco e di avere avuto solo una figlia femmina, e il marito Ian Miller sono presi dalla trepidazione della scelta del college da parte della figlia Paris, si scopre che i genitori di Toula, legati in matrimonio da 50 anni, in realtà non sono sposati affatto. Il prete non aveva firmato l’atto di matrimonio e, dunque, bisogna sposarsi davvero.
Di fronte a questa evenienza, tanti valori familiari sembrano sgretolarsi. Che senso ha sposarsi dopo mezzo secolo di vita insieme, ristorante da mandare avanti, figli e nipoti? Adesso Maria rimette in discussione tutto quanto ha sempre insegnato alle figlie e le gag diventano a tratti davvero spassose. I figli maschi sono allibiti, Toula e Ian capiscono che devono imparare a vivere senza essere genitori a tempo pieno e soprattutto Toula, di certo non bellissima e invischiata negli ingranaggi dell’enorme e impicciona famiglia dal gusto prettamente latino, capisce che non ha senso per se stessa, ora che non deve più fare solo la madre.
La saggia zia suggerisce di ritrovare una dimensione di donna e moglie, di dedicarsi ad altro che a pensare a seguire la figlia passo passo in ogni attività; ricorda, la brava zia, che si deve mantenere la propria dignità e la propria personalità malgrado tutto. In gioco ci sono la famiglia tradizionale, la dedizione al prossimo, la famiglia stessa assolutamente impossibile, ma anche la solitudine familiare di Ian, figlio di una coppia americana classica, sopra le righe, non chiassosa, ma neanche così spontanea.
Maria corre alla ricerca di una wedding planner che, davanti alle scelte pazzesche di un limousine rosa, di una torta orrenda, di un abito di nozze improponibile, lascia. E allora ecco che la famiglia si attiva: arriva persino il fratello di Kostas dalla Grecia e sulle note del “Tutto è bene quel che finisce bene”, anche le vicine di casa intriganti e perfide si addolciscono e prendono parte al vortice di emozioni che solo una grande famiglia può dare. In gioco c’è l’amore di coppia, l’adeguamento alle novità quando si scopre che il proprio figlio, greco, è omosessuale. Che senza la grecitudine si può vivere lo stesso e che la famiglia si appiccica addosso come pece, ma non la si vuole lavare via del tutto. I parenti non sembrano troppo serpenti, stavolta, e come al solito intorno ad un lauto banchetto tutti si diventa più buoni, più ilari, più veri. Kostas risposa Maria perché i due si amano e, quindi, tutto diventa vero intorno alla veridicità delle persone, chiunque siano e comunque siano. Maria e Kostas hanno comunque una vita da raccontare e questa, in fondo, è la parte più bella del film. Carino.
Alessia Biasiolo
UN FILM DA VEDRE;GLI INTERPRETI, LE GAG;LE VARIE SITUAZIONI VERAMENTE INCREDIBILI E RIDICOLE. WILLEM