Proprio nei giorni in cui la stampa internazionale si occupava del terribile evento parigino che ha avuto come cuore “Charlie Hebdo”, una bella commedia messa in scena da Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile dell’Umbria e Teatro Stabile del Veneto al Teatro Sociale di Brescia, focalizza l’attenzione sul concetto di libertà, rispetto dei diritti, discussione in merito a cosa significhino i valori di ieri nella società d’oggi.
Il pretesto scelto da Stefano Massini per il suo “7 minuti” diretto da Alessandro Gassmann è economico, ispirato ad una storia realmente accaduta nel 2012. Una fabbrica tessile di Yssingeaux, nell’Alta Loira, che vede occupate soprattutto donne, è stata venduta dati i contemporanei tempi economici, ad una società straniera. Il Consiglio di Fabbrica composto da undici donne elette, è in trepidante attesa di conoscere le decisioni dei nuovi capi e manda una di loro alla riunione preposta per affrontare le nuove direttive. L’aspettativa di tutte è il licenziamento o l’eventuale trasferimento in altra sede, mentre, dopo quattro interminabili ore di sorrisi e di chiacchierate come tra amici, l’unica comunicazione utile per le operaie fu la necessità di firmare per accettazione di rinunciare a sette minuti di pausa. Tutto ruota intorno a questi miseri sette minuti: dinanzi all’idea di perdere il lavoro, la minima rinuncia sembra accettabile, se non fosse che la rappresentante delle lavoratrici Bianca, impersonata da Ottavia Piccolo, pone l’interrogativo. Perché regalare sette minuti all’azienda? Perché così poco? Avrebbero potuto diminuire lo stipendio, tutte le avrebbero capito e accettato a fronte dell’acquisizione societaria, invece quel simbolo, quel piccolo gesto per “andare incontro” all’azienda, stava a provare la capacità di coesione delle lavoratrici. Ne nasce un dibattito interno al Consiglio di Fabbrica che dura ore ed ore, con l’esternazione di dubbi, di necessità, di astio tra le lavoratrici italiane e l’impiegata dell’est, l’operaia africana e l’altra araba. Necessità e aspirazioni, paure e senso di impotenza si scatenano tutte in una stanza, mentre l’imperativo lanciato dalle più anziane in servizio, quindi più consapevoli dei diritti di fabbrica, delle lotte pregresse eccetera, è la questione di principio. Sette minuti facevano sorridere tutte, mentre pensare che sarebbero state centinaia di ore se moltiplicati per le oltre duecento operaie, comincia a fare venire ulteriori dubbi e sospetti. Sulla scena di Gianluca Amodio si alternano nell’esprimersi le bravissime Eleonora Bolla, Paola Di Meglio, Silvia Piovan, Balkissa Maiga, Cecilia Di Giuli, Olga Rossi, Stefania Ugomari Di Blas, Arianna Ancarani, Stella Piccioni, Vittoria Corallo, con costumi di Lauretta Salvagnin e videografie molto belle di Marco Schiavoni, sulla musica originale di Pivio&Aldo De Scalzi.
L’atmosfera in teatro era di silenzio attento e partecipato; lunghi gli applausi alla fine. Nessuna delle donne in scena ha prevalso: né Olivia, né Rachele, né Sofia, dall’addetta ai telai, alla cardatura, all’ufficio. Tutte accomunate in volute di fumo di sigarette finite, come i tempi che cambiano come vogliono e se non cambi te, ti costringono a farlo. Al termine, la soluzione non è data: ciascuna cambia idea o la consolida e non è dato dalla commedia dire come va a finire. Si può leggere la storia in un libro, in uscita questo mese, oppure riflettendoci alla prossima messa in scena di Venezia, dal 21 al 25 gennaio al Teatro Goldoni, per poi proseguire per l’Italia fino a Savona, Siena, Terni, Firenze, Foligno, tra le altre.
La questione del lavoro proposta è lucida e netta, con la presa di coscienza di assumersi il carico di responsabilità per sé e per i propri figli, le generazioni future, alle quali non si sa bene che cosa stiamo lasciando in eredità. Massini mette al centro della scena Ottavia Piccolo che collabora con lui da una decina d’anni, mentre incontra per la prima volta Alessandro Gassmann con cui ha subito condiviso l’impegno etico di cui Gassmann ha dato più volte prova in teatro. Da non perdere.
Alessia Biasiolo
Chiaro e molto comprensivo il modo di raccontare di questo piccolo riassunto della commedia soprascritta; senza ombra di dubbio l’interpreazione di tutte le attrici è stata “sublime”.Sono d’accordo con la giornalista di sottolineare ed elogiare la storia nel suo insieme.