Ballando col piano. Le origini del Valzer

In tedesco walzen vuol dire rigirarsi (in inglese il termine corrispondente è waltz); e quindi il termine walzer indicava una serie di giravolte eseguite in perfetta armonia con le basi musicali.

Il Valzer deriva da alcune danze di origine austriaca e bavarese, come il Dreher (da ‘sich drehen’ girare su se stessi), il Landaus, la Deutsche, lo Yodler e soprattutto il Ländler, una danza popolare, oltre che da numerose altre forme di danza molto antiche e della più diversa provenienza come la Volte francese, la Sarabanda, il Canario, la Country inglese, l’Ecossaise.

Il Ländler era originariamente una danza di campagna o Contraddanza (deformazione dell’inglese Country dance) dall’andamento moderato e ritmicamente molto marcato, assai diverso dall’eleganza leziosa del Minuetto di origine aristocratica. Era già praticamente il Valzer, ed era diffuso nelle campagne sin dalla metà del ‘700. Finché erano contadini a ballare volteggiando abbracciati belli stretti, nessuno aveva molto da ridire; ma il Ländler arrivò a Vienna, dove venne adottato dalla borghesia. Mentre la borghesia aggiungeva gaudiosamente il Ländler alle proprie debosce, i ricevimenti della nobiltà si attenevano a un rigido protocollo. Si ballavano esclusivamente danze piuttosto noiose (e sessualmente innocue) come il Minuetto, la Scozzese e la Polacca. Le feste dei nobili, diversamente da quelle dei borghesi, non avevano fini di puro divertimento, ma ragioni molto più utilitarie: erano occasioni per imbastire trame politiche, combinare matrimoni, organizzare manovre finanziarie, oltre che dimostrare che chi le organizzava era potente. Dopo il Congresso di Vienna, 1815, la crema della politica e della nobiltà europea si concentrò in massa nella capitale dell’impero austroungarico per spartirsi la torta postnapoleonica. Fu un’epoca di frenesia teatrale, operistica e di concerti pubblici, e naturalmente la nobiltà locale fece a gara a chi dava la festa più ricca. Non si sa in quale palazzo risuonò il primo Ländler, ma questo ballo diventò di moda in pochi giorni.

Il Ländler era una specie di incontro ravvicinato del terzo tipo, tanto sconcio per l’epoca che l’Arcivescovo di Vienna emanò una bolla con la quale proibiva di ballarlo sotto pena di scomunica.

D’altro canto, ormai la nuova danza aveva preso definitivamente piede negli ambienti più esclusivi in sole 2 o 3 settimane perché ci si potesse rinunciare. Si ricorse quindi a un immediato escamotage: si cambiò il nome alla danza (“Non stiamo ballando il Ländler, stiamo ballando il Valzer, quindi niente scomunica!”). Per l’Arcivescovo fu una sconfitta tremenda.

Con l’affermarsi della borghesia il Valzer divenne una danza propriamente cittadina, più veloce ed elegante rispetto al Ländler e dal ritmo meno marcato. Questo ballo divenne in tal modo il sigillo di una civiltà complessa che cercava rifugio nella leggerezza e che chiedeva in primo luogo di scansare il dramma e la tragedia. Forse per questo un attempato burocrate asburgico poté dire che in fondo l’impero di Francesco Giuseppe aveva cessato realmente di esistere già con la morte di Strauss, come se quel mondo danubiano dal quale è nata tanta parte della più ardua e severa intelligenza moderna potesse riconoscersi soprattutto nella grazia superficiale e spumeggiante de Sul Bel Danubio blu. In quel suo ritmo circolare di una gioia che sempre fugge per sempre tornare, ma più tenue e lontana, il Valzer aveva fuso i due stati d’animo, apparentemente antitetici ma strettamente connessi, con i quali l’Austria presagiva e fingeva di ignorare la propria fine: lo scetticismo e la nostalgia.

Verso la fine del XVIII secolo il Valzer prese a diffondersi rapidamente in tutta Europa: non esistono, ad esempio, dei Valzer nel ricco repertorio mozartiano, a meno che non si vadano a ricercare nella lunga lista di opere di dubbia attribuzione. I 12 Valzer composti da Haydn nel 1792 e quelli composti da Beethoven nel 1795 recano ancora il titolo di Contraddanze; la forma vi è semplicissima: 2 periodi di 8 battute con ritornello, il melodizzare elementare ma gradevole, l’armonia ridotta all’essenziale.

Sviluppi e ascesa del Valzer

Il termine Valzer appare fra le prime volte in un’opera buffa di Martin Y Soler dal titolo La cosa rara, rappresentata a Vienna nel 1786. Fu anche il successo di quest’opera che contribuì alla irresistibile ascesa di questi brani. Per la loro grande semplicità, i compositori tenevano in scarsa considerazione questo genere, considerandolo privo di ogni pretesa artistica; gli editori tuttavia richiedevano con insistenza questo ballo, cominciando ad intravedere in esso una sicura fonte di guadagno. Spontaneamente il Valzer diventò un prodotto di consumo e per tutto il diciannovesimo secolo non ci furono compositori tanto grandi da disdegnare di contribuire a soddisfare la richiesta.

Sul piano strutturale la musica del Valzer ebbe una svolta importante grazie a Hummel che costruì una forma più complessa di componimento formato da tre elementi fissi: introduzione, Valzer vero e proprio, coda.

Il Valzer di Hummel era meglio articolato, con periodi (di 48 battiti) ben collegati fra loro. Forse senza volerlo, Hummel diede inizio alla fase della maturità del Valzer che diventò espressione artistica di alto livello. A partire dalle sue opere si attivarono in parallelo due percorsi musicali separati: il Valzer ballabile ed il Valzer colto, ovvero pura composizione.

Nell’ambito del ballabile coesistevano il Lento e l’Allegro. La composizione dell’orchestra era predeterminata dalla scelta del genere musicale. Per i brani ballabili era sufficiente un’orchestra ‘leggera’, quella che oggi chiameremmo orchestrina. Il filone del Valzer ballabile si sviluppò in modo particolare a Vienna dove ebbe interpreti illustri come i Lanner e gli Strauss.

Gli Strauss e il Valzer viennese

La famiglia Strauss divenne la regina del Valzer in tutta Europa, spingendo la propria fama sino in America. Attorno ai prolifici Strauss: Lanner e Liszt, Chopin, Czerny. Fu grazie a questi due musicisti padre e figlio che da genere disprezzato artisticamente, tanto che Mozart scrisse un libello dal titolo “Introduzione per comporre quanti Valzer si vuole per mezzo di due dadi, senza sapere nulla di musica o di composizione”, questo ballo ottenne stima e consensi.

Johann Strauss Senior (Vienna, 1804-1849), detto il “Padre del Valzer”, studiò violino ed armonia, suonò come orchestrale e si unì nel 1823 al quartetto Lanner, dove si distinse ben presto come eccelso violinista. In soli sei anni ebbe fama in tutta Europa con una sua orchestra personale. La musica di Lanner era di tipo diverso da quella di Strauss: era più lirica, mentre quella di Strauss era focosa, piena di brio, spettacolare; Strauss non dimenticava mai che stava componendo musica da ballo, anche quando l’ampliò creando il Valzer da concerto. Tra le sue composizioni più importanti vi sono Loreley-Rhein-Klange, il Cacilien Valzer, I cigni e la celeberrima Marcia di Radetzky. Nella sua ricca produzione asrtistica, oltre a Polke, Quadriglie, Marce e Galoppi, si contano più di 150 Valzer. Egli riuscì in tal modo a stabilizzare lo stile di questo ballo così popolare.

Se Johann Strauss Senior è stato il “Padre del Valzer” il figlio fu denominato il “Re del Valzer”. Infatti, a soli 19 anni esordì in pubblico come direttore d’orchestra in un noto albergo di Vienna. Nel 1849, dopo la morte del padre, assunse i suoi orchestrali  fondendoli con i propri, creando in tal modo una grande orchestra che si esibì con successo in Europa e in America. Come già accaduto ad Haydn, anche per lui la fama  internazionale arrivò a Parigi quando presentò per la prima volta l’ormai celeberrimo Sul bel Danubio blu. Fu tale l’entusiasmo suscitato dalla sua musica che automaticamente scoppiò anche in questa città la febbre per il nuovo ballo. Questo che risulta il più affascinante e famoso dei 170 Valzer da lui composti, divenne il simbolo stesso del Valzer. Da sottolineare, come lo stesso brano aveva avuto a Vienna una tiepida accoglienza, essendo questo un Valzer da concerto, difficile da ballare come tutte le solenni melodie caratterizzate da pause numerose e lunghe introduzioni. Sul bel Danubio blu invece non è solamente musica da ballo Con le introduzioni e le code elaborate, l’ispirazione melodica, l’orchestrazione delicatamente adattata, il ritmo raffinato e sottile, è un autentico contributo al grande repertorio musicale. Non stupisce che Brahms scrivesse di suo pugno sul ventaglio di Frau Strauss le prime battute di questa composizione e aggiungesse, firmando: «Ahimè, non è di Johannes Brahms ».

Strauss dimostrò con le sue opere (tra cui ricordiamo anche Storie del bosco viennese, Vita d’artista, Sangue viennese, nonché le operette Il carnevale di Roma, Una notte a Venezia e Lo zingaro barone) come un artista potesse muoversi con finezza in quello spazio intermedio fra l’arte e il consumo, inaugurando il periodo di massimo splendore e la definitiva affermazione del Valzer come ballo. Questi, da grande e raffinato artista qual era, si propose di adattare la musica del Valzer ai valori mondani del suo tempo. Con questo proposito  si allontanò sempre di più dalla dimensione classica di Beethoven o romantica di Weber e Schubert per creare una sintesi perfetta tra momento musicale e momento di danza.

Con l’avvento dell’Operetta, il Valzer del filone ‘ballabile’ sviluppò maggiormente i valori melodici più che artistici. Contemporaneamente, l’altro filone spiccava il volo verso valori ideali fino a sfociare nella lirica pura, attraverso la musica dotta di Berlioz (Damnation de Faust) e Gounod (Faust), Liszt (Mephisto), Tchaikovsky (La Bella Addormentata nel bosco), cui si devono aggiungere brani prettamente strumentali di Chopin, Brahms, Schmitt, Ravel e da ultimo Stravinskij.

Il Valzer in Italia

Anche nella vita musicale italiana di fine Ottocento (come nella Vienna dei Valzer e nella Parigi dei café-chantant) acquistarono sempre maggiore importanza alcuni generi “leggeri” o di “evasione”. Iniziava così  la stagione italiana dell’Operetta, tributaria di quella viennese per la fastosità dei Valzer, proposti nella penisola dalla Sonzogno Editrice che si era appropriata dei diritti per le Operette di Hervé, Lecocq e Offenbach.

Si cimentarono allora, con queste musiche, autori quali Verdi, Rossini e Puccini.

Il primo sfruttò questi ritmi nelle opere, come nel gioioso brindisi all’inizio della Traviata. Era andato invece disperso il suo Valzer in fa maggiore, una brillante opera giovanile di grande valore ritrovata da Nino Rota presso un antiquario romano e orchestrata per la colonna sonora del celebre film Il gattopardo di Luchino Visconti.

Rossini fu artefice di Valzer poco conosciuti, ma molto sofisticati; fra le composizioni minori di Puccini, di cui l’anno scorso abbiamo ricordato il centocinquantenario dalla nascita, sottolineiamo il Piccolo Valzer, scritto nel 1894. Da quella melodia sarebbe derivato il quartetto del III atto della Bohème, il sensuale assolo di Musetta Quando me n’vo.

Ricordiamo anche le opere di Leoncavallo che ci riportano all’elegante e delicata atmosfera salottiera del primo ‘900, mantenendo però una melodia molto coinvolgente. Emblematico risulta, tra le altre composizioni del musicista, il Valse mélancolique dove un triste episodio assume sfumature drammatiche sino al grandioso ed imponente finale. Abbiamo già ascoltato un’altra sua composizione: il Valse coquette, scritto come dedica a Madame Hélène Mayer Cohn; in cui riecheggiano sfumature proprie dell’elegante atmosfera dei salotti parigini.

Per sottolineare l’importanza e la popolarità che il Valzer aveva ben presto raggiunto nella belle-epoque italiana basti ricordare come una delle più belle composizioni di Giordano fosse stata commissionata nel 1907 dall’editore Hachette come colonna sonora della pubblicità dell’omonimo prufumo Violettes de Parme, un Valzer sentimentale piuttosto ampio, con venature di patetico che rimandano alla cultura francese.

Il Valzer nel mondo

Questo genere musicale, a seconda delle aree geografiche, fu interpretato o nella forma moderata o nella versione allegra.

In America venne elaborato nella forma moderata. A livello musicale si arrivò a dimezzare il numero di battute al minuto. Con un ritmo molto più lento cambiò di conseguenza la stessa tecnica del ballo. Furono inventate delle figure ad ampio raggio eseguibili con passi strisciati sul pavimento. Ne nacque un nuovo ballo che fu chiamato Boston (proprio dal nome della città americana dove ebbe la sua più grande affermazione). Verso il 1890 il Boston fu portato in Europa. In verità, qui non ebbe immediatamente un grandissimo successo, anche perché si era radicata l’abitudine a ballare il Valzer veloce (Viennese o tradizionale). Qui il Boston assunse degli aspetti esasperati, fino ad arrivare a passi figurati ed esitati. Attraverso l’introduzione di pause e rallentamenti, con l’obiettivo di imprimere un tocco artistico alla danza, nacque il Boston Figurato anche detto Hesitation.

In particolare, in Inghilterra il Valzer Viennese fu portato già nel secondo decennio del XIX secolo dai nobili che viaggiavano per l’Europa; ma per via della cultura puritana, non lo si poteva riproporre nella sua forma originale. Per questo motivo i maestri di ballo si ingegnarono in tutti i modi per renderlo compatibile con i costumi della loro società. Il ritmo fu quindi rallentato parecchio, in modo tale che le figure di coppia chiusa e l’esecuzione dei volteggi non avessero tecnicamente bisogno di uno stretto e permanente contatto dei danzatori. Dal 1830 a Londra si ballava un Valzer in due tempi che, nonostante la musica di 3/4, si articolava in due passi: un passo strisciato sul primo battito seguito da una esitazione sul secondo battito, concluso da uno chassè sul terzo battito. In tale contesto, l’Hesitation ricevette un’ottima accoglienza tanto che si giunse ad una perfetta sintesi fra la sua delicatezza spirituale e l’ispirazione poetica di fondo del Valzer, recependone la tecnica e le figure fondamentali nel Valzer Inglese che oggi conosciamo.

I seguaci di questo nuovo ballo furono moltissimi. Anche grazie a ciò, lo stile inglese trovò ulteriori conferme nel continente europeo ed ebbe facile gioco nella competizione con le impostazioni della danza di scuola francese.

Conclusioni

In sintesi si può affermare come da una volgare danza contadina si sia sviluppata una musica che in poco tempo, grazie a grandi compositori, divenne raffinata e colta, riuscendo a esprimere contemporaneamente l’arte, la moda e il commercio. A riprova di tutto ciò basti pensare come attraverso i decenni, il Valzer Viennese abbia mantenuto le sue caratteristiche peculiari e sia riuscito a sopravvivere non solo a due guerre mondiali, ma alle grandi rivoluzioni che nel corso del XX secolo si sono verificate nel mondo. E ancora non è stato dimenticato semmai è ripreso con tutto il suo vigore ridiventando di moda.

Articolo di Bruno Bertucci

 

 

 

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