La purga. A teatro…

Qualcuno l’ha trovata in cartellone prima delle feste, qualcuno la troverà dopo. È “La purga” di Georges Feydeau, messa in scena dal Teatro Stabile delle Marche con la regia di Arturo Cirillo. A Brescia, la commedia era inserita nel buon calendario della rassegna “Altri percorsi”, promossa dalla Regione Lombardia e Circuiti Teatrali Lombardi, rappresentata al Teatro Sociale.

Scritta dal drammaturgo francese verso la fine dell’800, “La purga” è una commedia divertente, ben recitata da Arturo Cirillo, Sabrina Scuccimarra, Rosario Giglio, Luciano Saltarelli, Giuseppina Cervizzi. Anche se, visto il testo, ci si aspettava qualcosa di più. Commedia degli equivoci che anticipa quella dell’assurdo, nella proposta cala di tono a tratti, lasciando meno soddisfatti di quanto ci si aspetti. Belle le scene di Dario Gessati, con sedie sostituite da water, dato che il protagonista del lavoro commercia in vasi da notte e gabinetti con accessori. Se per buona parte del tempo il povero Fallavoine è alle prese con una moglie che fa i lavori di casa al posto della cameriera e gira per casa discinta e con il secchio, dimostrando che la sua unica preoccupazione è la mancata scarica giornaliera del figlio, lo stesso Fallavoine è compreso dal suo ruolo di proponente di vasi da notte al Ministero della Difesa. I soldati, infatti, saranno dotati di vaso da notte per andare in guerra, se l’incontro casalingo con il funzionario del ministero della guerra andrà bene. E mentre i vasi da notte girano allegramente per casa, lo fa anche la cameriera Rosa, quando porta una terrina con i pochi escrementi del bambino Totò dei quali il padre e gli ospiti, funzionario Chouilloux compreso, si interessano assai poco, mentre la madre Giulia ne è disperata.

Totò è interpretato da un adulto e quindi è surreale la scena che si vede, con questo bambino terribile che non vuole ingerire la purga, la moglie del funzionario del ministero che è alle prese con continui peti e il tema che non si sbroglia, perché Feydeau non lo vuole fare. La trama si arrotola volutamente su se stessa, e il gioco spassoso tra marito e moglie è quello di due che parlano senza dirsi niente, per aneddoti, fraintendimenti, doppi sensi. Come a volte (più o meno spesso) succede anche nella vita reale.

La purga per il bambino costipato, quindi, è la farsa del padre costruttore di sanitari, è la derisione dell’autorità paterna, è la derisione di un’intera società che, ben più preoccupata della superficialità che della sostanza, si preparava ad una guerra con i vasi da notte anziché con qualcosa di un po’ più consono. Debolezza che si vedrà con lo scoppio della prima guerra mondiale.

L’ambientazione scelta dal regista è un interno casa degli anni ’60, con una famiglia borghese tratteggiata non solo dall’incomunicabilità tra i coniugi, ma anche alle prese con la servitù spesso intrattabile e per forza quindi più importante della stessa padrona, che vuole sì che il marito la faccia servire, ma vuole anche che nessuno tocchi le sue cose e che tutto sia fatto da sé.

Il tradimento, o sospetto tale, aleggia con l’intervento in scena della signora Chouilloux, mentre le regole di galateo sembrano frantumate da personaggi che vivono di vita propria, come proprio l’autore voleva. Ecco allora che si anima la scena di qualcuno che fa proprio quello che vuole, in un clima di dissacrazione della società dei tempi di Feydeau e degli anni ‘60/’70 italiani che fa ridere e pensare allo stesso tempo.

Alessia Biasiolo

 

 

 

 

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