Giovanni Dal Ponte. Protagonista dell’Umanesimo tardogotico

fig-1-giovanni-dal-ponteLa grande mostra del 2016 della Galleria dell’Accademia di Firenze, voluta dal nuovo direttore del museo, Cecilie Hollberg,è ormai da mesi in fase di intenso studio e preparazione.

Si tratta della prima rassegna monografica dedicata al pittore fiorentino Giovanni di Marco (1385-1437), più noto con il soprannome di Giovanni dal Ponte, dovuto all’ubicazione della sua bottega in Piazza di Santo Stefano al Ponte a Firenze.

Nell’ambito degli studi sulla pittura fiorentina del cruciale momento di passaggio tra la cultura tardogotica e quella rinascimentale era attesa da tempo una mostra come questa, in grado di offrire un bilancio critico aggiornato sull’attività di questo protagonista di primo piano nel panorama artistico fiorentino del primo quarto del secolo XV.

Giovanni dal Ponte fu dotato di un linguaggio al tempo stesso assai individuale ed estroso, nonché aggiornato sull’attività dei maggiori artisti operanti in quel tempo nel capoluogo toscano: da Lorenzo Ghiberti, Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina, a Masolino e al Beato Angelico e Paolo Uccello, a Masaccio. Tutti questi artisti di altissimo livello saranno presenti in mostra per illustrare l’ambiente artistico in cui si svolse la formazione del pittore.

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La produzione di Giovanni dal Ponte sarà accuratamente documentata in ogni fase del suo percorso artistico non soltanto grazie ai prestiti ottenuti dall’Italia, ma in particolare per le numerose opere che giungeranno dall’estero.

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Sono davvero in numero ragguardevole le prestigiose istituzioni museali di varie parti del mondo che hanno voluto assicurare la loro partecipazione all’iniziativa della Galleria dell’Accademia di Firenze, soprattutto considerandola comprensibile e ben nota difficoltà a concedere i preziosi e assai fragili dipinti di quest’epoca. Tra le altre, si possono ricordare la National Gallery di Londra, il Museo del Prado a Madrid,il Museum of Art di Filadelfia, il Fogg Art Museum di Cambridge (U.S.A.), o il Museo Jacquemart-André di Parigi.Da quest’ultimo giungerà un importante e raro cassone dipinto, ancora integro nella sua struttura originale, che sarà restaurato per l’occasione. Preme rimarcare in maniera particolare i numerosi e importanti restauri che saranno portati a termine in previsione dell’esposizione e che ne costituiranno un ulteriore punto di merito oltre a rappresentare un contributo non marginale sul versante fondamentale della tutela e della conservazione.

Il progetto scientifico, così come la cura della mostra e del catalogo a corredo,si devono ad Angelo Tartuferi, responsabile del settore dipinti dal Duecento al Quattrocento della Galleria dell’Accademia di Firenze e grande conoscitore dell’argomento,e Lorenzo Sbaraglio del Polo museale regionale della Toscana,che ha approfondito in anni recenti lo studio delle opere di Giovanni dal Ponte.

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Il catalogo della mostra, edito da Giunti, offrirà, tra l’altro, un repertorio completo dei dipinti oggi riferibili al pittore e un regesto di tutti i documenti sin qui noti che lo riguardano. Grazie agli studi e alle indagini di archivio svolte per l’occasione emergeranno numerose e importanti novità rispetto alla provenienza originale di alcune opere-chiave dell’artista, con riflessi importanti anche sulle datazioni.

Giovanni dal Ponte (1385-1437)

Protagonista dell’Umanesimo tardogotico

Galleria dell’Accademia di Firenze

22 novembre 2016 – 12 marzo 2017

 

Uf. St. (anche per credits foto)

 

La fortuna dei Primitivi.Tesori d’arte dalle collezioni italiane fra Sette e Ottocento

La seconda mostra accolta e organizzata dalla Galleria dell’Accademia nell’ambito di Firenze 2014. Un anno ad arte – l’ottava che apre al pubblico dal gennaio scorso – è dedicata ad un fenomeno storico culturale che ebbe luogo fra Sette e Ottocento in Italia, ovvero la nascita del collezionismo della produzione artistica dei cosiddetti “Primitivi”, mai portato fino ad oggi all’attenzione del pubblico più vasto.

La mostra coincide con i cinquanta anni dalla pubblicazione del libro di Giovanni Previtali “La fortuna dei Primitivi”, titolo che è stato non a caso ripreso anche per la mostra.

Il libro tracciava la storia della rinascita dell’interesse, anche collezionistico, verso quei pittori, i cosiddetti Primitivi, che, nello schema storiografico vasariano, avevano preceduto Michelangelo, Raffaello e i grandi maestri che Vasari considerava modelli insuperabili. Previtali, affrontando il fenomeno culturale, ne cercò le motivazioni ricordando una considerevole serie di collezionisti che riteneva esserne stati parte fondamentale.

Proprio a questi collezionisti e alle opere da loro raccolte è dedicata la mostra, da considerarsi forse la prima sulla storia del collezionismo. Si è assistito infatti, in tempi più e meno recenti, a mostre che hanno avuto ad oggetto la collezione di dinastie famose, i Medici, i Gonzaga, Bembo, il papa Borgia, ma mai mostre come questa che analizzassero singole collezioni allo scopo di spiegare un particolare indirizzo del collezionismo, quello, appunto, che dette vita al recupero dei Primitivi.

I collezionisti, circa quarantadue rappresentati in mostra da opere di alta qualità – compresi autentici capolavori riconosciuti – abbracciano un arco temporale abbastanza ristretto che va dalla metà del Settecento fino al primo ventennio circa dell’Ottocento, per una scelta scientifica ben precisa: il collezionismo di opere appartenenti alla tardo antichità cristiana, al Medioevo e al primo Rinascimento ebbe nell’epoca indagata carattere pionieristico. Successivamente, soprattutto a motivo delle requisizioni delle armate napoleoniche e delle Soppressioni di chiese e conventi da parte del governo napoleonico, che favorirono in maniera notevolissima la circolazione di opere sul mercato, il collezionismo assunse caratteri di quasi sistematicità contribuendo in maniera determinante alla costituzione delle collezioni dei principali Musei d’Europa.

E’ estremamente interessante infatti vedere i grandi musei anche sotto il profilo fondamentale dell’aggregazione dei loro nuclei collezionistici; è utile a dare radici storiche a tante affermazioni generiche che spesso si fanno sulla depredazione del nostro patrimonio da parte di altri paesi. Studi come quelli sottesi a questa mostra, servono a portare alla luce il fenomeno importantissimo della circolazione delle opere d’arte dagli Stati preunitari d’Italia, all’Europa e infine al mondo.

Le opere in mostra sono suddivise in piccole sezioni introdotte dall’effigie del collezionista al quale erano appartenute e l’allestimento, compatibilmente con gli spazi disponibili, è stato studiato per “simulare” la dimora, il luogo, nel quale i vari collezionisti conservavano queste loro opere. Oltre che sulla base degli studi compiuti e dunque su ciò che era noto dei collezionisti rappresentati in mostra, la loro scelta è stata fatta cercando di dare visibilità a tutte le aree d’Italia che ne furono teatro, da Roma che fu centro propulsore del fenomeno in esame, alla Toscana e varie altre aree dell’Italia centrale, al Veneto, Napoli, Modena – Parma.

Tra i collezionisti ricordiamo Agostino Mariotti, Sebastiano Ranghiasci, Tommaso Obizzi, Padre Raimondo Adami, Angiolo Maria Bandini, Alfonso Tacoli Canacci, Stefano Borgia, Sebastiano Zucchetti, Ottavio Gigli …. (ecc.), personaggi di varia estrazione sociale, spesso membri del clero, persone colte, eruditi, bibliofili che in molti casi furono anche in contatto fra loro influenzandosi a vicenda.

La mostra indaga dall’interno la costituzione delle loro raccolte attraverso una serie numerosa di ricerche d’archivio che hanno portato anche alla pubblicazione di profili biografici inediti quali quello di Tommaso Obizzi, del Padre Francesco Raimondo Adami, dell’Avvocato Don Agostino Mariotti. Di particolare curiosità sono anche le notizie date dal catalogo su quei personaggi, mercanti, restauratori, intermediari che aiutavano i collezionisti nell’acquisizione dei pezzi, figure dai contorni ancora molto sfumati che però tornano in più occasioni nei documenti aprendo e stimolando nuovi capitoli di studio.

“Tra gli artisti rappresentati figurano pittori, scultori e miniatori di Firenze e d’altri centri italiani quali il Maestro della Maddalena, Arnolfo di Cambio, Bernardo Daddi, Taddeo Gaddi, Nardo di Cione, Lippo Memmi, Vitale da Bologna, Ambrogio Lorenzetti, Pietro da Rimini, Matteo Giovannetti, il Beato Angelico, Attavante degli Attavanti, Andrea Mantegna, Cosmè Tura, Piermatteo d’Amelia e Giovanni Bellini. Ma altrettanto affascinante è l’aspetto meno immediatamente evidente della scelta di opere d’arte, una sorta di spessore storico che ognuna porta con sé, una bruma di notizie sepolte negli archivi, di fatti accaduti, di vite vissute, dalla quale prendono forma – perspicacemente plasmate da studi e ricerche – le identità poco conosciute o addirittura dimenticate dei raccoglitori che si adoperarono, con atteggiamento pionieristico, per salvare quelle remote testimonianze artistiche dalla distruzione o dall’abbandono” (Cristina Acidini).

I musei presso i quali le opere sono conservate sono in gran parte italiani, ma è presente anche il Museo Fesch di Ajaccio, ed altri numerosi musei d’Europa e americani nei quali per varie ragioni, illustrate nel catalogo, le opere sono confluite. I prestiti per oltre 130 opere in mostra provenienti da tutti i più prestigiosi musei nazionali e internazionali (Palais Fesch, Musée des Beaux- Arts di Ajaccio, Musée des Beaux-Arts di Caen, Musée des Beaux-Arts di Chambéry Musée des Beaux-Arts de Nantes, Musée du Louvre, Victoria and Albert Museum e la National Gallery di Londra, il Lindenau Museum di Altenburg, il Paul Getty Museum di Los Angeles, National Gallery di Washington …) sono stati generosi e difficili nello stesso tempo, poiché la movimentazione delle opere su tavola e delle miniature pone problemi conservativi più complessi.

Una mostra quindi che – come commenta Angelo Tartuferi Direttore della Galleria dell’Accademia e della mostra oltre che curatore – “si pone come l’esatto contrario delle tanto vituperate ‘mostre Blockbuster’ (…) per la serie cospicua di autentici capolavori, che qui sono riuniti però in base a un criterio scientificamente motivato, la necessità cioè di documentare il gusto collezionistico di una folta schiera di personaggi assai diversi tra loro per cultura ed estrazione sociale, accomunati da un insopprimibile anelito ad accaparrarsi i dipinti, le sculture, gli oggetti di arte suntuaria e le miniature delle epoche anteriori all’avvento della maniera moderna di Raffaello e Michelangelo.

La mostra, a cura di Angelo Tartuferi e Gianluca Tormen, come il catalogo edito da Giunti, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria dell’Accademia, la Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Galleria dell’Accademia, Firenze, fino all’8 dicembre 2014

Barbara Izzo