Un fiammingo a Palermo nel primo Novecento

Le opere del pittore e scultore Jules Van Biesbroeck jr. (Portici 1873 – Bruxelles 1965),  artista cosmopolita e raffinato, di origine belga ma a lungo attivo in Italia, rappresentano una testimonianza di notevole interesse, fin qui misconosciuta e poco indagata, dell’attività di questo artista e rivelano le sue matrici tardoromantiche e secessioniste unite agli accenti simbolisti che ne caratterizzano il linguaggio stilistico.

La sua presenza e quella del padre a Palermo (anch’egli scultore, che portava lo stesso nome) si deve all’ammirazione entusiasta di Edoardo Alfano, funzionario comunale, giornalista, letterato, collezionista d’arte e fotografo, uno dei personaggi più in vista nella vita pubblica palermitana tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. I due artisti, insieme alle rispettive mogli, esuli dal Belgio occupato dall’esercito tedesco, soggiornarono a lungo nella capitale dell’Isola tra la fine del 1908 e gli inizi del 1909, nel 1910 e nel 1918, ospiti di Alfano nella casa di via Isnello.

Tra le opere esposte (dipinti e disegni, pastelli, sculture in marmo e in bronzo) vanno segnalate la serie di nove sanguigne su carta dal titolo Delenda Messana, accompagnate dai versi di Achille Leto in ricordo del terremoto di Messina del 1908, presentate alla LXXIX Esposizione della Società Amatori e Cultori di Roma del 1909 e acquistate dal Comune di Palermo per la Galleria; l’intenso elegantissimo Ritratto di Ennio Alfano in marmo e il grande gesso di gusto simbolista La Madre Terra, modellato da Van Biesbroeck jr. in collaborazione con il padre, a testimonianza di gratitudine per il suo ospite.

Oltre alle opere di Jules Van Biesbroeck jr. e di Jules Van Biesbroeck senior, verranno esposte per l’occasione tutte le altre opere della collezione Alfano che non sono comprese nell’allestimento museale della Galleria: dipinti e sculture di Natale Attanasio, Giuseppe Casciaro, Michele Catti, Ettore Cercone, Domenico Costantino, Giuseppe La Manna, Mario Mirabella, Giovanni Nicolini, Saverio Partinico, Salvatore Profeta, Giuseppe Rondini, Giuseppe Rosselli.

In una sezione documentaria verranno presentate alcune lettere autografe di Van Biesbroeck e una scelta di suggestive fotografie d’epoca tratte dall’archivio Alfano.

La mostra “Jules Van Biesbroeck. Un fiammingo a Palermo nel primo Novecento”, alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo fino al prossimo 10 gennaio, organizzata da Civita Cultura, è curata da Gioacchino Barbera, Direttore della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, specialista di pittura siciliana dell’Ottocento e del primo Novecento. In catalogo (Torri del Vento edizioni, Palermo) gli scritti del curatore, di Antonella Purpura, Antonio Di Lorenzo, Erminia Scaglia e le schede delle opere redatte da Cristina Costanzo.

 

Orari: martedì- domenica ore 9.30 – 18.30, lunedì chiuso;

la biglietteria chiude alle ore 17.30

Ingressi: intero € 6,00 | ridotto € 4,00 | cumulativo mostra + museo € 9,00

Catalogo: Torri del Vento Edizioni

 

Barbara Izzo, Arianna Diana

 

Vinitaly International promuove il vino italiano a Hong Kong

Numeri significativi quelli di Vinitaly International all’Hong Kong International Wine & Spirits Fair: più di 1.000 metri quadrati di area espositiva con oltre 137 espositori e più di 800 etichette in degustazione. Dal 5 al 7 novembre 2015, negli spazi del Convention and Exhibition Centre, Vinitaly International partecipa per il sesto anno consecutivo alla più importante fiera dedicata al settore vino e distillati dell’area asiatica, organizzata da HKTDC (Hong Kong Trade Development Council | http://www.hktdc.com). «La presenza di un gran numero di espositori riuniti sotto il brand di Vinitaly rappresenta un segnale molto positivo di continuità con le passate edizioni, che può essere letto come un forte slancio dei produttori di vino italiani verso un’azione più coordinata per la promozione dei nostri sul mercato cinese» sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere.

Giunta alla sua ottava edizione, Hong Kong International Wine & Spirits Fair 2015 si inserisce nel business tour di promozione del vino italiano di Vinitaly International, dopo la tappa cinese di settembre al Shanghai Wine and Dine Festival e prima di quella russa che si svolgerà al Swissôtel Hotel di Mosca il prossimo 16 novembre. Un programma che ha l’obiettivo di incrementare la conoscenza delle etichette italiane nel mondo, ma anche fornire alle aziende produttrici nuove opportunità di business e relazioni con delegazioni di buyer, direttamente nei loro mercati di competenza. Contatti che andranno a consolidarsi poi in occasione di Vinitaly – che nel 2016 festeggerà la sua 50ª edizione – e di tutte le attività che Veronafiere offre al settore vino, in agenda nel prossimo anno.

Hong Kong rimane un mercato strategico per le aziende vitivinicole italiane, per due motivi: da un lato, agisce come corsia preferenziale per i nostri produttori che esportano nella Cina continentale. Dall’altro, dato l’elevato potenziale di crescita interna, rappresenta uno sbocco importante per le etichette italiane. Le importazioni di vino a Hong Kong hanno registrato, lo scorso anno, una crescita del 5,1%, con un valore complessivo di 984 milioni di euro (FONTE: HKTDC, il 27 febbraio 2015). In particolare la quota di vino italiano nel 2014 è stata pari all’1,5% sul totale importato e, nel periodo compreso tra gennaio e luglio 2015, ha registrato un ulteriore anche se lieve aumento (FONTE: Istat). Dati che confermano come il nostro Paese abbia sia i numeri che la varietà produttiva per conquistare l’attenzione dei consumatori di Hong Kong, a patto di fornire loro anche gli strumenti per orientarsi e apprezzare il vasto e variegato panorama vitivinicolo del Belpaese.

Per i produttori italiani la parola chiave di questa edizione di Hong Kong International Wine & Spirits Fair è ancora una volta “educazione” e Vinitaly International ha raccolto la sfida raddoppiando il numero delle sue sale di degustazione per offrire ai partecipanti un programma ancora più ricco e completo di iniziative: le delegazioni commerciali e stampa cinesi possono quindi scegliere tra tredici masterclass sul vino italiano, realizzate in partnership con Consorzio Vino Chianti, Vini Alto Adige, Italian Wine & Stile Promotion, Consorzio Tutela Vini Valpolicella, Tommasi Family Estates, Enoteca Regionale Emilia Romagna e Grande Passione (vedi link in allegato).

La missione educational viene ulteriormente arricchita da quattro Executive Wine Seminar della Vinitaly International Academy (VIA), tenuti dal suo Direttore Scientifico Ian D’Agata in collaborazione con i primi VIA Italian Wine Ambassador (IWA), nominati lo scorso marzo ad Hong Kong in occasione della 1ª edizione del Corso di Certificazione VIA. L’ultimo giorno di fiera è prevista inoltre una sessione di esame VIA, per dare una seconda possibilità ai candidati che desiderino diventare Ambassador e Italian Wine Expert (IWE).

Come nelle precedenti edizioni, ogni giorno la Vinitaly Lounge offre ai partecipanti l’opportunità di assaggiare cibi della nostra tradizione gastronomica, bere una tazza di buon caffè e provare il famoso aperitivo all’italiana grazie alla partnership Fabbri 1905. Il programma della Lounge include infine una serie di incontri e interviste organizzate in collaborazione con i media partner Vinehoo, Wines-info e Wine in China.

 

Export Italia > Hong Kong [Valori in euro]

Periodo Gennaio-Luglio 2015

Fonte dati cumulati: Istat

2013 2014 2015
14.617.679 14.539.568 15.092.242

 

Export Italia > Hong Kong [Quantità in kg]

Periodo Gennaio-Luglio 2015

Fonte dati cumulati: Istat

2013 2014 2015
1.903.457 1.775.785 1.752.784

 

 

Veronafiere

 

 

Maru Maru SuperHero

Torna, dopo il successo delle prime due pubblicazioni, Maru Maru, il simpatico ed esilarante personaggio a fumetti ideato da Mariagrazia ‘Mitsu’ Petrino che, tormentato da una pallina da baseball, fa sorridere i bambini di tutte le età.

Maru Maru è un draghetto scaturito dalla penna di un’insegnante di sostegno che già dai banchi di scuola voleva diventare una disegnatrice di fumetti: “Considero Maru Maru un mio piccolo “avatar” – afferma Mariagrazia” – in lui c’è la mia parte infantile che rivive nelle fiere e sotto i palchi dei grandi interpreti delle sigle animate, c’è il mio essere un po’ comica e divertente, ma c’è anche, in virtù del mio lavoro a scuola – la voglia di trasmettere ai bambini un modo di affrontare la vita e i suoi problemi guardando le cose da un altro punto di vista”.

Le avventure di Maru Maru che nascono casualmente e con il solo scopo di suscitare ilarità nei piccoli e grandi lettori, successivamente si concentrano sul mondo del Baseball attraverso una storia a fumetti che ne illustra le regole – e in molti hanno già decretato il draghetto come il perfetto testimonial di questa disciplina emergente, ma con già una lunga storia in Europa – ora spaziano dalle incursioni nei Musei ad imprese ispirate ai Supereroi della Marvel, dai palcoscenici di magia alla vita quotidiana dentro casa: azioni sempre e comunque minacciate dalla fatidica pallina che ne annienta ogni tentativo.
Sono storie spassosissime e senza dialoghi dove il segno in movimento determina la risata e sprona l’occhio a continuare incessantemente la visione, un linguaggio assolutamente “internazionale” rivolto sia a chi non sa ancora leggere, sia a chi non conosce la nostra lingua.  Racconta ancora l’autrice: “Quando ho disegnato le tavole di Maru Maru non mi sono posta il problema dei dialoghi: il segno, il movimento, la situazione divertente… parlava da sé, non aveva bisogno di altro. Anche la sintesi in 3 vignette, difficilissima se uno ci pensa, fa in modo che questo fumetto si legga facilmente. A questa sintesi probabilmente sono arrivata con la voglia di comunicare qualcosa di veloce e bello, l’elaborazione finale di un lungo percorso che ha accompagnato tutta la mia vita e le mie esperienze.”

Hanno scritto di Maru Maru e della sua autrice:

La sua visione è contemporanea, ma contaminata da elementi fantastici, un grande sforzo di sintesi in cui la risata scaturisce da situazioni surreali comunicate solo attraverso la forza del segno grafico. Nessun supporto linguistico, solo trascrizioni onomatopeiche, uno strumento universale che ha un significato più profondo di una casuale scelta stilistica…

Mariagrazia osserva il mondo dei bambini, in cui lavora come insegnante, e crea un fumetto che possa essere letto da tutti, senza distinzione di lingua e con un unico obiettivo, provocare la risata dei piccoli lettori. Lei definisce inconscia la sua ispirazione, forse di tratta di istintiva empatia verso il proprio lettore.
Il volume è stato presentato in anteprima lo scorso 31 ottobre ed è prenotabile online.


MARU MARU SUPERHERO
©2015 Teke Editori
Linea editoriale da 0 a 100 anni
Tutti i diritti riservati
ISBN 9788897217343
I edizione Gennaio 2016
Disegni e testi di Mariagrazia ‘Mitsu’ Petrino
Stampato in Italia
Andersen Spa – Borgomanero (NO)
Prezzo € 7

 

Elisabetta Castiglioni

 

Un Quartetto da Nobel

Il conferimento del premio Nobel per la pace al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino è un giusto tributo al lavoro dei suoi membri nel rafforzamento della società civile e dei diritti umani in una società che ancora lotta con l’eredità di decenni di repressioni e maltrattamenti, ha dichiarato Amnesty International. L’organizzazione ha lavorato insieme a tre dei quattro membri del Quartetto, che da decenni sono in prima linea nella lotta per la difesa dei diritti umani dei tunisini, e difeso apertamente i loro diritti. “Questo è un importante riconoscimento al ruolo fondamentale che la società civile può svolgere in un paese che esce da anni di dittatura e di violazioni dei diritti umani”, ha affermato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. “Queste organizzazioni erano continuamente minacciate dal governo prima della rivolta del 2011 e hanno mostrato grande coraggio in un clima di repressione. Negli anni difficili da allora sono rimaste salde nell’esprimersi a favore dei diritti umani e dello stato di diritto. Mentre l’ombra di attacchi dei gruppi armati sovrasta la Tunisia, questo riconoscimento da parte del Comitato per il Nobel è un segnale di speranza per un paese che affronta sfide enormi per il futuro.” Un membro del Quartetto, l’Unione generale tunisina del lavoro (UGTT, Union Générale Tunisienne du Travail), ha coraggiosamente combattuto per migliori condizioni di lavoro, anche per le donne, in un momento di grave disoccupazione in Tunisia, un detonatore importante per le sollevazioni di massa del 2011. Un altro, la Lega tunisina per i diritti dell’uomo (LTDH, La Ligue Tunisienne pour la Défense des Droits de l’Homme), è uno dei più vecchi gruppi per i diritti umani in Africa e nel mondo arabo e fu continuamente perseguitato sotto il presidente Ben Ali. Il terzo, l’Ordine degli Avvocati tunisino (Ordre National des Avocats de Tunisie), ha continuato a lavorare nonostante la repressione e i tentativi di essere messo a tacere. Nel gennaio 2014 la Tunisia ha adottato una nuova Costituzione che contiene importanti garanzie per i diritti umani sebbene le autorità continuino a limitare arbitrariamente la libertà di espressione e di associazione.

Amnesty International Italia

Nuovo record del mondo per il parapendio

Tre piloti brasiliani, Frank Thoma Brown, Marcelo Prieto e Donizete
Baldessar Lemos hanno stabilito il nuovo record mondiale di distanza di
volo in parapendio, ben 514 chilometri.

Il precedente, 503 chilometri toccati in Sud Africa da Nevil Hulett,
resisteva dal 2008.

Teatro dell’impresa il nord est del Brasile, esattamente dove si
trova la punta più orientale delle Americhe, con le città di Natal e Fortaleza
affacciate sull’Atlantico.

Parapendio e deltaplani per reggersi in aria sfruttano le masse
d’aria ascensionali scaturite dall’irraggiamento solare del territorio e le
correnti dinamiche provocate dall’azione del vento sui rilievi montani.
Seguendo queste leggi inviolabili del volo libero, cioè senza motore, i
tre piloti sono decollati uno dopo l’altro alle 7 e 45 da Tacima, un
paesino nell’entroterra dello stato di Paraìba, circa 100 km da Natal, per
dirigersi verso nord ovest. Hanno toccato terra nei pressi di Lagoa do Mato nello stato del Cearà dopo undici ore di volo.

Il terzetto era equipaggiato con ali perforanti che sfiorano i 70 km/h
di velocità massima, sellette integrali, GPS ed altra strumentazione. Due
auto li seguivano da terra ed un elicottero era in allerta nel caso di
atterraggi in zone non raggiunte da strade. Infatti, nel volo libero può accadere che il pilota non trovi condizioni favorevoli per guadagnare quota e, con essa, proseguire il volo. In tal caso sarà obbligato ad atterrare dove si
trova, suo malgrado.

Se il record mondiale maschile di distanza in parapendio passa ai piloti
verde-oro, resiste in azzurro quello femminile, 377 chilometri,
stabilito dalla friulana Nicole Fedele nel 2013, ancora una volta in Brasile,
salvo che riesca a migliorarlo in questi giorni, visto che è tornata con
questo intento nel paese sud americano, a Quixadà.


Gustavo Vitali

 

Jeff Koons In Florence

Jeff Koons In FlorencePer la prima volta, dopo circa cinquecento anni dalla messa in posa dell’Ercole e Caco di Baccio Bandinelli (1493-1560), una scultura originale di grandi dimensioni è stata collocata sull’arengario di Palazzo Vecchio. Si tratta di Pluto and Proserpina di Jeff Koons (1955), un’opera monumentale alta più di tre metri. Un evento eccezionale che ha inaugurato il progetto In Florence, un programma ambizioso e innovativo che vede i protagonisti dell’arte del nostro tempo confrontarsi con gli spazi e le opere del Rinascimento fiorentino.

Jeff Koons In Florence è la mostra più attesa dell’anno: un confronto tra la provocante bellezza delle opere del geniale artista americano e i capolavori senza tempo di Donatello (1386-1466) e Michelangelo (1475-1564). I luoghi eletti del “dialogo” saranno la Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio e Piazza della Signoria.  La mostra,  organizzata da Associazione Mus.e e a cura di Sergio Risaliti, è realizzata grazie alle relazioni e al generoso contributo di Fabrizio Moretti, nuovo mecenate per l’arte contemporanea e per Firenze, già noto a livello internazionale come mercante d’arte antica.

A Palazzo Vecchio è esposta Gazing Ball (BarberiniFaun), opera realizzata nel 2013 appartenente alla serie denominata dall’artista Gazing Ballcalchi in gesso di celebri sculture del periodo greco-romano cui l’artista ha aggiunto, in posizione di precario equilibrio, una sfera di colore azzurro brillante e dalla superficie specchiante. Un raffinato e attraente gesto concettuale per ribaltare e deviare lo sguardo dello spettatore dall’ammirazione dell’opera classica, quale immagine memorabile di pura perfezione, alla totalità dello spazio ambientale, in cui si riconoscono anche gli osservatori e i vari elementi che caratterizzano il contesto espositivo. Un lavoro che insiste sulla seduzione del calco in gesso, così puro, leggero, impalpabile, e la magia disorientante della sfera azzurra con la sua superficie riflettente come uno specchio.

L’antico Fauno Barberini ( “Uno fauno a sedere più grande del naturale quale sta dormendo e tiene un braccio in testa”, Archivio Barberini, Roma, 1632) è una scultura di età imperiale – ispirata probabilmente a un opera in bronzo di epoca tardo-ellenistica.  Rinvenuto a Roma nei fossati di Castel Sant’Angelo intorno al 1624, il  marmo entrò nella collezione del Cardinale Francesco Barberini nel 1628,  per poi arrivare in Germania agli inizi dell’Ottocento, dove è conservato presso la Gliptoteca di Monaco. Alcuni restauri della scultura furono eseguiti, già all’epoca del rinvenimento, dalla bottega di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) o da lui medesimo.

Koons spiega in questi termini il senso del suo lavoro: “Ho pensato a Gazing Ball guardando per molti anni sfere di questo genere. Ho voluto affermare la perentorietà e la generosità della superficie specchiante e la gioia che scatenano sfere come queste. La serie Gazing Ball si basa sulla trascendenza. La consapevolezza della propria mortalità è un pensiero astratto, e a partire da questa scoperta uno inizia ad avere coscienza maggiore del mondo esterno, della propria famiglia, della comunità, può instaurare un dialogo più vasto con l’umanità al di là del presente”.

La sfera deve essere letta  come simbolo o archetipo della perfezione del cosmo, dell’Uno, dell’infinito e dell’eterno – come nel Timeo di Platone -, ma tale idealità  è contraddetta dalla posizione arrischiata in cui l’oggetto sferico si trova, posto com’è sulla coscia sinistra del giovane Fauno, nonché dalla superficie che riflette il transeunte, il molteplice, il mondo della vita.

Gazing Ball prende il nome dalle sfere specchianti, scoperte tante volte da Koons nella casa d’infanzia in Pennsylvania: ammalianti, incantevoli oggetti ornamentali prodotti per la prima volta a Venezia nel tredicesimo secolo, divenuti poi famosi nel diciannovesimo secolo durante il regno di Ludovico II di Baviera che li usava per decorare i giardini dei suoi palazzi, quindi arrivati in Pennsylvania attraverso gli Europei. Il potere incantatorio di questi oggetti risiede nel fatto che a chi guarda ad essi viene concessa la possibilità di vedere dietro le proprie spalle e fino agli angoli più lontani, con effetto panottico e anamorfico, assorbendo all’interno della stessa superficie il proprio riflesso e ogni altro elemento intorno al proprio corpo. Forme affascinanti, magiche, piacevoli anche per la loro leggerezza (si tratta di sfere di vetro soffiato) e per la loro associazione con il gioco infantile. Data la loro estrema fragilità sono anche associate all’effimera durata della vita umana – così come le bolle di sapone cui spesse volte vengono associate. Ecco perché la sfera, simbolo di perfezione, spesse volte è associata al tema della malinconia, stato d’animo provocato dal confronto dell’animo umano con l’incommensurabile.  Come afferma Koons: “La serie denominata Gazing Ball  ha alla base lo “sguardo del filosofo” che giunge alla trascendenza attraverso i sensi  per poi dirigere la nostra visione verso l’eternità tramite la pura forma e l’idea”.

La scelta di installare il Fauno nella Sala dei Gigli, fastoso ambiente, decorato con pregevoli affreschi di Domenico Ghirlandaio (1449-1494), e una finta tappezzeria impreziosita dalla presenza di gigli d’oro -emblema angioino in campo azzurro- nasce dalla volontà di creare un dialogo tra il linguaggio rinascimentale e quello contemporaneo. La sala ospita anche l’originale in bronzo della Giuditta e Oloferne(1457 circa) di Donatello, una delle sculture più fascinose e significative del Quattrocento italiano. Di fronte al capolavoro donatelliano – Giuditta implacabile punitrice di Oloferne, intorpidito dalla bellezza virginale della giovane eroina, poi fiaccato dal vino, infine decapitato – il Fauno Barberini – nella versione rivisitata di Koons- si presenterà al pubblico ancora nella sua provocante posa, esempio di una bellezza non volgare, sebbene spinta al limite dell’osceno. La plateale esibizione del nudo, con i genitali in bella mostra, la posa sensuale, indice di una potenza sessuale selvaggia sembrerà provocare la stessa Giuditta, punitrice degli eccessi libidinosi, della perdizione sessuale, come simboleggiano i baccanali scolpiti a bassorilievo nel basamento. La sfera specchiante e di colore azzurro entrerà, altresì, in rapporto con l’effige in bronzo, e poi con il contesto decorativo della sala, con le sue dominanti cromatiche e il prezioso soffitto ligneo. Contrasti esaltati dall’operazione eseguita da Koons che affronta il quotidiano e l’eterno, la bellezza classica e l’estetica di massa, la sfera del mito e quella della mondanità, l’infanzia e la storia, Eros e Thanatos, mentre l’ambivalenza tra equilibrio e instabilità, originale e copia, oggetto artistico e merce, invita a riflettere anche sul rapporto tra immaginazione e serialità, tra metafisica e basso materialismo, tra stupore e mistificazione. Infine quello tra immagini classiche e simulacri post-moderni.

Altre relazioni, altri significati emergeranno in Piazza della Signoria dove, a poca distanza dalla copia in marmo del David di Michelangelo, viene esposta una delle più celebri sculture di Jeff Koons, Pluto and Proserpina (2010-2013), un’opera monumentale, alta più di tre metri, in acciaio inox, lucidata a specchio e con una cromatura in color oro. Le due figure di Plutone e Proserpina, avvinghiate in un abbraccio drammatico e sensuale, scintilleranno alla luce del giorno e, illuminate durante la notte, strideranno in contrasto con le sculture in marmo e bronzo della piazza. Abbagliante presenza, l’opera di Koons, catturerà lo sguardo dei cittadini e  dei turisti, unico originale tra le copie del David e della Giuditta sull’arengario. La superficie specchiante dell’opera di Koons funzionerà in modo da assorbire, catturare e liquefare tutto lo spazio circostante, con effetti di splendore abbacinante e di virtuosistica defigurazione. Le stesse forme del dio dell’Averno, quelle della sua futura sposa – Persefone per i greci- sembreranno liquefarsi in una materia fluida, quasi gelatinosa, fortemente sensuale, al limite della dissoluzione figurativa, con il risultato di disperdere i connotati iconografici, quindi il presupposto mitologico dell’immagine, assieme all’originale morfologia barocca di cui l’opera di Koons è in qualche modo una libera riproduzione. In effetti, Pluto and Proserpina di Koons s’ispira a una celebre opera di Gian Lorenzo Bernini, il Ratto di Proserpina (225 cm, base 109 cm), commissionata all’artista dal Cardinale Scipione Caffarelli Borghese ed eseguita tra il 1621 e il 1622, quando Bernini aveva di poco superato i vent’anni. Nei documenti dell’epoca il gruppo viene descritto in questi termini: “Una Proserpina di marmo che un Plutone la porta via alto palmi 12 in circa et un can trifauce con piedistallo di marmo con alcuni versi di faccia”. Alla base della scultura era stato apposto, infatti, un testo poetico dedicato all’opera del Bernini, adattamento di un distico composto dal cardinale Maffeo Barberini, poi papa Urbano VIII, impressionato dalla bellezza del marmo. Nei Dodici distichi per una Galleria, illustra, con epigrammi e brevi descrizioni, dodici quadri di una galleria immaginaria si legge: “Quisquishumipronusfloreslegis, inspicesaevi / me Ditis ad domum rapi”. Per questo il punto di vista privilegiato deve essere considerato quello frontale, visto che qui si trovava l’iscrizione di Maffeo Barberini. Guardando la scultura di Bernini, scopriamo, infatti, che Plutone ha già lasciato cadere a terra il suo scettro bidentato per agguantare con vigore la giovane che innalza la mano destra al cielo con un gesto di lamento, supplicando aiuto e rimarcando a questo modo con virtuoso effetto quell’ “inspice me” al centro dei versi.

Per meglio comprendere il soggetto, dobbiamo rileggere le Metamorfosi di Ovidio, laddove viene descritto il momento in cui il dio degli inferi aggredisce la figlia di Cerere, intenta a raccogliere fiori in un boschetto nei pressi di un lago. La dea “si stava divertendo a cogliere viole e candidi gigli, ne riempiva con fanciullesco zelo dei cestelli e i lembi della veste, gareggiando con le compagne a chi più ne coglieva, quando in un lampo Plutone la vide, se ne invaghì e la rapì: tanto precipitosa fu quella passione. Atterrita la dea invocava con voce accorata la madre e le compagne, ma più la madre; e poiché aveva strappato il lembo inferiore della veste, questa s’allentò e i fiori raccolti caddero a terra: tanto era il candore di quella giovane, che nel suo cuore di vergine anche la perdita dei fiori le causò dolore“. La mitica vicenda, secondo gli studiosi, si ricollega all’alternarsi delle stagioni: al freddo e al gelo dell’inverno, alla rinascita primaverile. Plutone, infatti, nella tradizione letteraria viene spesse volte descritto come immagine del Sole. Nel trattato Imagini di Vincenzo Cartari (1531ca.- post 1571), ad esempio, testo indispensabile per l’iconografia rinascimentale, si trova scritto: “[…] fu finto che Plutone, intendendo per lui il Sole, la rapì, e portossela in inferno, perche il calore del Sole nodrisce, e conserva sotto terra tutto il tempo dell’inverno il seminato grano”. Secondo Varrone, citato da Sant’Agostino, il nome Proserpina verrebbe addirittura da proserpere, che simboleggia lo “sgusciare fuori” del seme dalla terra. Nel marmo di Bernini, Proserpina, bella come la Venere di Prassitele, sta lottando invano per la sua verginità. Grida, spalancando la bocca, invoca la madre e le compagne. Nello sguardo di lei si leggono: vergogna per la sua nudità offesa,  paura nei confronti della furia erotica di Plutone e commovente disperazione, perché tra pochissimo la ragazza conoscerà l’oscurità dell’Ade. I versi di Ovidio spiegano inoltre  la presenza di mazzi di fiori freschi aggiunti, da Jeff Koons, con precisione filologica, alla sua nuova scultura in acciaio inox, che, a differenza di Bernini, ad esempio, omette la figura del cane Cerbero. Opera monumentale, ricordiamolo,Pluto and Proserpina è esposta sull’arengario di Palazzo Vecchio a poca distanza dalla copia del David, simbolo universale del rinascimento fiorentino, tanto quanto la Primavera del Botticelli agli Uffizi.

In tale posizione, si esplicita una diversa e più sottile relazione tra Pluto and Proserpina di Koons e il contesto espositivo di Piazza Signoria, con la sua sfilata di mirabili sculture. Il senso dell’arte, della bellezza e dell’amore come continua rinascita, come sublimazione del dolore e come superamento della morte (anche della morte dell’arte). Infatti, nel mito di “Plutone e Proserpina” la potenza ctonia di eros che può essere seminatrice di morte e di violenza – sia spirituale sia materiale – è contraddetta dalla forza generatrice della bellezza e dell’amore, dalla funzione vitale e solare dell’unione di maschile e femminile, così come di storia e immaginazione. La speciale collocazione di Pluto and Proserpina di Koons è stata pensata anche per esaltare la peculiare somiglianza di quest’opera  con il Ratto delle Sabine del Giambologna (1529-1608) – posto sotto la Loggia dei Lanzi – e con il Genio della Vittoria del Buonarroti – conservato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, massimi esempi di una soluzione spiraliforme del movimento nei corpi; suggerendoci inoltre che Bernini deve molto all’arte del cinquecento nella sua prodigiosa invenzione del Ratto di Proserpina. Secondo la critica, Gian Lorenzo Bernini, avrebbe, infatti,prima studiato l’Ercole e Anteo del Giambologna, per poi prendere spunto dall’opera del toscano Pietro da Barga (documentato da 1574 al 1588), autore di un bronzo di stesso soggetto -oggi conservato al Museo Nazionale del Bargello- forse ispirato ad un brano di Plinio, che nella NaturalisHistoria, (XXXIV, 69) descrive un gruppo bronzeo di mano di Prassitele, avente a oggetto proprio il “Raptus Proserpinae”, così come ad un bronzo di Vincenzo de’ Rossi (1525-1587), fuso nel 1565 circa.

Ecco dunque che l’esposizione Jeff Koons In Florence si presenta come un gioioso e raffinato gioco di citazioni e di rinvii, di contrasti e di confronti tra antico e contemporaneo, dove la superficie scintillante nasconde il senso oscuro e magico della creazione in funzione anche apotropaica.

La mostra, visibile fino al 28 dicembre 2015, nasce da una proposta di Fabrizio Moretti ed è curata da Sergio Risaliti. Promossa dal Comune di Firenze, è organizzata da Mus.e con il contributo della Camera di Commercio, della Galleria Moretti e da David Zwirner con la collaborazione della Biennale Internazionale di Antiquariato di Firenze.

Barbara Izzo, Arianna Diana

 

The Golden Stage al San Carlo di Napoli

Un cartellone che passa in rassegna i più illustri compositori di scuola napoletana, attraversa la storia del Lirico fin dalla nascita, ripercorre le tappe salienti di una memoria che fa rivivere le sue stagioni dorate attraverso le celebrazioni, occasioni importanti per ricordare uno stile che da sempre riesce a innovare le tendenze proiettandosi nel futuro. Una tradizione fulgida, piantata nell’alveo dei conservatori, fucine del talento e trampolini di lancio per il palcoscenico più ambito: il San Carlo. Da questo “golden stage” sono passati tutti i più grandi: Domenico Sarro, autore della prima opera andata in scena al Lirico il 4 novembre 1737, l’Achille in Sciro, di cui verranno eseguite le più belle pagine, in una selezione in forma di concerto pensata per festeggiare i 300 anni dalla nascita del primo sovrano di casa Borbone, a cui si deve l’edificazione del più antico “tempio della lirica nel mondo”: re Carlo (1716-2016); Pasquale Cafaro, di cui quest’anno ricorrono i 300 anni dalla nascita (1715-2015) e autore di una Cantata che lega la sua forza musicale al culto del Santo più venerato dai napoletani: San Gennaro per le Celebrazioni dedicate nell’ambito della Sinfonica. Una tradizione che supera la prova del tempo: un cambiamento epocale che passa anche dall’orchestra del Massimo, protagonista il Cafaro – come anche Sarro – delle riforme più rilevanti che hanno contribuito alla costruzione di un suono raffinato e nobilitato nel tempo dalla sensibilità di direttori che portano fino alla stagione Barbaja, con Rossini e Donizetti alla guida delle compagini artistiche, promotori di una qualità musicale che giunge fino ai nostri giorni. Alla morte di Cafaro sarà Giovanni Paisiello a “sopraintendere all’Orchestra del R. Teatro”, interprete di una trasformazione che porta con sé i frutti più maturi di una scuola che ha esportato una cultura in Europa e nel mondo, attraverso la musica. Proprio a Paisiello il San Carlo dedica le Celebrazioni per i 200 anni dalla morte (1816-2016) con riletture originali curate direttamente sugli autografi. È il caso di Zenobia in Palmira, un nuovo allestimento targato San Carlo, che riporta alla luce la cifra napoletana più autentica del compositore tarantino. Un’eco forte e persistente che traccia il segno di un’eredità che giunge fino agli albori del Novecento di Umberto Giordano e di Francesco Cilea, compagni di studi al Conservatorio di Napoli, nella classe di Paolo Serrao. Le loro Fedora e Adriana Lecouvreur scelte per questa stagione sono composte sul finire di un Ottocento che porta già in dote al nuovo secolo le sperimentazioni timbriche di impronta moderna. Ultimi epigoni di un secolo d’oro, che parla una sola lingua, quella del melodramma, che da Verdi (di cui Falstaff in cartellone ricorda la potenza espressiva) passa il testimone al Puccini meno conosciuto ma non “minore” per la sensualità della scrittura musicale del “trittico”, di cui si ascolteranno Suor Angelica e Il Tabarro (in dittico rispettivamente con Goyescas di Granados e Il nano di Zemlinsky). Un romanticismo, le cui sinuose peregrinazioni sonore passano attraverso le volute melodiche di Vincenzo Bellini, che proprio al San Carlo firma il suo esordio con un’opera prima scritta per il palcoscenico del Massimo cittadino. La scelta ricade però nel solco profondo di una popolarità conquistata a suon di melodia, pura, eterna e senza tempo. Sarà infatti il Bellini della Norma ad essere eseguito nel nuovo allestimento del San Carlo. Infine, la leggera freschezza della Vedova allegra, l’operetta-capolavoro di Franz Lehár, e le note spumeggianti de Le nozze di Figaro di Mozart, ci ricordano quanto sia difficile essere semplici. Come un classico che non invecchia, elegante sempre e fuori tempo mai.

Sul podio del Lirico più antico d’Europa, Zubin Mehta, tra i più grandi e versatili direttori al mondo, aprirà il 13 dicembre la Stagione Lirica con Carmen di Georges Bizet.

Indiano, 79 anni, una carriera prodigiosa che lo ha portato a dirigere le più importanti compagini esistenti, Mehta torna al San Carlo dopo i successi di Tristano e Isotta e della “Terza” di Mahler segnando così con la sua autorevole presenza la stagione 2015 – 2016 del Teatro di San Carlo e legando a doppio filo il suo nome a quello del Massimo napoletano.

“Siamo orgogliosi – afferma la sovrintendente Rosanna Purchia – di essere diventati in questi anni, punto di riferimento per i più affermati direttori d’orchestra, così come dimostra il nostro recente passato. È per questo che voglio ringraziare il maestro Mehta per aver voluto ancora una volta dimostrarci il suo affetto e la sua vicinanza, e per aver scelto di essere con noi per l’apertura della stagione lirica e di quella sinfonica, due appuntamenti significativi della vita del nostro teatro. L’atmosfera e l’entusiasmo suscitati sia nel pubblico che in noi addetti ai lavori in occasione della messa in scena del Tristano e Isotta e dell’esecuzione della “Terza” di Mahler non potevano restare episodi isolati e la rinnovata presenza di Mehta al San Carlo conferisce ulteriore prestigio alla nostra programmazione”.

Carmen di Georges Bizet, capolavoro tra i più noti e amati, inaugura domenica 13 dicembre la stagione lirica e di balletto 2015-16 del Massimo napoletano.

La direzione ancora una volta è affidata a Zubin Mehta, alla guida delle maestranze di casa, mentre a firmare la regia è Daniele Finzi Pasca, svizzero di Lugano, già applaudito sia a Napoli che in tournée a San Pietroburgo per la sua onirica versione di Pagliacci con effetti speciali, giochi di luce e acqua. Il nuovo allestimento presenta dunque le scene di Hugo Gargiulo, le coreografie di Maria Bonzanigo e costumi di Giovanna Buzzi. Due le artiste internazionali che vestono i panni della gitana Carmen, le mezzosoprano Marìa José Montiel e Clementine Margaine, mentre Eleonora Buratto interpreta la dolce Micaëla. Fabio Sartori e Aris Argiris sono rispettivamente Don José ed Escamillo. L’opera di Georges Bizet, eseguita in prima assoluta il 3 marzo 1875 all’Opera di Parigi, è andata in scena al San Carlo in oltre quaranta rappresentazioni, dalla prima del 1885 fino alle più recenti firmate Lina Wertmuller, Pappi Corsicato e Micha van Hoecke.

Nel 2016 ricorrono i 200 anni dalla morte di Giovanni Paisiello, figura di primo piano della Scuola napoletana che ha reso grande Napoli nel mondo. Il San Carlo, che fa del recupero della tradizione partenopea un presupposto imprescindibile della propria mission, celebra il compositore con la messa in scena al Teatrino di Corte di Palazzo Reale di due sue opere: Zenobia in Palmira, nuovo allestimento con la regia di Riccardo Canessa, direttore Francesco Ommassini, e La grotta di Trofonio, allestimento del Festival di Martina Franca con la direzione d’orchestra di Alessandro De Marchi. Un concerto, inoltre, vede protagonista la formazione dei Fiati del San Carlo, che eseguirà “Gli Zingari in Fiera”, Sei Quadri per due flauti, due clarinetti, due corni, fagotto e basso continuo.

Per celebrare i 300 anni dalla nascita di Carlo III di Borbone e festeggiare la ricorrenza della fondazione del San Carlo, il prossimo 4 novembre si terrà una selezione in forma di concerto dell’Achille in Sciro di Domenico Sarro su libretto di Pietro Metastasio, titolo che il 4 novembre 1737, giorno onomastico del sovrano, inaugurò il “Nuovo Grande Real Teatro San Carlo di Napoli”. La drammatizzazione è a cura di Filippo Zigante, voce recitante Mariano Rigillo, direttore Alessandro De Marchi.

Il Teatro di San Carlo si conferma meta privilegiata per direttori e solisti di fama internazionale che si alternano sul podio nel corso di tutta la stagione. Da segnalare la presenza di Fabio Luisi e il ritorno di Daniel Oren.

Attualmente direttore principale del Metropolitan Opera e direttore musicale all’Opera di Zurigo, Fabio Luisi è in cartellone con due appuntamenti nella stagione sinfonica: sabato 21 e domenica 22 novembre alla guida di orchestra e coro stabili nella Sinfonia n.2 di Gustav Mahler (soprano Julia Kleiter, contralto Patricia Bardon). Doppio anche l’appuntamento con Daniel Oren, che proprio al San Carlo ha ricoperto il ruolo di direttore musicale dalla metà degli anni ’80. Oren è impegnato in un concerto sinfonico, giovedì 3 e venerdì 4 dicembre con l’orchestra del San Carlo e Yoav Levanon, pianista prodigio di appena 11 anni, in un programma che include il Concerto n.1 in mi minore per pianoforte e orchestra, op.11 di Fryderyk Chopin e la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore, op. 55 “Eroica” di Ludwig van Beethoven, ed è ancora sul podio nell’ottobre 2016 per Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, titolo tra i più frequentati dal maestro israeliano.

Il 26 e il 27 novembre il leggendario talento di Pinchas Zukerman, nella duplice veste di direttore e violino solista, si confronta, assieme alla violoncellista Amanda Forsyth, con brani di Čajkovskij che valorizzano la vena melodica della sua scrittura.

Patrick Fournillier, esperto tra i più riconosciuti sulla scena internazionale del repertorio francese, rilegge Francis Poulenc (Concerto in re minore per due pianoforti e orchestra) e Georges Bizet (“Roma”, Sinfonia in do maggiore). L’interpretazione pianistica è affidata alle sorelle Katia e Marielle Labèque.

Torna al San Carlo anche Nello Santi, ultimo erede della scuola di Toscanini, per dirigere il 21 febbraio 2016 Norma di Vincenzo Bellini, con la straordinaria voce di Mariella Devia, la regia di Lorenzo Amato, le scene e i costumi della coppia da Oscar Frigerio/Squarciapino.

A Donato Renzetti è invece affidata la direzione di Goyescas di Enrique Granados e Suor Angelica di Puccini, due atti unici del Novecento riuniti in dittico, in cartellone dal 28 maggio all’8 giugno 2016.

Altri ritorni eccellenti sono quelli di Michele Mariotti, in concerto il 2 e il 3 aprile con la Sinfonia n. 8 “Incompiuta” e la Messa n.6 in mi bemolle maggiore di Franz Schubert; Juraj Valčuha alla guida di Orchestra e Coro in un programma che unisce la Sinfonia n.5 in si bemolle maggiore di Prokof’ev e Oedipus Rex di Stravinskij, opera – oratorio in due atti su testo di Jean Cocteau che sfoggia la voce recitante del Premio Oscar Toni Servillo, già applaudito al San Carlo negli ultimi anni sia in occasione dello spettacolo Sconcerto nel 2011 che nel Lélio di Berlioz (2012); la coreana Han – na Chang in programma il 9 e il 10 aprile con il giovane talento del pianoforte Yevgeny Subdin.

Oltre al già citato Michele Campanella, esponente di spicco della scuola pianistica napoletana, altri importanti solisti si esibiranno nella sala del Niccolini: Rudolf Buchbinder, specialista del repertorio pianistico beethoveniano (sabato 6 e domenica 7 febbraio, sul podio l’austriaco Ralf Weikert), il genio del violino Uto Ughi in un programma mozartiano (domenica 15 e martedì 16 maggio 2016). Non mancherà un’incursione nella musica di George Gershwin con un concerto che il prossimo 22 febbraio vedrà protagonista la stella del jazz nazionale Enrico Pieranunzi al pianoforte, con Gabriele Pieranunzi al violino e Gabriele Mirabassi al clarinetto. Tra i concerti di musica da camera, da ricordare l’appuntamento con Nazzareno Carusi, virtuoso del pianoforte che si esibirà assieme al Quartetto d’Archi del Teatro di San Carlo -formato dalle prime parti Cecilia Laca, Luigi Buonomo, Antonio Bossone e Luca Signorini – e insieme a Ermanno Calzolari al contrabbasso in un programma interamente dedicato a Franz Schubert.

Apprezzato già in Don Checco e Bohéme, Lorenzo Amato è il regista che firma uno dei nuovi allestimenti della stagione 15 – 16: Norma di Bellini che debutta al Massimo napoletano il 21 febbraio con un cast di stelle di prim’ordine. La direzione è di Nello Santi, le scene e i costumi di Frigerio e Squarciapino, protagonista la straordinaria voce di Mariella Devia.

Federico Tiezzi cura la regia de La vedova allegra di Franz Lehár (in scena dal 22 gennaio al 3 febbraio), allestimento in coproduzione con il Verdi di Trieste, il Carlo Felice di Genova e l’Arena di Verona con le scene di Edoardo Sanchi e i costumi di Giovanna Buzzi, sul podio Alfred Eschwè. Il ruolo di Njegus, comico caratterista parlante, sarà ricoperto dal noto cantante e attore Peppe Barra.

Un doveroso omaggio al genio di Luca Ronconi è previsto a marzo con la messa in scena della sua versione di Falstaff di Giuseppe Verdi – regia ripresa da Marina Bianchi – con le scene di Tiziano Santi e i costumi di Maurizio Millenotti, allestimento del Teatro di San Carlo in coproduzione col Petruzzelli di Bari e con il Maggio Musicale Fiorentino.

Di Lamberto Puggelli è la regia di Fedora di Umberto Giordano (dal 3 all’11 maggio), ripresa da Salvo Piro, scene e costumi di Luisa Spinatelli, protagonista nel ruolo del titolo Fiorenza Cedolins.

Del napoletano Andrea De Rosa regia e scene del dittico Goyescas di Enrique Granados – Suor Angelica di Giacomo Puccini con i costumi di Alessandro Ciammarughi e le luci di Pasquale Mari, allestimento del Teatro di San Carlo in coproduzione con il Maggio Musicale Fiorentino e il Regio di Torino.

Adriana Lecouvreur di Cilea avrà la regia del newyorkese Lorenzo Mariani (già al San Carlo con un meraviglioso Candide di Bernstein), le scene di Nicola Rubertelli e i costumi di Giusi Giustino.

Altro nuovo allestimento in cartellone è Zenobia in Palmira di Giovanni Paisiello con la regia di Riccardo Canessa.

Tra le grandi voci in cartellone svettano Mariella Devia (sua la Norma diretta da Nello Santi a febbraio); Fiorenza Cedolins (ruolo del titolo in Fedora di Umberto Giordano a maggio); Luciana D’Intino (Mrs Quickly in Falstaff di Giuseppe Verdi a marzo, la zia principessa in Suor Angelica di Giacomo Puccini a maggio e Adriana Lecouvreur con la direzione di Daniel Oren ad ottobre); Barbara Frittoli sarà La contessa di Almaviva ne Le Nozze di Figaro a settembre; Daniela Barcellona protagonista di un recital nella stagione sinfonica che la vedrà accompagnata al piano da Alessandro Vitiello e impegnata nel ruolo di Amneris nell’Aida di Franco Dragone; Bruno Praticò e Carmela Remigio ne La vedova allegra di Lehár in programma a gennaio; E ancora si ricordano, Eleonora Buratto, Micaëla nella Carmen inaugurale, e Anna Pirozzi nel ruolo del titolo in Adriana Lecouvreur,entrambe applauditissime nella scorsa stagione rispettivamente in Turandot e Il Trovatore, Rosa Feola (Susanna ne Le nozze di Figaro) e Maria José Siri (ruolo del titolo in Suor Angelica).

Tra le voci maschili Brian Judge e Fabio Sartori (Don José in Carmen), Markus Werba (Il conte Danilo ne La vedova allegra), Carlo Colombara (Oroveso in Norma), Roberto De Candia (il ruolo del titolo in Falstaff e De Siriex in Fedora), Vladimir Stoyanov (Ford in Falstaff), Roberto Aronica (Il Conte Loris Ipanov in Fedora), Aquiles Machado (Pinkerton in Madama Butterfly), Antonello Palombi e Stefano La Colla (entrambi impegnati in Aida nel ruolo di Radames).

Particolare attenzione è riservata al balletto, con diversi titoli in programmazione, in linea con la politica di valorizzazione del Corpo di ballo degli ultimi anni. Oltre al consueto appuntamento natalizio con Lo Schiaccianoci, Coppélia vede la compagnia di casa impegnata dal 31 marzo al 12 aprile nella coreografia di Roland Petit – ripresa da Luigi Bonino – su musica di Léo Delibes di cui proprio nel 2016 ricorreranno i 180 anni dalla nascita.

A giugno è la volta di Romeo e Giulietta di Prokof’ev con la coreografia di Leonid Lavrovsky rivista da Mikhail Lavrovsky, protagonisti Oleysa Novikova nel ruolo di Giulietta e Leonid Sarafanov in quello di Romeo, nuovo allestimento sancarliano con le scene di Nicola Rubertelli.

Grazie ad una ritrovata tranquillità gestionale ed economica che consente di guardare con maggiore serenità al futuro, è già programmata l’inaugurazione della stagione 2016 – 17: sarà Otello di Gioachino Rossini opera di cui ricorre il bicentenario e che il pesarese compose proprio a Napoli, dove debuttò il 4 dicembre 1816 al Teatro del Fondo (oggi Mercadante).

 

 

Pop Journey all’Università di Roma Tor Vergata

Mercoledì 4 novembre alle 18.00 proseguono con “Pop journey” i concerti dell’Università  di Roma “Tor Vergata” presso l’Auditorium “Ennio Morricone” (Macroarea di Lettere e Filosofia) in via Columbia 1, realizzati dall’Associazione Roma Sinfonietta e dall’Associazione Musica d’Oggi.

“Pop journey” è un progetto che vede coinvolti l’ensemble Blow Up Percussion (Pietro Pompei, Flavio Tanzi, Alessandro Di Giulio, Aurelio Scudetti) e il bassista Marco Siniscalco attraverso un’interpretazione completamente originale di alcuni giganti della musica di tutti i tempi.

Partendo dalle armonie di Johann Sebastian Bach, passando attraverso la fantasia immaginifica di Debussy e Stravinsky si arriva ai grandi interpreti della musica pop-rock come i Police, i Led Zeppellin e i Beatles, attraverso una sorta di viaggio nel tempo dove le varie componenti si fondono in una nuova ed inaspettata vita.

Marco Siniscalco ha lavorato e collabora stabilmente con numerosi artisti della scena jazz e pop tra cui Javier Girotto (con Aires Tango), Fabrizio Bosso, Gegè Telesforo, Carmen Consoli, Fiorella Mannoia, Dulce Pontes, Patti Smith, Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Il Volo, Alex Baroni, Peppe Servillo, Paola Turci, Antonella Ruggero. Ha collaborato con varie orchestre (tra cui l’Orchestra RAI) dirette da Gianni Ferrio, Pippo Caruso, Riz Ortolani e Peppe Vessicchio, accompagnando artisti come George Benson, Michael Bolton e Celine Dion. E’ attualmente leader e co-leader di vari progetti personali, tra cui RadioTrio con Enrico Zanisi e Emanuele Smimmo e Partenope con Antonella De Grossi. Ha insegnato e insegna al Saint Louis Music College di Roma e ai Conservatori di Perugia, Frosinone e L’Aquila.

Blow Up  Percussion è un gruppo di percussioni costituitosi nel 2011, che ha base a Roma e che interpreta un repertorio moderno e contemporaneo. Vanta già numerosi concerti anche all’interno dei principali festival italiani (Festival Traiettorie di Parma, Cantiere internazionale di Montepulciano, Festival di Nuova Consonanza, Auditorium Parco della Musica di Roma, Festival Musicale di Tuscania, No-go Festival di Roma) ed una intensa attività in studio. Diverse le collaborazioni dirette con compositori di rilievo come F.Filidei, E.C.Cole, L.Durupt, G.Battistelli e S.Sciarrino.

Biglietti: E. 10,00 – Ridotti E. 8,00 – Studenti E. 4,00

Mauro Mariani

Il Béjart Ballet Lausanne al Teatro Carlo Felice

Il 12 novembre la Stagione di Danza del Teatro Carlo Felice di Genova si inaugurerà con il celebre Béjart Ballet Lausanne.

In scena le indimenticabili coreografie di Boléro e Il Mandarino meraviglioso di Maurice Béjart, uno dei più grandi coreografi del ‘900, indimenticata presenza a Genova nel 2001 per l’ultima edizione del Festival Internazionale del Balletto di Nervi.

Sarà proposta inoltre Syncope di Gil Roman, originale coreografia senza nessun intento narrativo, ma col puro scopo di creare danza per una Compagnia sempre al massimo della forma artistica.

IL MANDARINO MERAVIGLIOSO

Musica di Béla Bartók

Coreografia Maurice Béjart

Costumi Anna De Giorgi (dai film di Fritz Lang)

Scene Christian Frapin

Design Luci Dominique Roman

SYNCOPE

Musica Citypercussion

Coreografia Gil Roman

Costumi Henri Davila

Luci Dominique Roman

Scene Atelier del Teatre-Auditori, Sant Cugat, Spagna

BOLÉRO

Musica di Maurice Ravel

Coreografia Maurice Béjart

Scene e costumi Maurice Béjart

Direzione Luci Dominique Roman

Direttore

Nicolas Brochot

 

Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice. Maestro del Coro Pablo Assante

 

Repliche venerdì 13 novembre alle 20.30; sabato 14 novembre alle 15.30 e alle 20.30; domenica 15 novembre alle 15.30.

M.M.

 

Arte, Architettura e Paesaggio nel Mediterraneo: l’esempio di Nik Spatari

La mostra è un compendio dell’opera di NIK SPATARI, artista di origini calabresi il quale per molti anni ha vissuto in diversi luoghi sia all’estero che in Italia, e che rappresenta una delle personalità artistiche contemporanee più singolari e poliedriche a livello internazionale. Sua è l’ideazione del MUSABA Parco Museo Laboratorio Santa Barbara a Mammola in provincia di Reggio Calabria che, attivo sin dal 1969, costituisce un esperimento dinamico e in divenire di ricerca di nuove frontiere della creatività che rappresentano un incontro del senso del futuro e di conoscenza del passato.

La mostra è una iniziativa della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, presieduta dal Prof. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, ospitata dall’Università Suor Orsola Benincasa e realizzata con MUSABA-Fondazione Spatari/Maas. La mostra sottolinea l’impegno della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo per la valorizzazione della cultura meridionale e delle sue espressioni artistiche più alte.

L’esposizione, curata da MUSABA-Nik Spatari e Hiske Maas, è stata allestita al Piano Mostre dell’Università Suor Orsola Benincasa, all’interno del suo polo museale accanto al Museo Storico e al Museo del Giocattolo dell’Ateneo napoletano, impegnato da oltre due anni in collaborazione con la Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo a promuovere una serie di attività culturali (mostre, convegni, seminari e iniziative socio-culturali ed economiche) finalizzate ad accrescere il ruolo di Napoli come uno dei centri culturali del Mediterraneo.

Le immagini/video, proiettate lungo il percorso espositivo, e le 8 opere di grande formato (una fra tutte, la monumentale “Il sogno di Giacobbe”, lunga 14 metri, larga 6, alta 9), approfondiscono i diversi momenti e le diverse tematiche dell’universo di Nik Spatari, facendone emergere la singolare personalità di un artista profondamente immerso nella storia e nel mito, proiettato verso il futuro e l’utopia. In questo senso, conoscere la produzione di Nik Spatari, vuol dire viaggiare attraverso l’orizzonte del linguaggio artistico con una prospettiva densa di cultura, mitologia, tragedia: ne sono testimonianza le opere dedicate alla Bibbia (tema sacro) affiancate senza soluzione di continuità alle tavolette che raffigurano i segni zodiacali (“L’Oroscopo”) o al pannello – composto da 8 opere, di 250 x 450 cm. – intitolato “Allegoria di Pompei”.

Spatari ha finalizzato la sua attività internazionale in funzione della promozione della terra di Calabria come crocevia delle arti mediterranee. Ne sono esempio la realizzazione del MUSABA, innovativo e cosmopolita, unica sintesi di parco-museo-scuola-laboratorio che realizza manifestazioni internazionali e dove la Foresteria, nata per favorire il confronto fra giovani artisti e volontari, costituisce un mezzo per lo scambio e la condivisione delle nuove tecniche, strumenti e metodologie anche d’oltre-confine.

Nik Spatari ha compiuto 86 anni ad Aprile e ha sviluppato la sua arte e il suo impegno culturale in Italia e in molti centri europei ed extra europei nell’arco di 70 anni di intensa attività.

L’opera MUSABA è un autentico momento di ricchezza del territorio: un prolungamento del museo storico ambientale della tradizione italiana, che nella regione calabrese ha visto i segni del trauma della modernità  cui il percorso di Spatari indica una via d’uscita come risanamento e prospettiva monumentali.

Nik Spatari, intervenendo su un sito suggestivo, di significativo passaggio dell’uomo, altrimenti condannato all’abbandono e al degrado, ha permesso un recupero non banalmente conservativo di monconi architettonici e di crolli, ma un inserimento attivo di essi in un progetto che è della memoria e della vita. La mostra, quindi, costituisce un riconoscimento e un doveroso omaggio a una delle figure più creative e poliedriche del nostro tempo.

«Ho voluto dedicare una mostra a questo artista eccezionale non soltanto per la potente suggestione delle sue opere e per il contributo che egli da quasi mezzo secolo, con il Parco Museo Santa Barbara, sta dando allo scambio e alla contaminazione fra linguaggi artistici contemporanei a livello internazionale, – sottolinea il Presidente della Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, Emmanuele Francesco Maria Emanuele – ma anche e soprattutto per il fecondo connubio che Spatari ha saputo creare tra cultura e territorio, nello specifico quello calabrese. Sono, infatti, da sempre un convinto promotore dell’arte che rompe i confini e si inserisce attivamente nel contesto circostante con valore didattico e di recupero: basti pensare alla street-art che ho portato a Tor Marancia a Roma, facendo di un quartiere popolare un luogo visitato più dei musei, e che con la Fondazione Terzo Pilastro replicherò nel Meridione d’Italia per dare una nuova dignità a luoghi oggi degradati ed in abbandono».

Nik Spatari

Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Via Suor Orsola 10 – Piano Mostre, Napoli, fino al 23 novembre 2015

Lunedi – venerdì ore 10,00 – 17,30

Chiuso sabato e domenica

Ingresso gratuito

 

Barbara Izzo, Arianna Diana