Il fascino della musica da camera è spesso sottovalutato da molti e per questo la bellezza e la raffinatezza dei toni presentati dal Quartetto di Cremona, sabato 21 novembre nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza” di Roma è risultato così intrigante.
Il concerto, carico di attese che non andranno deluse, inizia con l’esecuzione del Quartetto in fa maggiore op. 18 n. 1 del musicista tedesco, da subito creava quell’atmosfera così particolare, come solo pochi gruppi da camera riescono a comunicare al pubblico. Sia nell’interpretazione dell’adagio di raro lirismo propriamente beethoveniano, sia nell’”Allegro” conclusivo, l’esecuzione era praticamente perfetta e ammaliava il pubblico presente.
Oggi sappiamo che il Beethoven della prima maturità non era certamente meno ricco musicalmente di quello delle ultime opere.
I pizzicati e le armonie del Quartetto in si bemolle maggiore op. 130 rendevano l’interpretazione dell’“adagio ma non troppo” e della famosa “cavatina” veramente struggente e allo stesso tempo travolgente. La musicalità del gruppo era semmai impreziosita da un consolidato affiatamento che riusciva a far gustare anche quelle sfumature così profonde del Maestro di Bonn.
Si potevano apprezzare la straordinaria duttilità espressiva degli strumentisti ad arco che esprimevano un fraseggio e una tecnica completi. In particolare, ciò veniva evidenziato nei cromatismi del quartetto op. 130 precursore e contemporaneo della letteratura dell’epoca romantica e quindi non compreso in toto al tempo di Beethoven.
I musicisti rendevano ogni esecuzione sempre brillante e lasciavano il pubblico piacevolmente sorpreso dopo così tante emozioni che non sempre, purtroppo, si avvertono in tutte le sale da concerto.
I solisti, concludevano la serata proponendo all’ascolto come bis un tempo di un Quartetto di Mozart.
Bruno Bertucci