L’incontro con il Maestro Murray Perahia risponde ad un’esigenza di approfondimento musicale. Quando un pianista o un musicista si preoccupa di inviare un messaggio del passato che arrivi al cuore del pubblico con i sentimenti di oggi può sicuramente darci una lezione non solo di musica, ma di vita. Così il Maestro interrompe le prove, si avvicina e racconta la sua maniera di interpretare col piano.
Perché ha deciso di interpretare questo programma?
Ero interessato alle Variazioni Goldberg di Bach, ed anche ai Corali, poiché le amavo già da molto tempo.
È vero che è molto diverso interpretarle per piano e per clavicembalo?
Sì, per non dire dell’organo. Credo che la cosa più importante, però, sia la costruzione del brano, non tanto lo strumento. Bach poteva comporre concerti sia per violino, per oboe e le stesse armonie le ha elaborate per piano; ma non penso che le sonorità dello strumento siano la cosa più importante. La struttura, l’armonia, il contrappunto: in Bach queste sono le cose importanti.
Cosa pensa della musica contemporanea?
Non la capisco: quando manca l’armonia e non ci sono tonalità è molto difficile stabilire che si tratti di musica.
Dal momento che il pianoforte ha una letteratura molto vasta, quali musicisti ne sono stati a suo avviso i capisaldi?
Tutti, a loro modo, hanno contribuito a questo sviluppo. Già Bach era un pilastro dal punto di vista tecnico, anche se non propriamente pianistico, quantomeno per il clavicembalo. Le Variazioni Goldberg sono molto difficili. Ma non dimenticherei Mozart, Chopin…
Cosa vuol dire per lei comunicare quando suona?
Produrre emozioni nel pubblico che ascolta, fattore per me determinante: vorrei trasmettere proprio le musiche di ieri con la mia interpretazione e le mie emozioni, ma non pretendo di imporle, voglio comunicare ciò che gli autori hanno scritto. Perché la tonalità di si bemolle e non quella di si naturale? È una ricerca emozionante!
Bruno Bertucci